Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27164 del 16/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 16/12/2011, (ud. 06/10/2011, dep. 16/12/2011), n.27164

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 665/2008 proposto da:

C.M.G., elettivamente domiciliata in ROMA VIALE

GIUSEPPE MAZZINI 123, presso lo studio dell’avvocato MENNUNI Antonio,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato SARTORE

MARIASERENA, giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI LEGNARO in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA F. CONFALONIERI 5, presso lo studio

dell’avvocato MANZI Andrea, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato DI LORENZO ANGELO, giusta delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 76/2006 della COMM. TRIB. REG. di VENEZIA,

depositata il 15/10/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

06/10/2011 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI;

udito per il ricorrente l’Avvocato MENNUNI, che si riporta agli

scritti difensivi;

udito per il resistente l’Avvocato MANZI FEDERICA, delega Avvocato

MANZI ANDREA, che ha chiesto il rigetto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LETTIERI Nicola, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Comune di Legnaro emise nei confronti di F.G. tre avvisi di accertamento ai fini ICI per gli anni 1998, 1999 e 2000 rettificando in Euro 307.399,16 il complessivo valore dichiarato dalla contribuente -nel minore importo di Euro 7.184,52- in relazione ad altrettanti terreni in proprietà della stessa, ubicati nel territorio comunale, in quanto considerati edificabili.

Il ricorso della contribuente veniva parzialmente accolto in primo grado con sentenza della CTP di Padova n. 38/10/2005 che, in esito alla disposta perizia tecnica svolta dal locale Ufficio della Agenzia del Territorio, riduceva nella misura del 25% il valore dei terreni accertato dal Comune.

L’appello proposto da C.M.G. n.q. di erede della F. era accolto limitatamente alla non debenza delle sanzioni pecuniarie irrogate con i predetti avvisi, in ordine alle quali veniva dato atto della adesione del Comune al relativo motivo di gravame.

Ricorre la contribuente per la cassazione della sentenza di appello, deducendo tre motivi, corredati dei quesiti di diritto ex art. 366 bis c.p.c..

Resiste il Comune con controricorso La ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La sentenza impugnata dopo aver riassunto i motivi di gravame proposti dalla contribuente (1-2: nullità degli avvisi motivati “per relationem” per omessa allegazione della Delib. Comunale n. 72 del 1997, in essi richiamata, nonchè omessa indicazione delle ragioni in diritto e dei presupposti di fatto della pretesa; 3-omessa pronuncia del giudice di prime cure in ordine alla eccezione di illegittimità della Delib. n. 72 del 1997, in quanto la potestà regolamentare era stata attribuita al Comune soltanto a decorrere dall’1.1.1998 e comunque trattandosi di atto (regolamento) emesso da organo privo di competenza; 4-violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 5, non avendo tenuto conto il Comune dei vincoli esistenti allo sfruttamento edificatorio dei terreni; 5-non debenza delle sanzioni irrogate) ha confermato la decisione di prime cure in merito alla stima del valore venale delle aree ai fini ICI, rilevando che:

– le peculiari condizioni dei terreni erano state riscontrate nella “relazione tecnica” svolta in primo grado e doveva essere condivisa la riduzione del valore venale compiuta dalla CTP, in misura percentuale superiore a quella indicata in detta relazione, in quanto adeguata all’effettivo stato dei luoghi, non essendo, invece, apprezzabile il minor valore indicato dalla contribuente in quanto eccessivamente sproporzionato per difetto;

– gli avvisi erano sufficientemente motivati in quanto fondavano il maggior valor sulla natura edificatoria delle aree, ne era dato riscontare altri vizi di invalidità dell’atto tributario impugnato in quanto la pubblicazione della Delib. n. 72 del 1997, nell’albo pretorio costitutiva forma idonea di conoscibilità ed esonerava pertanto l’ente dalla materiale allegazione agli avvisi dell’atto richiamato “per relationem”.

La sentenza di prime cure veniva, pertanto, parzialmente riformata, limitatamente al capo concernente le sanzioni pecuniarie, non più dovute in conseguenza della espressa adesione del Comune appellato al motivo di impugnazione.

2. Esame dei motivi di ricorso.

2.1 Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, comma 2 bis, nonchè della L. n. 212 del 2000, art. 7, nonchè vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), sostenendo che la omessa allegazione della Delib. Giunta 18 marzo 1997, n. 72, atto amministrativo generale e non regolamentare, rendeva ex se invalidi gli avvisi di accertamento, in ogni caso carenti di motivazione in quanto inidonei a portare a conoscenza del contribuente le ragioni della pretesa.

Il Comune resistente ha eccepito la inammissibilità e la infondatezza del motivo.

Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, oltre che infondato.

