Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27150 del 23/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 23/10/2019, (ud. 21/02/2019, dep. 23/10/2019), n.27150

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18261-2017 proposto da:

PASTRELLO AUTOTRASPORTI SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIOVANNI PIERLUIGI

DA PALESTRINA 47, presso lo studio dell’avvocato GAETANO BASILE, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIUSEPPE DUCA;

– ricorrente –

contro

FARO ASSICURAZIONI E RIASSICURAZIONI SPA IN LCA, in persona del

Commissario Liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato CASIMIRO SORRENTINO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 476/2017 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 07/04/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 21/02/2019 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELE

POSITANO.

Fatto

RILEVATO

che:

con atto di citazione del 14 dicembre 2007, la Pastrello Autotrasporti Srl evocava davanti al Tribunale di Genova la propria assicuratrice, Faro Ass.ni S.p.A., per l’accertamento della validità e dell’operatività della polizza del (OMISSIS), e per ottenere il pagamento della somma di Euro 65.988, a titolo d’indennizzo. Aggiungeva che con atto di citazione del 10 gennaio 2005 era stata evocata in un separato giudizio, in qualità di vettore, da Envitec davanti al Tribunale di prima istanza di Atene (Grecia), con riferimento ai danni subiti da quattro torrette-cisterne, che le erano state affidate in occasione del trasporto e che il trasporto riguardava il tratto tra gli impianti della costruttrice, Selip S.p.A., siti in Fontanellato (PR) e Ariccia (Roma), sino al cantiere dell’acquirente, Envitec, in Grecia. Con lettera raccomandata del (OMISSIS) la Pastrello Autotrasporti Srl aveva sollecitato l’assicuratore ad assumere la propria difesa, in virtù della polizza assicurativa, non ricevendo riscontro per cui aveva avviato una trattativa con la società destinataria della merce per la definizione transattiva della lite e per scongiurare il rischio di un giudizio in Grecia. Aveva informato la compagnia Faro Ass.ni S.p.A. di avere raggiunto un accordo transattivo che prevedeva il pagamento dell’importo di Euro 55.000, chiedendo di essere tenuta indenne rispetto al pagamento di tale somma, oltre che di quella riguardante le spese legali sostenute, pari a Euro 10.988. Non avendo l’assicuratore provveduto all’indennizzo, la Pastrello Autotrasporti Srl aveva agito in giudizio davanti al Tribunale di Genova. Si costituiva l’assicuratore contestando, tra l’altro, l’operatività della polizza, in quanto le merci non sarebbero state adeguatamente imballate e protette durante il trasporto;

il Tribunale di Genova, con sentenza del 30 novembre 2007, dichiarava l’operatività della polizza assicurativa, condannando la compagnia a corrispondere l’importo richiesto, oltre alle spese legali, rilevando la validità della polizza, la prova della storicità del sinistro e l’inesistenza di usi e consuetudini concernenti la tipologia di merce o specifiche indicazioni fornite al vettore per il trasporto e l’imballo delle predette “torrette”. Le cause dell’inconveniente dovevano, comunque, essere individuate in circostanze diverse dalle modalità di protezione e imballaggio;

avverso tale decisione proponeva appello la Faro Ass.ni S.p.A., in liquidazione coatta amministrativa, con atto del 1 marzo 2012, lamentando la mancata dichiarazione di decadenza dell’attrice dalla prova testimoniale, l’erronea statuizione della copertura assicurativa, sebbene le merci trasportate fossero cisterne e non fossero state adeguatamente protette. Si costituiva la società Pastrello Autotrasporti Srl chiedendo il rigetto del gravame;

con sentenza del 7 aprile 2017 la Corte d’Appello di Genova, in accoglimento dell’impugnazione, rigettava la domanda proposta da Pastrello Autotrasporti Srl, ponendo a carico della stessa il pagamento delle spese del doppio grado di giudizio; con ordinanza del 25 maggio 2017 disponeva la correzione per errore materiale della predetta sentenza con riferimento all’omessa distrazione delle spese processuali liquidate, ai sensi dell’art. 93 c.p.c.;

