Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27159 del 04/12/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 27159 Anno 2013
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: GRECO ANTONIO

Imposte dirette redditi
di
capitale

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CARVELLI ROSA, rappresentata e difesa dall’avv. Roberto Modena,

presso il quale è elettivamente domiciliata in Roma alla via
Monte delle Gioie n. 23;
– ricorrente ,
contro
~ZIA DELLE ENTRATE,

in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato,
presso la quale è domiciliata in Roma in via dei Portoghesi n.
12;
– controcorrente avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale
della Liguria, sezione 19, n. 75, depositata il 22 dicembre
2005;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 9 maggio 2013 dal Relatore Cons. Antonio Greco;
udito l’avv. Roberto Modena per la ricorrente;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Giulio Romano, che ha concluso per il rigetto del
ricorso.

Data pubblicazione: 04/12/2013

o

SMUM12/10 D

CES9D

Rosa Carvelli impugnò l’avviso di accertamento con il quale
veniva rettificata la dichiarazione dei redditi relativa all’anno
1997, recuperandosi a tassazione, ai fini dell’IRPEF e dell’ILOR,
redditi di capitale, ai sensi dell’art. 42 del d.P.R. 22 dicembre
1986, n. 917, relativi ai rendimenti di somme affidate per
investimenti a tale Sig. Carlo Mereta, successivamente fallito ed
inquisito per truffa ai danni dei risparmiatori.
ricorso della contribuente.
La Commissione tributaria regionale della Liguria, invece,
accogliendo in parte l’appello dell’Agenzia delle entrate, ha
riconosciuto la legittimità del recupero, ma soltanto con
riferimento alle somme ritenute effettivamente percepite dalla
contribuente (“limitatamente agli importi degli assegni incassati
e depositati in atti”). Non potevano assurgere a prova della
produzione del reddito le sole scritture contabili del Méreta, in
mancanza di ulteriori conferme, come ad esempio l’esistenza di
prelevamenti suffragati da corrispondenti assegni.
Nei confronti della sentenza la contribuente propone
ricorso sulla base di due motivi.
L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
MOTIVI DMA, DECISICNE

Con il primo motivo del ricorso, denunciando violazione e
falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. e
dell’art. 42 del tuir, nonché vizio di motivazione, la
contribuente prospetta una censura di merito, come tale
inammissibile, relativa alla valutazione di attendibilità della
documentazione contabile del Mèreta, in base alla quale il
giudice d’appello avrebbe ritenuto provato che alcune somme siano
state corrisposte alla Carvelli a titolo di interessi. Il motivo
è anche infondato nella parte in cui denuncia la
contraddittorietà della motivazione, laddove dopo avere ritenuto
inattendibile la documentazione del Méreta, dà credito alla tesi
della corresponsione degli interessi, sulla base della
indicazione degli assegni con i quali sono stati effettuati i
versamenti, a differenza delle somme imputate soltanto in
contabilità. E evidente, infatti, che mentre la semplice

2

La Commissione tributaria provinciale di Genova ha accolto il

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rrl5; re, AZIONE
AI SE:I VE)
N. 1i i.
ALL. 3. – N. 5
MA.IIR1A TRIBUTARIA annotazione in contabilità non può costituire prova se non contro

l’autore delle registrazioni, il pagamento può considerarsi
provato sulla base della produzione della fotocopia del relativo
assegno, non contestata.
Questa Corte ha infatti affermato che “in tema di IRPEF,
gli interessi maturati periodicamente sulle somme affidate in
gestione patrimoniale ad un promotore finanziario e che non siano
materialmente percepiti dal cliente, ma soltanto contabilizzati a
creditore, non costituiscono reddito di capitale, desumendosi
dall’art. 42 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (nel testo
“ratione temporis” vigente) che gli interessi entrano a far parte
del reddito imponibile solo se messi nella disponibilità concreta
ed effettiva del creditore, il quale li abbia materialmente
incamerati o ne abbia comunque disposto o sia stato messo nelle
condizioni di farlo a suo piacimento” (Cass. n. 9202 del 2011, n.
22980 del 2010).

)41)

Con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa
applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., 1823, 1825,
1834 e 1852 cod. civ., 41 e 42 tuir, assume che le schede
nominative ed i tabulati rinvenuti presso il promotore
finanziario non sarebbero idonei a far presumere la percezione di
interessi, utili o altri proventi.
La censura non coglie nel segno, atteso che il giudice
d’appello non ha ritenuto idonea la presunzione di percezione
basata sui documenti contabili del promotore, ne ha ritenuto
effettivamente percepite solo le somme risultanti anche dagli
assegni incassati, e depositati in atti.
Il ricorso va pertanto rigettato.
In considerazione della peculiarità della fattispecie,
dalla quale traspare la natura della vicenda, le spese del
P7PCji
giudizio vanno compensate fra le parti.

4CY.,:CrLUERIA

r4.111C. 201.;

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Dichiara compensate fra le parti le spese del giudizio.
Così deciso in Roma il 9 maggio 2013.

credito in schede nominative e tabulati riferiti a detto

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