Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27130 del 27/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 27/11/2020, (ud. 17/09/2020, dep. 27/11/2020), n.27130

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. REGGIANI Eleonora – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 13560/2016 R.G., proposto dal:

Comune di Corciano (PG), in persona del Sindaco pro tempore,

autorizzato ad instaurare il presente procedimento in virtù di

deliberazione adottata dalla Giunta Municipale il 9 febbraio 2015 n.

25 e di determinazione resa dal Responsabile dell’Area

Amministrativa il 17 febbraio 2015 n. 16, rappresentato e difeso

dall’Avv. Alberto Stafficci, con studio in Perugia, elettivamente

domiciliato presso l’Avv. Giuseppe Giovannelli, con studio in Roma

al Viale della Piramide Cestia n. 1/5, giusta procura in margine al

ricorso introduttivo del presente procedimento;

– ricorrente –

contro

l”Azienda Agricola Terrioli s.s.”, con sede in Corciano (PZ), in

persona del socio amministratore pro tempore, rappresentata e difesa

dall’Avv. Isabella de Bellis Sciarra, con studio in Perugia alla Via

Santa Lucia n. 7, elettivamente domiciliata presso la Cancelleria

della Corte Suprema di Cassazione;

– controricorrente –

avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale

di Perugia il 28 gennaio 2016 n. 23/02/2016, notificata il 30 marzo

2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17 settembre 2020 dal Dott. Lo Sardo Giuseppe.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Il Comune di Corciano (PG) ricorre per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale di Perugia il 28 gennaio 2016 n. 23/02/2016, notificata il 30 marzo 2016, che, in controversia su impugnazione di un avviso di accertamento per l’I.C.I. relativa all’anno 2008 con riguardo alla proprietà di terreni agricoli, ha rigettato l’appello proposto dal medesimo nei confronti dell'”Azienda Agricola Terrioli s.s.” avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Perugia il 30 settembre 2014 n. 601/01/2014, con condanna alla rifusione delle spese giudiziali. Il giudice di appello ha confermato la decisione di primo grado, sul presupposto della riconoscibilità alle società agricole della qualifica di “imprenditore agricolo professionale” (I.A.P.), in considerazione della partecipazione in misura quasi totalitaria (pari al 99%) al capitale sociale di persona fisica munita di tale qualifica. L”Azienda Agricola Terrioli s.s.” si è costituita con controricorso. Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2251 e s.s. c.c., art. 14 preleggi, del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. b, art. 7, comma 1, lett. h, e art. 9, del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 58, comma 2, del D.Lgs. 29 marzo 2004, n. 99, art. 1, comma 3, lett. a, e comma 5-quater, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver erroneamente confuso la società personale con la persona fisica che ne era socio.

2. Con il secondo motivo, si denuncia omesso esame sul fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti che il possessore ed il conduttore dei terreni sono due soggetti giuridici diversi, nonchè omesso esame sul fatto che la società contribuente non ha dimostrato di aver ottenuto dall’attività agricola almeno il 50% del reddito complessivo lordo prodotto nell’anno precedente ai fini delle imposte dirette, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (quale novellato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b, convertito – con modificazioni – nella L. 7 agosto 2012, n. 134), per essersi soffermata sulla considerazione (errata ed ininfluente) che anche la società personale può assumere la qualifica di imprenditore agricolo professionale, omettendo di considerare la circostanza che la società personale era proprietaria e posseditrice dei terreni e che questi erano condotti in affitto da un socio e da terzi, nonchè per aver omesso di esaminare il fatto che non è stato provato che il socio aveva ricavato per l’anno 2008 un reddito superiore al 50% del totale lordo prodotto nell’anno precedente ai fini delle imposte dirette (secondo le prescrizioni del regolamento comunale).

3. Con il terzo motivo, si denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatti controversi e decisivi, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (nel testo antecedente all’entrata in vigore dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b, convertito – con modificazioni nella L. 7 agosto 2012 n. 134), per aver omesso di considerare che la società personale era proprietaria e posseditrice dei terreni e che questi erano condotti in affitto da un socio e da un terzo.

RITENUTO CHE:

1. I motivi devono essere congiuntamente esaminati per l’intima connessione.

1.2 La controversia concerne la questione se in tema di I.C.I. le agevolazioni previste dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 9, per gli “imprenditori agricoli che esplicano la loro attività a titolo principale”, trovano applicazione anche a favore delle società (nella specie, una società semplice) aventi qualifica di imprenditore agricolo professionale.

