Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2713 del 06/02/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 2713 Anno 2014
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: VINCENTI ENZO

SENTENZA
sul ricorso 5141-2008 proposto da:
ALTOBELLI

ANGELO

(LTBNGL70T16G698C),

elettivamente

domiciliato in ROMA, V. CRESCENZIO 2, presso lo studio
dell’avvocato BONANNI EZIO, rappresentato e difeso
dall’avvocato MANCHISI MICHELE, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

TURI TURI TOUR OPERATOR DI CAPPELLINI ENIO MARINO

(CPPNRN48D30F205F), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
CLEMENTE IX 10, presso lo studio dell’avvocato FELICIOTTI
o

1A3
22,6 5

LUCIA, rappresentata e difesa dall’avvocato SANTORO GIUSEPPE,
giusta delega in atti;
– FONDIARIA S.A.I. S.P.A. (00818570012) (già SAI SOCIETA’
ASSICURATRICE INDUSTRIALE S.P.A.), in persona del procuratore
dott. IVANO CANTARELLA, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA LEONIDA BISSOLATI 76, presso lo studio dell’avvocato
1

Data pubblicazione: 06/02/2014

TOMMASO SPINELLI GIORDANO, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato PALMAS DOMENICO, giusta delega in
atti;
– controricorrenti nonchè contro

FUNIVIE DI CHAMPORCHER S.P.A.;
– intimata –

TORINO, depositata il 13/9/2007, R.G.N. 1506/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza
del 03/12/2013 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI;
udito l’Avvocato LUCIA CAMPOREALE per delega;
udito l’Avvocato ENRICA FASOLA per delega;
udito l’Avvocato LUCIA FELICIOTTI per delega;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale
Dott. PIERFELICE PRATIS, che ha concluso per il rigetto del
ricorso.
RITENUTO IN FATTO
l. – Angelo Altobelli, con citazione del febbraio 2002,
conveniva in giudizio le Funivie di Champorcher S.p.A. e Enio
Marino Cappellini, titolare della ditta Tuti-Turi Tour
Operator, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni
patiti (quantificati in euro 258.228,45) a seguito del
sinistro in data 3 marzo 2000, nel quale riportava lesioni
personali (frattura pluriframmentaria scomposta dell’omero
destro) con esiti permanenti. L’attore allegava che il
sinistro si era verificato durante il periodo della
“settimana bianca”, organizzata dal Turi-Turi Tour Operator,
0 trascorso a Champocher (Aosta), allorquando, utilizzata
l’ultima corsa disponibile della cabinovia per andare a
recuperare gli sci dimenticati presso la stazione a monte,
sceso dalla cabina, nel percorrere il tratto di strada appena
fuori, cadeva a terra a causa di uno scarpone impigliatosi in
un tappeto di rete metallica, che il personale delle Funivie
di Champocher, invece di posizionare sulla neve all’inizio
2

avverso la sentenza n. 1380/2007 della CORTE D’APPELLO di

delle piste da sci, aveva posto sulla base di cemento
all’uscita della cabinovia.
Costituitisi i convenuti, integrato il contraddittorio
con la Sai Assicurazioni S.p.A., chiamata in causa a titolo
di manleva dalle Funivie di Champocher S.p.A., ed espletate
le prove orali, l’adito Tribunale di Aosta, con sentenza del
27 aprile 2005, rigettava la domanda dell’Altobelli, che

di tutte le controparti.
2. – Con sentenza resa pubblica il 13 settembre 2007, la
Corte di appello di Torino rigettava il gravame interposto
dall’attore soccombente, che veniva condannato al pagamento
delle spese del grado.
2.1. – La Corte territoriale, ribadita l’inammissibilità
dei capitoli di prova articolati dall’Altobelli al fine di
provare la fondatezza della svolta pretesa, nonché
l’impossibilità di integrare o modificare le deduzioni
istruttorie nel regime di cui all’art. 244 cod. proc. civ.
modificato dall’art. 89 della legge n. 353 del 1990,
respingeva la richiesta di ammissione di c.t.u. medico-legale
(in quanto volta a provare l’evento lesivo e non già le sue
conseguenze pregiudizievoli)
sollevata

e riteneva tardivamente

(soltanto con la comparsa conclusionale)

l’eccezione di incapacità, ai sensi dell’art. 246 cod. proc.
civ., del teste Chanoux.
2.2. – Il giudice di appello valutava, poi, non
influenti le deposizioni rese dai testi Macciacchera, Molon,
Miccinilli e Grassio, giacché non presenti all’accaduto,
m

assumendo inoltre l’inattendibilità del Grassio, che aveva
affermato di esser stato in loco

al momento del sinistro,

ponendo in risalto le contraddizioni della testimonianza, in
contrasto con quanto dichiarato dallo stesso attore in sede
di interrogatorio formale (dichiarazioni nelle quali nonostante l’appellante stesso ne contestasse il travisamento
– non si faceva cenno alla presenza del Grassio sul posto al
3

condannava alla rifusione delle spese processuali in favore

momento del fatto) e con la ricostruzione dei luoghi
emergente da altre deposizioni (in particolare del teste
Glarey, la cui incapacità era stata anch’essa tardivamente
dedotta), che conducevano a ritenere che quanto assunto dal
predetto teste (di trovarsi nella stazione a monte della
funivia, all’uscita, per controllare il rientro di tutti i
membri del gruppo di sciatori) non collimava con la presenza

di arrivo”, semmai con conseguente posizionamento del Grassio
“sull’altro lato dell’impianto rispetto all’Altobelli”.
2.3. – La Corte di appello, esclusa altresì la nullità
della sentenza di primo grado ai sensi dell’art. 132, secondo
comma, n. 4, cod. proc. civ., giacché sufficientemente
motivata, negava che l’Altobelli avesse proposto con l’atto
citazione una domanda diversa da quella di risarcimento danni
ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., mentre erano nuove le
domande risarcitorie ai sensi degli artt. 2050 e 2051 cod.
civ., nonché nuova, e come tale eccepita dalla società
Funivie di Champocher, la domanda di responsabilità
contrattuale ai sensi dell’art. 1681 cod. civ., per il
trasporto sull’impianto; domanda, quest’ultima, comunque
infondata, giacché il fatto lesivo si era verificato
allorquando l’Altobelli era uscito dalla cabina ed era fuori
dalla stazione di arrivo della funivia.
2.4.

