Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2717 del 06/02/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 2717 Anno 2014
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: CARLUCCIO GIUSEPPA

SENTENZA

sul ricorso 11205-2008 proposto da:
AXA ASSIC SPA 009021700018 in persona del legale
rappresentante pro tempore Dott. MAURIZIO RAINO’ in
persona del legale rappresentante pro tempore Dott.
MAURIZO RAINO’, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA VESPASIANO 17-A, presso lo studio dell’avvocato
1 2013

2433

INCANNO’ GIUSEPPE, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato BOCCASSI MARIO giusta delega
in atti;
– ricorrente contro

1

Data pubblicazione: 06/02/2014

LEONFORTE CARMELO LNFCML72S01E536X, domiciliato ex
lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato
DANIELE BARTOLOMEO giusta delega in atti;
– controricorrente

di TORINO, depositata il 23/01/2008, R.G.N. 319/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/12/2013 dal Consigliere Dott. GIUSEPPA
CARLUCCIO;
udito l’Avvocato LUCIO LAURITA LONGO per delega;;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI che ha concluso
per il rigetto del ricorso;

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avverso la sentenza n. 91/2008 della CORTE D’APPELLO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.L’Axa Assicurazioni Spa, premesso di aver risarcito in via stragiudiziale i
danni causati dal proprio assicurato Carmelo Leonforte, il quale, guidando
in stato di ebbrezza aveva invaso l’opposta carreggiata collidendo con un
autocarro, agì in rivalsa nei confronti del Leonforte e invocò l’art. 17 delle
condizioni generali di contratto, che escludeva dalla copertura
assicurativa il caso del veicolo guidato da persona in stato di ebbrezza.

di sottoscrizione, rigettò la domanda.
La Corte di appello di Torino rigettò l’impugnazione della Assicurazione,
volta a sostenere il carattere non vessatorio della clausola e la sua
funzione di delimitazione del rischio assicurato, e confermò la decisione di
primo grado (sentenza del 23 gennaio 2008).
2. Avverso la suddetta sentenza, l’Assicurazione propone ricorso per
cassazione affidato a tre motivi.
Resiste con controricorso il Leonforte.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.Non è controverso che la clausola assicurativa, che esclude la copertura
nel caso di veicolo condotto da persona in stato di ebbrezza, non sia stata
specificamente sottoscritta dal Leonfonte.
1.1. Per fondare il carattere vessatorio della clausola, con conseguente
necessità di specifica sottoscrizione, la Corte di merito ha fatto ricorso a
due autonome argomentazioni; ciascuna delle quali idonea a sorreggere il
rigetto della domanda di rivalsa; quindi, si è soffermata, per negarne il
valore, su un’argomentazione difensiva dell’allora assicurazione
appellante mettendone in evidenza la mancanza di chiarezza.
In primo luogo, sulla base del modulo contrattuale, ha ritenuto che la
clausola è vessatoria perché la stessa Assicurazione
contraente/predisponente l’ha considerata tale avendo previsto nel
contratto per essa, oltre che per altre clausole, la specifica approvazione
per iscritto agli effetti degli artt. 1341 e 1342 cod. civ. In definitiva,
secondo il giudice, le conseguenze della mancata sottoscrizione trovano
la loro regolamentazione già nelle previsioni contrattuali predisposte dalla
Assicurazione.
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Il Tribunale, ritenuta la vessatorietà della clausola e rilevata la mancanza

In secondo luogo, ha ritenuto che la clausola sarebbe comunque
inefficace sulla base delle normativa relativa ai contratti del consumatore.
Infine, ha argomentato nel senso della mancanza di univocità e di
chiarezza e, comunque, nel senso della mancanza di pregio dell’ulteriore
tesi dell’Assicurazione, secondo la quale la clausola di limitazione della
responsabilità per il conducente in stato di ebbrezza dovrebbe essere

costituisce reato e l’autore dovrebbe essere responsabile delle
conseguenze di tate comportamento doloso.
2. Con il primo motivo si deduce la violazione degli art. 1325, 1341 e
1342 cod. civ. Si conclude con un quesito di diritto che si risolve nella
domanda alla Corte se una clausola del tipo di quella in esame sia da
considerarsi limitativa di responsabilità, e come tale vessatoria, con
conseguente necessità di approvazione scritta.
La inadeguatezza del quesito riflette la mancanza di pertinenza della
censura rispetto alla ratio della decisione, che ha rinvenuto il carattere
vessatorio della clausola nella stessa previsione contrattuale della
necessità della sottoscrizione.
Consegue l’inammissibilità del motivo.
3. Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art.
1469 quinquies cod. civ. Con il terzo motivo si deduce violazione e falsa
applicazione degli artt. 1343, 1346 e 1917 cod. civ. In estrema sintesi, la
violazione della normativa relativa ai contratti del consumatore e, per
quel che sembra di capire, la nullità del contratto per illiceità dell’oggetto
e della causa in riferimento a quelle argomentazioni che già il giudice di
appello aveva ritenuto non univoche.
A parte la considerazione che il terzo motivo, che si riferisce alla terza
argomentazione rigettata in sentenza, introduce, almeno dal punto di
vista delle pretese norme violate una prospettazione nuova, è assorbente
il difetto di interesse alla pronuncia sugli altri motivi relativi (all’altra) o
alle altre due rationes autonome, una volta che la prima – da sola
sufficiente – è rimasta incensurata, fondando la sentenza.

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implicita perché il comportamento della guida in stato di ebbrezza

Infatti, la ricorrente non ha interesse alla pronuncia sui motivi che
censurano le altre rationes, atteso che un ipotetico accoglimento del
secondo e terzo motivo non sarebbe idoneo a cassare la sentenza.
Questa Corte di legittimità ha già affermato che «Nel caso in cui venga
impugnata con ricorso per cassazione una sentenza (o un capo di
questa) che si fondi su più ragioni, tutte autonomamente idonee a
sorreggerla, è necessario, per giungere alla cassazione della pronuncia,

ma anche che il ricorso abbia esito positivo nella sua interezza con
l’accoglimento di tutte le censure, affinché si realizzi lo scopo proprio di
tale mezzo di impugnazione, il quale deve mirare alla cassazione della
sentenza, “in toto” o nel suo singolo capo, per tutte le ragioni che
autonomamente l’una o l’altro sorreggano. Ne consegue che è sufficiente
che anche una sola delle dette ragioni non abbia formato oggetto di
censura, ovvero, pur essendo stata impugnata, sia respinta, perché il
ricorso o il motivo di impugnazione avverso il singolo capo di essa, debba
essere respinto nella sua interezza, divenendo inammissibili, per difetto
di interesse, le censure avverso le altre ragioni poste a base della
sentenza o del capo impugnato.>> (Cass. 8 agosto 2005, n. 16602).
4. In conclusione, il ricorso è inammissibile. Le spese, liquidate sulla
base dei parametri vigenti di cui al d.m. n. 140 del 2012, seguono la
soccombenza.
P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento,
in favore del controricorrente, delle spese processuali del giudizio di
cassazione, che liquida in Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per spese,
oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2013

Il consigliere estensore

non solo che ciascuna di esse abbia formato oggetto di specifica censura,

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