Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27157 del 16/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 16/12/2011, (ud. 06/10/2011, dep. 16/12/2011), n.27157

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

COMUNE DI RODENGO SAIANO, in persona del sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, viale Giulio Cesare n. 14, presso

lo studio dell’avv. Pafundi Gabriele, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avv. Giacomo Bonomi;

– ricorrente –

contro

ITAP S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, via Prestinari n. 13, presso lo

studio dell’avv. Ramadori Giuseppe, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avv. Maurizio Lovisetti;

– controricorrente –

e sul ricorso proposto da:

ITAP S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, come

sopra elettivamente domiciliato e rappresentato;

– ricorrente incidentale –

contro

COMUNE DI RODENGO SAIANO, in persona del sindaco pro tempore, come

sopra elettivamente domiciliato e rappresentato;

– controricorrente incidentale –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Lombardia, sez. 45^, n. 89 depositata il 13 giugno

2008.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

6.10.2011 dal consigliere relatore dott. Aurelio Cappabianca;

udito, per il comune ricorrente, l’avvocato Gabriele Pafundi;

constatata la regolarità delle comunicazioni di cui all’art. 377

c.p.c., u.c.;

udito il P.M., in persona del sostituto procuratore generale dott.

LETTIERI Nicola che ha concluso per il rigetto dei ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La società contribuente propose ricorso avverso cartella di pagamento con la quale il Comune di Rodengo Saiano le intimava il pagamento della t.a.r.s.u. per l’anno 1999 in relazione ad ufficio e magazzino di sua pertinenza.

A fondamento del ricorso, la società contribuente deduceva, tra l’altro, l’illegittimità della cartella, in quanto basata su Tariffa illegittimamente definita dalla Giunta comunale (anzichè dal Consiglio), e perchè nel magazzino si formavano soltanto rifiuti speciali, definibili come “rifiuti di imballaggi terziari”, che, dal 01.01.1998, non potevano più essere conferiti al servizio Comunale di raccolta rifiuti urbani, dovendo a ciò provvedere direttamente i produttori;

L’adita commissione provinciale accolse il ricorso e annullò la cartella. In particolare, ritenne: la propria competenza a decidere, in via incidentale e ai fini della disapplicazione D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 7, u.c., sulla dedotta illegittimità per incompetenza dell’atto amministrativo presupposto; la illegittimità della Delib.

Giunta municipale n. 725 del 1996 per incompetenza dell’organo deliberante in violazione del disposto di cui alla L. n. 142 del 1990, art. 32, lett. g) con sua conseguente disapplicazione; la conseguente illegittimità della cartella.

La decisione del primo giudice fu confermata dalla commissione regionale, in sede di rinvio a seguito della riassunzione dell’appello operato dal Comune (dopo che questa Corte aveva dichiarato la nullità del giudizio di appello precedentemente instaurato).

Nel suo nucleo essenziale, la decisione dei giudici di appello risulta così testualmente motivata: “… Per i suesposti principi normativi questa Commissione ritiene che la competenza a deliberare in materia di Tariffazione dei Servizi comunali e di Imposizione di tributi ai cittadini fosse esclusivamente rimessa al Consiglio comunale al tempo corrente 1996 e 1999; ciò sino alla emanazione ed alla entrata in vigore del Testo Unico degli Enti locali n. 267 del 2000, col quale sono state attribuite alla Giunta Comunale funzioni, competenze e conseguenti responsabilità amministrative di governo dell’Ente (quali la adozione di oneri tributar o di costi di servizi, da imporre alla comunità amministrata); soltanto col successivo D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 36 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, la Giunta comunale è uno degli organi di governo del Comune, ente locale previsto dall’art. 114 Cost. Repubblica Italiana. Tale assunto trascina con sè la illegittimità delle procedure e dei criteri di determinazione, nella specie trattata, della Assimilazione di alcuni rifiuti speciali industriali/aziendali, ai R.S.U., applicati alla ricorrente ITAP spa.

In conclusione non è legittima la applicazione delle Tariffe in oggetto: le Delib. Giunta comunale di Rodengo Salano n. 75 del 1996 e Delib. n. 58 del 1998 debbono essere da questa Commissione “disapplicate”, a sgravio della contribuente, annullando la imposizione di cui alla cartella esattoriale opposta dalla contribuente”.

Avverso la decisione di appello, il Comune propone ricorso per cassazione in quattro motivi.

Il contribuente resiste con controricorso e propone ricorso incidentale condizionato, in due motivi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I due ricorsi, siccome proposti contro la stessa sentenza, devono essere riuniti a norma dell’art. 335 c.p.c..

Con il primo motivo del ricorso principale, il Comune deduce “difetto di giurisdizione delle Commissioni tributarie in tema di impugnazione delle delibere comunali in ordine all’istituzione e ordinamento di tributi e fissazione delle tariffe applicabili”.

Con il secondo motivo di ricorso, il Comune deduce “violazione e falsa applicazione di norme di diritto (L. n. 142 del 1890, art. 32, del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 59” e formula il seguente quesito di diritto: “Voglia la Corte statuire in ordine alla competenza rispettivamente del Consiglio Comunale o della Giunta Municipale, della L. n. 142 del 1990, ex art. 32 e del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 69 nel senso che spetta al primo disciplinare la “istituzione e l’ordinamento in generale della tassa di raccolta e smaltimento dei rifiuti solido urbani e assimilati, potere estrinsecatesi nella approvazione degli atti fondamentali e dei regolamenti attuativi”, e, alla seconda, la determinazione e fissazione della tariffa da applicare, ovvero, subordinatamente che è di competenza della Giunta Comunale la “revisione e l’aggiornamento” della tariffa vigente, se già approvata dal Consiglio Comunale, per adeguarla all’aumento del costo del servizio”.

