Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2717 del 02/02/2017

Cassazione civile, sez. III, 02/02/2017, (ud. 14/12/2016, dep.02/02/2017),  n. 2717

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10256-2014 proposto da:

HDI GERLING INDUSTRIE VERSICHERUNG AG, in persona del procuratore

speciale Ing. S.F., elettivamente domiciliata in ROMA,

P.ZA UNITA’ 13, presso lo studio dell’avvocato LUISA RANUCCI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAOLO FERRATI giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

CASA DI CURA MARIA ELEONORA HOSPITAL SRL, in persona del legale

rappresentante dott. P.A., elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA PILSUDSKY 118, presso lo studio dell’avvocato EMANUELA PAOLETTI

che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati PATRIZIO

MELPIGNANO, ANDREA MASSIMO ASTOLFI giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrenti –

contro

Q.M., F.R., P.A.;

– intimati –

avverso le sentenze n. 1055/2013 depositata il 24/06/2013 e n. 105

della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 31/01/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/12/2016 dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;

udito l’Avvocato LUISA RANUCCI;

udito l’Avvocato PATRIZIO MELPIGNANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

MASELLIS MARIELLA che ha concluso per l’inammissibilità in

subordine rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza del 5 ottobre 2007-8 marzo 2008 il Tribunale di Palermo accoglieva parzialmente una domanda risarcitoria proposta da Q.M. e F.R., quali legali rappresentanti della figlia minore Q.V., per una malformazione toracica che quest’ultima aveva riportato in conseguenza di un intervento chirurgico effettuato il (OMISSIS) presso la casa di cura Villa Maria Eleonora Srl, condannando in solido al risarcimento nella misura di Euro 10.914,76 la casa di cura e il chirurgo P.A., e condannando altresì Gerling-Konzern AG – poi divenuta HDI Gerling Industrie Versicherung AG – a tenere indenne, quale sua assicuratrice, la casa di cura dagli effetti della condanna fino alla concorrenza di Euro 8332,49, per applicazione di una franchigia prevista dalla clausola 1.1.8 delle condizioni generali di polizza.

Avendo HDI Gerling Industrie Versicherung AG proposto appello principale e avendo i Q. – F. proposto appello incidentale, con sentenza non definitiva del 4-31 gennaio 2012 la Corte d’appello di Palermo ha rigettato l’appello proposto da HDI Gerling Industrie Versicherung AG, rimettendo sul ruolo per il resto; e alla successiva udienza del 6 giugno 2012 il difensore di HDI Gerling Industrie Versicherung AG formulava riserva di impugnazione di tale pronuncia. Con sentenza definitiva del 5-24 giugno 2013 la Corte d’appello rigettava anche il gravame incidentale, regolando le spese.

2. Ha presentato ricorso HDI Gerling Industrie Versicherung AG sulla base di due motivi, da cui si difende con controricorso Maria Eleonora Hospital Srl – già Villa Maria Eleonora Srl -, che ha pure depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. Il ricorso è inammissibile.

3.1 Il primo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e/o falsa applicazione delle norme di diritto per avere il giudice d’appello – a pagine 5-6 della motivazione – affermato che il fatto che la clausola n. 7 delle condizioni particolari del contratto di assicurazione “regolasse non il rapporto con la casa di cura ma quello con il terzo lo indicano, dal punto di vista letterale, la stretta relazione posta con la copertura della polizza sottoscritta dal sanitario, sottolineata dal titolo stesso della clausola (“Altre assicurazioni”), ma, soprattutto, la specifica espressione usata con riferimento alla franchigia di L. 1.500.000.000,00 “che restano a carico del personale qui indicato” (e non invece della casa di cura)”.

Il motivo censura l’interpretazione data dalla corte territoriale alla clausola suddetta per cui non è stata ritenuta applicabile la franchigia ivi prevista, e sostiene che invece sarebbe stata applicabile al caso in esame, richiamando alcune sentenze di merito che l’hanno interpretata come applicabile.

Si tratta, a tacer d’altro, di una censura direttamente fattuale, che persegue dal giudice di legittimità una revisione di quello che è stato un vero e proprio accertamento di merito in ordine al contenuto della clausola contrattuale, ovvero la ricostruzione della effettiva volontà delle parti manifestata nel negozio: accertamento di merito, allora, che in quanto tale è riservato istituzionalmente al giudice di merito (v. Cass. sez. 3, 10 febbraio 2015 n. 2465; Cass. sez. 2, 3 settembre 2010 n. 19044, Cass. sez. 3, 12 luglio 2007 n. 15604, Cass. sez. 1, 7 marzo 2007 n. 5273, Cass. sez. 1, 22 febbraio 2007 n. 4178 e Cass. sez. 3, 13 febbraio 2002 n. 2074). Avendo oltrepassato i tassativi confini dell’art. 360 c.p.c., il motivo risulta quindi inammissibile.

3.2 Il secondo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e/o falsa applicazione delle norme di diritto per avere il giudice d’appello a pagina 6-7 della motivazione affermato: “Oltre a ragioni di tipo letterale, pertanto, lo stesso principio di buona fede, in base al quale vanno interpretati i contratti, impone il rigetto della impugnazione principale”. Osserva il ricorrente che la buona fede deve, per interpretare il contratto, tenere conto di “tutte le variabili” occorse nella sua stipulazione; e nei contratti di assicurazione l’elemento più rilevante per valutarne la sinallagmaticità sarebbe il premio, elemento che la corte territoriale non avrebbe valutato.

Anche questo motivo non si discosta dalle caratteristiche di quello precedente, poichè muove una critica direttamente fattuale all’accertamento della volontà delle parti, ora sotto il profilo della pretesa omissione di considerazione di “tutte le variabili”, ma così nuovamente richiedendo al giudice di legittimità una valutazione alternativa degli elementi fattuali sulla base dei quali è stata dal giudice d’appello ricostruita la suddetta volontà negozialmenre manifestata. La doglianza, pertanto, patisce la stessa inammissibilità del primo motivo.

In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione a controparte delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.

Sussistono, D.P.R. n. 115 del 2012, ex art. 13, comma 1 quater i presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, stesso art..

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere a controparte le spese processuali, liquidate in un totale di Euro 3200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre gli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2017

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