Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27163 del 16/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 16/12/2011, (ud. 06/10/2011, dep. 16/12/2011), n.27163

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 47/2008 proposto da:

COMUNE DI OLEGGIO in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA COSSERIA 5, presso lo studio dell’avvocato

ROMANELLI Guido Francesco, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato FOGAGNOLO MAURIZIO, giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

B.G., elettivamente domiciliata in ROMA PIAZZA

CAVOUR, presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato GATTONI Aldo, giusta delega in

calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 48/2006 della COMM. TRIB. REG. di TORINO,

depositata il 24/10/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/10/2011 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI;

udito per il ricorrente l’Avvocato ROMANELLI, che si riporta agli

scritti difensivi;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LETTIERI Nicola, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 24.10.2006 n. 48 la sez. 28 della Commissione tributaria della regione Piemonte accoglieva la impugnazione proposta da B.G. ed in totale riforma della decisione di prime cure annullava l’avviso di accertamento emesso dal Comune di Oleggio in rettifica ai fini ICI del valore relativo ad alcune aree edificabili di proprietà della contribuente.

I Giudici di secondo grado disapplicavano la delibera comunale n. 98/194 del 29.10.1998 -con la quale venivano fissati per zone territoriali e tipologie di immobili i relativi valori venali per gli anni 1993/1998 da utilizzare per gli accertamenti fiscali- in quanto ritenuta affetta da vizio di incompetenza (essendo riservata al Consiglio e non alla Giunta la emanazione del regolamento previsto dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 52 e art. 59, comma 1, lett. g), rilevando, inoltre, che l’ente locale non aveva fornito alcuna prova del maggior valore attribuito ai terreni secondo i parametri dettati dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, in relazione al valore unitario utilizzato.

Il Comune ha impugnato per cassazione la sentenza di appello affidandosi a due mezzi, corredati dei quesiti di diritto ex art. 366 bis c.p.c..

Ha resistito con controricorso la intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Motivi di ricorso.

1.1 Il Comune ricorrente, con il primo motivo, censura la sentenza impugnata nella parte in cui avrebbe violato del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 52 e 59, attribuendo natura regolamentare alla delibera di Giunta n. 194 emessa il 29.10.11998. Sostiene che, indipendentemente dalla espressa indicazione nelle premesse del provvedimento delle finalità indicate dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 59, comma 1, lett. g), la delibera adottata dalla Giunta non poteva ritenersi espressione di esercizio di potestà normativa, essendo stati con essa individuati i valori medi di mercato degli immobili, determinati con riguardo alle zone del PRG, agli indici di edificabilità ed ai relativi coefficienti riduttivi, come accertati nella “relazione tecnica” allegata alla delibera: pertanto tale atto non si differenziava dalle stesse valutazioni che venivano effettuate in occasione dei singoli accertamenti d’imposta, ed era rivolto soltanto ad agevolare l’Ufficio tributi comunale ed i contribuenti consentendo loro di individuare valori conformi a quelli stabiliti dal Comune. Rileva inoltre che il potere di deliberare sulle predette materie era stato esercitato dall’organo competente ai sensi del TU n. 267/2000 e che sulla questione della competenza della Giunta ad emanare la predetta delibera doveva ritenersi formato il giudicato tra le stesse parti in seguito alla sentenza n. 17/5/2006 emessa della medesima CTR, con riferimento ad altra annualità di imposta, che aveva accertato la legittimità del provvedimento giuntale.

1.2 Con il secondo motivo il ricorrente censura la sentenza di appello per violazione dell’art. 2697 c.c. e del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, comma 2 bis, in quanto il Comune aveva motivato l’avviso di rettifica in relazione alla natura edificatoria delle aree, aveva tenuto conto delle destinazioni urbanistiche (verde pubblico) e dei vincoli (servitù di elettrodotto), ed aveva altresì tenuto conto dei valori venali rilevati nella “perizia tecnica” allegata alla delibera di Giunta. In conseguenza doveva ritenersi raggiunta la prova presuntiva del maggior valore degli immobili, spettando alla contribuente l’onere della prova contraria.

2. Controricorso.

La resistente nel controricorso si limita ad aderire alla motivazione del Giudice di appello, ribadendo la incompetenza della Giunta ad emanare il “regolamento” di cui al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 59, comma 1, lett. g), e rilevando che l’avviso di accertamento si fondava su “conteggi astratti privi di indicazioni relative alle modalità attraverso le quali si è giunti alla determinazione dei valori di riferimento” ed era quindi inidoneo a fornire la prova del maggior valore delle aree fabbricabili ai fini ICI. 3. Esame e valutazione dei motivi.