1.3 Il ricorrente si duole del fatto che il giudice del merito abbia ritenuto la connotazione agricola del terreno nel difetto dell’elemento soggettivo, atteso che le agevolazioni previste dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 9, si applicano unicamente agli imprenditori agricoli individuali e non anche alle società di persone che svolgono attività agricola, quale l’Azienda Agricola Terrioli s.s.”, la quale non può, proprio per sua natura, provvedere alla diretta coltivazione del fondo.

La Commissione Tributaria Regionale ha ritenuto applicabili le agevolazioni in ragione del D.Lgs. 29 marzo 2004, n. 99, art. 2, comma 1, il quale estende alle società che hanno per oggetto l’esercizio esclusivo delle attività agricole di cui all’art. 2135 c.c. le agevolazioni tributarie stabilite dalla normativa vigente in favore dei coltivatori diretti persone fisiche.

1.4 L’assunto può essere condiviso.

La questione centrale della controversia è se in tema di I.C.I. le agevolazioni previste dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 9, per gli “imprenditori agricoli che esplicano la loro attività 3 a titolo principale”, trovino applicazione anche a favore delle società di persone – nella fattispecie, una società semplice – avente la qualifica di imprenditore agricolo professionale.

1.5 A proposito del requisito soggettivo necessario ai fini del riconoscimento della connotazione agricola del fondo, nell’ottica della predetta disciplina, va posto in evidenza che la L. 9 maggio 1975, n. 153, art. 12 (nella lettera risultante a seguito della modifica introdotta dal D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228, art. 10) prevede che: “Le società sono considerate imprenditori agricoli a titolo principale qualora lo statuto preveda quale oggetto sociale l’esercizio esclusivo dell’attività agricola, ed inoltre: a) nel caso di società di persone qualora almeno la metà dei soci sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale (…)”.

1.6 Ai sensi del D.Lgs. 29 marzo 2004, n. 99, art. 1, “ai fini dell’applicazione della normativa statale, è imprenditore agricolo professionale (I.A.P.) colui il quale, in possesso di conoscenze e competenze professionali ai sensi dell’art. 5 del regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, dedichi alle attività agricole di cui all’art. 2135 c.c., direttamente o in qualità di socio di società, almeno il cinquanta per cento del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricavi dalle attività medesime almeno il cinquanta per cento del proprio reddito globale da lavoro” (comma 1) e “le società di persone, cooperative e di capitali, anche a scopo consortile, sono considerate imprenditori agricoli professionali qualora lo statuto preveda quale oggetto sociale l’esercizio esclusivo delle attività agricole di cui all’art. 2135 c.c. e siano in possesso dei seguenti requisiti: a) nel caso di società di persone qualora almeno un socio sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale. Per le società in accomandita la qualifica si riferisce ai soci accomandatari; b) nel caso di società cooperative, ivi comprese quelle di conduzione di aziende agricole, qualora almeno un quinto dei soci sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale; c) nel caso di società di capitali, quando almeno un amministratore sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale”(comma 3).

1.7 II collegio ritiene di condividere i principi espressi in sede di legittimità da un orientamento recente, ma in via di consolidamento (dopo un isolato arresto di segno contrario: Cass., Sez. 5, 27 settembre 2017, n. 22484), secondo cui le disposizioni di cui al D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228 ed al D.Lgs. 29 marzo 2004, n. 99 hanno profondamente inciso sulla stessa configurazione del requisito soggettivo per la fruizione dell’agevolazione, fornendo una lettura più in linea con la normativa Eurounitaria. In particolare è stato affermato che, in tema di I.C.I., le agevolazioni previste dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 9, “consistenti nel considerare agricolo anche il terreno posseduto da una società agricola di persone si applicano – a seguito della modifica della L. 9 maggio 1975, n. 153, art. 12 da parte del D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228, art. 10 e della sua successiva abrogazione e sostituzione con il D.Lgs. 29 marzo 2004, n. 99, art. 1 qualora detta società possa essere considerata imprenditore agricolo professionale ove lo statuto preveda quale oggetto sociale l’esercizio esclusivo delle attività agricole di cui all’art. 2135 c.c. ed almeno un socio sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo ovvero abbia conoscenze e competenze professionali, ai sensi dell’art. 5 del regolamento (CE) n. 1257 del 17 maggio 1999, e dedichi alle attività agricole di cui all’art. 2135 c.c. almeno il cinquanta per cento del proprio tempo di lavoro complessivo, ricavando da dette attività almeno il cinquanta per cento del proprio reddito globale da lavoro (Cass., Sez. 6, 10 gennaio 2017, n. 375; Cass., Sez. 6, 2 novembre 2018, n. 28062; Cass., Sez. 5, 30 aprile 2019, n. 11415).

