Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2718 del 08/02/2010

Cassazione civile sez. II, 08/02/2010, (ud. 02/12/2009, dep. 08/02/2010), n.2718

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. ODDO Massimo – Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 27449-2004 proposto da:

COOP EDILIZIA PRIMULA SCARL IN LIQUIDAZIONE (OMISSIS), in persona

del liquidatore B.E., elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CRESCENZIO 91, presso lo studio dell’avvocato LAGOZINO

NICOLA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato BARZAN

GUGLIELMO;

– ricorrente –

contro

IMPRESA EDILE P.E. DITTA;

– intimato –

sul ricorso 28163-2004 proposto da:

IMPRESA EDILE P.E. DITTA (OMISSIS), P.I.

(OMISSIS) in persona dell’omonimo titolare, elettivamente

domiciliato in ROMA, PIAZZA G. MAZZINI 27, presso lo studio

dell’avvocato NICOLAIS LUCIO, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato GASPARINETTI FRANCESCO;

– controricorrente ric. incidentale –

contro

COOP EDILE PRIMULA SCARL IN LIQUIDAZIONE (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CRESCENZIO 91, presso lo studio

dell’avvocato LAGOZINO NICOLA, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato BARZAN GUGLIELMO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 367/2004 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 01/06/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/12/2009 dal Consigliere Dott. EMILIO MIGLIUCCI;

udito l’Avvocato GASPARINETTI Francesco, difensore del resistente che

si riporta agli atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

P.E., titolare dell’omonima Impresa Edile, proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 1115/1993, con cui il Presidente del Tribunale di Pordenone gli aveva ingiunto il pagamento, in favore della Cooperativa Edilizia Primula s.r.l., dell’importo di L. 107.100.000 – a titolo di penale per la ritardata consegna delle opere da quest’ultima commissionate con contratto d’appalto del (OMISSIS) – oltre ad interessi legali e spese di lite.

Deduceva che nove degli undici alloggi commissionati erano stati consegnati tempestivamente – circostanza che avrebbe imposto la riduzione della penale – e che per resto il ritardo era addebitabile alle varianti richieste dalla committente nel corso dei lavori e alle opere aggiuntive richieste dalla cooperativa e dai singoli soci della stessa, nonchè dalla ritardata consegna dei progetti esecutivi e dalla sospensione dei lavori per avverse condizioni atmosferiche e per ferie del personale.

Pertanto, chiedeva la revoca dell’opposto decreto e, in via riconvenzionale, previa determinazione delle opere extracontrattuali realizzate, la condanna della Cooperativa Edilizia Primula s.r.l. a pagare il relativo saldo pari a L. 67.666.244 al netto di IVA. Si costituiva in giudizio l’opposta, chiedendo il rigetto dell’opposizione e, in via riconvenzionale, che fosse determinata la riduzione del prezzo dell’appalto in considerazione dei vizi e difetti delle opere, con la condanna dell’impresa alla restituzione delle somme indebitamente percepite, nonchè al risarcimento dei danni quantificati nell’importo i L. 10.150.300. Sosteneva l’opposta che il termine contrattuale di consegna dell’opera scadeva il (OMISSIS) e che nessuno degli alloggi era stato consegnato entro tale termine.

Al presente giudizio erano poi riuniti quelli proposti dall’attore nei confronti dei singoli soci assegnatari della Cooperativa per il pagamento delle opere extra contratto eseguite nei rispettivi alloggi.

Con sentenza depositata il 3 dicembre 2001 il Tribunale di Pordenone rigettava l’opposizione proposta dal P. e determinava in L. 117.314.880 la riduzione del prezzo dell’appalto per cui, dedotta la somma di L. 16.930.261 dalla Cooperativa dovuta, condannava l’Impresa a pagare alla Cooperativa la somma, di L. 100.384.619; rigettava la domanda relativa al pagamento delle opere extracontratto; condannava inoltre i soci al pagamento delle somme rispettivamente dovute.

