Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27172 del 28/12/2016


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Cassazione civile, sez. III, 28/12/2016, (ud. 10/11/2016, dep.28/12/2016),  n. 27172

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI AMATO Sergio – rel. Presidente –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3435-2014 proposto da:

M.G., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

BARBERINI 29, presso lo studio dell’avvocato MANFREDI BETTONI,

rappresentato e difeso dall’avvocato TIZIANO GIOVANELLI giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

FONDAZIONE CASA DI RIPOSO D.B. ONLUS, in persona del

Presidente pro tempore sig.ra MARIA LUISA REGGIORI, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14 A-4, presso lo studio

dell’avvocato GABRIELE PAFUNDI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato GIANFRANCO GARANCINI giusta procura a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2578/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 21/06/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/11/2016 dal Consigliere Dott. SERGIO DI AMATO;

udito l’Avvocato TIZIANO GIOVANELLI;

udito l’Avvocato GIANFRANCO GARANCINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per l’inammissibilità o rigetto

del ricorso.

Fatto

L’architetto M.G. conveniva davanti alla Corte di appello di Milano la Fondazione Casa di riposo D.B.G.A. Onlus, chiedendo la revocazione ex art. 395 c.p.c., comma 1, n. 3, della sentenza n. 3577 del 2008 del medesimo ufficio, passata in giudicato, che aveva confermato la pronuncia, del Tribunale di Varese, in cui erano stati accertati il suo inadempimento, e la conseguente responsabilità contrattuale, in relazione alla direzione di lavori di adeguamento, ristrutturazione e ampliamento di un edificio da destinare a casa di riposo.

La decisione della corte meneghina aveva rilevato la redazione di s.a.l. e certificati di pagamento per importi superiori rispetto ai limiti di spesa autorizzata; la violazione dell’obbligo di vigilanza sull’entità delle opere eseguite e sulla corrispondenza tra l’attività svolta e l’impegno, anche di natura contabile, assunto in sede di sottoscrizione del sotteso contratto di appalto; la violazione degli obblighi di informativa della stazione appaltante; plurime omissioni aventi ad oggetto l’esaurimento delle risorse stanziate; l’esecuzione di opere di valore superiore a quello tempo per tempo pattuito o al limite di spesa autorizzato; la redazione del conto finale e la certificazione di ultimazione dei lavori oltre i termini previsti.

Il ricorrente allegava di essere venuto a conoscenza, tramite una missiva ricevuta il 27 settembre 2010, di documenti idonei ad inficiare le conclusioni della statuizione gravata, e in particolare: la sentenza n. 1102 del 16 febbraio-17 marzo 2010 della Corte di appello di Roma, con cui erano stati validati due lodi arbitrali, e una perizia stragiudiziale, asseverata il 7 ottobre 2009 presso il Tribunale di Lanciano, concernenti, entrambe, il contenzioso tra la Fondazione e l’impresa esecutrice dei lavori; cui si aggiungeva la sentenza n. 23678 del 2013 con cui la Corte di cassazione aveva rigettato un ricorso, proposto dalla Fondazione, avverso la decisione con cui era stata respinta la querela di falso formulata, contro l’esponente, con riferimento a documenti correlati alle medesime opere.

La corte di appello di Milano dichiarava inammissibile il ricorso per revocazione. Il M. ricorre per cassazione contro tale decisione formulando quattro motivi.

Si è costituita la Fondazione Casa di riposo D.B.G.A. Onlus, chiedendo dichiararsi tardivo e comunque inammissibile il ricorso.

Diritto

MOTIVI

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 395 c.p.c., comma 1, n. 3, atteso che nei lodi arbitrali avallati dalla Corte di appello romana, così come nella perizia asseverata, si dava atto della correttezza dell’attività da lui svolta quale direttore dei lavori.

Con il secondo motivo si deduce la stessa violazione in uno all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e oggetto di discussione tra le parti, in relazione ai medesimi documenti, aggiungendo che ciò avrebbe dovuto portare a constatare le indicate infondatezze e contraddittorietà della decisione oggetto di richiesta di revoca.

Con il terzo motivo si deduce la nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per l’omessa pronuncia sulla richiesta di consulenza tecnica d’ufficio.

Con l’ultimo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 395 c.p.c. in uno alla violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per l’omessa considerazione della pronuncia della Corte di cassazione di rigetto del ricorso proposto contro la decisione con cui in sede di merito era stata disattesa la querela di falso spiegata contro il deducente relativamente a documenti inerenti ai medesimi lavori.

La controricorrente ha eccepito la tardività del presente ricorso per essere spirato il termine lungo semestrale ex art. 327 c.p.c., comma 1, atteso che la sentenza impugnata risulta depositata il 21 giugno 2013 e il ricorso per cassazione portato alla notifica il 6 febbraio 2014, e visto che l’odierno processo doveva considerarsi nuovo e radicato dopo la data, del 4 luglio 2009, decisiva per l’applicabilità della novella arrecata alla norma in parola dalla L. n. 69 del 2009.

La stessa controricorrente ha inoltre eccepito l’inammissibilità del ricorso per essere fondato su documenti non preesistenti la pronuncia da revocare.

2. Va preliminarmente esaminata l’eccezione di tardività del ricorso.

Va premesso che secondo il costante orientamento di questa Corte, “in tema di impugnazioni, la modifica dell’art. 327 c.p.c., introdotta dalla L. n. 69 del 2009, che ha sostituito il termine di decadenza di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza all’originario termine annuale, è applicabile, ai sensi dell’art. 58, comma 1 cit. legge, ai soli giudizi instaurati dopo la sua entrata in vigore e, quindi, dal 4 luglio 2009, restando irrilevante il momento dell’instaurazione di una successiva fase o di un successivo grado di giudizio” (Sez. 6-3, n. 19969 del 2015).

Il ricorso ex art. 395 c.p.c., comma 1, n. 5 ha natura di impugnazione sebbene straordinaria, sicchè ai fini in questione deve aversi riguardo all’originaria citazione, sfociata, in seconde cure, nella sentenza di cui si è chiesta la revoca. Citazione pacificamente anteriore all’anno 2009.

3. I motivi di ricorso, primo secondo e quarto, vanno esaminati congiuntamente stante la loro connessione. Essi sono manifestamente infondati. Con assorbimento del terzo.

Secondo la costante nomofilachia “l’ipotesi di revocazione di cui all’art. 395 c.p.c., n. 3 presuppone che un documento preesistente alla decisione impugnata, che la parte non abbia potuto produrre a suo tempo per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario, sia stato recuperato solo successivamente a tale decisione, sicchè essa non può essere utilmente invocata con riferimento a un documento formato dopo la decisione” (Sez. 6-L, n. 20587 del 2015; conf. Sez. 3, n. 3362 del 2015, in cui si aggiunge che resta “irrilevante che il documento faccia riferimento a fatti antecedenti alla sentenza stessa e sia stato recuperato solo successivamente a tale decisione; ne consegue che detta ipotesi di revocazione non può essere utilmente invocata facendo riferimento a un documento formato dopo la decisione”).

Nel caso in esame la decisione di cui si è domandata la revoca è stata depositata nel 2008, mentre i documenti opposti sono del 2010 (sentenza della Corte di appello di Roma), 2009 (perizia asseverata) e 2013 (sentenza della Corte di cassazione).

4. Le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali liquidate in Euro 7.000,00, oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Motivazione redatta con la collaborazione dell’assistente di studio dott. P.P..

Il collegio ha stabilito che la motivazione sia semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2016

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