Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27127 del 06/10/2021

Cassazione civile sez. III, 06/10/2021, (ud. 02/02/2021, dep. 06/10/2021), n.27127

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9628-2019 proposto da:

C.G., M.L., C.M., elettivamente

domiciliate in ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI 11, presso lo studio

dell’avvocato ERIKA GIOVANNETTI, rappresentate e difese dagli

avvocati ROBERTO MILIA, GIULIANO MILIA;

– ricorrenti –

nonché contro

S.C.;

– intimata –

Nonché da:

S.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TEULADA,

52, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO GABRIELLI, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente incidentale –

nonché contro

M.L., C.M., C.G.;

– intimate –

avverso la sentenza n. 75/2019 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 15/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nell’udienza camerale del

2/02/2021 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA;

lette le conclusioni scritte del, P.M. in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. ALESSANDRO PEPE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

M.L., C.G. e C.M. hanno proposto ricorso per cassazioni basato su quattro motivi e illustrato da memoria, avverso la sentenza della Corte di appello di L’Aquila, pubblicata il 15 gennaio 2019, con la quale è stato rigettato il gravame dalle medesime proposto nei confronti di S.C. e avverso la sentenza del Tribunale di Pescara n. 738/2018, con cui quel Giudice aveva rigettato le domande avanzate dalle attuali ricorrenti, quali eredi di C.A., nonché da Ristorante La Lanterna di C.A. S.r.l. nei confronti della S. e volte a sentir accertare e dichiarare che il trasferimento del terreno sito in (OMISSIS), meglio descritto in citazione, dalla Val di Turri (talvolta negli atti indicata pure come Valditurri) S.r.l. alla convenuta era avvenuto in violazione del diritto di prelazione spettante alle attrici ai sensi della L. n. 392 del 1978, art. 38 con conseguente declaratoria del loro diritto a riscattare dalla medesima convenuta, ai sensi dell’art. 39 Legge citata, la proprietà del detto terreno al prezzo di Euro 21.000,00, ritenendo le attrici sostituite alla S. nell’atto di acquisto.

S.C. ha resistito con controricorso contenente pure ricorso incidentale condizionato, basato su un unico motivo e illustrato da memoria.

Fissato, da ultimo, per l’udienza pubblica del 2 febbraio 2021, il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in base alla disciplina dettata dal sopravvenuto D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8-bis, inserito dalla Legge di conversione n. 176 del 2020, senza l’intervento del Procuratore Generale e dei difensori delle parti, non avendo nessuno degli interessati fatto richiesta di discussione orale.

Il P.G., in prossimità della camera di consiglio, ha depositato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso principale, con assorbimento del ricorso incidentale condizionato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Va precisato che la Corte territoriale ha motivato il rigetto dell’appello sulla base di un rilievo, espressamente dalla stessa qualificato come “dirimente”, vale a dire che nell’area di cui si discute in causa, adibita a parcheggio dei clienti dell’attività di ristorazione, non si realizzava “un’attività implicante il diretto contatto con il pubblico degli utenti e dei consumatori”, presupposto ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità necessario ai fini del legittimo esercizio del riscatto ai sensi della L. n. 392 del 1978, art. 30 e 39 in relazione alle aree pertinenziali.

In aggiunta a tale rilievo dirimente, la Corte di merito ha pure evidenziato, con motivazione, quindi, ad abuntantiam, che l’area in parola era stata oggetto di un “contratto di locazione distinto e diverso” rispetto a quello inerente al compendio immobiliare adibito a ristorazione, con la previsione di un distinto canone locativo e, soprattutto, che tale compendio immobiliare era stato oggetto di alienazioni autonome rispetto all’area di parcheggio, in quanto trasferito alla Co. & Figli in virtù del decreto del 13 aprile 2005 del Tribunale di Pescara, sicché nel momento in cui l’area di parcheggio in questione venne venduta dalla Val di Turri alla S., l’autonomia tra i due beni era evidente e il rapporto di locazione non era unico.

1. Con il primo motivo del ricorso principale le ricorrenti denunciano “Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 817,818 ed 819 c.c., nonché della L. n. 392 del 1978, artt. 35,38 e 39 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 nella parte in cui è stato escluso il diritto alla prelazione sull’area parcheggio, in quanto “giuridicamente catastalmente e strutturalmente autonoma rispetto al compendio immobiliare principale, avendo peraltro conservato dal punto di vista urbanistico la propria destinazione agricola””.

