Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27179 del 28/12/2016


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Cassazione civile, sez. III, 28/12/2016, (ud. 11/11/2016, dep.28/12/2016),  n. 27179

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28091-2014 proposto da:

P.A., domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

VINCENZA PRESTIPINO giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

T.A.M.;

– intimata –

Nonchè da:

T.A.M., domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

CARMELO TRIOLO giusta procura speciale a margine del controricorso e

ricorso incidentale;

– ricorrente incidentale –

contro

P.A., domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

VINCENZA PRESTIPINO giusta procura speciale a margine del ricorso

principale;

– controricorrente al’incidentale –

avverso la sentenza n. 288/2014 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 21/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/11/2016 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

IACOVIELLO Francesco Mauro che ha concluso per la cassazione con

rinvio.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza resa in data 24/4/2014, la Corte d’appello di Messina, in riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato le domande proposte da P.A. nei confronti di F.M. e T.A.M. per la risoluzione del contratto di locazione intercorso tra le parti per inadempimento dei convenuti conduttori, oltre al pagamento dei canoni insoluti.

A fondamento del rigetto, la Corte d’appello di Messina ha indicato la carenza di legittimazione attiva del P., non avendo quest’ultimo fornito alcuna idonea prova della dedotta qualità di erede di G.L., originaria locatrice dell’immobile.

Con la stessa sentenza la corte territoriale ha altresì rigettato, in ragione dell’accertato difetto di legittimazione passiva del P., la domanda proposta in via riconvenzionale da T.A.M. per la condanna di controparte al rimborso delle somme impiegate per l’esecuzione di lavori all’interno dell’immobile locato.

2. Avverso la sentenza d’appello, ha proposto ricorso per cassazione P.A. sulla base di quattro motivi d’impugnazione, illustrati da successiva memoria.

3. Ha depositato controricorso T.A.M., invocando il rigetto del ricorso principale e proponendo ricorso incidentale sulla base di un unico motivo d’impugnazione.

4. P.A. ha depositato controricorso a ricorso incidentale, di quest’ultimo invocando l’integrale rigetto.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

5. Con il primo motivo del ricorso principale, il P. censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 480 c.c. e del T.U. n. 346 del 1990, art. 28, comma 1, nonchè erronea, contraddittoria, illogica e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per avere la corte territoriale contraddittoriamente interpretato la dichiarazione presentata dal P. per la successione nel patrimonio dell’originaria locatrice; dichiarazione considerata, da un lato, alla stregua di un atto meramente fiscale e, dall’altro, come manifestazione della volontà del dichiarante di accettare l’eredità dell’originaria locatrice, benchè posta in essere in epoca successiva alla scadenza del relativo termine di prescrizione.

Al riguardo, del tutto erroneamente la corte territoriale avrebbe ritenuto tardiva la presentazione della dichiarazione di successione, rispetto al termine di prescrizione del diritto di accettare l’eredità, siccome in contrasto con quanto risultante dagli atti di causa, nonchè con quanto previsto dall’art. 28 del testo unico cit., ai sensi del quale la dichiarazione di successione deve ritenersi presentata nel momento in cui viene consegnata all’ufficio postale per la spedizione.

6. Con il secondo motivo, il ricorrente principale censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 116 c.p.c., nonchè omessa e insufficiente motivazione in ordine al punto della controversia concernente “circostanze integranti dati di valutazione utili ai fini dell’accertamento dell’accettazione dell’eredità”.

Osserva al riguardo il ricorrente come la corte territoriale sarebbe giunta all’esclusione dell’avvenuta prova dell’accettazione dell’eredità, da parte del P., in contrasto con il carattere inequivoco del complesso degli elementi di valutazione critico -documentale su tale punto forniti nel corso del processo.

7. Con il terzo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 116 c.p.c. e dell’art. 475 c.c., nonchè omessa e insufficiente motivazione in ordine al punto della controversia concernente “circostanze integranti dati di valutazione utile ai fini dell’accertamento dell’accettazione dell’eredità mediante assunzione espressa del titolo di erede in una scrittura privata”.

