Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27175 del 28/12/2016


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Cassazione civile, sez. III, 28/12/2016, (ud. 10/11/2016, dep.28/12/2016),  n. 27175

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI AMATO Sergio – rel. Presidente –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9519-2015 proposto da:

GROUPAMA ASSICURAZIONI SPA, procuratore speciale N.Y.,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DELLA LIBERTA’, 20, presso

lo studio dell’avvocato FABRIZIO BRUNI, che la rappresenta e difende

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SNC, in persona del Curatore Avv. C.M.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA P. OTTOBONI 37 C/0 AVV.

SERAFIN, presso lo studio dell’avvocato PAOLO SAMBENEDETTO, che la

rappresenta e difende giusta procura in calce al controricorso;

C.T., considerato domiciliato ex lege in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato PAOLO SAMBENEDETTO giusta procura in calce al

controricorso;

S.A., SI.SA., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA DONATELLO 71 C/O AVV. BAGNASCO, presso lo studio

dell’avvocato VITTORIO MASCI, che li rappresenta e difende giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

e contro

T.G., + ALTRI OMESSI

– intimati –

avverso la sentenza n. 189/2014 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 21/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/11/2016 dal Consigliere Dott. SERGIO DI AMATO;

udito l’Avvocato MAURO VAGLIO per delega non scritta;

udito l’Avvocato VITTORIO MASCI per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

La Nuova Tirrena s.p.a., ora Groupama Assicurazioni s.p.a., stipulava, con la (OMISSIS) s.n.c. e a favore del Comune di Sulmona, una polizza a garanzia dei diritti e oneri relativi ad alcune concessioni edilizie, ragion per cui, a seguito dell’inadempimento nell’esecuzione delle connesse opere di urbanizzazione da parte della società obbligata, versava all’ente locale l’indennizzo dovuto. Conveniva quindi in giudizio gli acquirenti delle porzioni immobiliari realizzate in forza della sottesa convenzione di lottizzazione, stipulata dalla (OMISSIS), per la condanna al rimborso pro quota di quanto versato, affermando di essersi surrogata nei diritti del Comune nei confronti dei suddetti obbligati in solido. Il tribunale rigettava la domanda e altrettanto faceva la corte di appello de L’Aquila.

Per la cassazione di quest’ultima sentenza ricorre la Groupama Assicurazioni s.p.a. formulando quattro motivi.

Resistono con controricorso S.A., Si.Sa., C.T. e il sopravvenuto e anch’esso convenuto Fallimento della (OMISSIS), mentre non si sono costituiti gli altri intimati.

Diritto

MOTIVI

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 1150 del 1942, art. 28 avente ad oggetto la disciplina della lottizzazione delle aree e la relativa convenzione, allegando che l’obbligazione avente ad oggetto la realizzazione delle opere di urbanizzazione ha natura propter rem e, pertanto, ambulatoria, trasferendosi agli acquirenti degli immobili realizzati, come tali responsabili in solido.

Con il secondo motivo si deduce l’omesso esame di un fatto decisivo e discusso, consistente nell’art. 3 degli indicati – e per quanto di ragione trascritti – contratti di compravendita, in cui il venditore dichiarava che l’immobile era stato costruito in base alla specificata concessione edilizia, con relative varianti, e che esso rientrava nella pure specificata convenzione di lottizzazione, “nota e accettata dalla parte acquirente e che qui si abbia per ripetuta e trascritta con tutti gli obblighi e le condizioni ivi previste”.

Elemento che, se non ignorato, avrebbe dovuto condurre a ritenere che gli acquirenti avessero consapevolmente assunto gli obblighi della convenzione medesima.

Con il terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1201 c.c. per non aver valutato come la Nuova Tirrena si fosse surrogata nei diritti del Comune per espressa dichiarazione di quest’ultimo rilasciata in uno all’atto di quietanza, anch’esso indicato e trascritto.

Con il quarto ed ultimo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 348 del 1982, art. 2 poichè la clausola contrattuale prevista dal menzionato art. 6 della polizza, anch’essa così violata, riproduceva la norma in parola, secondo cui la garanzia prestata a favore di un ente pubblico comportava, all’esito dell’escussione, la surroga nei diritti del creditore da valutare estesa, per coerenza, a tutti gli obbligati in solido in ragione della natura reale dell’obbligazione, pure se estranei al rapporto di garanzia. Tale ultimo motivo è riferito “all’art. 360 c.p.c., n. 5” ma dalla riportata intestazione e dal suo contenuto risulta evidente che si tratta di un refuso da intendere quale riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