La

Corte

territoriale

reputava,

poi,

inammissibile la richiesta di c.t.u. per ricostruire la
dinamica del sinistro, non essendo questa un mezzo di prova e
avendo l’attore dovuto provare “il punto esatto in cui egli
assume essersi verificato il sinistro”, nonché la richiesta
di acquisizione di informazioni attraverso la P.A.,
“difettando la prova di un intervento

in loco

dei

Carabinieri”.
2.5. – Quanto, infine, alle doglianze sul capo delle
spese processuali, la Corte di appello osservava, anzitutto,
che l’Altobelli era rimasto soccombente nei confronti di
4

di percorsi separati “per chi scende e chi sale alla stazione

tutte le controparti, là dove la reiezione della domanda di
responsabilità aggravata proposta dal Cappellini non poteva
configurare una soccombenza reciproca e, in ogni caso, la
soccombenza dell’attore era prevalente. In ordine poi
all’asserita eccessività della condanna alle spese, la
censura era generica in assenza di una deduzione di
violazione delle tariffe e, comunque, la liquidazione era

dei massimi” consentiti.
3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre Angelo
Altobelli, affidando le sorti dell’impugnazione a quattordici
motivi, illustrati da memoria.
Resistono con controricorso la Fondiaria S.A.I. S.p.A. e
la ditta Turi Turi Tour Operator di Cappellini Enio Marino,
mentre non ha svolto attività difensiva la Funivie di
Champorcher S.p.A.
CONSIDERATO IN DIRITTO
l. – Il ricorrente propone una prima serie di motivi dal primo al sesto mezzo – “quanto alla sentenza di I ° grado
n. 210/05 del Tribunale di Aosta; e comunque anche per la
sentenza della Corte di Appello di Torino, nella misura in
cui non ha accolto i motivi di gravame; che per gli effetti
si ripropongono, corredati dal corrispondente motivo di
diritto”.
1.1. – Con il primo mezzo è denunciata “violazione e
errata applicazione della norma di cui all’art. 2697 c.c., di
cui agli artt. 115 c.p.c. e 116 c.p.c., per mancata
ammissione delle prove di parte attrice, della prova
testimoniale diretta e/o per la mancata remissione della
causa sul ruolo; per la errata valutazione e travisamento
delle risultanze istruttorie, tra le quali le testimonianze
rese dai testi Macciacchera Vittorio, Miccinilli Andrea e
Molon Claudio. Vizio di motivazione apparente, apoditticità,
violazione dell’art. 111 Cost., in tema di risultanze
istruttorie. Anche per mancata ammissione della CTU medico
5

avvenuta in base al d.m. n. 127 del 2004 e “ben al disotto

legale. Violazione e errata applicazione della norma di cui
all’art. 246 c.p.c. Travisamento in ordine all’interrogatorio
formale reso dal Sig. Altobelli Angelo, Errata motivazione.
Violazione e errata applicazione della norma di cui all’art.
1681 I ° comma c.c., in ordine all’onere della prova; capo di
gravame avanzato in appello, in ordine alla Sentenza di I °
grado e che si ripropone innanzi Codesta Ecc.ma On.le Corte;

Corte di Appello di Torino, che si impugna, e sottopone a
gravame, affinché sia cassata in virtù delle stesse norme e
per il principio di diritto sopra enunciato, in riferimento
alle norme di cui all’art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.”.
Il ricorrente si duole che la Corte territoriale abbia
escluso, al pari del Tribunale, l’ammissibilità delle prove
orali richieste dall’attore in primo grado, ritenendo invece
ammissibili quelle dedotte dai convenuti; che abbia anch’essa
travisato le dichiarazioni rese da esso Altobelli in sede di
interrogatorio formale e negato l’ammissione di c.t.u.
medico-legale, “per valutare dal tipo di lesioni, l’effettiva
dinamica del sinistro”; il tutto con motivazione “apparente e
contraddittoria ed insufficiente”.
Viene formulato il seguente “principio di diritto”, da
intendersi come quesito ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc.
civ.: “è diritto delle parti quello di poter provare i fatti
posti a fondamento delle rispettive

deduzioni ed eccezioni

(Cass. 7873/90), purché rilevanti nel processo, con i mezzi
istruttori proposti, tra i quali l’interrogatorio formale,
che deve essere sempre ammesso, senza i /imiti sanciti per la
prova per testi, in quanto finalizzato alla confessione Cass. la n. 4243 del 24.03.2003 …, e la prova testimoniale
(Cass. n. 11746/07) e la CTU medico legale, in quanto CTU
percipi ente, in grado di acquisire ulteriori dati tecnici e
su questa scorta illustrare la compatibilità delle lesioni
fisiche del ricorrente alla dinamica da lui dedotta ovvero a
quella ricostruita dai testi della società (Cass. Sez. Unite
6

e conseguentemente anche della seconda Sentenza, quella della

9522/96), e/o in subordine, sul presupposto del dati tecnici
già acquisiti in giudizio, quale strumento integrativo e
ausilio del Collegio, sotto il profilo tecnico scientifico
(4 e comunque per entrambi i profili al fine di determinare
la compatibilità delle lesioni con la ricostruzione dell’una
o dell’altra parte, con ogni altro mezzo di prova esperibile
nel processo, e con onere probatorio, in caso di contratto,

carico del debitore la prestazione, ivi compresa quella di
sicurezza e della incolumità del passeggero, e con incapacità
a testimoniare dei dipendenti del vettore, per i quali questo
risponde, rilevabile d’Ufficio per i principi di

equità,

verità materiale e giustizia cui deve tendere il processo,
secondo i principi di cui agli

artt.