Peraltro, come anche nelle altre fattispecie interessate dal mutato indirizzo, in relazione alle annualità in contestazione, erano già entrate in vigore le disposizioni di cui al D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228 e del D.Lgs. 29 marzo 2004, n. 99, che hanno profondamente inciso sulla stessa configurazione del requisito soggettivo per la fruizione dell’agevolazione, il primo, oltre ad individuare la nuova nozione codicistica (art. 2135 c.c.) di imprenditore agricolo, stabilendo, per quanto qui interessa, (L. 9 maggio 1975, n. 153, art. 12, quale sostituito dal D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228, art. 10), che “le società sono considerate imprenditori agricoli a titolo principale qualora lo statuto preveda quale oggetto sociale l’esercizio esclusivo dell’attività agricola” e, nel caso di società di persone (lett. a), “qualora almeno la metà dei soci sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale”; disposizione ora abrogata dal D.Lgs. 29 marzo 2004, n. 99, art. 1, stabilendo che “le società di persone, cooperative e di capitali, anche a scopo consortile, sono considerate imprenditori agricoli professionali qualora lo statuto preveda quale oggetto sociale l’esercizio esclusivo delle attività agricole di cui all’art. 2135 c.c. e siano in possesso dei seguenti requisiti: a) nel caso di società di persone qualora almeno un socio sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale (…)”.

1.8 Sulla portata novativa del D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228, anche in epoca più risalente, tuttavia, era stato osservato che la Corte di Giustizia, intervenendo con due successivi arresti in materia tributaria sulla nozione di “imprenditore agricolo a titolo principale”, “(…) ha affermato che non è possibile ricavare dalle disposizioni del trattato o dalle norme di diritto comunitario derivato una definizione comunitaria generale ed uniforme di “azienda agricola”, valida per tutte le disposizioni di legge e di regolamento concernenti la produzione agricola (C. Giust. 15/10/1992 in C-162/91 par. 19), riguardando il regolamento 797/85 un regime di aiuti agli investimenti nel settore agricolo rigorosamente determinati, mentre altre modalità di aiuti (nella specie agevolazioni tributarie in tema di imposta di registro) riguardano esclusivamente il legislatore nazionale; concetto quest’ultimo riferibile evidentemente ad altri tributi (e nella specie all’I.C.I.) e ribadito con la sentenza della stessa Corte 11 gennaio 2001 n. 403 in C-403/98 nella quale si afferma (par.26 e segg.) che le disposizioni dei regolamenti comunitari (e nella specie quelle dei regolamenti 797/85 e 232/91 in materia di aiuti agli investimenti nell’agricoltura) non producono tutte effetti immediati nell’ordinamento nazionale, ma richiedono norme attuative in assenza delle quali (par. 29) gli art. 2, n. 5, u.c. del reg. 797/85 e 5 n. 5 u. c. del reg. 2328/91 (che richiedono la parificazione delle persone giuridiche a quelle fisiche nel settore agricolo) non possono essere invocati davanti ad un giudice nazionale da società di capitali al fine di ottenere il riconoscimento dello status di imprenditore agricolo a titolo principale allorchè il legislatore di uno Stato membro non ha adottato le misure necessarie per la loro esecuzione nel suo ordinamento giuridico interno”, misure che possono in effetti riscontrarsi nel D.Lgs. n. 228 del 2001, di portata non retroattiva (…)” (in termini: Cass., Sez. 5, 11 marzo 2010, n. 5931).

1.9 Nella specie, la Commissione Tributaria Regionale ha fatto corretta applicazione del principio enunciato, riconoscendo l’esenzione dall’I.C.I. ai sensi del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, lett. b, dopo aver accertato che il capitale della società contribuente è partecipato in misura quasi totalitaria (pari al 99%) da un socio in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale.

2. Stante l’infondatezza dei motivi dedotti, il ricorso deve essere rigettato.

3. Le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo.

4. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore della controricorrente, che liquida nella somma complessiva di Euro 2.200,00 per compensi, oltre spese forfettarie ed altri accessori di legge; dà atto dell’obbligo, a carico del ricorrente, di pagare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 17 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 novembre 2020

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