Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27172 del 04/12/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 27172 Anno 2013
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: CIGNA MARIO

SENTENZA

sul ricorso 10776-2009 proposto da:
BATTISTELLI PAOLA, elettivamente domiciliata in ROMA
VIALE REGINA MARGHERITA 262-264, presso lo studio
dell’avvocato TAVERNA SALVATORE, che la rappresenta e
difende giusta delega a margine;
– ricorrente 2013
2382

contro

AMMINISTRAZIONE ECONOMIA E FINANZE DELLO STATO in
persona del Ministro pro tempore, AGENZIA DELLE
ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI
12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li

Data pubblicazione: 04/12/2013

rappresenta e difende ope legis;
– controricorrentl nonchè contro
AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI ALBANO LAZIALE;
– intimato –

ROMA, depositata il 17/03/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/07/2013 dal Consigliere Dott. MARIO
CIGNA;
udito per il ricorrente l’Avvocato STEFANINI delega
Avvocato TAVERNA che ha chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato CASELLI che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n. 13/2008 della COMM.TRIB.REG. di

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con distinti ricorsi, poi riuniti per connessione, Battistelli Paola, soda al 10% della Maxingross
Battistelli srl, impugnava dinanzi alla CTP di Roma avviso di accertamento e cartella di pagamento
relativi ad IRPEF ed ILOR 1993.
L’adita CTP accoglieva i ricorsi.

che i ricorsi avverso gli avvisi di accertamento emessi nei confronti della detta società erano stati
dichiarati inammissibili con sentenze passate in giudicato; che correttamente l’Ufficio, utilizzando il
metodo induttivo, aveva ritenuto, in mancanza di prova contraria, che gli utili non dichiarati accertati
nei confronti della società (a ristretta base sociale: quattro soci legati da vincolo di parentela) fossero
stati distribuiti ai soci secondo la propria quota di partecipazione alle dette società; che, pertanto, il
contribuente ben conosceva l’oggetto e la fonte dell’avviso di accertamento e della cartella di
pagamento impugnati.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per Cassazione il contribuente, affidato a tre motivi;
resistevano il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il contribuente, deducendo -ex art. 360 n. 3 e 5 cpc- violazione e falsa applicazione
dell’art. 39, comma 1, lett. d) dpr 600/73, nonché insufficiente motivazione circa un fatto controverso
e decisivo per il giudizio, rilevava che la ristretta base azionaria non poteva fornire di per sé (in
mancanza di altri elementi) la prova dell’effettiva distribuzione degli utili extrabilancio ai soci, e che
siffatto argomento non era stato per nulla preso in considerazione dai Giudici di merito.
Con il secondo motivo il contribuente, deducendo -ex art. 360 n. 3 e 5 cpc- violazione e falsa
applicazione degli artt 5 e 45 dpr 917/1986 dpr 600/73, e degli artt 2727 e 2729 cc, nonché
insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, rilevava che l’Ufficio, una
volta accertato il maggior reddito nei confronti della società, avrebbe dovuto espletare tutti gli
accertamenti intesi a stabilire se da parte dei soci vi fosse stata effettiva percezione di redditi ovvero
se l’importo sottratto a tassazione fosse servito per scopi diversi.
Siffatti motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto tra loro strettamente connessi, sono infondati.
Al riguardo va, invero, precisato che in tema di rapporto tra l’accertamento di utili di natura
extracontabíle nei confronti di una società di capitali e l’accertamento nei confronti del socio della
stessa, quale percettore degli utili stessi, allorchè si tratti (come nella specie) di organismo a base
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ristretta (circostanza pacifica: quattro soci, in legame di parentela tra loro), va condiviso il consolidet

Con sentenza 17-3-2008 la CTR Lazio accoglieva l’appello dell’Ufficio; in particolare la CTR rilevava:

orientamento giurisprudenziale di questa Corte, secondo cui è legittima la presunzione di attribuzione
ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati, rimanendo salva la facoltà del contribuente di
offrire la prova del fatto che i maggiori ricavi non siano stati fatti oggetto di distribuzione, ma siano
stati, invece, accantonati dalla società, ovvero da essa reinvestiti” (Cass. 6197/2007; 2214/2011); al
riguardo va, infatti, ribadito che in materia di accertamento delle imposte sui redditi, la ristretta base
familiare di una società di capitali può costituire il fatto noto che consente all’ufficio, in sede di
rettifica della dichiarazione, di risalire, in via di presunzione (semplice) ex artt. 2727 e 2729 cod. civ., a
4695/2002; 6780/2003; 20851/05; 9519/09) .
La CTR ha fatto corretto uso di tale principio, ritenendo che, nel caso di specie, il contribuente non
aveva fornito la richiesta prova contraria di cui sopra..
Con il terzo motivo il contribuente, deducendo -ex art. 360 n. 5 cpc- omessa motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio rilevava che la CTR aveva omesso del tutto qualsivoglia
motivazione circa l’efficacia del giudicato penale formatosi a seguito di sentenza di non luogo a
procedere; in particolare la perizia agli atti del giudizio svoltosi dinanzi al Tribunale penale ben poteva
fondare il convincimento del Giudice tributario almeno per la parte «sfavorevole” (e cioè per la parte
che aveva limitato alla somma di lire 46.363.000 i maggiori ricavi imponibili).
Detto motivo è inammissibile per violazione dell’ art. 366 bis c.p.c. (applicabile perché la sentenza
impugnata è stata depositata in data 17-3-2008, quindi nel vigore del detto articolo, introdotto con il
D. Lg.vo n. 40 del 2006 ed abrogato, ma solo dal 4 luglio 2009, con l’ art. 47, primo comma, lett d) della
legge n. 69 del 2009).
La complessiva doglianza è, infatti, materialmente priva del “momento di sintesi”, richiesto in tutte le
ipotesi di vizio sussumibile nel n. 5 dell’ art. 360 c.p.c.; ed invero, per costante e condiviso principio di
questa Corte, nel caso previsto dall’ articolo 360, primo comma, n. 5, l’ illustrazione di ciascun motivo
del ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, sia la chiara indicazione del fatto
controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, sia le ragioni per
le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione, sia un
momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), e cioè un’ indicazione riassuntiva e sintetica, che
costituisca un quid pluris rispetto all’ illustrazione del motivo e che ne circoscriva puntualmente i
limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione
della sua ammissibilità; ciò anche quando l’indicazione del fatto decisivo controverso sia rilevabile dal
complesso della formulata censura, attesa la “ratio” che sottende la disposizione indicata, associata alle
esigenze deflattive del filtro di accesso alla S.C., la quale deve essere posta in condizione di
comprendere, dalla lettura del solo quesito, quale sia l’errore commesso dal giudice di merito. ‘

quello – ignorato e da verificare – della distribuzione ai soci del maggior utile non contabilizzato (Cass.

La doglianza è comunque inammissibile anche per difetto di autosufficienza del ricorso, atteso che
Utewzren:

nello stesso non vengono specificamente instleati né la sentenza penale né la “perizia” né tanto meno il
contenuto delle stesse.
In conclusione, pertanto, il ricorso va rigettato.
Le spese di lite relative al presente giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la

P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento dei compensi di lite relativi al presente
giudizio di cassazione, che si liquidano in complessivi euro 8.000,00, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma in data 11-7-2013 nella camera di Consiglio della sez. tributaria della Corte.

soccombenza.

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