24 e 111 Cost. e 115,

116 e 134, n. 1 e 2, c.p.c., 1681 c.c. e 281 ter c.p.c. ed
ogni altra norma posta a fondamento del capo di gravame ed
illegittimità dell’ordinanza non mmissiva delle prove e/o
limitativa, per violazione e falsa applicazione della norma
dal cui all’art. 184 c.p.c., precedente formulazione e di
tutte le altre norme di cui al capo di gravame, anche per
assenza, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti
di fatto,

essenziali per la definizione della controversia,

sotto il profilo ex art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.”.
1.2. – Con il secondo mezzo è dedotta “violazione degli
artt. 115 e 116 c.p.c. Violazione dell’art. 246 c.p.c., vizio
di motivazione apparente, violazione dell’art. 111 Cost.;
capo di gravame avanzato in appello, in ordine alla Sentenza
di I ° grado e che si ripropone innanzi Codesta Ecc.ma On.le
Corte e conseguentemente anche della seconda Sentenza, quella
della Corte di Appello di Torino, che si impugna, e sottopone
a gravame, affinché sia cassata in virtù delle stesse norme e
per il principio di diritto sopra enunciato, in riferimento
alle norme di cui all’art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.”.
Il ricorrente ripropone sostanzialmente le censure di
cui al primo motivo, indirizzandole anche alla esclusa

7

tra cui quello di trasporto e quello ex art. 1681 c.c., a

incapacità a testimoniare del teste Chanoux, e formula il
seguente “principio di diritto”, da intendersi come quesito
ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc. civ.: “è diritto delle
parti quello di poter provare i

fatti posti a fondamento

delle rispettive deduzioni ed eccezioni (Cass. 7873/90),
purché rilevanti nel processo, con i mezzi istruttori
proposti, tra i quali l’interrogatorio formale, che deve
/imiti sanciti per la prova

per testi, in quanto finalizzato alla confessione – Cass. la
n. 4243 del 24.03.2003 e con ogni altro mezzo di prova
esperibile nel processo, e con onere probatorio, in caso di
contratto, tra cui quello di trasporto e quello ex art. 1681
c. c., a carico del debitore la prestazione, ivi compresa
quella di sicurezza e della incolumità del passeggero, e con
incapacità a testimoniare dei dipendenti del vettore, per i
quali questo risponde, rilevabile d’Ufficio per i principi di
equità, verità materiale e giustizia cui deve tendere il
processo, secondo i principi di cui agli artt. 24 e 111 Cost.
e 115, 116 e 134, n. 1 e 2, c.p.c., 1681 c.c. e 281 ter
c.p.c. ed ogni altra norma posta a fondamento del capo di
gravame ed illegittimità dell’ordinanza non mmissiva delle
prove e/o limitativa, per violazione e falsa applicazione
della norma di cui all’art. 184 c.p.c., precedente
formulazione e di tutte le altre norme di cui al capo di
gravame, sotto il profilo ex art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.”.
1.3. – Con il terzo mezzo è prospettata “violazione e
errata applicazione della norma di cui all’art. 111 Cost. e
dell’art. 134, n. 2, c.p.c., motivazione apparente,
apoditticità, assenza di motivazione in ordine alle norme di
diritto poste alla base della sentenza impugnata, violazione
della norma di cui all’art. 112 c.p.c., carenza di
motivazione, contraddittorietà; capo di gravame avanzato in
appello, in ordine alla Sentenza di I ° grado e che si
ripropone innanzi Codesta Ecc.ma On.le Corte e
conseguentemente anche della seconda Sentenza, quella della
8

essere sempre ammesso, senza i

Corte di Appello di Torino, che si impugna, e sottopone a
gravame, affinché sia cassata in virtù delle stesse norme e
per il principio di diritto sopra enunciato, in riferimento
alle norme di cui all’art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. con relativo
principio di diritto, sotto il profilo ex art. 360 n. 3 e 5
c.p.c.”.
Il ricorrente si duole che la sentenza di appello non

pronuncia di primo grado per mancata indicazione delle norme
di diritto, là dove tale profilo era rilevante in quanto
erano “sorte contestazioni in ordine alla natura giuridica
dell’azione proposta dalla parte attrice”.
Viene formulato il seguente “principio di diritto”, da
intendersi come quesito ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc.
civ.: “è illegittima la Sentenza del Giudice di merito, sia
essa di primo grado che di appello, qualora la motivazione
sia carente sotto il profilo della correttezza giuridica e
della coerenza logico formale, delle argomentazioni svolte
dal Giudice di merito, al quale spetta si in via esclusiva il
compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di
assumere e valutare le prove, e tuttavia incorre in vizio di
motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza,
contraddittorietà della medesima, quando, come nel caso di
specie, la Sentenza del Giudice di Prime Cure come quella
del Giudice di Secondo Grado, nel suo ragionamento si
rinvenga traccia del mancato o insufficiente esame di punti
decisivi della controversia,

prospettata

dalle parti o

rilevabile di Ufficio, o quando sussista insanabile contrasto
tra le argomentazioni adottate, tale da non consentire come
nel caso di specie, nella Sentenza del Tribunale di Aosta e
della Corte di Appello di Torino, l’identificazione del
procedimento logico scientifico posto a base della decisione,
così entrambe le Sentenze impugnate con ricorso per
Cassazione per omessa, insufficiente o
motivazione, circa

fatti

contraddittoria

controversi e decisivi per il
9

abbia accolto il motivo di gravame sulla nullità della

giudizio, ex art. 360 n. 5 c.p.c. e per violazione e falsa
applicazione delle norme di cui agli artt.

24 e 111 Cost. e

134, n. 2 c.p.c. e 112 c.p.c. e 2043, 2049 e 2051 c.c., sotto
il profilo ex art. 360 n. 3 c.p.c.”.
1.4. – Con il quarto mezzo è denunciata “violazione e
errata applicazione della norma di cui agli artt. 2050 e 2051
c.c., violazione e errata applicazione degli artt. 2043 e SS.