Le ricorrenti sostengono che, nel caso di specie, sin dal 1989 il parcheggio in parola sarebbe stato funzionalmente deputato dal suo proprietario e locatore a “pertinenza-parcheggio” e che sarebbe stato concesso al conduttore non quale bene distinto dotato di una propria ed autonoma identità funzionale e strutturale ma come bene pertinenziale, appositamente realizzato dallo stesso locatore con opere “che hanno reso necessario il rilascio di appositi permessi urbanistici capaci di renderlo funzionale), l’esercizio commerciale caratterizzato dal contatto con il pubblico, come si evince, dalla concessione di variante in corso d’opera rilasciata dal Comune di (OMISSIS) su precisa richiesta della società Valditurri srl”.

2.1. Il motivo all’esame investe sia la prima ratio decidendi della sentenza impugnata, fondata sul dato dirimente dell’esclusione della sussistenza dei presupposti per legittimare l’esercizio del diritto di prelazione e di riscatto per le aree pertinenziali qualora le medesime non implichino attività di contatto con il pubblico, sia la negata, in sostanza, qualificazione del parcheggio in parola come pertinenza, sostenendo le ricorrenti che “il parcheggio in parola non è stato concesso al conduttore quale bene distinto dotato di una propria ed autonoma identità funzionale e strutturale, ma come bene pertinenziale”.

Pur deducendo una violazione o falsa applicazione di varie norme di legge, le ricorrenti, come pure evidenziato dal P.G., in sostanza contestano l’accertamento in fatto compiuto dai giudici del merito sulla non sussistenza, nell’area di parcheggio in parola, di un’attività implicante contatto diretto con il pubblico, facendo riferimento a documenti che, ad avviso delle predette, attesterebbero la stretta funzionalità dell’area di parcheggio al ristorante e, pertanto, la destinazione dell’area medesima all’uso diretto degli utenti.

Va però al riguardo evidenziato che la valutazione dei fatti e delle risultanze documentali è attività tipicamente riservata al giudice del merito e non censurabile in sede di legittimità.

Le ricorrenti, pur condividendo il consolidato principio giurisprudenziale, secondo cui il diritto di prelazione e quello di riscatto, previsti dalla L. 27 luglio 1978, n. 392, artt. 38 e 39 spetta pure con riferimento alle pertinenze sempre che, anche per le aree pertinenziali, sussista il contatto diretto con il pubblico, tuttavia ritengono che tale principio sarebbe stato violato o falsamente applicato e ciò sulla base di una censura di merito, inammissibile in questa sede, e secondo cui il contatto diretto ed indiscriminato col pubblico vi fosse.

In tale prospettiva, quanto indicato nell’illustrazione del motivo circa la pertinenzialità del bene, non risulta cogliere e censurare efficacemente la questione che la Corte di merito ha ritenuto dirimente e cioè il difetto dei requisiti ulteriori rispetto alla natura pertinenziale, necessari perché possano valere anche per le pertinenze il diritto di prelazione e il diritto di riscatto, ai sensi della normativa sopra richiamata, ossia lo svolgersi in tali pertinenze attività implicanti contatto diretto con il pubblico indiscriminato, avendo al riguardo proposto censure in fatto e non in diritto.

Peraltro, la Corte di merito ha pure evidenziato, oltre al profilo dirimente relativo alla non ravvisabilità, per le ragioni espresse nella sentenza impugnata, del requisito del contatto diretto con il pubblico indiscriminato, che l’area in parola fosse oggetto di un contratto distinto, diverso e successivo rispetto al contratto di locazione del 1 luglio 1989, inerente soltanto al compendio immobiliare principale destinato a bar ristorante e alle pertinenze in esso indicate e che, per effetto del decreto del Tribunale di Pescara del 13 aprile 2005, venne coattivamente trasferito alla Co. & Figli S.r.l. il solo cespite di cui al contratto appena ricordato, mentre l’area di cui si discute in causa era rimasta di proprietà dell’originario locatore Val di Turri (o Valditurri) S.r.l., evidenziando che l’area in questione era autonoma dal punto di vista giuridico, catastale e strutturale rispetto al compendio principale e che era venuta meno l’unitarietà del rapporto locatizio in data antecedente al momento della cessione dell’area de qua e, per mera completezza, che, secondo quanto esposto nell’atto di appello in data 3 novembre 2011, il compendio principale era stato rilasciato nella disponibilità della proprietaria.

Orbene, prescindendo dalla circostanza che, per quanto già osservato, la Corte territoriale non ha ritenuto decisiva la natura pertinenziale o meno del bene in parola, va comunque evidenziato ed il rilievo assorbe ogni ulteriore questione posta nell’illustrazione del motivo in esame – che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, l’accertamento in ordine alla sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi che caratterizzano il rapporto pertinenziale fra due immobili e consistenti nella volontaria e permanente destinazione di uno di essi al servizio dell’altro comporta un giudizio di fatto che, come tale, è incensurabile in sede di legittimità se – come nella specie – espresso con motivazione adeguata ed immune da vizi logici (Cass., ord., 16/05/2018, n. 11970; Cass. 2/03/2006, n. 4599) e che, come già detto, la valutazione di documenti è attività tipicamente riservata al giudice del merito e non censurabile in sede di legittimità.