avverso tale decisione propone ricorso per cassazione Pastrello Autotrasporti Srl, affidandosi a un unico motivo: che illustra con memoria ex art. 380 bis c.p.c. Resiste con controricorso Faro Ass.ni e Riassicurazioni S.p.A. in liquidazione coatta amministrativa, chiedendo la distrazione delle spese in favore del procuratore antistatario.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si deduce la violazione dell’art. 1905 c.c., in relazione all’art. 2697 c.c., commi 1 e 2, la ripartizione inesatta dell’onere probatorio conseguente all’errata individuazione della clausola n. 6 della polizza assicurativa, come attinente all’oggetto del contratto e non alla limitazione della responsabilità dell’assicuratore e ciò ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. La Corte d’Appello avrebbe erroneamente ritenuto che, se nella polizza assicurativa era prevista l’adozione di “determinate misure di sicurezza” alle quali le parti avrebbero subordinato l’operatività della polizza, tali clausole non realizzerebbero una limitazione di responsabilità dell’assicuratore, ma individuerebbero l’oggetto stesso del contratto. Conseguentemente, l’onere probatorio relativo all’adozione di specifiche misure di sicurezza graverebbe sull’assicurato. Al contrario, la clausola di cui all’art. 6 dei patti speciali della polizza assicurativa prevedeva che i danni erano coperti dalla garanzia a condizione che la merce fosse “debitamente imballata e protetta durante il trasporto, secondo gli usi e le consuetudini in uso per il tipo di merce oggetto di copertura”. Le risultanze processuali avrebbero escluso l’esistenza di usi e consuetudini per il trasporto di merce della tipologia alla quale appartenevano le torrette-cisterne affidate a Pastrello Autotrasporti Srl e che il mittente avesse impartito indicazioni particolari al vettore. La stessa perizia eseguita dalla casa costruttrice non avrebbe fornito alcun elemento in ordine all’esistenza di un particolare sistema d’imballaggio e ancoraggio. Sulla base di tali elementi la Corte avrebbe errato, una prima volta, nel non considerare che il Tribunale aveva escluso l’esistenza di usi e consuetudini; una seconda volta, per aver affermato che l’assicurato non aveva fornito la prova di avere mantenuto un regime di sicurezza “standard” per la merce trasportata. In sostanza, la motivazione adottata sarebbe contraddittoria, poichè da un lato si equipara la clausola n. 6 della polizza a una condizione che individua il rischio, richiedendo la prova della adozione di specifiche misure di sicurezza, ma dall’altra, si afferma che l’assicurato avrebbe dovuto provare di avere adottato un regime di sicurezza “standard”. E’ evidente che la prova dell’adozione di misure di sicurezza standard sarebbe incompatibile con quella relativa alle “specifiche misure di sicurezza”. Sotto altro profilo, la decisione della Corte territoriale sarebbe errata perchè, entrando nel merito, avrebbe affermato che i sistemi di ancoraggio predisposti dalla casa costruttrice non potessero più svolgere adeguatamente la loro funzione, nonostante il tenore della perizia fatta redigere dalla stessa costruttrice, Selip S.p.A.. Erroneamente la Corte avrebbe individuato il profilo di responsabilità del vettore nel trasbordo della merce in una piattaforma, asseritamente di misura inferiore, e nella mancata adozione da parte del vettore di specifiche misure di sicurezza e, comunque, di misure “standard”. In mancanza di usi e consuetudini, la Corte avrebbe dovuto ritenere assolto l’onere probatorio da parte dell’assicurato e, comunque, la compagnia Faro Ass.ni S.p.A. non avrebbe dimostrato la colpa grave dell’assicurato. Sotto altro profilo la Corte d’Appello di Genova avrebbe violato l’art. 2697 c.c. affermando che era onere dell’assicurato dimostrare di avere adottato specifiche misure di sicurezza in presenza della clausola n. 6, senza considerare che la rilevata inesistenza di usi e consuetudini e di istruzioni specifiche da parte del mittente al vettore, avrebbe dovuto condurre a una valutazione opposta;

il ricorso è inammissibile per una pluralità di ragioni;

in primo luogo, perchè è dedotto in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 3, con specifico riferimento alla mancata deduzione della circostanza essenziale del trasbordo delle cd torri-cisterne durante il viaggio e della sostituzione delle piattaforme che contenevano i manufatti, con altre più ridotte, che non consentivano un adeguato stivaggio e la sostituzione delle selle e degli ancoraggi originari. Tali elementi non si rinvengono nel ricorso, nella parte dedicata alla esposizione sommaria dei fatti della causa, ma sono chiariti solo nel controricorso;

si tratta, invece, di profili essenziali, analiticamente e compiutamente evidenziati dalla controricorrente (pagina 2 e 3 del controricorso) e del tutto omessi nella esposizione dei fatti e soltanto accennati nel corpo del motivo (pagina 9), come uno dei tre profili che la Corte d’Appello avrebbe erroneamente valorizzato, appiattendosi sugli atti processuali introduttivi del giudizio in Grecia (trasbordo della merce in una piattaforma asseritamente di misura inferiore; mancata adozione di specifiche misure di sicurezza; omessa osservanza delle misure di sicurezza standard);