2. I motivi possono essere trattati congiuntamente per connessione, e sono infondati.

Si intende dare seguito alla giurisprudenza di legittimità secondo cui (v. da ultimo in un caso sovrapponibile Sez. 3, n. 16999 del 2015) l’obbligazione di provvedere alla realizzazione delle opere di urbanizzazione assunta da colui che stipula una convenzione edilizia è propter rem nel senso che essa va adempiuta non solo da colui che tale convenzione ha stipulato, ma anche da colui, se soggetto diverso, che richiede la concessione edilizia, titolo amministrativo di costruzione ratione temporis operante; ovvero nel senso che colui che realizza opere di trasformazione edilizia ed urbanistica, valendosi della concessione edilizia rilasciata al suo dante causa, ha nei confronti del Comune gli stessi obblighi che gravano sull’originario concessionario, ed è con quest’ultimo solidalmente obbligato per il pagamento degli oneri di urbanizzazione. La natura reale dell’obbligazione in esame riguarda, dunque, i soggetti che stipulano la convenzione, quelli che richiedono la concessione, e quelli che realizzano l’edificazione avvalendosi della concessione rilasciata al loro dante causa (Cass. n. 10947 del 1994; n. 6382 del 1988; ma anche n. 5541 del 1996 e n. 12571 del 2002; v. pure Cass. n. 11196 del 2007).

La ratio trova la sua matrice nella L. n. 10 del 1977 (artt. 3, 4 e 5), e si risolve nella coerente necessità di correlare i vantaggi patrimoniali connessi alla realizzazione delle unità immobiliari cedibili agli oneri (di costruzione delle opere pubbliche) di urbanizzazione. Ciò che rende chiara la logica che assiste il ricostruito perimetro di ambulatorietà dell’obbligazione in esame.

Sono quindi esclusi dall’area degli obbligati a tale titolo: i soggetti che utilizzano per una loro diversa edificazione le opere di urbanizzazione realizzate da altri, senza avere con questi alcun rapporto, e che, per ottenere la loro diversa concessione edilizia, devono pagare al Comune concedente, per loro conto, i relativi oneri di urbanizzazione (la fattispecie all’attenzione di Cass. n. 12571 del 2002); i soggetti successivi acquirenti da chi ha realizzato la costruzione sulla base della concessione, con la conseguenza che, qualora quest’ultimo abbia anche realizzato le opere di urbanizzazione, ovvero, come nel caso, non le abbia realizzate innescando l’escussione della polizza con susseguente surroga, l’assicuratore stesso o, nella prima ipotesi, il costruttore possono rivalersi sui successivi acquirenti della spesa sostenuta solo in virtù di espressa pattuizione negoziale, nella quale non viene più in rilievo il carattere reale dell’obbligazione.

Viene qui in gioco il secondo motivo in cui si lamenta, però, la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 che nella fattispecie si applica secondo la riformulazione disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, che dev’essere interpretata come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione, sicchè in cassazione è denunciabile solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Sez. U., n. 8053 del 2014, e succ. conf.).

Nell’ipotesi il contratto di compravendita è stato esaminato e, anche se non è stato specificatamente richiamato l’art. 3, ne è stata data una interpretazione complessiva che qui non è idoneamente impugnata per violazione dei canoni ermeneutici.

Nè, logicamente, la dichiarazione di surroga del creditore menzionata nel terzo motivo può determinare una modifica del lato passivo del rapporto obbligatorio. L’art. 1201 c.c., cioè, poteva venire in gioco solo in caso di riconosciuta solidarietà.

Da quanto sopra risulta, di conseguenza, che:

– l’art. 28 Legge Urbanistica non rileva ai fini in parola, anche tenuto conto che le obbligazioni propter rem sono caratterizzate dal requisito della tipicità, sicchè esse possono sorgere solo nei casi e col contenuto espressamente previsti dalla legge (Cass. n. 4572 del 2014);

– la L. n. 348 del 1982, art. 2 che disciplina la surroga nei diritti dell’ente di natura pubblica assicurato in esito all’escussione, va letto (in coerenza con quanto osservato riguardo l’art. 1201 c.c.) nel senso che la surroga vale per gli obbligati al medesimo titolo e in questo senso debitori solidali, come qui si è visto che non possono essere gli acquirenti delle singole unità immobiliari.

Le spese seguono la soccombenza; esse sono liquidate unitariamente per gli intimati costituiti con il medesimo legale.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese processuali liquidate in Euro 2.800,00 in favore dell’amministrazione fallimentare costituita ed Euro 3.500,00 ciascuno in favore di C.T. e degli altri intimati costituiti.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Motivazione redatta con la collaborazione dell’assistente di studio dott. Porreca Paolo.

Il collegio ha stabilito che la motivazione sia semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2016

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