Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27143 del 16/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 16/12/2011, (ud. 21/04/2011, dep. 16/12/2011), n.27143

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Presidente –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 30754/2006 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

CDS SRL;

– intimato –

avverso la sentenza n. 534/2005 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

LATINA, depositata il 20/09/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/04/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO;

udito per il ricorrente l’Avvocato BACHETTI MASSIMO, che si riporta

al ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per l’accoglimento.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Gli atti del giudizio di legittimità.

Il giorno 3.11.2006 è stato notificato alla “C.D.S. srl”, un ricorso dell’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Roma-sez. staccata di Latina descritta in epigrafe (depositata 20.9.2005) che ha rigettato l’appello dell’Agenzia avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Latina n. 596/07/2002 che aveva accolto il ricorso della società contribuente contro avviso di rettifica parziale concernente IVA per l’anno 1997.

Non ha svolto attività difensiva la società contribuente.

La controversia è stata discussa alla pubblica udienza del 21.4.2011, in cui il PG ha concluso per l’ accoglimento del ricorso.

2. I fatti di causa.

Nel corso di una verifica in data 28.4.2000 la GdF ha rilevato l’indebita detrazione di IVA correlata a due fatture emesse dalla ICOM srl e contabilizzate dalla odierna intimata, in relazione alle quali il pagamento è stato effettuato nel successivo anno 1997, donde l’assunto della Amministrazione circa la violazione dell’obbligo di fatturazione, come disciplinato dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 6, comma 4. Detto rilievo ha costituito ragione per l’adozione di un avviso parziale di rettifica che è stato impugnato dalla società contribuente. La decisione della CTP di Latina, favorevole alla contribuente, è stata appellata avanti alla CTR di Roma, che ha disatteso l’appello.

3. La motivazione della sentenza impugnata.

La sentenza della Commissione Tributaria Regionale, oggetto del ricorso per cassazione, è motivata nel senso che non vi era stata alcuna violazione delle norme che disciplinano l’emissione e l’utilizzazione delle fatture, ed in particolare del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 6, comma 4, che prevede che l’operazione si considera effettuata limitatamente all’importo fatturato, qualora venga emessa fattura anteriormente al verificarsi degli eventi indicati nei precedenti commi.

4. Il ricorso per cassazione.

Il ricorso per cassazione è sostenuto con unico motivo d’impugnazione e -dichiarato il valore della causa nella misura di Euro 66.881,00- si conclude con la richiesta che sia cassata la sentenza impugnata, con ogni conseguente statuizione anche in ordine alle spese processuali.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

5. Il motivo d’impugnazione.

Il motivo d’impugnazione è collocato sotto la seguente rubrica:

“Violazione di legge per erronea applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 6, commi 1 e 4 e art. 19, anche in riferimento alla direttiva del consiglio 77/388 CEE”.

La ricorrente evidenzia che la prima delle fatture qui in argomento risultava relativa al pagamento di un “acconto per servizio di deposito, spedizione e consegna prodotti” e l’altra relativa a “acconto per campagna pubblicitaria”, e che in relazione al pagamento parziale o anticipato del corrispettivo l’operazione si considera (ex art. 6, comma 4 dianzi citato) effettuata limitatamente all’importo pagato o fatturato.

Quanto alla seconda delle due fatture (ed avendo la CDS sottoscritto con la ICOM srl una convenzione per la commercializzazione in esclusiva di merce nella quale si dice che il pagamento da parte della CDS di un contributo per le spese pubblicitarie sarebbe avvenuto dietro richiesta della Icom e previa giustificazione della spesa) essa appariva essere relativa ad una tipica prestazione di servizi, che per regola si considera effettuata al momento del pagamento del corrispettivo, sicchè solo in tale momento l’imposta diventa anche detraibile per il committente del servizio.

In specie -a fronte della fattura emessa in data 5.8.1997- il pagamento era avvenuto nel corso dell’anno 1997, in più rate successive, tali da non giustificare la necessità di emettere una fattura in acconto per l’intero importo. Perciò non sarebbe stato applicabile l’art. 6, comma 4, non essendosi trattato di una “fattura anticipata” ma di un “pagamento eseguito in momenti successivi”, sicchè non vi sarebbe stata la “giustificazione contabile della sua emissione per l’intero importo non ancora corrisposto alla data del 5.8.1997”.

Relativamente al recupero di imposta afferente alla fattura di cui appena si è detto, la censura appare priva del necessario requisito ai autosufficienza. Si assume infatti da parte della ricorrente che la ragione del diniego di detrazione dell’imposta risiederebbe nel fatto che i pagamenti sono stati corrisposti in termini frazionati e (pare di intendere) non tutti anticipatamente rispetto all’emissione della fattura.