Sul punto, il ricorrente si duole dell’erroneità della valutazione espressa dalla corte territoriale in ordine alle missive inviate dal P. ai due conduttori, con le quali quest’ultimo definiva se stesso quale erede dell’originaria locatrice, in tal senso manifestando in forma implicita, benchè inequivoca, la propria volontà di accettarne l’eredità.

8. Con il quarto motivo, il ricorrente principale censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 116 c.p.c., degli artt. 464 e 476 c.c., dei principi in materia di accettazione tacita dell’eredità e di individuazione dell’acquisto della qualità di erede, nonchè omessa e insufficiente motivazione in ordine al punto della controversia concernente “circostanze integranti dati di valutazione utili ai fini dell’accertamento di una manifestazione tacita di accettazione dell’eredità”.

Osserva sul punto il ricorrente come la corte territoriale avrebbe erroneamente negato l’avvenuta manifestazione della relativa volontà di accettare l’eredità dell’originaria locatrice, sia pure in modo tacito, pervenendo alla propria decisione sulla base di una motivazione del tutto incongrua e illogica, oltre che infedele rispetto alle obiettive risultanze degli elementi di prova acquisiti.

9. Il primo motivo del ricorso principale è inammissibile.

Osserva preliminarmente il collegio come, nel ritenere l’insufficienza della mera denuncia di successione ai fini della manifestazione della volontà di accettazione dell’eredità, la corte territoriale si sia correttamente allineata al consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità (al quale il collegio intende assicurare continuità), ai sensi del quale l’accettazione tacita di eredità (che si ha quando il chiamato all’eredità compie un atto che presuppone la sua volontà di accettare e che non avrebbe diritto di compiere se non nella qualità di erede) può essere desunta anche dal comportamento del chiamato, che abbia posto in essere una serie di atti incompatibili con la volontà di rinunciare o che siano concludenti e significativi della volontà di accettare; a tal fine, tuttavia, devono ritenersi inidonei gli atti di natura meramente fiscale, come la denuncia di successione, potendo l’accettazione tacita essere eventualmente desunta dal solo compimento di atti che siano al contempo fiscali e civili (Sez. 2, Sentenza n. 10796 del 11/05/2009, Rv. 608105).

Quanto alla circostanza costituita dalla rilevata tardività del compimento di tale atto, rispetto alla maturazione dei termini di prescrizione del diritto di accettazione dell’eredità (circostanza ritenuta dalla corte territoriale in ogni caso decisiva, ai fini della risoluzione della controversia), è appena il caso di rilevare come, con il motivo in esame, il ricorrente (nell’invocare la verifica documentale della tempestività della consegna dell’atto all’ufficio postale per la spedizione) si sia limitato a denunciare un vizio di natura meramente revocatoria, come tale inammissibile in questa sede di legittimità.

Al riguardo, varrà sul punto richiamare il consolidato insegnamento nella giurisprudenza di questa corte, ai sensi del quale l’apprezzamento del giudice del merito, che abbia ritenuto pacifica una circostanza di causa, qualora sia fondato sulla mera assunzione acritica di un fatto, può configurare un travisamento, denunciabile solo con istanza di revocazione, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, (cfr., ex plurimis, Sez. 2, Sentenza n. 19921 del 14/11/2012, Rv. 624476), là dove, in caso di applicazione del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, (come nella specie), l’eventuale vizio motivazionale di tale apprezzamento assumerebbe rilevanza unicamente in caso di omesso esame di un fatto decisivo controverso: ipotesi, quest’ultima, neppure adombrata nel caso di specie.

10. Parimenti inammissibili devono ritenersi il secondo, il terzo e il quarto motivo del ricorso principale.

Al riguardo, è appena il caso di evidenziare come, attraverso le censure indicate, il ricorrente si sia sostanzialmente spinto a sollecitare la corte di legittimità a procedere a una rilettura nel merito degli elementi di prova acquisiti nel corso del processo, in contrasto con i limiti del giudizio di cassazione e con gli stessi limiti previsti dall’art. 360 c.p.c., n. 5 (nuovo testo) sul piano dei vizi rilevanti della motivazione.

