Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27156 del 16/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 16/12/2011, (ud. 06/10/2011, dep. 16/12/2011), n.27156

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

COMUNE DI RIVALSA, in persona del sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in Roma, via Crescenzio n. 912, presso lo studio

dell’avv. Lucisano Claudio, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avv. Mario Garavoglia;

– ricorrente –

contro

R.F., elettivamente domiciliato in Roma, via P.L. da

Palestrina n. 19, presso lo studio dell’avv. Prosperetti Marco, che

lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e sul ricorso proposto da:

R.F., come sopra elettivamente domiciliato e

rappresentato;

– ricorrente incidentale –

contro

COMUNE DI RIVALBA, in persona del sindaco pro tempore, come sopra

elettivamente domiciliato e rappresentato; per la cassazione della

sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte, sez.

15^, n. 45 del 22 marzo 2007.

– resistente –

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

6.10.2011 dal consigliere relatore dott. Aurelio Cappabianca;

constatata la regolarità delle comunicazioni di cui all’art. 377

c.p.c., u.c.;

udito il P.M., in persona del sostituto procuratore generale dott.

LETTIERI Nicola che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale ed il rigetto di quello incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il contribuente propose ricorso avverso avviso di accertamento e irrogazione sanzione, per omessa denunzia i.c.i. per gli anni dal 1999 al 2002, in relazione ad immobile abitativo privo di rendita, insistente su terreno di sua proprietà.

Costituitosi il Comune, l’adita commissione provinciale respinse il ricorso, con decisione che, in esito all’appello del contribuente, fu, tuttavia, riformata dalla commissione regionale, che annullò l’accertamento.

I giudici di appello così testualmente motivarono: “l’appellante, imprenditore agricolo e coltivatore diretto, ha fornito le dovute notizie per poter riscontrare con criteri di legge che l’unità abitativa … ha le caratteristiche di ruralità ai fini fiscali.

Infatti il fabbricato è posseduto ed utilizzato come abitazione dal proprietario ; il terreno cui il fabbricato è asservito ha una superficie (Ha 1.693.31) non inferiore ad un ettaro ed è censito al catasto terreni con attribuzione di reddito agrario; il volume d’affari derivante dall’attività agricola del ricorrente che conduce il fondo è superiore alla metà del suo reddito, non dovendosi considerare una rendita vitalizia; il fabbricato non ha le caratteristiche delle unità immobiliari urbane appartenenti alle categorie A1 e A8.

Quindi, ai fini del calcolo dell’ici, la base imponibile è rappresentata dal reddito dominicale del terreno e non dalla rendita “presunta” dell’unità immobiliare. L’avviso di accertamento deve essere annullato anche perchè basato sul provvedimento del responsabile dell’ufficio tecnico del Comune di Rivalba che ha provveduto illegittimamente al classamento provvisorio d’ufficio dell’immobile, ente questo privo di legittimazione attiva a poter procedere all’accatastamento dei terreni e fabbricati, potestà questa attribuita dalla legge primaria all’UTE or a Agenzia del Territorio”.

Avverso tale decisione, il Comune propone ricorso per cassazione in quattro motivi.

Il contribuente resiste con controricorso e propone ricorso in via incidentale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I due ricorsi, siccome proposti contro la stessa sentenza, devono essere riuniti a norma dell’art. 335 c.p.c..

Vertendosi in tema di ricorso per cassazione avverso sentenza di appello pubblicata dopo il 1.3.2006 (e prima del 4.7.2009), va, prioritariamente, rilevata l’inammissibilità, per assoluto difetto di quesito di diritto ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., del primo motivo del ricorso incidentale, con il quale il contribuente deduce, peraltro genericamente, “omessa pronunzia”.

Ciò posto, va osservato che, con il primo motivo del ricorso principale, il Comune – deducendo “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57” – censura la decisione impugnata per aver essa dato seguito a doglianza (infondatezza della pretesa impositiva in presenza dei requisiti della “ruralità” del bene assoggettato ad imposta) inammissibile, in quanto non contemplata nel ricorso introduttivo della contribuente e, quindi, “nuova”.