Donde però si evincano i fatti storici cosi vagamente ricostruiti dalla parte ricorrente, quest’ultima non lo dice e neppure indica quali siano le fonti di prova da cui desumere la certezza di etti fatti. Anche atteso che la vicenda non può essere ricostruita dalla narrativa della pronuncia qui impugnata, non resta a questa Corte che richiamare il noto insegnamento secondo cui: “Poichè l’interesse ad impugnare con il ricorso per cassazione discende dalla possibilità di conseguire, attraverso il richiesto annullamento della sentenza impugnata, un risultato pratico favorevole, è necessario, anche in caso di denuncia di un errore di diritto a norma dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 3, che la parte ottemperi al principio di autosufficienza del ricorso (correlato all’estraneità del giudizio di legittimità all’accertamento del fatto), indicando in maniera adeguata la situazione di fatto della quale chiede una determinata valutazione giuridica, diversa da quella compiuta dal giudice “a quo”, asseritamente erronea (Cass. Sez. L, Sentenza n. 9777 del 19/07/2001).

Venendo poi alla questione riguardante la prima delle due fatture qui in esame (emessa in data 10.10.1997, ma più innanzi la ricorrente menziona la data del 14.10.1997), la ricorrente ne assume l’indebita detrazione siccome relativa ad un acconto versato per “servizi….che di fatto sono stati prestati nel 1998 e 1999, a ben due anni di distanza” ed evidenzia che in relazione al pagamento anticipato del corrispettivo l’operazione si considera (ex art. 6, comma 4 dianzi citato) effettuata limitatamente all’importo pagato o fatturato, alla data del pagamento o della fattura.

In contraddizione con quanto or ora riferito, la ricorrente prosegue assumendo che la fattura in questione è da considerarsi irregolare “trattandosi di beni immobili” ed essendo avvenuta la “consegna” a ben due anni di distanza, ciò che determina l’indetraibilità, “in quanto per detti beni l’operazione si considera realizzata al momento della consegna o spedizione”.

La censura è infondata e da disattendersi, anche a non voler considerare la manifesta contraddizione che sussiste tra le differenti allegazioni contenute nel motivo di censura in ordine all’oggetto della transazione e volendo considerare che la vicenda di fatto sia stata in effetti relativa a “prestazione di servizi”.

Ed infatti, nella sua nuova versione risultante dalla modifica introdotta dal D.Lgs. n. 313 del 1997, art. 6, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 6, è divenuto pienamente conforme alle previsioni dell’art. 10 della sesta direttiva europea in materia di IVA, sicchè esprime il principio generale per cui l’imposta diviene esigibile nel momento in cui le operazioni si considerano effettuate, secondo le disposizioni dei primi quattro commi dello stesso articolo.

Per quanto concerne le prestazioni di servizi, di cui qui si tratta, alla regola principale prevista dal comma 1 (secondo cui la cessione imponibile si considera effettuata all’atto del pagamento del relativo corrispettivo) si contrappone però una limitazione di ordine altrettanto generale prevista dal comma 4, secondo cui: “Se anteriormente al verificarsi degli eventi indicati nei precedenti commi o indipendentemente da essi sia emessa fattura, o sia pagato in tutto o in parte il corrispettivo, l’operazione si considera effettuata, limitatamente all’importo fatturato o pagato, alla data della fattura o a quella del pagamento, ad eccezione del caso previsto alla lett. d-bis) del comma 2”.

Detta limitazione introduce il principio secondo cui nel caso di pagamento frazionato (e cioè “latu sensu” anticipato) o di anticipata fatturazione rispetto al pagamento parziale o totale del corrispettivo della prestazione, il contenuto economico dell’operazione si considera già -in tutto o in parte- realizzato, sicchè si concretizza così il presupposto non solo per l’esigibilità dell’imposta ma anche per la detraibilità da parte del fruitore dell’imposta addebitatagli dal prestatore ed indicata nelle relative fatture.

Quindi, la fatturazione o il pagamento parziale del corrispettivo della prestazione, è elevato dalla menzionata regola ad elemento di per sè costitutivo dell’operazione tassabile, indipendentemente dal fatto che la prestazione del servizio o il pagamento a saldo avvenga poi effettivamente. La sola fatturazione ed il solo pagamento parziale costituiscono insomma presupposto fiscalmente sufficiente di perfezionamento dell’operazione, sia pure limitatamente all’importo pagato o fatturato.

Rispetto alle regole dianzi riassunte, nessuna deviazione appare contenuta nella condotta adottata dalla parte oggi intimata -e cioè, secondo la narrativa dei fatti che emerge dalla sentenza impugnata e dal ricorso introduttivo del presente grado, l’avere contabilizzato in detrazione l’IVA in corrispondenza alla data di emissione della fattura- sicchè non vi è dubbio che la pronuncia qui impugnata ha fatto corretta applicazione delle norme di legge e non merita censura.

Non resta a questa Corte che rigettare integralmente il ricorso dell’Agenzia. Nulla sulle spese, atteso che la intimata non si è costituita.

P.Q.M.

la Corte respinge il ricorso. Nulla sulle spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2011

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