3.1 L’esame del secondo motivo deve ritenersi assorbente rispetto a quello del primo come risulta evidente dalla stessa motivazione della sentenza della CTR piemontese che -pur dopo l’ampio esame e la valutazione del motivo di gravame concernente il dedotto vizio di incompetenza della delibera giuntale- ha poi implicitamente concluso per la non decisività dell’accoglimento del motivo di gravame concernente il vizio di legittimità della Delib. n. 194 del 1998, adottata dalla Giunta in quanto “pur dichiarata la illegittimità in via incidentale della delibera suddetta, la Commissione deve valutare se esistano comunque prove del valore dei terreni oggetto di causa …”.

Ed infatti, premesso che il potere del Comune di accertamento e rettifica della dichiarazioni ICI, previsto dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, comma 2 (norma applicabile ratione temporis), non incontra impedimenti nella mancata adozione del regolamento previsto dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 59, comma 1, lett. g), (la stessa norma attribuisce, infatti, ai Comuni una mera facoltà di esercizio della potestà regolamentare: “con regolamento adottato a norma dell’art. 52, i Comuni possono…”), ne consegue che l’eventuale illegittimità della delibera di Giunta (qualificata come regolamento emesso da organo incompetente, dal Giudice di appello) non determina alcun riflesso diretto -difettando un nesso di presupposizione necessaria ed esclusiva tale da determinare l’automatica caducazione dell’atto conseguenziale- sull’avviso di accertamento in rettifica impugnato, ove questo risulti adeguatamente motivato e fondato su idonee prove del maggior valore venale dell’immobile.

3.2 Tanto premesso, il secondo motivo è inammissibile per erronea identificazione del vizio di legittimità e comunque per difetto di autosufficienza.

La sentenza impugnata ha infatti, ritenuto che la pretesa tributaria fosse sfornita di prova alla stregua delle seguenti “rationes decidendi”: 1- la stima di L. 60.000/mq. risultava determinata senza alcun concreto riscontro i parametri tassativi indicati nel D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma; 2- l’avviso neppure menzionava fra gli elementi posti a fondamento dell’accertamento la “relazione” in data 28.10.1998 del responsabile dell’Ufficio tecnico del Comune nella quale veniva apoditticamente determinata la predetta stima del valore unitario per i terreni compresi nella zona C2 e C3; 3- l’avviso si limitava a considerare la natura edificabile delle aree di proprietà della contribuente, che ricadevano nelle predette zone territoriali ad edificabilità limitata da vincoli a verde pubblico, ma ometteva del tutto di considerare gli altri parametri tassativamente indicati dalla norma per la concreta valutazione del valore venale (indice di edificabilità; destinazione d’uso consentita per la porzione edificabile; necessità di eventuali opere di adattamento per lo sfruttamento edilizio; i prezzi degli atti di compravendita relativi a fondi con caratteristiche analoghe utilizzati per il metodo della stima comparativa).

In relazione agli indicati argomenti posti a fondamento della decisione, il Comune ricorrente ha dedotto vizi inerenti la violazione di norme di diritto sostanziale (sul riparto dell’onere probatorio; sul contenuto motivazionale dell’avviso di accertamento ICI) e formulato il quesito di diritto e art. 366 bis c.p.c., con esclusivo riferimento alla efficacia probatoria “assimilabile agli studi di settore” e i valori medi in comune commercio individuati nella perizia redatta dall’Ufficio urbanistico comunale, richiamando diversi precedenti di questa Corte in ordine alla individuazione della natura edificabile della aree in base alle mere previsioni urbanistiche; allegando che il maggior valore accertato corrispondeva alla diversa natura edificabile delle aree rispetto ai modesti valori -compatibili con terreni agricoli-dichiarati dalla contribuente;

rilevando che i vincoli allo sfruttamento edilizio dei fondi (verde pubblico, destinazione a PEC) erano stati espressamente considerati nei dati relativi alla determinazione del valore venale riportati dall’avviso “in un apposito schema riepilogativo”; rilevando che il maggior valore accertato trovava riscontro probatorio “in un’apposita perizia tecnica allegata alla deliberazione G.C. n. 194/1998, espressamente richiamata nell'”avviso” e che costitutiva indubbiamente “la prova sufficiente per poter procedere ad un accertamento”.