La giurisprudenza di legittimità è ferma nel ribadire che, tanto nel caso di deduzione del vizio di irrituale od omessa ammissione di prove ovvero di omessa od inesatta valutazione di atti o documenti prodotti in giudizio, quanto nel caso in cui si intenda far valere un vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto, la parte ricorrente è onerata non soltanto della specifica indicazione della prova o del documento (eventualmente mediante individuazione della sede processuale in cui la prova è stata richiesta o prodotta:

Corte cass. sez. lav. 7.2.2011 n. 2966; id. 1^ sez. 13.11.2009 n. 24178; id. 3^ sez. ord. 4.9.2008 n. 22303; id. 3^ sez. 25.5.2007 n. 12239) e della chiara indicazione del nesso eziologico tra l’errore denunciato e la pronuncia emessa in concreto (Corte cass. 1^ sez. 17.52006 n. 11501), ma deve provvedere altresì alla completa trascrizione dell’integrale contenuto degli atti/documenti oggetto di valutazione in modo da rendere (in base al solo esame del ricorso, non avendo diretto accesso la Corte agli atti e documenti del giudizio di merito, tenuto conto del tipo di vizio di legittimità denunciato) immediatamente apprezzabile da parte della Corte il vizio dedotto (cfr. Corte cass. SU 24.9.2010 n. 20159; id. 6^ sez. ord. 30.7.2010 n. 17915; id. 3^ sez. 4.9.2008 n. 22303; id. 3^ sez. 31.5.2006 n. 12984; id. 1^ sez. 24.3.2006 n. 6679; id. sez. lav.

21.10.2003 n. 15751; id. sez. lav. 12.6.2002 n. 8388).

La ricorrente ha omesso del tutto di trascrivere il contenuto (o almeno la parte essenziale) degli avvisi di accertamento, non consentendo in tal modo alla Corte di verificare, in sede di delibazione della ammissibilità del ricorso, la coerenza della censura mossa alla sentenza impugnata in relazione alle allegate lacune dei dati e delle ragioni giuridiche giustificative dell’accertamento di maggior valore e quindi l’effettivo pregiudizio subito all’esercizio del diritto difesa (id est alla possibilità di valutare compiutamente i fatti costitutivi della pretesa tributaria ai fini della eventuale opposizione) determinato dalla asserita mancata conoscenza di elementi di valutazione essenziali.

Tale pregiudizio non può ritenersi “in re ipsa” per il mero fatto della mancata allegazione della delibera giuntale: occorre, infatti, rilevare in proposito che non tutti gli atti richiamati dall’avviso debbano per ciò stesso essere necessariamente allegati, dovendo circoscriversi tale obbligo -sanzionato a pena di nullità, previsto in via generale dalla L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, e per quanto concerne gli avvisi ICI dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, comma 2 bis, norma abrogata e riprodotta nella L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 162 – soltanto a quegli atti che risultino indispensabili a sostenere le ragioni della pretesa intese in senso ampio -e quindi, non limitate a quelle puramente giuridiche ma comprensive anche dei presupposti di fatto-, con la conseguenza che rimangono esclusi dall’obbligo di allegazione “gli atti che si rivelano irrilevanti per il raggiungimento della detta funzione e gli atti (in specie quelli a contenuto normativo, anche secondario quali le delibere o i regolamenti comunali) giuridicamente noti per effetto ed in conseguenza dell’avvenuto espletamento delle formalità di legge relative alla loro pubblicazione” (cfr. Corte cass. 5^ sez. 17.10.2008 n. 25371; id. 5^ sez. 18.12.2009 n. 26683). Orbene la ricorrente avendo omesso di riportare nella esposizione del motivo il contenuto essenziale della delibera di Giunta, ha privato la censura -in relazione al dedotto vizio di violazione di legge- di autosufficienza, difettando la indicazione del requisito di indispensabilità del documento -richiamato dagli avvisi e non allegato- a supportare le ragioni della pretesa tributaria.

Il motivo si palesa, peraltro, manifestamente infondato in quanto le delibere emesse dalla Giunta, anche nel precedente regime normativo/della L. 8 giugno 1990, n. 142, erano assoggettate al medesimo regime di pubblicità legale previsto per le deliberazioni consiliari, aventi o meno natura regolamentare (cfr. L. n. 142 del 1990, art. 47, comma 1, “Tutte le deliberazioni comunali… sono pubblicate mediante affissione all’albo pretorio nella sede dell’ente, per quindici giorni consecutivi, salvo specifiche disposizioni di legge”): priva di rilevanza deve, pertanto, ritenersi la distinzione introdotta dalla ricorrente tra “atti aventi natura regolamentare” ed “atti amministrativi a contenuto generale”, al fine di riconoscere solo ai primi l’effetto di conoscibilità per i terzi determinato dalla pubblicazione presso l’albo pretorio. La medesima disciplina delle forme di pubblicità, applicabile ad entrambi i tipi di atti, consente di riferire a entrambi il principio di diritto enunciato da questa Corte secondo cui l’obbligo di allegazione all’avviso di accertamento non si estende agli atti dei quali il contribuente abbia già integrale conoscenza per effetto di precedente notificazione o pubblicazione degli stessi su bollettini o albi ufficiali che eventualmente ne sia stata fatta a sensi di legge (cfr. Corte cass. 5^ sez. 17.10.2008 n. 25371; id. SU 14.5.2010 n. 11722).