La doglianza va disattesa, atteso che dalla narrativa della sentenza impugnata non appare che la ricorrenza dei requisiti di “ruralità fiscale” del cespite fosse, in sede di introduzione della lite, estranea all’oggetto della controversia e considerato, d’altro canto, che detta estraneità, contrastata dal controricorrente, non risulta, nel ricorso in esame, compiutamente prospettata sul piano dell’autosufficienza.

Con il secondo ed il terzo motivo di ricorso, il Comune censura la decisione impugnata – sotto il profilo della violazione di legge (D.L. n. 557 del 1993, art. 9 come modificato dal D.P.R. n. 139 del 1998, art. 2) e sotto quello del vizio di motivazione – per non aver essa considerato che, il riconoscimento della “ruralità” degli immobili ai fini fiscali presuppone che ricorrano tutte le circostanze previste dal D.L. n. 557 del 1993, art. 9 e, quindi, anche la qualifica di imprenditore agricolo del soggetto titolare del diritto di proprietà sul fondo cui l’immobile è asservito ovvero la titolarità da parte sua di trattamenti pensionistici corrisposti a seguito di attività svolta in agricoltura (v. comma 3, lett. a) e l’esistenza di un volume d’affari derivante da attività agricole superiore alla metà del reddito complessivo, determinato con esclusione dei soli trattamenti pensionistici corrisposti a seguito di attività svolta in agricoltura (v. comma 3, lett. d).

Con il quarto motivo di ricorso, il Comune deducendo “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 5 e 11” – censura la decisione impugnata per non aver considerato che, nel caso di omessa dichiarazione e omesso pagamento dell’imposta in relazione ad immobile privo di rendita l’applicazione, da parte del Comune, di una rendita presunta, che tenga conto delle caratteristiche proprie dell’unità abitativa, rappresenta il corretto strumento attraverso il quale il Comune, in ossequio a quanto previsto dal D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 5 ed 11 possa provvedere a calcolare, accertare e riscuotere l’imposta dovuta.

Le doglianze sono fondate.

In merito al secondo e terzo motivo – che, per la stretta connessione, possono essere congiuntamente esaminati – occorre, in primo luogo, rilevare che, ai sensi del D.P.R. n. 139 del 1998, artt. 1 e 2, e D.L. n. 557 del 1993, art. 9, comma 3, convertito in L. n. 133 del 1994 (nelle formulazioni applicabili ratione temporis), il riconoscimento del carattere “rurale” di un fondo, ai fini dell’imponibilità i.c.i., presuppone necessariamente, tra gli altri, il requisito della ricorrenza di un volume di affari derivante dall’attività agricola superiore alla metà del reddito complessivo del soggetto che conduce il fondo cui l’immobile è asservito, al netto dei soli trattamenti, pensionistici conseguiti per attività svolta in agricoltura. Deve, peraltro, considerarsi che la sussistenza del suddetto requisito è restato del tutto inadeguatamente esaminato dalla sentenza impugnata, posto che questa, pur nell’incontestata presenza di documentazione attestante il godimento da parte del contribuente di pensione I.n.p.d.a.p. in qualità di ex dipendente comunale, ha affermato la ricorrenza della condizione sulla base della generica, e, comunque, non esaustiva affermazione: “Il volume di affari dell’attività agricola dei ricorrente che conduce il fondo è superiore alla metà del suo reddito, non dovendosi considerare una rendita vitalizia.

In merito al quarto motivo, deve, poi, convenirsi con il Comune ricorrente che, diversamente da quanto affermato dal giudice a quo, il Comune – in assenza di dichiarazione e versamento di imposta in relazione ad fabbricato (non rientrante nella categoria “D”) non iscritto in catasto – ha legittimamente provveduto alla liquidazione di ufficio dell’imposta, ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, comma 2 e art. 5, comma 4.

Alla stregua delle considerazioni che precedono, in accoglimento del secondo, terzo e quarto motivo del ricorso principale, va disposta la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio della causa al giudice a quo che provvedere anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

La determinazione comporta l’assorbimento del secondo motivo del ricorso incidentale del contribuente concernente il capo della decisione di appello disponente la compensazione delle spese.

P.Q.M.

la Corte: riunisce i ricorsi; accoglie il secondo terzo e quarto motivo del ricorso principale; respinge il primo motivo del ricorso principale ed il primo motivo del ricorso incidentale e dichiara assorbito il secondo motivo del ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Piemonte.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2011

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