Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27125 del 27/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 27/11/2020, (ud. 16/09/2020, dep. 27/11/2020), n.27125

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – rel. Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28232-2013 proposto da:

P.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OVIDIO 20,

presso lo studio dell’avvocato ROBERTO LANDOLFI, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato SABRINA MAROTTA;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 456/2012 della COMM.TRIB.REG. di Roma

SEZ.DIST. di LATINA, depositata il 18/10/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/09/2020 dal Consigliere Dott. CASTORINA ROSARIA MARIA;

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza n. 456/39/2012, depositata in data 18.10.2012, la Commissione tributaria regionale del Lazio accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate sul ricorso proposto nei confronti di P.E..

Questa Corte, con ordinanza n. 22636/2010, aveva cassato con rinvio la sentenza n. 154/40/2006 della stessa CTR, la quale aveva confermato la sentenza della CTP di Latina di annullamento dell’avviso di rettifica della dichiarazione IVA relativa all’anno 1996, emessa a carico di P.E., a seguito di verifica della Guardia di finanza che aveva rilevato, sulla base della documentazione bancaria relativa ai conti correnti ed al libretto di risparmio intestati al contribuente e al coniuge, l’effettuazione di versamenti e di prelievi, movimentazioni delle quali non era stata fornita idonea documentazione probatoria; gli importi erano stati perciò considerati dall’ufficio quali ricavi non contabilizzati e costi non documentati, ai sensi del D.P.R. n. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51.

La CTR, con la sentenza oggetto del presente gravame, ha ritenuto non assolto, da parte del contribuente, l’onere della prova necessario per contrastare la presunzione legale di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 e superare quelle di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51.

Avverso la sentenza di appello il contribuente propone ricorso per cassazione affidando il suo mezzo a due motivi.

L’Agenzia delle Entrate si è costituita al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

RGN 28232/14

1.Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51 e art. 2727 c.c. e degli artt. 3,24 e 111 Cost. per avere la CTR erroneamente ritenuto la legittimità delle presunzioni semplici in materia di accertamenti bancari in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Essa non è fondata.

La CTR ha richiamato l’ordinanza di questa Corte n. 22636/2010 con la quale la sentenza di appello è stata cassata con rinvio, nella quale veniva affermato il seguente principio di diritto: “in tema di accertamento dell’IVA, la presunzione, stabilita dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51, comma 2, n. 2, secondo la quale i singoli dati ed elementi risultanti dai conti bancari sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dal successivo art. 54, se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto nelle dichiarazioni o che non si riferiscono ad operazioni imponibili, ha un contenuto complesso, consentendo di riferire i movimenti bancari all’attività svolta in regime IVA, eventualmente dalla persona fisica, e di qualificare gli accrediti come ricavi e gli addebiti come corrispettivi degli acquisti; essa può essere vinta dal contribuente che offra la prova liberatoria che dei movimenti egli ha tenuto conto nelle dichiarazioni, o che questi non si riferiscono ad operazioni imponibili: la prova che il contribuente è tenuto a dare della non riferibilità ad operazioni imponibili deve essere specifica e riguardare analiticamente i singoli movimenti bancari, tale cioè da dimostrare che ciascuna delle operazioni effettuate è estranea a fatti imponibili (Cass. n. 28324 del 2005, n. 1739 del 2007, n. 9146 del 2010).

La CTR ha osservato che la Corte aveva censurato l’affermazione della CTR la quale aveva ritenuto che l’onere probatorio posto a carico del contribuente sarebbe stato da questo pienamente adempiuto con la produzione di copia della perizia disposta in sede penale…. in quanto….non è conforme ai principi sopra enunciati, tanto più ove si consideri la differente finalità del giudizio penale e l’eterogeneità del relativo regime della prova.

La CTR ha quindi affermato che il contribuente non aveva soddisfatto l’onere della prova posto a suo carico poichè aveva fondato la sua difesa sulla semplice produzione della perizia disposta in sede penale senza dimostrare la non acquisizione di utili dai movimenti bancari, attraverso una specifica ed analitica ricostruzione di essi, della loro registrazione nella contabilità, con l’indicazione dei beneficiari e della loro inerenza per ogni singolo prelevamento e/o pagamento.

La CTR ha inoltre evidenziato che la parte, formalmente invitata ad esprimere chiarimenti, dati e notizie (in data 7.11.1997) in ordine alla documentazione bancaria acquisita, risultava “alla luce dei fatti inadempiente”, nel senso che non sapeva offrire giustificazione alcuna circa le contestazioni mosse dall’ente impositore.

2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione dell’obbligo di motivazione anche per omessa ed erronea valutazione delle risultanze documentali probatorie in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

La censura è inammissibile.

La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione.

Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830).

Le censure motivazionali non conferiscono, dunque, al giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito della vicenda, bensì la sola facoltà di controllare – sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale – le argomentazioni svolte dal giudice di merito, cui “spetta in via esclusiva il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge” (ex multis, Cass. n. 742/2015).

Nella specie la sentenza impugnata si sottrae alla censura. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.

Nulla sulle spese in considerazione del fatto che l’Agenzia si è costituita al solo fine della partecipazione all’udienza di discussione.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 novembre 2020

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