Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27183 del 16/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 16/12/2011, (ud. 12/10/2011, dep. 16/12/2011), n.27183

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Presidente –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

ABRAMO BRUZZONE SRL in persona dell’Amministratore delegato e

Presidente del C.d.A. suo legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA FEDERICO CONFALONIERI 5, presso

lo studio dell’avvocato MANZI LUIGI, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato GLENDI CESARE, giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 68/2 005 della COMM. TRIB. REG. di GENOVA,

depositata il 07/02/2006;

Il Presidente D’ALONZO si astiene per incompatibilità, subentra come

Pres. PARMEGGIANI, ed ad integrare il collegio il Cons. VIRGILIO

BIAGIO;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/10/2011 dal Consigliere Dott. MARIA GIOVANNA C. SAMBITO;

udito per il ricorrente l’Avvocato COGLITORE, delega Avvocato MANZI,

che ha chiesto l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Ufficio Imposte dirette di Genova rettificava la dichiarazione IRPEG ed ILOR del 1988 presentata dalla S.r.l. Abramo Bruzzone, recuperando a tassazione le somme di: a) L. 35.084.000 per ammortamenti; b) di L. 10.297.000, per accantonamento rischi su crediti; C) L. 6.295.000 per spese generali e d) L. 1.329.000, per costi non di competenza. Il ricorso della contribuente veniva parzialmente accolto dalla CTP di Genova, con l’annullamento della sola prima ripresa, decisione che, appellata in via principale dall’Ufficio ed in via incidentale dalla Società, veniva riformata dalla CTR della Liguria, che rigettava interamente l’impugnazione della contribuente. Su ricorso della stessa, la sentenza d’appello veniva cassata da questa Corte con rinvio alla CTR della Liguria, che, con sentenza n. 68/20/2005, depositata il 7.2.2006, ha osservato, in motivazione, che la tesi della contribuente era fondata in merito agli ammortamenti, che era corretto il recupero per accantonamento rischi su crediti, che era ammissibile la detrazione delle spese generali, dando atto che le parti avevano concordato sulla non ammissibilità del costo di cui alla voce d); statuendo, in seno al dispositivo, che “in riforma della decisione di primo grado si accoglie l’appello”.

Per la cassazione di tale sentenza, che ha disposto la compensazione delle spese, ricorre la S.r.l. Abramo Bruzzone in base a tre motivi.

L’Agenzia delle Entrate non ha depositato controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, la ricorrente, deducendo violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, art. 2, comma e art. 36 in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, sottolinea la contraddittorietà rilevabile tra la motivazione, interamente favorevole alle sue tesi, ed il dispositivo della sentenza, che non riferisce l’accoglimento dell’appello nè, come avrebbe dovuto, a quello incidentale da lei proposto, nè a quello principale avversario. Ove tale incongruenza non possa ritenersi ascritta ad una mera imprecisione letterale – come desumibile dagli argomenti svolti in motivazione-, la sentenza va dichiarata nulla, conclude la ricorrente, per la mancanza dei requisiti formali, indispensabili al raggiungimento dello scopo.

Il motivo è infondato. Secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 11299 del 2011; n. 29490 del 2008) la sentenza è nulla quando sussiste un contrasto insanabile tra la motivazione ed il dispositivo, non essendo consentito di individuare la statuizione del giudice nè attraverso una valutazione di prevalenza di una delle contrastanti affermazioni contenute nella decisione, nè mediante il ricorso alla interpretazione complessiva della decisione, che presuppone una sostanziale coerenza tra le diverse parti e proposizioni della medesima. Tale insanabile contrasto non ricorre nella specie. Dopo aver riepilogato i punti in contestazione -1) ammortamenti per L. 26.803.000 e L. 8.281.000; 2) accantonamento crediti su rischi per L. 10.297.000 3) spese di viaggi per L. 6.295.000, 4) commissione passiva su acquisiti di merce effettuata all’estero le parti per L. 969.112- e riportato i relativi, contrapposti, argomenti, la CTR ha affermato che erano “accoglibili le tesi del contribuente” in relazione agli ammortamenti, che era ammissibile la detrazione di cui alla voce 3), ha dato atto che le parti avevano concordato sulla non deducibilità del costo di cui alla voce 4), ed ha ritenuto “altresì accoglibile il recupero di L. 10.297.000 per accantonamento rischi su crediti, in quanto la delega all’incasso – salvo buon fine – attribuita alle banche non fa venire meno il rischio sui crediti”; argomento che indica che i giudici d’appello hanno accolto, anche per tale voce (altresì), la tesi della contribuente, utilizzando il termine “recupero” a favore, quale credito, della contribuente stessa. Ne consegue che la circostanza che in seno al dispositivo non risulti precisato che -ad eccezione della deduzione sub 4)- l’appello accolto è proprio quello incidentale della Società, risultata vittoriosa nei corrispondenti capi, non determina la nullità dell’impugnata sentenza, ma costituisce una mera omissione, come riconosciuto dalla stessa ricorrente, emendabile mediante il procedimento di correzione degli errori materiali, di cui all’art. 287 c.p.c. e segg., da svolgersi innanzi alla stessa CTR, e non da denunciare col ricorso per cassazione.