Con sentenza dep. il 1 giugno 2004 la Corte di appello di Trieste, in parziale riforma della decisione impugnata dal P., revocava il decreto, condannando: a) la Cooperativa al pagamento in favore dell’opponente della somma di Euro 23.078,69 a titolo di corrispettivo per opere extracontratto; b) il P. al pagamento della somma di L. 47.400.000 pari ad Euro 24.480,06 a titolo di penale dovuta per il ritardo; compensava fra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Per quel che interessa nella presente sede che ha ad oggetto esclusivamente la controversia fra l’impresa P. e la Cooperativa, i Giudici di appello – in riforma della decisione di primo grado che aveva rigettato la relativa domanda riconvenzionale proposta dall’opponente – riconoscevano, sulla base della stima compiuta dal consulente d’ufficio nominato in primo grado, nella misura di L. 44.686.570 pari ad Euro 23.078,69, detratti gli acconti ricevuti, il credito ancora dovuto all’impresa a titolo di opere extracontrattuali, tra le quali rientravano le opere di recinzione per l’importo di L. 28.347.130. Per quanto concerneva l’importo della penale, la sentenza riteneva che la stessa fosse dovuta, posto che il ritardo nella consegna delle opere non era stato determinato dalle richieste di lavori aggiuntivi; peraltro secondo i giudici la stessa non poteva decorrere prima del 30-7-1990, cioè dalla data di notifica della concessione di variante n. 2121 del 17-7-1990, posto che prima di quella data non sarebbe stata possibile ultimare le opere; peraltro, l’importo della penale – che era stato dalle parti fissato in L. 300.00 al giorno – era ridotto in L. 150.000, per cui il complessivo ammontare della penale era determinato nella somma di L. 47.400.000 pari ad Euro 24.480,06, con riferimento al periodo 1-8- 1990, 12-6-1991, sicchè la Cooperativa era condannata a restituire la differenza versatale dall’impresa in base al maggior importo liquidato con l’opposto decreto.

Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione la Cooperativa Edilizia Primula s.r.l. in liquidazione sulla base di sei motivi.

Resiste con controricorso P.E., titolare dell’omonima Impresa Edile, proponendo ricorso incidentale affidato a tre motivi La Cooperativa Edilizia Primula s.r.l. ha proposto controricorso al ricorso incidentale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente il ricorso principale e quello incidentale vanno riuniti, ex art. 335 cod. proc. civ., perchè sono stati proposti avverso la stessa sentenza.

RICORSO PRINCIPALE. Con il primo motivo la ricorrente, lamentando nullità della sentenza o del procedimento per violazione dell’art. 12 cod. proc. civ. con riferimento agli artt. 1655, 1659 e 1661 cod. civ., censura la decisione gravata che, relativamente ad alcune opere extracapitolato (terrazzini, pensiline laterali, cornici di gronda, rivestimenti, e torrini canna fumaria), aveva omesso di pronunciarsi sull’eccezione di merito accolta dal Tribunale e ribadita in sede di appello dalla Cooperativa, secondo cui tutti i suddetti particolari architettonici non potevano costituire opere extracapitolato in quanto, vertendosi in tema di appalto a forfait o a corpo (vedasi in tal senso capitolato speciale) nessun compenso aggiuntivo era dovuto, mancando comunque agli atti la prova di eventuali ordini della committente e non trovando applicazione l’art. 1659 cod. civ. in mancanza di prova scritta.

Con il secondo motivo la ricorrente, lamentando nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 12 cod. proc. civ. (art. 360 c.p.c., n. 3), censura la sentenza impugnata laddove, adeguandosi acriticamente alla valutazione del C.T.U. circa la natura di opere extracapitolato di terrazzini, pensiline laterali, cornici di gronda rivestimenti e torrini delle canne fumarie, aveva omesso di pronunciarsi sull’eccezione di merito sollevata dalla Cooperativa, secondo cui l’unico progetto al quale potesse richiamarsi era, ai sensi dell’art 67 del capitolato speciale, quello di licenziato dal Comune di (OMISSIS) che contemplava tutti i particolari edili e non altri progetti. Chiede che la Corte di Cassazione voglia esaminare gli atti processuali, acquisendo gli elementi di giudizio necessari.