oltre a ciò il ricorso non coglie la ratio decidendi, che non riguarda l’esistenza di “usi e consuetudini” e neppure di specifiche modalità di imballaggio, ma l’utilizzo di modalità standard di stivaggio e ancoraggio. Tale modalità va rapportata, come si evince dalla sentenza impugnata, alle caratteristiche e alle dimensioni della merce trasportata. Pertanto, l’imballaggio si riferisce non solo alla collocazione della merce in un involucro protettivo, ma nell’ipotesi di manufatti di eccezionali dimensioni, all’adozione delle modalità standard adeguate, che prevedono l’ancoraggio e il “fissaggio” con cavi e cunei, oltre alla adozione di selle per sorreggere tali grosse costruzioni di sagoma cilindrica. La Corte territoriale ha evidenziato che le quattro torri erano state trasbordate dall’odierna ricorrente, dal pianale, ove erano state collocate dalla società costruttrice e che aveva dimensioni tali da contenere interamente le torri (ciascuna lunga metri 13,10), ponendole su una sella di dimensioni inferiori (metri 10). Il profilo centrale, non censurato in questa sede, riguarda proprio la collocazione delle torri in una piattaforma di dimensioni ridotte, (ritenute dalla Corte) assolutamente inadeguate che, secondo la valutazione in fatto operata dal giudice di appello, “determina inevitabilmente che i sistemi di ancoraggio predisposti dalla costruttrice non potessero più svolgere adeguatamente la loro funzione”. Non è contestata la circostanza che il trasbordo della merce non è avvenuto utilizzando le medesime selle con le quali le torrette erano state originariamente consegnate per cui, correttamente, con valutazione non sindacabile in questa sede, la Corte territoriale ha evidenziato che “una lunghezza pari a meno di 3,10 m” costituiva la sporgenza in esubero, rispetto alla quale le torri non avevano più alcun sostegno nella nuova piattaforma su cui erano state caricate;

Per il resto, la violazione di legge si atteggia, sia come inammissibile censura alla congruità della motivazione, non consentita dal nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, peraltro con riferimento a profili istruttori e di merito, non sindacabili in sede di legittimità, sia come critica all’interpretazione negoziale non dedotta con riferimento alla violazione dei criteri di ermeneutica (Cass. 29/3/18 n. 7794);

sotto tale ultimo profilo, va aggiunto che:

– l’interpretazione delle clausole contrattuali rientra tra i compiti esclusivi del giudice di merito ed è insindacabile in cassazione se rispettosa dei canoni legali di ermeneutica ed assistita da congrua motivazione, potendo il sindacato di legittimità avere ad oggetto non già la ricostruzione della volontà delle parti, bensì solo l’individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il giudice di merito si sia avvalso per assolvere la funzione a lui riservata, al fine di verificare se sia incorso in vizi del ragionamento o in errore di diritto (tra le molte, v. Cass. 31/03/2006, n. 7597; Cass. 01/04/2011, n. 7557; Cass. 14/02/2012, n. 2109; Cass. 29/07/2016, n. 15763);

– di conseguenza, al fine di far valere una violazione sotto i due richiamati profili, il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti, non essendo consentito il riesame del merito in sede di legittimità (Cass. 09/10/2012, n. 17168; Cass. 11/03/2014, n. 5595; Cass. 27/02/2015, n. 3980; Cass. 19/07/2016, n. 14715);

– pertanto, per sottrarsi al sindacato di legittimità, non è necessario che quella data dal giudice sia l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, sicchè, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra (Cass. 22/02/2007, n. 4178; Cass. 03/09/2010, n. 19044 e da ultimo Cass. 29/3/18 n. 7794);

la valutazione della Corte territoriale si fonda sulla circostanza che la polizza, all’art. 6, prevede che le merci sono coperte dalla garanzia “purchè debitamente imballate e protette” con la conseguenza che il contratto non opera per i danni che si verifichino in caso di insufficienza di ancoraggio o di stivaggio o di imballaggio delle merci trasportate. La Corte territoriale rileva che dalle risultanze processuali era emerso che le torri cilindriche erano state affidate al vettore e successivamente al sub-vettore per il trasporto dall’Italia alla Grecia collocandole, distese, su pianali lunghi poco più delle torri e quindi contenute nelle specifiche selle semicircolari. In occasione del trasbordo erano giunte su piattaforme di lunghezza minore di quella dei contenitori che pertanto non erano fissati con le modalità originariamente adottate dalla società mittente. In sostanza, una parte rilevante del contenitore sporgeva ed era priva di protezione. Tale ricostruzione fattuale non viene contrastata con il ricorso, che solo incidentalmente accenna al profilo decisivo costituito dal fatto che, mentre il pianale originario supportava ciascuna torre e le selle erano posizionate per tutta la lunghezza, coprendo anche la parte posteriore del manufatto, lo spostamento e la nuova collocazione delle torri su pianali più corti di circa 3,5 mt, costituiva il profilo di inadempimento rispetto all’obbligo contrattuale di imballare e proteggere adeguatamente le merci (clausola n. 6: “purchè debitamente imballate e protette durante il trasporto”);

il contenuto della memoria non apporta elementi di novità, mentre costituisce circostanza nuova o, comunque, irrilevante l’attribuzione, da parte della perizia della società Selip S.A (costruttrice delle torri-cisterna), a fattori diversi dal difetto di imballaggio, perchè l’assenza di usi non esentava l’assicurato dalla prova dell’adozione di misure comunque idonee;

ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza e ne va disposta la distrazione per il dichiarato anticipo. Infine, va dato atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 – quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 4.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, con distrazione all’avv. C. Sorrentino.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, del comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile-3, il 21 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2019

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