Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27143 del 28/12/2016


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Cassazione civile, sez. trib., 28/12/2016, (ud. 27/10/2016, dep.28/12/2016),  n. 27143

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28870/2010 proposto da:

B.G., elettivamente domiciliato in ROMA VIA BARNABA

TORTOLINI 13, presso lo studio dell’avvocato MARIO ETTORE VERINO,

che lo rappresenta e difende giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA,VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA CENTRALE DELLE ENTRATE, MINISTERO ECONOMIA E FINANZE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 606/2009 della COMM. TRIBUTARIA CENTRALE, Sez.

di BARI, depositata il 14/10/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/10/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE LOCATELLI;

udito per il ricorrente l’Avvocato PROSPERI per delega dell’Avvocato

VERINO che si riporta agli atti;

udito per il controricorrente l’Avvocato GALLUZZO che si riporta agli

atti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per l’inammissibilità e in

subordine l’accoglimento per quanto di ragione del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Il Comune di Taranto incaricava l’arch. B. e l’ing. V. della redazione del Piano regolatore generale. Nell’espletamento dell’incarico i professionisti si avvalevano degli addetti all’Ufficio del Piano Regolatore, ai quali corrispondevano direttamente ed in proprio gli emolumenti dovuti, che a loro volta ricevevano dal Comune sotto forma di rimborso spese.

Nel mese di dicembre 1977, l’Ufficio delle Imposte Dirette di Taranto notificava all’arch. B. e all’ing. V. due avvisi di accertamento per l’anno di imposta 1972, con i quali determinava l’imposta di ricchezza mobile e l’imposta complementare dovute, recuperando a tassazione le somme corrisposte dal Comune ai professionisti a titolo di rimborso spese, e da questi destinate al pagamento degli addetti all’ Ufficio del Piano Regolatore. Con ulteriore avviso il medesimo imponibile veniva assunto ai fini della determinazione dell’IGE, oltre interessi e sanzioni.

I professionisti proponevano ricorso alla Commissione tributaria di primo grado di Taranto, che, con decisione del 8.1.1990, dichiarava cessata la materia del contendere per intervenuto condono quanto all’imposta di ricchezza mobile ed all’imposta complementare; accoglieva il ricorso quanto all’IGE.

L’Amministrazione finanziaria proponeva appello alla Commissione tributaria di secondo grado di Taranto che con decisione del 4.3.1991 lo accoglieva dichiarando fondata la pretesa tributaria relativa all’IGE.

B.G. proponeva ricorso alla Commissione tributaria centrale che con sentenza 14.10.2009 rigettava l’impugnazione, ritenendo fondata la pretesa tributaria sulla base di quanto comunicato dal ricorrente con la dichiarazione Quadro “F”; inoltre dalla Delib. Giunta Municipale 20giugno 1972, che aveva costituito l’Ufficio del Piano Regolatore, si desumeva che il personale assunto non aveva rapporti di impiego con il Comune ma era alle dirette dipendenze dell’associazione temporanea costituita tra l’arch. B. e l’ing. V.; la circostanza che il Comune si fosse accordato con i professionisti incaricati, per corrispondere loro l’importo delle spese che gli stessi sostenevano per il pagamento del personale dell’Ufficio piano regolatore, non modificava il rapporto di impiego esistente tra i professionisti ed il personale alle loro dipendenze.

Contro la decisione della Commissione tributaria centrale B.G. propone ricorso per quattro motivi: 1) violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 15 e 22, nullità della sentenza e del procedimento: la Commissione tributaria centrale ha omesso di rilevare d’ufficio che l’atto di appello presentato dall’Amministrazione finanziaria alla Commissione tributaria di secondo grado doveva essere ritenuto inammissibile per carente specificazione dei motivi di appello; 2) violazione della L. 19 giugno 1940, n. 762, artt. 1 e 2, nullità della decisione per omessa valutazione delle risultanze istruttorie, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia a norma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per travisamento dei fatti di causa; 3) violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3; insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5; 4) insufficienza e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Deposita memoria.

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo è inammissibile. La pronuncia del giudice di secondo grado che ha accolto l’appello, implica che lo stesso giudice abbia ritenuto ammissibile l’impugnazione sotto il profilo della sussistenza del requisito di specificità dei motivi di appello. E’ pacifico che il ricorrente non ha formulato l’eccezione di inammissibilità dell’appello per asserita carente esposizione dei motivi di impugnazione nè davanti al giudice di secondo grado e neppure davanti alla Commissione tributaria centrale, che pertanto non aveva titolo per decidere una questione implicitamente risolta dal giudice di appello e ad essa non devoluta. Pertanto l’eccezione in oggetto costituisce motivo nuovo, non deducibile per la prima volta in sede di giudizio di legittimità.

2. Il secondo, il terzo ed il quarto motivo sono inammissibili. I motivi proposti non individuano alcun vizio di violazione di legge, o vizio della motivazione censurabile nel giudizio di legittimità, ma si esauriscono in censure di merito che propongono una diversa valutazione in fatto delle risultanze probatorie, non ammessa in questa sede.

Spese regolate come da dispositivo.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al rimborso delle spese in favore della Agenzia delle Entrate, liquidate in Euro tremila oltre eventuali spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2016

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