Con il terzo motivo la ricorrente, lamentando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5), deduce che con riferimento alle opere extra capitolato, segnatamente rivestimenti e torrini delle canne fumarie, la sentenza impugnata aveva omesso l’esame del documento 2 di parte ricorrente che alla voce 27 contemplava tali capitoli di spesa: ove esaminato, tale documento, avrebbe portato con certezza a una decisione diversa. Il primo, il secondo e il terzo motivo – che possono essere esaminati congiuntamente, stante la loro connessione – vanno disattesi. La sentenza, accogliendo il motivo di appello con cui l’impresa, nel censurare la decisione di primo grado che aveva escluso il credito per opere extracontratto, aveva dedotto che la natura di contratto a corpo non avrebbe potuto influire sul pagamento di lavori diversi commissionati in corso d’opera, ha implicitamente ritenuto che i lavori indicati dal consulente non potessero rientrare fra quelli oggetto dell’appalto e che fosse dovuto il compenso supplementare che spetta all’appaltatore per le variazioni apportate su iniziativa del committente anche nell’ appalto a corpo senza che sia richiesta la prova scritta dell’autorizzazione del committente.

Le doglianze denunciano vizi che, in realtà, non integrano l’error in procedendo di cui all’art. 112 richiamato, che è configurabile nell’ipotesi di difetto di attività del giudice che ometta di pronunciarsi su una domanda o su un eccezione ritualmente proposta, mentre in sostanza la censura concerne piuttosto il procedimento logico giuridico in base al quale il giudice ha compiuto gli accertamenti di fatto attraverso i quali è pervenuto alla ricostruzione del rapporto intercorso fra le parti, e cioè se le opere in questione dovessero o meno essere ricomprese nel contratto di appalto secondo le previsioni del capitolato speciale e del computo metrico estimativo. Al riguardo, va considerato che l’accertamento del fatto è operazione riservata al giudice di merito che può essere censurata in sede di legittimità sotto il profilo del vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5: pertanto, la ricorrente avrebbe dovuto dedurre il vizio di motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 per omesso esame di documenti decisivi (il capitolato speciale di appalto) trascrivendo, in ottemperanza all’onere di autosufficienza del ricorso per cassazione, il testo dei predetti documenti in modo da consentire alla Corte, che non ha diretto accesso agli atti processuali, ad eccezione dei casi di error in procedendo, di verificarne la decisività.

Con il quarto motivo la ricorrente, lamentando nullità della sentenza e del procedimento (art. 360 c.p.c., n. 3) per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., censura la sentenza impugnata laddove aveva omesso di pronunciarsi sull’eccezione di integrale pagamento delle opere extracapitolato aventi ad oggetto gli allacciamenti SIP, ENEL e fognari: tale eccezione era basata sulle fatture quietanzate con sottoscrizione non disconosciuta da pare del P. ma la sentenza aveva ritenuto che si trattasse di acconti quando invece le predette fatture recavano pacificamente il saldo di quanto richiesto.

Chiede che la Corte di Cassazione voglia esaminare gli atti processuali acquisendo gli elementi di giudizio necessari.

Il motivo va disatteso. Vanno qui innanzitutto ribadite le considerazioni svolte in occasione dell’esame dei primi tre motivi in ordine alla natura del vizio erroneamente denunciato ai sensi dell’art. 112 cod. proc. civ., tenuto che in sostanza la ricorrente censura la ricostruzione del fatto (pagamento totale o parziale) compiuto dal giudice, il quale, nel procedere alla valutazione e all’interpretazione degli atti, ha ritenuto che i versamenti di cui alle fatture in oggetto fossero solo degli acconti e non rappresentassero quindi il saldo di quanto dovuto: pertanto, la ricorrente avrebbe semmai dovuto invocare, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame delle fatture laddove si sarebbe fatto riferimento alla quietanza trascrivendo, per quel che si è detto sopra, il testo dei documenti in oggetto in modo da consentire alla Corte di verificarne la decisività.