Orbene la censura svolta nella esposizione del motivo non corrisponde al paradigma del vizio di legittimità indicato in rubrica (vizio di “error in judicando” ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), in quanto si risolve nella denuncia dell’errore di fatto (e non di diritto) in cui sarebbe incorso il Giudice di merito trascurando la rilevanza del contenuto probatorio di documenti ritenuti decisivi, e come tale pertanto avrebbe dovuto essere dedotto esclusivamente in relazione al parametro della omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), non essendo data giustapposizione tra due vizi di legittimità, presupponendo la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, al contrario del vizio motivazionale, la esatta rilevazione della fattispecie concreta come emergente dalle risultanze probatorie dei fatti allegati.

L’errore di identificazione del vizio di legittimità rende inammissibile il motivo in quanto inconferente rispetto al preteso errore denunciato.

Il secondo motivo, peraltro, risulterebbe comunque inammissibile, per difetto di autosufficienza ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), anche interpretando il motivo (valorizzando il riferimento in rubrica alla asserita mancata prova del maggior valore…” e gli argomenti svolti nella esposizione a sostegno della censura) come denuncia di vizio motivazionale della sentenza di appello.

Premesso che, tanto nel caso di deduzione del vizio di irrituale od omessa ammissione di prove ovvero di omessa od inesatta valutazione di atti o documenti prodotti in giudizio, quanto nel caso in cui si intenda far valere un vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto, la parte ricorrente è onerata non soltanto alla specifica indicazione della prova o del documento (eventualmente mediante individuazione della sede processuale in cui la prova è stata richiesta o prodotta: Corte Cass. sez. lav. 7.2.20U n. 2966;

id. 1^ sez. 13.11.2009 n. 24178; id. 3^ sez. ord. 4.9.2008 n. 22303;

id. 3^ sez. 25.5.2007 n. 12239) e della chiara indicazione del nesso eziologico tra l’errore denunciato e la pronuncia emessa in concreto (cfr. Corte Cass. 1^ sez. 17.52006 n. 11501), ma deve provvedere altresì alla compieta trascrizione dell’integrale contenuto degli atti/documenti in modo da rendere immediatamente apprezzabile da parte della Corte il vizio dedotto (cfr. Corte Cass. SU 24.9.2010 n. 20159; id. 6^ sez. ord. 30.7.2010 n. 17915; id. 3^ sez. 4.9.2008 n. 22303; id. 3^ sez. 31.5.2006 n. 12984; id. 1^ sez. 24.3.2006 n. 6679;

id. sez. lav. 21.10.2003 n. 15751; id. sez. lav. 12.6.2002 n. 8388), rileva il Collegio che il motivo in esame appare gravemente deficitario in relazione ai requisiti di ammissibilità indicati essendo stata del tutto omessa la trascrizione dell’avviso di accertamento e specificamente dello “schema riepilogativo allegato”, nonchè la trascrizione delle parti essenziali della “relazione tecnica” redatta dall’Ufficio tecnico (indispensabili a comprendere quali elementi di valutazione in concreto siano stati utilizzati dal Comune per la determinazione dei valori venali degli immobili raggruppati per zone o per caratteristiche tipologiche), della quale, peraltro, il ricorrente neppure ha indicato se sia stata prodotta per esteso o per stralcio nei precedenti gradi di giudizio, con la conseguenza che rimane impedita la verifica della rilevanza e decisività della censura, non essendo consentito alla Corte l’accesso diretto agli atti e documenti del fascicolo di merito, 3.3 La inammissibilità del secondo motivo determina l’assorbimento del primo motivo -interamene incentrato a contestare il vizio di legittimità, per incompetenza, della Delib. giuntale 29 ottobre 1998, n. 194 – l’esame del quale è da ritenersi pertanto superfluo, in considerazione anche della omessa trascrizione del contenuto di detta delibera che impedirebbe comunque di accertare la effettiva corrispondenza delle disposizioni dell’atto amministrativo alla materia devoluta alla competenza regolamentare dell’organo consiliare del Comune.

4. In conclusione il ricorso deve essere rigettato ed il Comune ricorrente condannato alla rifusione delle spese del presente giudizio che si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte:

– rigetta il ricorso e condanna il Comune alla rifusione delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 1.000,00 per onorari, Euro 100,00 per esborsi, oltre al rimborso forfetario spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2011

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