Col secondo motivo, la ricorrente deduce la violazione dell’art. 92 c.p.c., e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, comma 1 per la mancata enunciazione delle ragioni della disposta compensazione delle spese del giudizio. Il motivo è infondato. La giurisprudenza di legittimità (SU n. 20598/2008 e successive conformi) ha, infatti, affermato che, nel regime anteriore a quello introdotto dalla L. n. 263 del 2005, art. 2, comma 1, lett. a) qui in rilievo, il provvedimento di compensazione parziale o totale delle spese “per giusti motivi” deve trovare un adeguato supporto motivazionale, ma che non è, a tal fine, necessaria l’adozione di motivazioni specificamente riferite a detto provvedimento, semprecchè le ragioni giustificatrici dello stesso siano chiaramente e inequivocamente desumibili dal complesso della motivazione adottata a sostegno della statuizione di merito (o di rito). Nella specie, come si evince dal complessivo tenore della sentenza, la compensazione risulta disposta in relazione alla complessità della vicenda processuale, di cui si da conto nella narrativa della decisione impugnata.

Col terzo motivo, la ricorrente, deducendo la violazione del D.P.R. n. 636 del 1972, art. 20, comma 4 e art. 38, comma 3 come modificato dal D.P.R. n. 739 del 1981; del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, art. 36, comma 2, n. 4; artt. 68, 69 e 70, art. 112 c.p.c., art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 156 c.p.c., comma 2, lamenta l’omessa statuizione sulla domanda, da lei proposta in sede di rinvio, di condanna dell’Agenzia alla restituzione di quanto versato, a seguito di riscossione parziale, avvenuta nelle more del giudizio.

Il motivo è inammissibile: la ricorrente deduce che la domanda di restituzione è relativa a “quanto versato a seguito dell’iscrizione a titolo provvisorio”, in altri termini, assume che il pagamento è avvenuto a seguito di una cartella esattoriale, che risulta legittimamente emessa per la riscossione frazionata del tributo, in pendenza del processo tributario, e non risulta impugnata dalla contribuente. Va, inoltre, rilevato che il carattere impugnatorio proprio del processo tributario, in relazione agli atti previsti dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 (ivi compreso il diniego tacito di rimborso), segna la distinzione tra lo stesso ed il processo civile, impedendo di ricondurre l’oggetto del primo all’accertamento di un’obbligazione. Ne consegue che non è applicabile al giudizio tributario, per mancanza dei relativi presupposti, l’art. 389 c.p.c. che disciplina l’ipotesi di domande di restituzione e riduzione in pristino conseguenti alla cassazione della sentenza, e che, prevedendo il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68, comma 2, del il rimborso d’ufficio entro 90 giorni dalla notificazione della sentenza che ha accolto il ricorso del contribuente, quest’ultimo, non ricevendo il prescritto rimborso, non può adire direttamente il giudice tributario, ma deve prima sollecitare il rimborso in sede amministrativa e solo successivamente può impugnare il diniego, anche tacito (Cass. n. 20616 del 2008).

Il ricorso va, in conclusione, respinto. Non vi è luogo a statuire sulle spese, in assenza di svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimata.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 12 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2011

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