Con il quinto motivo la ricorrente, lamentando nullità della sentenza e del procedimento (art. 360 c.p.c., n. 3) per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., censura la sentenza impugnata che aveva omesso di pronunciarsi sull’eccezione di merito sollevata con riferimento alla realizzazione del muro di cinta, opera extracapitolato, tenuto conto che la Cooperativa aveva dedotto , fin dal primo grado del giudizio, e poi ribadito in sede d’appello, come tale manufatto fosse stato edificato su iniziativa unilaterale della Impresa edile, tra l’altro ben oltre lo spirare del termine contrattuale stabilito per la consegna dell’opera. A conferma della sua affermazione, la Cooperativa edilizia aveva rilevato come, per tale intervento, non fosse stata rispettata dall’impresa la procedura prevista dall’art. 5 del capitolato speciale d’appalto per le opere extracapitolato, come invece era stato fatto per gli allacciamenti SIP ed ENEL: tutti i testi della Cooperativa avevano confermato che la costruzione del muro era stata contestata dal Presidente e dal direttore dei lavori, geom F., il quale aveva riferito che non vi era stato alcun accordo al riguardo con l’impresa, il cui preventivo non era stato accettato poichè troppo elevato. Il muro era stato edificato in circa 10 giorni ed in più di una occasione, il direttore dei lavori aveva invano intimato all’impresa di fermarsi: circostanza questa ratificata appieno dallo stesso P. E., in sede di interrogatorio formale. Osservava, quindi, che in tema di appalto, nell’ipotesi in cui le parti non si accordino sul prezzo dell’opera, non trova applicazione la disposizione di cui all’art. 1657 cod. civ.. Non essendosi perfezionato il contratto di appalto relativamente alla recinzione, non poteva non trovare applicazione la disciplina di cui all’art. 936 cod. civ. ed i criteri ivi indicati,mentre l’importo era stato calcolato in base ai prezzi dell’Unione Artigiani della Provincia di Pordenone con inammissibili ricarichi dal 20 al 40% calcolati.

Il motivo va disatteso.

Vanno anche qui ribadite le considerazioni sopra svolte in ordine alla natura del vizio erroneamente denunciato ai sensi dell’art. 112 cod. proc. civ., atteso che, per quanto concerne l’assenza di accordo relativo alla costruzione del muro, la censura sostanzialmente denuncia l’accertamento in fatto compiuto al riguardo dal giudice di merito, per cui la ricorrente avrebbe dovuto evidenziare l’omesso o l’insufficiente esame di circostanze decisive, trascrivendo il contenuto delle deposizioni al riguardo escusse; non diversamente deve ritenersi a proposito del mancato esperimento della procedura prevista dal capitolato speciale, avendo al riguardo la ricorrente l’onere di trascrivere il relativo testo. L’inammissibilità delle doglianze, che si sostanziano in una richiesta di riesame del merito della causa, rendono inconferenti le considerazioni compiute dalla ricorrente in ordine alla mancata conclusione del contratto di appalto e alla applicabilità dell’art. 936 cod. civ., rimanendo evidentemente ferma la decisione che ha ritenuto dovuta la corresponsione del compenso relativo alla costruzione del muro di cinta a titolo di opera extracontrattuale. Parimenti inammissibile, perchè riservata all’indagine di fatto del giudice di merito, è la deduzione circa l’ammontare dell’importo stimato dal consulente e recepito in sentenza.

Con il quinto motivo la ricorrente, lamentando nullità della sentenza e del procedimento (art. 360 c.p.c., n. 3) per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., censura la sentenza impugnata che aveva d’ufficio proceduto alla riduzione della penale , incorrendo nel vizio di ultrapetizione.

Il motivo va disatteso.

Secondo il consolidato orientamento della S.C. il potere di riduzione ad equità, attribuito al giudice dall’art. 1384 cod. civ. a tutela dell’interesse generale dell’ordinamento, può essere esercitato d’ufficio dal giudice per ricondurre l’autonomia contrattuale nei limiti in cui essa appare meritevole di tutela (cfr S.U. 18128/2005 ed altre conformi).