2.2 Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, in relazione al parametro del vizio motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), (norma indicata nel questo di diritto formulato ex art. 366 bis c.p.c., in calce al motivo) la “omessa pronuncia” su un punto decisivo della controversia, non avendo esaminato i Giudici territoriali il motivo di gravame avente ad oggetto la eccezione di illegittimità della Delib. Comunale n. 72 del 1997 (richiamata “per relationem” dagli avvisi di accertamento) affetta da vizio di incompetenza, essendo stata adottata dalla Giunta anzichè dal Consiglio comunale, organo al quale la competenza regolamentare era stata attribuita dal D.Lgs. n. 446 del 1997, soltanto a decorrere dall’1.1.1998.

Il Comune ha eccepito la inammissibilità ed infondatezza del motivo.

Preliminarmente va disattesa, in quanto giuridicamente errata, la tesi del Comune secondo cui la pronuncia giurisdizionale di merito, venendo ad incidere sul regolamento del rapporto tributario si “sostituirebbe” agli avvisi di accertamento privando di rilevanza eventuali vizi di annullabilità di questi ultimi o della delibera comunale e conseguentemente renderebbe inammissibile il motivo di ricorso per difetto di interesse.

Il giudizio tributario è stato definito da questa Corte come giudizio di tipo impugnatorio e di merito, nel senso che l’accertamento del rapporto presuppone sempre un’azione costitutiva avente ad oggetto l’annullamento dell’atto tributario, essendo rimessa poi al contribuente la scelta di far valere in giudizio soltanto i vizi (formali o sostanziali) di validità del provvedimento amministrativo ovvero anche la inesistenza dei presupposti impositivi e la estinzione, modificazione od inefficacia dei fatti costitutivi della pretesa fiscale, essendo pertanto chiamato il Giudice tributario, in conseguenza di tale scelta, a rispondere alle eccezioni del contribuente nei limiti degli specifici vizi e delle sole questioni di merito ritualmente dedotte in giudizio, secondo una progressione giuridica che consente il passaggio all’esame del rapporto sostanziale solo se l’atto tributario impugnato è risultato esente dai vizi di annullabilità denunciati (diversamente il Giudice è tenuto ad arrestarsi alla pronuncia costitutiva con la quale rimuove il titolo: cfr. Corte cass. 1^ sez. 23.10.1991 n. 11273; id. sez. 5^ sez. 20.2.2003 n. 2537; id. 5^ sez. 12.4.2006 n. 8581; id. 5^ sez. 9.10.2009 n. 21446).

Nella specie la ricorrente ha dedotto un vizio di attività processuale che, se fondato, dovrebbe condurre -secondo l’assunto della ricorrente- alla disapplicazione della delibera comunale illegittima ed alla conseguente automatica caducazione degli avvisi di accertamento, sussistendo all’evidenza l’interesse al motivo di ricorso in quanto diretto a far venire meno lo stesso titolo sul quale si fonda la pretesa tributaria.

Tanto premesso il motivo -che deve correttamente essere qualificato come censura ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), attinente ad attività concernente il processo, avendo del tutto pretermesso la sentenza impugnata l’accertamento della legittimità della delibera di Giunta- incorre nella sanzione di inammissibilità per novità della questione, non risultando che la eccezione concernente i vizi di legittimità della delibera giuntale era stata proposta con il ricorso introduttivo o in altri atti o scritti difensivi del giudizio di merito, essendosi limitata la ricorrente ad affermare genericamente di avere “sempre contestato” la illegittimità della Delib. n. 72 del 1997.

