Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27145 del 16/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 16/12/2011, (ud. 22/09/2011, dep. 16/12/2011), n.27145

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – rel. Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 82-2007 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

G.M., B.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 121/2005 della COMM.TRIB.REG. di TRIESTE,

depositata il 27/10/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/09/2011 dal Consigliere Dott. PERSICO Mariaida;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

G.M. e B.M. proposero ricorso avverso l’avviso di accertamento relativo all’Irpef per l’anno d’imposta 1991, con il quale era stato accertato un maggior reddito da partecipazione, corrispondente alla quota da ciascuno detenuta nella s.n.c. Avant Garde di M. Bover & C; eccepivano che la suddetta società, avendo aderito alla proposta di accertamento con adesione per anni pregressi D.L. n. 564 del 1994, ex art. 3, convertito in L. n. 656 del 1994, aveva definito un maggior reddito, mentre tale definizione non era stata da loro effettuata.

La Commissione tributaria provinciale rigettava il ricorso.

Contro tale sentenza i contribuenti proponevano appello e la Commissione Tributaria Regionale accoglieva lo stesso.

Contro tale ultima sentenza ricorre per cassazione l’Agenzia. I contribuenti non controdeducono.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. L’Agenzia deduce, ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 564 del 1984, art. 3, del D.L. n. 79 del 1987, art. 9 bis e del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5, nonchè il vizio di motivazione. Deduce che l’intervenuta definizione dell’accertamento con adesione da parte della società di persone costituisce titolo per l’accertamento nei confronti dei soci che non hanno definito i redditi prodotti in forma associata.

1.1 La doglianza è fondata secondo i principi già enucleati da questa Corte che ha affermato (Cass. n. 19137 del 2010): “In tema di imposte sui redditi, il D.L. 28 marzo 1997, n. 79, art. 9 bis, comma 18, convertito, con modificazioni, nella L. 28 maggio 1997, n. 140, disponendo che “l’intervenuta definizione da parte delle società od associazioni cui all’art. 5 del testo unico sulle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, (..) costituisce titolo per l’accertamento, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 41 bis e successive modificazioni e integrazioni, nei confronti delle persone fisiche che non hanno definito i redditi prodotti in forma associata”, non ha contenuto innovativo dell’ordinamento tributario, ma costituisce esplicazione del principio stabilito dall’art. 5 D.P.R. n. 917 cit., secondo il quale i redditi delle società personali sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili, con la conseguenza che, anche in base al concordato definito entro il 15 dicembre 1995 in forza del D.L. n. 564 del 1994, art. 3, convertito in legge, con modificazioni, nella L. n. 656 del 1994, deve ritenersi consentito l’accertamento in capo ai singoli soci della rispettiva quota del reddito concordato dalla società”.

Resta evidentemente salva la possibilità del socio di contestare la pretesa tributaria spiegata contro di lui convenendo in giudizio anche la società e gli altri soci, attesa la unitarietà del presupposto impositivo (Cass. 14815/2008).

1.2 Il ricorso deve, pertanto, essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente.

2. Tenuto conto dell’andamento processuale vengono compensate le spese dei gradi di merito, mentre si condanna il ricorrente, in applicazione del principio della soccombenza, alle spese del grado di legittimità che vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente. Compensa le spese dei gradi di merito e condanna i resistenti, in solido tra loro, alle spese di giustizia del grado di legittimità che liquida in Euro 820,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 22 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2011

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