RICORSO INCIDENTALE. Con il primo motivo il ricorrente, lamentando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5), censura la sentenza impugnata laddove, nel determinare la penale per il ritardo, non aveva considerato che i lavori erano stati sospesi in quanto i progetti delle opere strutturali erano stati consegnati all’impresa dal progettista un mese e mezzo dopo la consegna del cantiere, per cui i primi 70 giorni di ritardo non potevano essere imputati all’impresa: sulla circostanza che pure era stata trattata nell’atto di citazione di appello, nella conclusionale e nelle note di replica, non vi era stato alcun cenno di motivazione.

Con il secondo primo motivo il ricorrente, lamentando omessa,insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5), censura la sentenza impugnata che aveva fatto decorrere dal 31-7-1990, data della notifica della variante n. 2121, il termine di decorrenza della penale, quando dalla relazione integrativa depositata all’udienza del 15-11-2000 era risultato che le modifiche di cui alla citata variante riguardavano la stessa consistenza strutturale degli alloggi: la sentenza era incorsa in evidente contraddittorietà tenuto conto che solo dal 1 agosto 1990, giorno successivo alla notifica della variante, l’impresa avrebbe potuto dare corso ai lavori edili come modificati, per cui la penale avrebbe potuto decorrere dal momento in cui fossero state ultimate le opere, tenuto conto che le modifiche riguardavano anche seminterrati, solai e forametria esterna.

I motivi, essendo strettamente connessi, vanno esaminati congiuntamente.

Le doglianze sono inammissibili, in quanto, seppure fanno riferimento a vizi di motivazione, sostanzialmente si risolvono nella censura dell’apprezzamento delle risultanze istruttorie in ordine all’imputabilità del ritardo in considerazione della decorrenza del termine dal quale poteva essere computato il ritardo, sollecitando da parte della Corte il riesame del merito della causa: al riguardo è appena il caso di considerare che il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 5. si configura solo quando nel ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, ovvero un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione; tali vizi non possono consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo al giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova.

D’altra parte, come si è già accennato, la Corte di Cassazione non ha il potere di esaminare gli atti e valutare autonomamente il merito della causa, non essendo compito del giudice di legittimità verificare l’esattezza della decisione rispetto alle risultanze istruttorie.

Con il terzo motivo il ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ., censura la statuizione di compensazione delle spese dell’intero giudizio, osservando che la sentenza impugnata aveva ritenuto, contrariamente al vero, che vi fosse stata reciproca soccombenza, quando invece la decisione del Tribunale era stata in larghissima misura riformata, atteso che, mentre in primo grado era stata condannata l’impresa al pagamento dell’importo di Euro 95.248,23, con la sentenza di appello erano stati la Cooperativa e i singoli soci ad essere condannati al pagamento in favore dell’impresa dell’importo di Euro 144.211,45.

Il motivo è infondato.

La violazione dell’art. 91 cod. proc. civ. è configurabile soltanto allorchè il giudice ponga le spese processuali a carico della parte integralmente vittoriosa, essendo la compensazione rimessa al potere discrezionale del giudice che deve peraltro motivare tale scelta.

Nella specie, non può certo considerarsi parte integralmente vittoriosa il ricorrente incidentale, mentre la sentenza ha disposto la compensazione in considerazione della soccombenza reciproca, tenendo correttamente conto dell’esito complessivo della lite, al quale il giudice di appello, che riformi anche in parte la decisione di primo grado, deve fare riferimento: in proposito, è appena il caso di ricordare che l’impugnazione del P. è stata soltanto in parte accolta, atteso che, seppure ridotta, è stata pur sempre riconosciuta come dovuta la penale per il ritardo richiesta con il decreto ingiuntivo (con l’atto di appello era stato dedotto che la stessa non fosse affatto dovuta), mentre veniva confermata la statuizione della sentenza di primo grado relativa alla riduzione del corrispettivo pattuito per vizi delle opere realizzate dall’impresa (e, peraltro, liquidato a favore dell’impresa l’importo per le opere extracontratto di cui era accertata l’esecuzione).

Il ricorso incidentale va rigettato.

In considerazione della reciproca soccombenza sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese della presente fase.

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 2 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2010

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