Con il terzo motivo di ricorso, il Comune deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatto, controverso e decisivo, che la delibera della giunta avrebbe semplicemente revisionato (e non definito) la Tariffa.

Con il quarto motivo di ricorso, il Comune deduce “omessa pronunzia e conseguente omessa motivazione circa i motivi di appello proposti …” e formula il seguente quesito di diritto: “se la sentenza impugnata violi l’art. 211, secondo cui il Collegio nel deliberare deve decidere tutte le domande proposte e le relative eccezioni definendo il giudizio, in quanto la Commissione Regionale, ha omesso di esaminare eccezioni, domande o ragioni ritualmente proposte dal Comune di Rodengo Salano”.

Le doglianze vanno, tutte, disattese.

La prima – oltre che preclusa nella prospettiva di cui a Cass. 24883/08 e 26019/08, alla luce del complessivo sviluppo del processo e delle deduzioni svolte dalle parti nei pregressi gradi e fasi del giudizio – si rivela radicalmente infondata, posto che, nel disattendere la Tariffa definita con Delibera della Giunta comunale, il giudice tributario non ha operato alcuna interferenza con la giurisdizione del giudice amministrativo (così non dando luogo ad alcuna questione di giurisdizione), ma si è limitato ad operare la disapplicazione di detta delibera al ristretto fine della risoluzione di controversia di sua cognizione, così come, del resto, esplicitamente legittimato dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7 (cfr.

Cass., ss.uu., 14386/07).

Il secondo ed il terzo motivo – che, per la stretta connessione, possono essere congiuntamente esaminati – si rivelano infondati alla stregua della consolidata giurisprudenza di questa Corte (da cui non vi è motivo di discostarsi). Questa Corte ha, invero, reiteratamente affermato che – ai sensi della L. n. 142 del 1990, art. 32, lett. g, (vigente sino all’entrata in vigore del cit. t.u. n. 267 del 2000 e, quindi, applicabile ratione temporis alla fattispecie), che demanda alla competenza dei consigli comunali “l’istituzione e l’ordinamento dei tributi” – competente in via esclusiva ad adottare provvedimenti relativi alla determinazione e all’adeguamento delle aliquote del tributo è il predetto organo consiliare, sicchè la delibera della Giunta comunale di variazione delle tariffe t.a.r.s.u. emanata nella vigenza della L. n. 142 del 1990, su cui risulti basato l’atto impositivo impugnato dall’interessato, deve ritenersi illegittima, in quanto affetta da incompetenza funzionale, e va disapplicata dal giudice tributario D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 7, comma 5, con consequenziale travolgimento dell’atto applicativo (cfr. Cass. 23836/09, 17524/09, 21310/04, 16870/03).

Il quarto motivo di ricorso principale del Comune è inammissibile.

Vertendosi in tema di ricorso per cassazione avverso sentenza di appello pubblicata dopo il 1.3.2006 (e prima del 4.7.2009), ne va invero, prioritariamente, rilevata l’inammissibilità, per inidoneità del quesito di diritto ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. Ai sensi di tale disposizione invero, i quesiti di diritto – dovendo assolvere la funzione di integrare il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale – non possono essere meramente generici e teorici (come quelli che correda la doglianza in esame, ma deve essere calato nella fattispecie concreta, per mettere la Corte in grado poter comprendere dalla sola relativa lettura, l’errore asseritamente compiuto dal giudice a quo e la regola applicabile (v. Cass. s.u.

3519/08).

Il motivo appare, peraltro, del tutto carente sul piano dell’autosufficienza, non fornendo descrizione alcuna circa le “eccezioni, domande o ragioni” non esaminati dal giudice a quo nè fornendo indicazione alcuna in merito alle modalità di loro deduzione.

Il ricorso incidentale condizionato della società contribuente, in quanto ricorso di parte integralmente vittoriosa in appello, va dichiarato inammissibile.

Secondo il consolidato orientamento di questa corte, invero, il ricorso incidentale, anche se qualificato come condizionato, deve essere giustificato dalla soccombenza (non ricorrendo altrimenti l’interesse processuale a proporre ricorso per cassazione), cosicchè è inammissibile il ricorso incidentale, con il quale la parte, che sia rimasta completamente vittoriosa nel giudizio di appello, risollevi questioni non decise dal giudice di merito perchè non esaminate o ritenute assorbite, salva la facoltà di riproporre le questioni medesime al giudice del rinvio in caso di annullamento della sentenza (v. Cass. 17.201/04, 12.680/03, 3341/01, 3908/00).

Alla stregua della considerazioni che precedono, s’impongono il rigetto del ricorso principale e la declaratoria d’inammissibilità di quello incidentale.

Per la soccombenza, il Comune ricorrente principale va condannato al pagamento delle spese di causa, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

la Corte: riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale; condanna il Comune alla refusione delle spese di causa, liquidate in complessivi Euro 1.500,00 (di cui Euro 1.400,00, per onorario) oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2011

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