agli artt. 1218, 1223, 1678 e 1681 e ss. c.c. e di tutte le
norme regolatrici della materia. Violazione e errata
applicazione della norma di cui agli artt. 1681, I co., e
2697 c.c.; capo di gravame avanzato in appello, in ordine
alla Sentenza di I ° grado e che si ripropone innanzi Codesta
Ecc.ma On.le Corte e conseguentemente anche della seconda
Sentenza, quella della Corte di Appello di Torino, che si
impugna, e sottopone a gravame, affinché sia cassata in virtù
delle stesse norme e per il principio di diritto sopra
enunciato, in riferimento alle norme di cui all’art. 360 n. 3
e 5 c.p.c. con il relativo principio di diritto”.
Il ricorrente lamenta che la Corte di appello abbia
erroneamente rigettato il capo di gravame avverso la
decisione di prime cure in ordine alla configurazione e
all’esistenza della responsabilità della società convenuta,
prospettata sia a titolo contrattuale, come vettore ai sensi
dell’art. 1678 e ss. cod. civ., sia a titolo
extracontrattuale, ai sensi degli artt. 2943, 250 e 2051
cod. civ.
Viene formulato il seguente “principio di diritto”, da
intendersi come quesito ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc.
civ.: “è illegittima la Sentenza del Giudice di merito, sia
essa di primo grado che di appello, qualora la motivazione
sia carente sotto il profilo della correttezza giuridica e
della coerenza logico formale, delle argomentazioni svolte
dal Giudice di merito, al quale spetta si in via esclusiva il
compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di
10

c.c., violazione e errata applicazione delle norme di cui

assumere e valutare le prove, e tuttavia incorre in vizio di
motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza,
contraddittorietà

della medesima, quando, come nel caso di

specie, la Sentenza del Giudice di Prime Cure come quella
del Giudice di Secondo Grado, nel suo ragionamento si
rinvenga traccia del mancato o insufficiente esame di punti
decisivi della controversia, prospettata dalle parti o

tra le argomentazioni adottate, tale da non consentire come
nel caso di specie, nella Sentenza del Tribunale di Aosta e
della Corte

di

Appello di Torino, l’identificazione del

procedimento logico scientifico posto a base della decisione,
così entrambe le Sentenze impugnate con ricorso per
Cassazione per omessa, insufficiente o contraddittoria
motivazione, circa

fatti

controversi e decisivi per il

giudizio, ex art. 360 n. 5 c.p.c. e per violazione e falsa
applicazione delle norme di cui agli artt. 24 e 111 Cost. e
134, n. 2 c.p.c. e 112 c.p.c. e 2043, 2049 e 2051 c.c., sotto

il profilo ex art. 360 n. 3 c.p.c.”.
1.5. – Con il quinto mezzo è dedotta “violazione e
errata applicazione del combinato disposto di cui agli artt.
90 e 91 c.p.c. Violazione ed errata applicazione della norma
di cui all’art. 92 c.p.c. Eccessività delle spese legali come
liquidate a parte convenuta; capo di gravame avanzato in
appello, in ordine alla Sentenza di I ° grado e che si
ripropone innanzi Codesta Ecc.ma On.le Corte e
conseguentemente anche della seconda Sentenza, quella della
Corte di Appello di Torino, che si impugna, e sottopone a
gravame, affinché sia cassata in virtù delle stesse norme e
per il principio di diritto sopra enunciato, in riferimento
alle norme di cui all’art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. con il
relativo principio di diritto”.
Il ricorrente lamenta la mancata compensazione delle
spese legali nonostante sussistesse reciproca soccombenza,
nonché l’eccessività della misura di quelle liquidate.
11

rilevabile di Ufficio, o quando sussista insanabile contrasto

Viene formulato il seguente “principio di diritto”, da
intendersi come quesito ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc.
civ.:

“la quantificazione delle spese, diritti ed onorari,

anche in seguito alla riforma dell’art. 2233, 2 0 cozza c. c.,
come recentemente modificato, deve essere determinata sul
presupposto dell’importanza dell’opera e del decoro della
professione e secondo i parametri costituiti anche dalla

1.6.

Con

il

sesto mezzo

ci

si

rivolge

“all’integrazione dell’attività istruttoria e alla necessaria
CTU medico-legale, come richiesta nel primo grado di giudizio
e quale prova assolutamente indispensabile (art. 345 III
comma c.p.c.); capo di gravame avanzato in appello, in ordine
alla Sentenza di I ° grado e che si ripropone innanzi Codesta
Ecc.ma On.le Corte e conseguentemente anche della seconda
Sentenza, quella della Corte di Appello di Torino, che si
impugna, e sottopone a gravame, affinché sia cessata in virtù
delle stesse norme e per il principio di diritto sopra
enunciato, in riferimento alle norme di cui all’art. 360 n. 3
e 5 c.p.c. con il relativo principio di diritto”.
Il ricorrente censura la mancata ammissione, sia in
primo grado, che in appello, della c.t.u. medico-legale per
“stabilire la compatibilità delle lesioni sofferte
dall’appellante e la dinamica” del sinistro.
Viene formulato il seguente “principio di diritto”, da
intendersi come quesito ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc.
civ.: “è illegittima la Sentenza del Giudice di merito, sia
essa di primo grado che di appello, qualora la motivazione
sia carente sotto £1 profilo della correttezza

giuridica e

della coerenza logico formale, delle argomentazioni svolte
dal Giudice di merito, al quale spetta si in via esclusiva il
compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di
assumere e valutare le prove, e tuttavia incorre in vizio di
motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza,
contraddittorietà della medesima, quando, come nel caso di
12

legge professionale”.

specie, la Sentenza del Giudice di Prime Cure come quella del
Giudice di Secondo Grado, nel suo ragionamento si rinvenga
traccia del mancato o insufficiente esame di punti decisivi
della controversia, prospettata dalle parti o rilevabile di
Ufficio, o quando sussista insanabile contrasto tra le
argomentazioni adottate, tale da non consentire come nel caso
di specie, nella Sentenza del Tribunale di Aosta e della

procedimento logico scientifico posto a base della decisione,
così entrambe le Sentenze impugnate con ricorso per
Cessazione per omessa, insufficiente o contraddittoria
motivazione, circa fatti controversi e decisivi per il
giudizio, ex art. 360 n. 5 c.p.c. e per violazione e falsa
applicazione delle norme di cui agli artt.