3. Con il secondo motivo del ricorso principale le ricorrenti denunciano “Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2909 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 nella parte in cui è stato escluso il diritto di prelazione, quale conseguenza dell’esclusione della unicità tra contratto principale (avente ad oggetto il fabbricato principale) e scrittura integrativa (avente ad oggetto il parcheggio) sul presupposto che “l’area in argomento fosse oggetto di contratto di locazione distinto e diverso da quello di cui alla scrittura 01.07.1989 riguardante il solo compendio immobiliare principale (…) Invero la successiva scrittura del 13.11.1989 contemplava esclusivamente l’area descritta catastalmente (…) Il tenore della scrittura (…) rendono manifesta l’autonomia del secondo contratto di locazione ed il rapporto scaturitone””.

Sostengono le ricorrenti che la Corte territoriale avrebbe violato il principio del ne bis in idem, avendo disatteso l’accertamento già formatosi tra le parti con forza di giudicato per effetto della definitività della sentenza della medesima Corte di merito n. 1081 che, interpretando il contenuto della scrittura integrativa del 13 novembre 1989, avrebbe accertato proprio l’unitarietà esistente tra la locazione del fabbricato e la locazione del parcheggio e la natura pertinenziale riconosciuta dai contraenti originari alla porzione di terreno in parola.

4. Con il terzo motivo del ricorso principale le ricorrenti deducono “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 295 c.p.c. e art. 2909 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 nella parte in cui è stato ritenuto “Ne’ potrebbe esplicare alcuna efficacia vincolante in questa sede la diversa soluzione che, stando alle allegazioni dell’appellante (che non ha prodotto la relativa sentenza) questa Corte territoriale avrebbe adottato nella sentenza n. 1081/2010 divenuta cosa giudicata per effetto della pronuncia della Suprema Corte di Cassazione n. 26891/2014 nell’ambito della causa oggetto di risoluzione del contratto di locazione per morosità (…) ove sarebbe stata esclusa la morosità sul rilievo dell’unicità della locazione del fabbricato e del parcheggio”… Ed ancora nella parte in cui è stato ritenuto che “(…) tra i due immobili in considerazione, ovvero, da una parte il fabbricato adibito all’esercizio dell’attività di bar e ristorante, peraltro già dotato di pertinenze destinate a parcheggio (…) come accertato in ogni caso dalla sentenza della Corte d’Appello de L’Aquila n. 198/2013 resa tra le medesime parti e passata in giudicato (…) sussiste in effetti solamente un vincolo di accessorietà funzionale (…) con la conseguenza che l’utilizzazione dell’area di parcheggio esclude (…) il contatto con il pubblico” (…)”.

Sostengono le ricorrenti che “il non aver esaminato, e quindi attuato, l’apporto pregiudicante del giudicato” avrebbe viziato la decisione impugnata per omesso esame di un fatto decisivo per la controversia, decisivo in quanto la presente controversia era stata sospesa “proprio in attesa dell’accertamento del fatto pregiudiziale al presente giudizio, tale essendo quello sull’unicità del rapporto locatizio e della esclusione della morosità delle conduttrici chiaramente espresso a p. 4 della sentenza della Corte d’Appello de l’Aquila n. 1081/2010”.

Rappresentano le ricorrenti che in modo singolare la Corte di merito, nella sentenza impugnata in questa sede, “dopo aver negletto l’effetto necessariamente vincolante del giudicato derivante dalla sentenza della Corte d’Appello n. 1080/2010, abbia invece ritenuto di farsi piuttosto condizionare dalla sentenza postuma” resa dalla medesima Corte di merito n. 198/2013, che non avrebbe disciplinato alcunché in ordine alla complementarietà del parcheggio rispetto al fabbricato, essendosi limitata a stabilire le modalità di rilascio del parcheggio.

5. Si è già evidenziato che le doglianze relative all’argomentazione ritenuta “dirimente” dalla Corte territoriale risultano viziate da inammissibilità in quanto involgenti censure di fatto e tale rilievo sarebbe assorbente. Comumque, ai fini di un più completo inquadramento della fattispecie, si passa ad esaminare i due motivi che precedono, che sono strettamente connessi e che, pertanto, ben possono essere esaminati congiuntamente. Gli stessi vanno disattesi.

Va rilevato che le ricorrenti oppongono il giudicato della sentenza n. 1081/2010 della Corte di appello di L’Aquila, a seguito della declaratoria di inammissibilità 1 emessa con sentenza n. 26891/2014 di questa Corte – del ricorso per cassazione proposto avverso la stessa.