In particolare, sotto il profilo della violazione di legge, il ricorrente risulta aver prospettato le proprie doglianze attraverso la denuncia di un’errata ricognizione della fattispecie concreta, e non già della fattispecie astratta prevista dalle norme di legge richiamate (operazione come tale estranea al paradigma del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3), là dove, sotto il profilo del vizio di motivazione, lo stesso si è spinto a delineare i tratti di un vaglio di legittimità esteso al riscontro di pretesi difetti o insufficienze motivazionali (nella prospettiva dell’errata interpretazione o configurazione del valore rappresentativo degli elementi di prova esaminati) del tutto inidonei a soddisfare i requisiti imposti dal nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

11. Con l’unico motivo di ricorso incidentale, la T. censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) per avere la corte territoriale erroneamente disposto l’integrale compensazione tra le parti delle spese dell’intero giudizio in ragione della ritenuta reciproca soccombenza delle parti, laddove essa ricorrente aveva avanzato la propria domanda riconvenzionale in via subordinata rispetto all’accoglimento delle eccezioni preliminari di rito e di merito riferite al difetto di legittimazione in capo al P., con la conseguente insussistenza di alcun profilo di soccombenza a carico della ricorrente incidentale una volta riconosciuta l’effettiva carenza di legittimazione attiva del P. in ordine al promovimento dell’odierno giudizio.

11.1. Il motivo è inammissibile.

Osserva il collegio come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa corte, il ricorrente che agendo in sede di legittimità denunci una violazione di legge riscontrabile attraverso i termini incontestati della fattispecie concreta (là dove l’eventuale carattere controverso di questi ultimi rileverebbe sotto il profilo del vizio motivazionale), ha l’onere di indicare specificamente le circostanze di fatto e i relativi elementi di riscontro probatorio acquisiti nel corso del giudizio, provvedendo alla loro trascrizione, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo dell’effettivo carattere incontroverso dei fatti su cui incide l’errata interpretazione della norma denunciata; un controllo che, per il principio dell’autosufficienza del ricorso per cassazione (nella sua consacrazione normativa di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6), la Suprema Corte dev’essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto d’impugnazione, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative (cfr. Sez. 6 – L, Ordinanza n. 17915 del 30/07/2010, Rv. 614538 e successive conformi).

E’ appena il caso di ricordare come tali principi abbiano ricevuto l’espresso avallo della giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte, le quali, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’asrt. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, hanno ribadito la necessità dell’assolvimento di oneri di specifica e completa allegazione, ad opera della parte interessata, al fine di consentire al giudice di legittimità di procedere al controllo demandatogli dalle legge (cfr. per tutte, Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629831).

Nella violazione di tale principio deve ritenersi incorsa la ricorrente incidentale con il motivo d’impugnazione in esame, atteso che la stessa, nel contestare la reciprocità della soccombenza posta dal giudice a quo a fondamento delle decisione di compensazione delle spese del giudizio, ha dedotto di aver proposto, la domanda riconvenzionale rigettata dal giudice d’appello, solo in via subordinata, sì che la corte territoriale non avrebbe dovuto provvedere sulla stessa domanda (rigettandola) una volta riconosciuta la carenza di legittimazione attiva della controparte.

Nel proporre tale censura, tuttavia, la T. si è laconicamente limitata a riportare, nel corpo del ricorso, il tenore di singoli (non decisivi, nè inequivoci) brani estratti dall’atto di appello contenente le conclusioni proposte in quella sede, senza provvedere all’integrale riproduzione dell’atto (o alla relativa allegazione in copia), con ciò precludendo a questa Corte la possibilità di apprezzare la concludenza delle censure formulate al fine di giudicare la fondatezza del motivo d’impugnazione proposto, tenuto altresì conto delle specifiche contestazioni sul punto sollevate dalla controparte (cfr. pagg. 3 e segg. del controricorso a ricorso incidentale).

12. Le argomentazioni che precedono impongono la dichiarazione d’inammissibilità, tanto del ricorso principale, quanto di quello incidentale.

La reciproca soccombenza giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

Dichiara inammissibili il ricorso principale e il ricorso incidentale.

Dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 11 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2016

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