24 e 111 Cost. e

134, n. 2 c.p.c. e 112 c.p.c. e 2043, 2049 e 2051 c.c., sotto
il profilo ex art. 360 n. 3 c.p.c.; la mancata ammissione dei
mezzi istruttori richiesti de almeno una delle parti deve
essere sorretta de una congrua e logica spiegazione nel
disattendere la richiesta di mezzi istruttori relativi ad un
punto della controversia che, se esaurientemente istruito,
avrebbe potuto condurre ad una diversa decisione della
controversia (Cass. Sez. Lav. n. 1473/06)”.
2. – Una seconda serie di motivi – dal settimo al
tredicesimo mezzo – sono rivolti avverso la sentenza della
Corte di appello di Torino, ma richiamano anche la sentenza

di primo grado.
2.1. – Con il settimo mezzo è prospettata “violazione e
falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 2043 e 250 e
2051 c.c.

e 99, 112, 163 e 183 c.p.c., in riferimento alla

sentenza di I ° come di II ° grado, per il profilo ex art. 360
n. 3 n. 5 c.p.c.”.
Il ricorrente si duole che la Corte di appello di Torino
abbia erroneamente ritenuto nuove le domande proposte sotto
il profilo della responsabilità ai sensi degli artt. 2050 e
2051 cod. civ.

13

Corte di Appello di Torino, l’identificazione del

Viene formulato il seguente “principio di diritto”, da
intendersi come quesito ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc.
civ.: “Ai fini della concreta individuazione e qualificazione
della domanda non rileva soltanto la qualificazione della
parte attrice, bensì avuto riguardo alle finalità perseguite
dalla parte, ond’è che un istanza non esplicitamente e
formalmente proposta ben può ritenersi implicitamente
e virtualmente contenuta nella domanda

espressamente avanzata in riferimento al petitum ed alla
causa petendi (Cass. n. 8128 del 28.4.2004) e in virtù del
complessivo comportamento processuale della stessa, anche in
riferimento alle vicende rappresentate dalla parte e dalle
precisazioni della medesima

fornite nel corso del giudizio,

nonché dal provvedimento concreto dalla stessa richiesto
(Cass. n. 8225 del 29.4.2004), secondo il contenuto
sostanziale (Cass. 12.12.2003), e nel caso in cui il petitum
e la causa petendi vengono a concretare indifferentemente lo
schema della responsabilità ex art. 2043 c.c. e di quella ex
art. 2051 c.c., le due azioni debbono essere considerate
proposte entrambe in via alternativa, in esatta applicazione
del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il
pronunciato (art. 112 c.p.c.) ed il Giudice deve pronunciarsi
su entrambe (Cass., Sez. III, 2.2.2007, n. 2308), con il dolo
limite del divieto per il Giudice di attribuire alla parte un
bene delle vita diverso da quello richiesto del petitum
mediato oppure emettere pronuncia che non si fondi sui fatti
ritualmente dedotti o acquisiti al processo, bensì su
elementi di fatto che non siano stati acquisiti, nel pieno
rispetto così delle norme di cui agli artt.

2043, 2050, 2051

c.c. e sotto il profilo processuale delle norme di cui

agli

artt. 99, 112, 163 e 183 c.p.c.”.
2.2. – Con l’ottavo mezzo è denunciata “violazione e
falsa applicazione dell’art. 246 c.p.c., ed omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione, in riferimento
alla norma di cui all’art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c.; in ordine
14

introdotta

alla Sentenza della Corte di Appello di Torino; e per ciò
stesso anche in riferimento alla Sentenza del Tribunale di
Aosta. Principio di diritto”
Il ricorrente lamenta la mancata declaratoria di
nullità, assoluta e rilevabile d’ufficio (e non già sanabile
per deduzione intempestiva,come ritenuto dalla Corte
territoriale) delle testimonianze rese dai dipendenti della

dell’art. 246 c.p.c.
Viene formulato il seguente “principio di diritto”, da
intendersi come quesito ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc.
civ.: “i/

Giudice deve valutare le prove secondo il suo

prudente apprezzamento, e tenendo conto delle qualità delle
parti e del loro specifico interesse nella controversia;
rilevando d’ufficio l’incapacità a testimoniare di chi è
parte, anche potenziale, del giudizio, come specifiche
esigenze di accertamento della verità, materiale, nel
rispetto del contraddittorio, e secondo un corretto utilizzo
degli strumenti processuali, e secondo l’interpretazione
delle norme di cui agli

arte.

115, 116, 244, secundum

costitutionem e l’art. 246 c.p.c., come statuente nullità
extra formale e rilevabile dal Giudice anche d’ufficio, in
qualsiasi stato e grado del giudizio (Tribunale Napoli
21.3.2000, Giur. Napoletana, 2000, 245) secundum
costitutionem, che può essere dedotto anche in corso di
giudizio e/o grado di Appello (Cass. 21.1.97) e comunque ex
artt.

24 e 111 Cost., e comunque valutando la non

attendibilità quali

testimoni di chi è coinvolto

personalmente o sottoposto a vincolo di subordinazione e di
ubbidienza ex artt.

2086, 2094 e 2104 e 2105 c.c., per il

profilo ex art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c.”.
2.3. – Con il nono mezzo è censurata “violazione e falsa
applicazione delle norme di cui agli artt. 132 n, 4, 111
Cost., 112 c.p.c., sia in ordine alla sentenza di primo grado
che a quella della Corte d’Appello di Torino, per omessa
15

società convenuta, in quanto incapaci a deporre ai sensi

insufficiente e contraddittoria motivazione per i profili ex
art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. Principio di diritto”.
Il ricorrente censura il mancato rilievo, da parte del
giudice di appello, della insufficiente motivazione della
sentenza di primo grado in ordine alla indicazione delle
norme di diritto, ciò ridondando anche sulla insufficienza e
contraddittorietà della sentenza di gravame, che si sarebbe

art. 2043 cod. civ., assumendo erroneamente la novità delle
domande avanzate sotto il profilo di cui alle norme ex artt.
2050 e 2051 cod. civ., né potendo pronunciare “sulla
responsabilità contrattuale, ovvero ex art. 1681 c.c.”.
Viene formulato il seguente “principio di diritto”, da
intendersi come quesito ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc.
civ.:

“il Giudice d’Appello

deve

interpretare l’atto di

citazione introduttivo e l’atto di appello secondo il senso e
la domanda avanzata dalla parte, anche in virtù del principio
della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato di cui
all’art. 112 c.p.c., con la necessità di logica, congrua e
specifica motivazione in ordine all’iter logico seguito dal
Giudice; il Giudice nella motivazione della sentenza deve
quanto meno richiamare un orientamento conforme di
giurisprudenza; la motivazione deve essere congrua e immune
da vizi logici e giuridici (Cass. civ. sez. I sent. n.
21019/06; Cass. civ. sez. Lavoro sent. n. 16728/06 e Cass.
civ. sez. III, sent. n. 1216/06)”.
2.4. – Con il decimo mezzo è denunciata “violazione e
falsa applicazione della norma di cui all’art. 2043 c.c. in
riferimento alle norme di cui agli artt. 111, 6 ° comma Cost.
e 132 n. 4 c.p.c. per omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione per i profili di cui all’art. 360 n. 3 e 5
c.p.c., sia in ordine alla sentenza di primo grado che a
quella della Corte d’Appello di Torino.
diritto”.
16

Principio

di

arrestata a considerare soltanto l’azione risarcitoria ex

Il ricorrente assume che il rigetto del gravame per
infondatezza dell’azione ex art. 2043 cod. civ. sia assistito
da motivazione apparente, mancando la ricostruzione del
sinistro, della sua dinamica e delle relative responsabilità,
ma soffermandosi soltanto sulla mancata dimostrazione, da
parte dell’attore, del “luogo esatto del sinistro”.
Viene formulato il seguente “principio di diritto”, da

civ.: “In tema di

responsabilità aquillana,

e per la

sua

esclusione, il Giudice deve adeguatamente e congruamente
motivare, su

tutti i fatti

essenziali, le eccezioni del

giudizio e il relativo difetto, per non congruità,
insufficienza, contraddittorietà ed inesistenza, implica la
nullità della sentenza ovvero la sua illegittimità per
violazione e falsa applicazione delle norme di cui agli artt.
115, 116, 132 n. 4 c.p.c., 111, 6 ° comna Cost. e 2043 c.c. in
riferimento alle norme

di

cui

all’art.

360 n. 3 e n. 5

c.p.c.”.
2.5. – Con l’undicesimo mezzo è prospettata “violazione
e falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 24 e 111
Cost. e 115 e 116 e 230 c.p.c. e 2697 c.c., e per omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione, in ordine alla
mancata ammissione di tutti i mezzi istruttori, e della CTU;
“per mancanza di adeguata istruttoria” (Cass. sez. lav.
1.3.06 n. 4520); per il profilo ex art. 360 n. 3 e n. 5
c.p.c., sia in ordine alla sentenza di I ° grado che in ordine
alla sentenza in grado di appello. Principio di diritto”.
Il ricorrente di duole che non sia stato ammesso nessun
mezzo istruttorio tra quelli oggetto di richiesta avanzata
con l’atto di citazione e, tra questi, neppure la c.t.u.
medico-legale in ordine alla compatibilità tra lesioni e
dinamica del sinistro.
2.6. – Con il dodicesimo mezzo è altresì dedotta , in
relazione all’interrogatorio formale, “violazione e falsa
applicazione delle norme di cui agli artt. 230 e seguenti
17

intendersi come quesito ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc.

c.p.c., e per omessa, insufficiente o contraddittoria
motivazione circa la mancata ammissione, in riferimento alla
norma di cui all’art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c., sia in ordine
alla sentenza di I ° grado che in ordine alla sentenza in
grado di appello. Principio di diritto”.
Il ricorrente lamenta, per l’appunto, la mancata
ammissione dell’interrogatorio formale, che era rivolto ad

Viene formulato il seguente “principio di diritto”, da
intendersi come quesito ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc.
civ.: “/a

parte che esercita l’azione proponendone la

relativa domanda ha il diritto di poter provare e dimostrare
il suo assunto,

in virtù

de/

diritto

di azione e difesa,

sostanziali, e per far valere in toto le rispettive ragioni,
e in ossequio al principio di verità materiale, con l’obbligo
del Giudice di ammettere anche di Ufficio mezzi di prova ,
per evitare la meccanica applicazione del principio
dell’onere della prova, tale che la mancata ammissione del
mezzi istruttori e della CTU si traduce nel vizio di
violazione e falsa applicazione delle norme richiamate e in
omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un
fatto controverso e decisivo per il giudizio e carenza di
motivazione per mancanza di adeguata istruttoria ed omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione; per i profili ex
art. 360, n. 3 e n. 5, c.p.c.”.
2.7. – Con il tredicesimo mezzo è denunciata “violazione
e falsa applicazione di tutte le norme sub capi da a) fino a
l), sia in ordine alla sentenza di primo grado che in ordine
alla sentenza di appello, in ordine al rigetto della domanda
nei confronti della Turi Turi Tour Operator; violazione e
falsa applicazione della norma di cui all’art. 2043 c.c. e
1175, 1375 c.c., sia sotto il profilo ex art. 360 n. 3 e n. 5
c.p.c. Difetto di motivazione e violazione e falsa
applicazione delle norme di cui agli artt. 132 n. 2 e 111

18

ottenere la confessione della controparte.

Cost. Violazione e falsa applicazione della norma di cui
all’art. 112 c.p.c.”.
Il ricorrente deduce che non vi sarebbe motivazione, né
da parte del giudice di primo grado, né di quello d’appello,
in ordine alla responsabilità dell’operatore turistico che
avrebbe mancato di “predisporre delle guide e la relativa
assistenza” ad esso Altobelli, in violazione dei principi di

2043 cod. civ..
Viene formulato il seguente “principio di diritto”, da
intendersi come quesito ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc.
civ.:

