Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27158 del 16/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 16/12/2011, (ud. 06/10/2011, dep. 16/12/2011), n.27158

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

COMUNE DI BIELLA, in persona del sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in Roma, Via Flaminia n. 213, presso lo studio dell’avv.

TRIVELLI Simone, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

E.N.E.L. S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Vincenzo Bellini n. 4, presso

lo studio dell’avv. CLARIZIA Renato, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale del Piemonte, sez. 5^, n. 17 depositata il 21 giugno 2007.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

6.10.2011 dal consigliere relatore Dott. Aurelio Cappabianca;

udito, per il Comune ricorrente, l’avv. Simone Trivelli;

udito, per la società controricorrente, l’avv. Renato Clarizia;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LETTIERI Nicola, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La s.p.a. E.N.E.L. propose ricorso avverso il silenzio-rifiuto opposto dal Comune di Biella all’istanza di rimborso dell’ici asseritamente corrisposta in eccedenza nell’anno 1993, nella misura di complessive L. 269.426.818, per gli immobili posseduti nel relativo territorio.

A fondamento dell’istanza e del ricorso, la società contribuente esponeva che – per errore del proprio sistema informatico – aveva determinato l’imposta gravante su fabbricato di trasformazione elettrica in funzione di un’insussistente rendita catastale; mentre, in realtà, non essendo il suddetto fabbricato censito, l’imposta andava definita con criterio contabile.

L’adita commissione provinciale respinse il ricorso, sul presupposto che la s.p.a. E.n.e.l. non aveva fornito prova del proprio credito, ma, in esito all’appello della società contribuente, la decisione è stata riformata dalla commissione regionale.

Avverso tale decisione, il Comune propone ricorso per cassazione in sette motivi.

L’E.n.e.l. resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, il Comune deduce “violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c.” e, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., formula il seguente quesito: “se in tema di imposta comunale sugli immobili, in applicazione dell’art. 2697 c.c., incomba sul contribuente che agisce in giudizio per conseguire il rimborso di parte dell’imposta versata l’onere di provare l’ammontare dell’imposta dovuta per il complesso dei suoi beni immobili soggetti ad imposizione”.

Con il secondo motivo di ricorso, il Comune deduce “violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5” e formula il seguente quesito: “se il contribuente può provare l’imposta comunale sugli immobili dovuta in relazione ad un anno di imposta per i suoi beni immobili assoggettati ad imposizione mediante produzione di un prospetto che non riporta gli estremi catastali di tutti gli immobili stessi”.

Con il terzo motivo di ricorso, il Comune – deduce “violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 4” – e formula il seguente quesito: “se l’onere di acquisizione gravante sulla pubblica amministrazione ai sensi della L. n. 212 del 2002, art. 6, comma 4, operi nell’ambito del processo giurisdizionale tributario avente per oggetto un’istanza di rimborso”.

Con il quarto motivo di ricorso, il Comune deduce “violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 4, e dell’art. 11 disp. gen.” e formula il seguente quesito: “se l’onere di acquisizione gravante sulla pubblica amministrazione ai sensi della L. n. 212 del 2002, art. 6, comma 4, operi in relazione ad un’istanza di rimborso di imposta relativa ad un anno di imposta antecedente l’entrata in vigore della norma citata”.

Con il quinto motivo di ricorso, il Comune deduce “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, comma 1” e formula il seguente quesito: “se, in relazione all’anno di imposta 1993, allorchè il contribuente abbia calcolato e corrisposto l’imposta comunale sugli immobili dovuta in ordine ad un fabbricato privo di rendita catastale utilizzando per l’autoliquidazione e versamento dell’imposta un valore presuntivo ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 4, questi debba attendere, ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, comma 1, prima di presentare istanza rimborso che l’Ufficio Tecnico Erariale abbia attribuito al bene immobile a rendita definitiva da utilizzarsi per il calcolo definitivo dell’imposta dovuta”.

Con il sesto motivo di ricorso, il Comune deduce “violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c.” e formula il seguente quesito: “se il contribuente, che in ipotesi di fabbricato di categoria catastale di non distintamente contabilizzato e privo di rendita catastale abbia calcolato e versato l’imposta relativa al predetto immobile utilizzando un valore presuntivo ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 4, allorchè presenti istanza di rimborso in relazione a quanto già corrisposto per il detto fabbricato debba fornire prova del valore imponibile che pretende di utilizzare per determinare il rimborso di imposta”.