Tale sentenza di secondo grado – che peraltro nella sentenza impugnata la Corte territoriale afferma non essere stata prodotta in quella sede (v. sentenza impugnata, p. 9) e che le ricorrenti assumono di aver, invece, “allegato” all’atto di riassunzione depositato il 9 aprile 2015 (v. ricorso p. 18), senza precisare dove essa sia attualmente reperibile, con conseguente violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, (Cass., sez. un., ord., 25/03/2010, n. 7161; Cass. ord., 20/11/2017, n. 27475; Cass., sez. un., 27/12/2019, n. 34469) – avrebbe affermato con efficacia di giudicato l’unitarietà del contratto di locazione relativamente all’immobile e al parcheggio.

Ma sulla base di quanto indicato dalle stesse ricorrenti e dalla sentenza di questa Corte n. 26081/2018, che ben può essere esaminata da questo Collegio in base al rilievo secondo cui la conoscenza dei propri precedenti costituisce un dovere istituzionale della Corte di cassazione, nell’adempimento della funzione nomofilattica di cui all’art. 65 dell’ordinamento giudiziario (Cass., sez. un., 17/12/2007, n. 26482, Cass. 30/12/2011, n. 30780; Cass. 4/12/2015, n. 24740), si deduce che in quel giudizio era stata proposta domanda di sfratto di morosità riguardo alla locazione di un terreno e, sulla base di quel che può evincersi dal precedente di questa Corte appena richiamato (in cui la declaratoria di inammissibilità è stata pronunciata per carenza del requisito dell’esposizione sommaria dei fatti di cui all’art. 366 c.p.c., n. 3) sembra che la decisione della sentenza di secondo grado, passata in giudicato per quanto sopra detto, si sia basata sull’accertamento in fatto dell’inesistenza di un inadempimento a fronte del pagamento unitario del canone relativo sia al bene principale che al bene accessorio, sicché la valutazione di unitarietà del contratto è un presupposto di questa decisione in fatto ma non una domanda o una questione pregiudiziale su cui si è fondato il giudicato. A quanto precede va pure aggiunto che in sede di merito la S. ha prodotto la successiva sentenza della Corte di appello di L’Aquila n. 198/13, divenuta definitiva dopo la sentenza di rigetto di questa Corte n. 27011/2016, con cui, nel dichiarare la risoluzione del contratto di locazione del complesso immobiliare costituito dalla palazzina adibita a ristorante con annessi spazi coperti e giardino, si è esclusa la pertinenzialità dell’area di parcheggio, ritenuto fondo distinto e oggetto di separato contratto. Sicché, come pure evidenziato dal P.G., la sentenza n. 198/13 appena richiamata è successiva a quella avente n. 1081/2010 invocata dalle ricorrenti ed è stata, come già detto, confermata in cassazione, né si allega che sia stata oggetto di ricorso per revocazione ex art. 395 c.p.c., n. 5, sicché, sotto il profilo nell’eventuale conflitto di giudicati, deve ritenersi prevalente in quanto più recente sotto il profilo temporale, in base al principio che la risoluzione di tale conflitto è affidata alla regola di prevalenza del giudicato successivo (v. Cass., ord., 31/05/2018, n. 13804; Cass. 8/05/2009, n. 10623).

6. Dal rigetto del primi tre motivi del ricorso principale resta assorbito l’esame del quarto motivo con cui si denuncia “Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1599,1602 e 2923 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nella parte in cui è stato ritenuto che “La già intervenuta diversificazione delle titolarità dei beni rispetto al momento in cui ebbe luogo con atto del 10.06.2006 trascritto il 14.06.2006 la vendita da parte della Valditu(t)rri srl in favore della odierna appellata, del solo immobile di cui era, rimasta proprietaria, appare tutt’altro che irrilevante, dovendosi escludersi che, a partire da quella data, il rapporto locatizio (…) fosse rimasto unico.””

7. Conclusivamente il ricorso principale va rigettato.

8. Da tale rigetto consegue l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato proposto da S.C..

9. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza e ne va disposta la distrazione in favore del difensore della controricorrente ricorrente incidentale, avv. Maurizio Gabrielli, che ha dichiarato di averle anticipate.

10. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte delle sole ricorrenti principali (Cass., 15/09/2014, n. 19464) ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass., sez. un., 20/02/2020, n. 4315).

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato; condanna le ricorrenti principali, in solido, al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida, in favore della controricorrente ricorrente incidentale, in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge, disponendone l’attribuzione in favore dell’avv. Maurizio Gabrielli, antistatario; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle sole ricorrenti principali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 2 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2021

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