“il Giudice d’Appello deve interpretare l’atto di

citazione introduttivo e l’atto di appello secondo il senso e
/a domanda avanzata dalla parte, anche in virtù de/ principio
della corrispondenza tra il chiesto e £1 pronunciato di cui
all’art. 112 c.p.c., con la necessità di logica, congrua e
specifica motivazione in ordine all’iter logico seguito dal
Giudice; il Giudice nella motivazione della sentenza deve
quanto meno richiamare un orientamento conforme di
giurisprudenza; la motivazione deve essere congrua e immune
da vizi logici e giuridici (Cass. civ. sez. I sent. n.
21019/06; Cass. civ. sez. Lavoro sent. n. 16728/06 e Cass.
civ. sez. III, sent. n. 1216/06) enucleando le relative
domande e pronunciando, previa la necessaria istruttoria, e
così anche in tema di responsabilità aquiliana, e condannare
al risarcimento dei danni anche per violazione degli obblighi
di lealtà e correttezza e buona fede come integrativi del
contratto

nella specie quello sussistente tra il Tour

Operator e il ricorrente o comunque a prescindere da/
contratto e come principio generale dell’ordinamento ex art.
2 Cost. e 1175 e 1375 c.c.”.
2.8. – Con il quattordicesimo mezzo è prospettata
“violazione falsa applicazione del combinato disposto di cui
agli artt. 90 e 91 c.p.c. Violazione ed errata applicazione
della norma di cui all’art. 92 c.p.c. Eccessività delle spese
19

correttezza e buona fede contrattuale, oltre che dell’art.

legali8 come liquidate a parte convenuta-appellata sia in
ordine alla sentenza di primo grado che in ordine alla
sentenza della Corte d’Appello di Torino, per omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione in riferimento
alla norma di cui all’art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c. Principio
di diritto”.
Il ricorrente lamenta la mancata applicazione dell’art.

liquidate alla controparte.
Viene formulato il seguente “principio di diritto”, da
intendersi come quesito ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc.
civ.: “/a

quantificazione delle spese,

diritti

ed onorari,

anche in seguito alla riforma dell’art. 2233, 2 ° comma c.c.,
come recentemente modificato, deve essere determinata sul
presupposto dell’importanza dell’opera e del decoro della
professione e secondo i parametri costituiti anche dalla
legge professionale”.
3. – Il ricorso è inammissibile, in quanto – in linea
pregiudiziale ed assorbente di ogni altro profilo di
inammissibilità – i motivi con essi proposti non sono
confezionati in modo conforme alle prescrizioni di cui
all’art. 366-bis cod. proc. civ., che è pienamente operante
ratione temporis

nella fattispecie, posto che la sentenza

impugnata è stata pubblicata il 13 settembre 2007 e, dunque,
nella vigenza della disciplina dettata dalla predetta
disposizione processuale. Infatti, il citato art. 366-bis ha
iniziato ad esplicare i propri effetti in relazione alle
sentenze pubblicate a decorrere dal 2 marzo 2006, data di
entrata in vigore del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, che l’ha
introdotto, e ha cessato di essere applicabile soltanto a
decorrere dal 4 luglio 2009 e cioè dalla sua abrogazione ad
opera dell’art. 47 della legge 18 giugno 2009, n. 69.
3.1. – Occorre premettere che, ove i motivi si
articolino in plurime ed autonome censure di vizi diversi, si
richiede l’enucleazione di distinti quesiti, ciascuno
20

92 cod. proc. civ. e l’eccessività delle spese legali

congruente rispetto alla dedotta doglianza, così da
soddisfare l’esigenza di chiarezza e specificità, e dunque di
pertinenza al decisum,

che deve guidare la formulazione dei

quesiti ex art. 366-bis cod. proc. civ. (in tale prospettiva,
Cass., sez. un., 9 marzo 2009, n. 5624; Cass., sez. un., 31
marzo 2009, n. 7770; Cass., 12 settembre 2012, n. 15242). Con
la conseguenza che, “ove il quesito o i quesiti formulati

qualificarsi come ammissibili solo quelle che abbiano trovato
idoneo riscontro nel quesito o nei quesiti prospettati,
dovendo la decisione della Corte di cassazione essere
limitata all’oggetto del quesito o dei quesiti idoneamente
formulati, rispetto ai quali il motivo costituisce
l’illustrazione” (così la citata Cass., sez. un., n. 5624 del
2009).
Sicché, quanto alle censure di errores in iudicando e/o
di errores in procedendo,

rispettivamente veicolate ai sensi

dell’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 4, cod. proc. civ.,
giova rammentare che il “diritto vivente” (tra le tante, più
di recente, Cass., 25 marzo 2009, n. 7197 e Cass., 8 novembre
2010, n. 22704; in relazione alla denuncia di
procedendo,

errores in

la necessità del quesito di diritto è stata

ribadita da Cass, sez. un., 18 ottobre 2012, n. 17838) ha
evidenziato che il quesito di diritto imposto dall’art. 366bis cod. proc. civ. va formulato in modo tale da esplicitare
una sintesi logico-giuridica della questione, così da
consentire al giudice di legittimità di enunciare una regula
iuris

suscettibile di ricevere applicazione anche in casi

ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata.
In altri termini, esso deve compendiare: a) la riassuntiva
esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di
merito (siccome da questi ritenuti per veri, altrimenti
mancando la critica di pertinenza alla ratio decidendi della
sentenza impugnata); b) la sintetica indicazione della regola
di diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola
21

rispecchino solo parzialmente le censure proposte, devono

di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta
applicare al caso di specie. Sicché, il quesito non deve
risolversi in un’enunciazione di carattere generale e
astratto, priva di qualunque indicazione sul tipo della
controversia e sulla sua riconducibilità alla fattispecie in
esame, tale da non consentire alcuna risposta utile a
definire la causa nel senso voluto dal ricorrente, non

del motivo o integrare il primo con il secondo, pena la
sostanziale abrogazione del suddetto articolo (tra le altre,
Cass., sez. un., 11 marzo 2008, n. 6420). Ciò in quanto il
quesito di diritto, congegnato in una prospettiva volta a
riaffermare la cultura del processo di legittimità, risponde,
al tempo stesso, all’esigenza dello

ius litigatoris – e cioè

di soddisfare l’interesse del ricorrente ad una decisione
della lite diversa da quella cui è pervenuta la sentenza
impugnata – e della funzione nomofilattica assegnata alla
Corte di Cassazione, così da rappresentare, quindi, il punto
di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e
l’enunciazione del principio giuridico generale, risultando
altrimenti inadeguata, e quindi non ammissibile,
l’investitura stessa del giudice di legittimità (così Cass.,
9 maggio 2008, n. 11535).
Quanto, poi, alla denuncia di un vizio di motivazione ai
sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., va
rammentato – sulla scorta dell’ormai consolidato orientamento
di questa Corte (tra le altre, Cass., 16 luglio 2007, n.
16002; Cass., sez. un., l ° ottobre 2007, n. 20603; Cass., 30
dicembre 2009, n. 27680; Cass., 18 novembre 2011, n. 24255) che, in base al capoverso dell’art. 366-bis cod. proc. civ.,
il ricorrente è tenuto, nel confezionamento del relativo
motivo, a formulare in riferimento alle anzidette censure un
cd. “quesito di fatto” e cioè ad indicare chiaramente, in
modo sintetico, evidente ed autonomo, il fatto controverso
rispetto al quale la motivazione si assume omessa o