Trova pertanto applicazione nella specie il principio di diritto, al quale va dato seguito, secondo cui “la parte che impugna una sentenza con ricorso per cassazione per omessa pronuncia su una domanda od eccezione ha l’onere, per il principio di autosufficienza del ricorso, a pena di inammissibilità, di specificare in quale atto difensivo o verbale di udienza l’ha formulata per consentire al giudice di verificarne la ritualità e tempestività, e quindi la decisività della questione, e perchè. Pur configurando la violazione dell’art. 112 c.p.c. un error in procedendo, per il quale la Corte di cassazione è giudice anche del fatto processuale, non essendo tale vizio rilevabile di ufficio, il potere-dover della Corte di esaminare direttamente gli atti processuali non significa che la medesima debba ricercali autonomamente, spettando invece alla parte indicarli” (cfr. Corte cass. 3^ sez. 17.1.2007 n. 978; id. 3^ sez. 23.3.2010 n. 6937).

Per altro verso, la omessa trascrizione del contenuto della delibera giuntale e degli avvisi, rende impossibile la verifica di ammissibilità del motivo in punto di decisività della eccezione di merito asseritamente pretermessa dai Giudici tributari, non essendo dato verificare, in concreto, se la eventuale disapplicazione della delibera -ove fosse ritenuta affetta dagli eccepiti vizi di incompetenza o di eccesso di potere- priverebbe la pretesa tributaria di un supporto probatorio essenziale, e dunque se l’accoglimento della eccezione di merito sarebbe o meno idonea a determinare un diverso esito del giudizio di merito favorevole alla contribuente.

2.3 Con il terzo motivo la ricorrente deduce violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 5, e, come sembrerebbe desumersi dal quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c., anche il vizio motivazionale, in quanto il Giudice di appello si sarebbe uniformato alla decisione di prime cure senza tenere in considerazione la circostanza che le aree non erano appetibili commercialmente e che lo stesso Comune nella comunicazione ICI 2003 aveva previsto specificamente una riduzione del 50% nel caso di aree edificabili intercluse e non sfruttabili in concreto a causa delle ridotte distanze dai confini.

Il motivo è inammissibile:

a) quanto al vizio di violazione di norme di diritto, per omessa trascrizione del contenuto degli atti (Delib. n. 72 del 1997, ed avvisi di accertamento) indispensabile ai fini della verifica della allegata carenza rispetto ai criteri tassativi indicati nella norma indicata in rubrica, fini della determinazione del valore venale degli immobili;

b) quanto al vizio di motivazione, alla stregua del principio di diritto uncinato da questa Corte secondo cui, qualora il ricorrente denunci l'”errore di fatto” in cui sia incorso il Giudice di merito, è tenuto non soltanto ad indicare gli atti o le prove erroneamente valutate o trascurate -specificando il luogo processuale in cui sono reperibili nonchè la fase del giudizio e le modalità attraverso le quali sono stati introdotti nel giudizio- ma, avuto riguardo alla disciplina normativa ed alla funzione del sindacato di legittimità, deve anche provvedere alla trascrizione (integrale o al meno delle parti essenziali) del contenuto degli stessi onde consentire alla Corte di effettuare la dovuta verifica di ammissibilità in ordine alla congruenza e decisività della censura, non essendole consentito l’accesso diretto al fascicolo di merito.

Nella specie la ricorrente ha omesso di indicare in quale grado e fase del processo di merito era stata prodotta la “comunicazione ICI 2003” il cui esame sarebbe stato trascurato dai Giudici tributari, nè ha indicato, trascrivendone il contenuto, le prove documentali che i Giudici di merito avrebbero omesso di valutare.

Quanto poi alla asserita omessa considerazione da parte della CTR veneta degli elementi di fatto concernenti le peculiari caratteristiche morfologiche e commerciali delle aree fabbricabili, è appena il caso di evidenziare che la “relazione tecnica” disposta in primo grado (riportata in stralcio a pag. 10 ricorso) dalla quale risultava tanto la interclusione delle aree che il disinteresse delle ditte confinanti all’acquisto dei terreni, era stata posta a base delle decisioni di merito che, proprio in considerazione di tali risultanze (cfr. motivaz. sent. CTR: “/o relazione…teneva conio delle difficoltà di collocare l’area sul mercato”), hanno ritenuto di ridurre ulteriormente il valore venale da attribuire agli immobili, rispetto alla riduzione operata nella relazione.

Pertanto la critica rivolta alla sentenza impugnata dalla ricorrente si palesa inammissibile in quanto diretta, non ad individuare un vizio di insufficienza od incongruenza nell’iter logico seguito dai Giudici di merito, quanto piuttosto a sostituire alla soluzione di merito da quelli adottata, la soggettiva diversa valutazione dei fatti compiuta dalla parte.

Tale critica venendo ad incidere su una “quaestio facti” -riservata in via esclusiva al Giudice di merito- rimane preclusa al sindacato di legittimità.

3. In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite relative al presente giudizio che si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte:

– dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 1.200,00 per onorari (di cui Euro 100,00 per esborsi), oltre rimborso forfetario spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2011

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