Con il settimo motivo di ricorso, il Comune deduce “omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia” e formula la seguente “sintesi”: “Il fatto controverso rispetto al quale si contesta l’omessa motivazione da parte del giudicante è rappresentato dall’imposta dovuta ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, da Enel s.p.a. in favore del Comune di Biella per il fabbricato categoria Di sito in (OMISSIS) per l’anno di imposta 1993. Atteso che in caso di istanza di rimborso di imposta il credito vantato dal contribuente è dato dalla differenza tra l’imposta versata e quella che in sua vece si sarebbe dovuta versare e che nel caso di specie era controversa la somma dovuta in relazione al fabbricato sopra citato per l’anno di imposta 1993, il giudicante era tenuto a motivare la decisione di ritenere fondato il valore di L. 61.326 indicato da Enel quale imposta dovuta per il fabbricato de quo nell’anno 1993”.

Tali essendo i motivi del ricorso ed atteso che si verte in tema di ricorso per cassazione avverso sentenza di appello pubblicata dopo l’1.3.2006 e prima del 4.7.2009 (cfr. Cass. 22578/09), occorre, prioritariamente rispetto ogni altra valutazione, rilevare l’inammissibilità delle prime sei censure proposte dalla società contribuente, per violazione delle prescrizioni di cui all’art. 366 bis c.p.c., in tema di “quesito di diritto”.

Al riguardo, va, in primo luogo, osservato che le SS.UU. di questa Corte hanno puntualizzato che ognuno dei quesiti formulati, per ciascun motivo di ricorso, deve consentire l’individuazione sia del principio di diritto che è alla base del provvedimento impugnato sia, correlativamente, del diverso principio la cui auspicata applicazione ad opera della Corte di Cassazione possa condurre ad una decisione di segno diverso (giacchè, in mancanza di tale articolazione logico-giuridica, il quesito si risolverebbe in un’astratta petizione di principio, inidonea ad evidenziare il nesso tra la fattispecie ed il principio di diritto che si chiede venga affermato); con la conseguenza che il quesito ex art. 366 bis c.p.c., non può consistere in una semplice richiesta di accoglimento del motivo ovvero (come nel caso di specie) nel mero interpello della Corte in ordine alla fondatezza della propugnata petizione di principio o della censura così come illustrata nello svolgimento del motivo, ma deve risolversi in sintesi logico-giuridica della questione, non avulsa dai rilevanti elementi fattuali della fattispecie concreta, idonea a far comprendere alla Corte, già sulla base della sua sola lettura, l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare (v. Cass. s.u. 19444/09 e 3519/08, nonchè 7433/09, 15535/08, 19769/08).

A parte tale preliminare rilievo, deve, peraltro, osservarsi che il giudice di appello ha disatteso l’impostazione del Comune, secondo cui la società contribuente non avrebbe assolto l’onere della prova su di lei incombente, in base al rilievo che, in concreto, risulta accertato che “l’E.N.E.L. presentò – in allegato alla dichiarazione dei redditi dell’anno 1992 – la denuncia iniziale i.c.i. per l’anno 1993, con le modalità in allora vigenti, come documentato dalla bolla di consegna della fornitura di supporti magnetici contenenti le dichiarazioni dei terreni e dei fabbricati indirizzata al Centro Servizi II.DD. di Roma, sottoscritta per ricevuta in data 23/7/932” e che “il fatto che la denuncia in questione non venne rintracciata – come risulta dalla corrispondenza intercorsa tra il Comune di Biella e l’Agenzia delle Entrate, tra quest’ultima e il Centro Servizi II.DD. di Bari (al quale sarebbero stati inviati i supporti magnetici per la loro elaborazione) nonchè tra il Comune di Biella e l’Anagrafe Tributaria di Roma (cfr. documentazione prodotta dal Comune in primo grado) non può certo pregiudicare la posizione dell’E.N.E.L. nè può legittimare il Comune a richiedere copia della denunzia iniziale, a tanto opponendosi la L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 6, comma 4”. Ha, inoltre, ritenuto “sintomatico che lo stesso Comune non abbia effettuato per gli anni successivi al 1993 alcun accertamento, per i quali l’E.N.E.L. – accertasi dell’errore – corrispose per la cabina in questione un’i.c.i. d’importo macroscopicamente più modesto”.

Ciò posto deve considerarsi che, sulla base dell’esposto rilievo – mentre il quinto, il sesto ed il settimo motivo di ricorso non appaiono coerentemente investire la ratio decidendi – tutte le doglianze risultano risolversi in un inammissibile sindacato in fatto, giacchè tendono, in realtà, a rimettere in discussione, contrapponendovene uno difforme, l’apprezzamento in fatto del giudice di merito, che, espresso con motivazione ancorata alle risultanze delle acquisizioni documentali ed in sè coerente, è sottratto al sindacato di legittimità (cfr. Cass. 22901/05, 15693/04, 11936/03).

Alla stregua della considerazioni che precedono, s’impone il rigetto del ricorso.

Per la soccombenza, il Comune ricorrente va condannato al pagamento delle spese di causa, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

la Corte: rigetta il ricorso; condanna il Comune alla refusione delle spese di causa, liquidate in complessivi Euro 8.100,00 (di cui Euro 8.000,00, per onorario) oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2011

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