22

potendosi altresì desumere il quesito stesso dal contenuto

contraddittoria, così come le ragioni per le quali la dedotta
insufficienza della motivazione la rende inidonea a
giustificare la decisione, a tal fine necessitando,
segnatamente, la enucleazione conclusiva e riassuntiva di uno
specifico passaggio espositivo del ricorso nel quale tutto
ciò risalti in modo in equivoco. Con l’ulteriore precisazione
che tale requisito non può dirsi rispettato allorquando solo

di un’interpretazione svolta dal lettore, anziché su
indicazione della parte ricorrente – consenta di comprendere
il contenuto ed il significato delle censure, posto che la
ratio che sottende la disposizione di cui al citato art. 366bis è

associata alle esigenze deflattive del filtro di

accesso alla Suprema Corte, la quale deve essere posta in
condizione di comprendere, dalla lettura del solo quesito di
fatto, quale sia l’errore commesso dal giudice di merito.
3.2. – Nella specie, nonostante con i motivi di
impugnazione si assume di voler denunciare sia una violazione
di legge, sostanziale e/o processuale, che un vizio di
motivazione, il ricorrente ha corredato ciascun motivo di un
unico quesito, salvo che per il motivo undicesìmo (in ricorso
contrassegnato dalla lettera “K”), rispetto al quale manca la
stessa formulazione del quesito.
I quesiti formulati (innanzi trascritti in corsivo)
intendono, dunque, compendiare sia le censure di vizi
indicando

e/o

in procedendo,

in

sia quelle che si appuntano

sulla motivazione, ma senza distinguerle tra loro, anzi
accomunandole in modo inestricabile, con la conseguenza,
dirimente, di contravvenire al principio, sopra ricordato, di
chiarezza e specificità, e dunque di pertinenza al decísum,
che deve guidare la formulazione dei quesiti.
3.3. – A ciò si aggiunga, peraltro, che, come reso
palese dal relativo tenore, in nessun caso i quesiti proposti
– anche ove in ipotesi assumibili nel loro indistinto
23

la completa lettura dell’illustrazione del motivo – all’esito

confezionamento – rispettano i necessari criteri di redazione
sopra ricordati.
Orbene, che i tutti quesiti non esprimano, in modo
diretto ed intelligibile, delle doglianze attinenti ad un
vizio intrinseco alla motivazione che sorregge la decisione
appare palese dalla circostanza, dirimente, che essi, in tal
caso, avrebbero dovuto – come in precedenza si è evidenziato

fatti controversi e le ragioni del vizio motivazionale; tutto
ciò, invece, è assente nella formulazione del ricorrente.
Quanto, poi, alle denunce di errores in indicando e/o in
procedendo,

i quesiti proposti si concentrano, secondo un

comune schema espositivo, sulla apodittica e tautologica
postulazione di violazioni di regole di sostanziali o
processuali, astraendosi però dalla fattispecie concreta
oggetto di cognizione, per nulla indicata, e prescindendo
dalla ratio decidendi effettivamente seguita dal giudice del
merito, anch’essa pretermessa nella sua specifica portata,
nonostante che si presentasse particolarmente articolata.
3.3. – Del resto, la palese inidoneità della
formulazione dei quesiti di diritto appare, comunque, il
riflesso stesso di un determinato atteggiarsi dei rispettivi
motivi.
In primo luogo, questi si prestano ad una valutazione
ulteriore di inammissibilità là dove (in modo specifico dal
primo al sesto mezzo, ma il richiamo alla sentenza del
Tribunale di Aosta compare anche nei restanti mezzi di
impugnazione) intendono direttamente investire
dell’impugnazione la sentenza di primo grado (e per il suo
tramite quella di gravame), in evidente contrasto con quanto
stabilito dall’art. 360 cod., proc. civ.
Del pari inammissibili sono, poi, le censure (sottese a
buona parte dei motivi) con cui si intende, nella sostanza,
far risaltare presunti errori o aporie motivazionali della
sentenza impugnata nella valutazione di ammissibilità delle
24

– chiaramente indicare, in un apposito momento di sintesi, i

prove, nell’apprezzamento di quest’ultime ovvero ancora nella
qualificazione giuridica della fattispecie, ma con un
argomentare che, oltre a concludersi con la formulazione di
un rispettivo quesito del tutto inidoneo allo scopo, indugia,
per un verso, in una ricostruzione delle risultanze
istruttorie o in una esegesi favorevole allo stesso
ricorrente, così da sostituirsi, inammissibilmente, alla

per altro verso, manca, a tacer d’altro, di evidenziare
decisività e pertinenza delle richieste istruttorie non
ammesse nel corso del giudizio.
Ciò, invero, a prescindere dal fatto stesso che le
risposte fornite dalla Corte territoriale, tra l’altro, in
punto di inammissibilità della capitolazione della prova
testimoniale, di incapacità a testimoniare, di rigetto della
richiesta di c.t.u. medico-legale e di regolamentazione delle
spese processuali sono armoniche rispetto ai principi
giuridici di volta in volta implicati.
4. – Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile e
il ricorrente, in quanto soccombente, condannato al
pagamento, in favore di ciascuna parte controricorrente,
delle spese del presente giudizio di legittimità, come
liquidate in dispositivo.
Nulla è da disporsi in punto di regolamentazione di
dette spese nei confronti della società intimata che non ha
svolto attività difensiva.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di
legittimità, che liquida, in favore di ciascuna parte
controricorrente, in complessivi euro 12.200,00, di cui euro
200,00, per esborsi, oltre accessori di legge.

25

valutazione a tal riguardo riservata al giudice di merito e,

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della
Sezione Terza civile della Corte suprema di Cassazione, in
data 3 dicembre 2013.

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