Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2718 del 04/02/2021

Cassazione civile sez. I, 04/02/2021, (ud. 03/12/2020, dep. 04/02/2021), n.2718

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 413/19 proposto da:

-) K.K., elettivamente domiciliato a Torino, v. Groscavallo

n. 3, difeso dall’avvocato Alessandro Praticò in virtù di procura

speciale apposta in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

-) Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di Torino 13.11.2018 n. 5761;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 3

dicembre 2020 dal Consigliere relatore Dott. Rossetti Marco.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. K.K., cittadino gambiano, chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis).

A fondamento della domanda dedusse di avere lasciato il proprio Paese a causa di contrasti con i fratelli per ragioni ereditarie, e per il timore di essere ucciso da quelli.

La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.

2. Avverso tale provvedimento K.K. propose, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, ricorso dinanzi alla sezione specializzata, di cui al D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, art. 1, comma 1, del Tribunale di Torino, che la rigettò con decreto 13.11.2018.

Il Tribunale ritenne che:

-) non vi fosse impugnazione circa il rigetto della domanda di protezione maggiore e sussidiaria; le quali – ha aggiunto – comunque non potevano essere concesse perchè il racconto del richiedente era inattendibile;

-) la protezione umanitaria di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, non potesse essere concessa in quanto:

-) il richiedente era inattendibile;

-) l’avere svolto in Italia attività lavorativa e frequentato la scuola non rendevano di per sè vulnerabile il richiedente.

3. Tale decreto è stato impugnato per cassazione da K.K. con ricorso fondato su due motivi.

Il Ministero dell’Interno non si è difeso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo il ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto inattendibile il suo racconto.

Deduce che il Tribunale, reputandolo inattendibile, avrebbe violato i criteri stabiliti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5.

1.1. Il motivo è inammissibile, in quanto investe un tipico apprezzamento di fatto.

Questa Corte infatti ha già ripetutamente affermato che la circostanza che il Tribunale abbia ritenuto inattendibile il richiedente non può mai costituire una violazione di legge, ma può essere censurata in sede di legittimità solo prospettando l’omesso esame di fatti decisivi: “la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, il D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma. 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito. (Sez. 1 -, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019, Rv. 652549 – 01).

Nel caso di specie, per contro, il ricorrente lungi dall’indicare quali fatti concreti e oggettivi il Tribunale avrebbe trascurato, quando erano stati dedotti, come erano stati provati, perchè erano decisivi, si limita a sostanza a censurare il giudizio formulato dal Tribunale.

Una censura, dunque, non consentita in sede di legittimità.

2. Col secondo motivo il ricorrente impugna il rigetto della domanda di protezione umanitaria.

Il motivo contiene due censure:

-) il Tribunale non ha affrontato il problema della situazione generale del Gambia, e della condizione in cui il richiedente sarebbe costretto a vivere in caso di rimpatrio;

-) il Tribunale ha erroneamente ritenuto che le attività svolte dal ricorrente in Italia non giustificassero di per sè un giudizio di avvenuta integrazione nel nostro paese.

2.1. Il motivo è, innanzitutto, inammissibile ex art. 366 c.p.c., n. 3, per totale carenza di una chiara esposizione di quale sarebbe il “profilo di vulnerabilità” posto a fondamento della domanda di protezione umanitaria, e cioè il fatto costitutivo della pretesa.

Nè, ovviamente la condizione di “vulnerabilità” di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, potrebbe consistere nella sola circostanza di provenire da un determinato paese, in quanto la protezione umanitaria come noto costituisce una misura speciale e personale.

In secondo luogo il motivo è inammissibile in quanto il ricorrente, al di là della generica circostanza di provenire dal Gambia, neanche in questa sede indica mai chiaramente quale sia ed in cosa consista la propria condizione individuale di vulnerabilità.

Questa Corte ha infatti già ripetutamente affermato che il permesso di soggiorno per motivi umanitari, anche quando sia invocato sul presupposto di una violazione sistematica grave dei diritti umani nel Paese di provenienza del richiedente, “deve necessariamente correlarsi alla vicenda personale del richiedente, perchè altrimenti si finirebbe per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo paese d’origine in termini del tutto generali, in contrasto col parametro normativo di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6” (così Cass. 4455/18, in motivazione).

Se dunque la domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari deve “necessariamente correlarsi alla vicenda personale del richiedente”, è necessario che questi deduca quali siano i diritti fondamentali alla cui violazione egli sarebbe esposto, nel caso di rimpatrio.

Deduzione che, per contro, nel ricorso qui in esame manca del tutto.

3. Non occorre provvedere sulle spese del presente giudizio, non essendovi stata difesa delle parti intimate.

La circostanza che il ricorrente sia stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato esclude l’obbligo del pagamento, da parte sua, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), in virtù della prenotazione a debito prevista dal combinato disposto di cui agli artt. 11 e 131 del decreto sopra ricordato (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 9538 del 12/04/2017, Rv. 643826 – 01), salvo che la suddetta ammissione non sia stata ancora, o venisse in seguito, revocata dal giudice a ciò competente.

PQM

La Corte di cassazione:

(-) dichiara inammissibile il ricorso;

(-) dà atto che sussistono in astratto i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se risultasse dovuto nel caso specifico.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Prima Sezione civile della Corte di cassazione, il 3 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2021

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