Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27124 del 28/12/2016


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Cassazione civile, sez. trib., 28/12/2016, (ud. 13/10/2016, dep.28/12/2016),  n. 27124

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 14748/2009 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

R.B. E R.C., già soci della VEREGRA S.R.L.,

cancellata dal registro delle imprese in data 3 gennaio 2012;

– intimati –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale delle

Marche n. 44/04/2008, depositata il 28/04/2008;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13

ottobre 2016 dal Relatore Cons. Dott. Emilio Iannello;

udito l’Avvocato dello Stato Paolo Gentili per la ricorrente;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa

SOLDI Anna Maria, il quale ha concluso per l’accoglimento.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con p.v.c. notificato in data 13/6/2002 la Guardia di Finanza di Macerata, a seguito dell’esame della documentazione extracontabile e dei conti correnti intestati a società e soci, accertava che la Veregra S.p.A., esercente attività di fabbricazione e commercio di calzature non in gomma, aveva effettuato operazioni di cessione all’esportazione verso la Romania non documentate per l’importo di Lire 6.805.000 (con Iva pari a Lire 1.361.000) ed aveva altresì superato il plafond effettivamente maturato e disponibile per l’anno 2000 per l’importo di Lire 110.749.000 (con Iva pari a Lire 22.149.000).

In relazione a tale processo verbale di constatazione la società presentava istanza di definizione ai sensi della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 15.

Successivamente, in data 29/11/2005 l’Agenzia delle entrate, ufficio di Recanati, notificava un avviso di accertamento col quale, sulla base dei rilievi del p.v.c. definito, disconosceva – per quel che in questa sede ancora interessa – l’esistenza del credito Iva esposto in dichiarazione per l’anno 2000, per l’importo di Euro 12.142,42.

Il ricorso proposto avverso tale avviso dalla contribuente era accolto dalla C.T.P. con sentenza confermata dalla C.T.R. che rigettava l’appello proposto dall’ufficio, ritenendo – in sintesi – che il processo verbale di constatazione definito ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 15 (a differenza di quanto accade in caso di condono ex art. 9 L. cit.), non può costituire base per l’attività di accertamento dell’ufficio anche in relazione ai crediti in essi esposti.

2. Avverso tale sentenza l’Agenzia ha proposto ricorso, del quale questa Corte, con ordinanza del 17/12/2015, ha ordinato rinnovarsi la notifica in quanto erroneamente diretta al commissario giudiziale della Veregra S.p.a. in concordato preventivo.

Essendo stata quest’ultima cancellata dal registro delle imprese il 3 gennaio 2012, a tale adempimento ha provveduto l’Agenzia delle entrate notificando il ricorso a R.B. e R.C., nella loro qualità di ex soci e quindi successori legali della società per i debiti da questa contratti prima della cancellazione entro i limiti di cui all’art. 2495 c.c..

I predetti non hanno svolto difese nella presente sede.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. Con l’unico motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Agenzia delle entrate si duole della violazione o falsa applicazione della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 15, sostenendo che non sia preclusa la possibilità di emettere un avviso di accertamento esclusivamente finalizzato, in base ai rilievi contenuti nel processo verbale di constatazione, al disconoscimento del credito esposto nella dichiarazione relativa all’annualità oggetto della definizione.

4. Il ricorso è fondato e va in conseguenza accolto.

Con riguardo alla L. n. 289 del 2002, art. 9, la Consulta, con l’ordinanza del 27 luglio 2005, n. 340, ha chiarito che la norma preclude l’accertamento dei debiti tributari dei contribuenti che hanno ottenuto il condono, ma non impedisce l’accertamento dell’inesistenza dei crediti posti a base delle richieste di rimborso, data la natura propria del condono, che incide sui debiti tributari dei contribuenti e non sui loro crediti.

Non vi è motivo alcuno per ritenere, diversamente da quanto affermato nella sentenza impugnata, che altrettanto non valga nel caso di definizione del rapporto tributario ai sensi dell’art. 15 Legge cit..

In diverse occasioni questa Corte ha infatti avuto modo di chiarire, proprio con riguardo alla definizione della L. n. 289 del 2002, ex art. 15, che il condono fiscale pone il contribuente di fronte ad una libera scelta fra trattamenti distinti che non si intersecano fra loro: o coltivare la controversia nei modi ordinari, conseguendo, ove del caso, i rimborsi di somme indebitamente pagate o comunque spettanti, oppure corrispondere quanto dovuto per la definizione agevolata, ma senza la possibilità di riflessi o interferenze con quanto già corrisposto sulla linea del procedimento fiscale ordinario; per conseguenza, l’adesione del contribuente alle sanatorie fiscali previste dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 15, è ostativa al rimborso del credito d’imposta asseritamente spettante e pertanto, l’amministrazione può e deve disconoscere i crediti esposti nella dichiarazione relativa ad una annualità d’imposta oggetto di definizione agevolata (Cass., Sez. 5, n. 22559 del 08/09/2008; v. anche Sez. 5, n. 19437 del 30/09/2015).

L’affermazione di tale principio discende dalla considerazione che la definizione della lite fiscale pendente determina l’elisione della pretesa impositiva alla quale la lite fiscale si riferisce. E l’elisione della pretesa impositiva postula la totale e completa definizione della situazione tributaria sottostante, oggetto del processo verbale definito, ossia di tutti i pertinenti rapporti di dare ed avere tra ente impositore e contribuente; ed è inevitabile che tra questi rapporti di dare ed avere rientrino anche le pretese di rimborso avanzate dal contribuente.

E’, questa, caratteristica immanente alla disciplina del condono fiscale, che comporta il consolidamento della situazione tributaria oggetto del condono, rappresentata dai rilievi contenuti nel processo verbale di constatazione al quale si riferisce la definizione, nei termini e soltanto nei termini in cui la definizione è raggiunta (in termini, altresì Cass., Sez. 5, n. 23573 del 20/12/2012).

L’adesione ad una fattispecie di condono comporta, difatti, la formazione di un nuovo titolo giuridico, in un quadro normativo astratto e generale, ma con l’adesione volontaria del privato e il controllo del possesso dei requisiti da parte dell’Amministrazione, utile a definire le opposte pretese.

5. Il ricorso va in conseguenza accolto, la sentenza va cassata e, non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, il giudizio va deciso nel merito, col rigetto dell’impugnazione originariamente proposta.

La circostanza che l’orientamento della Corte si sia consolidato successivamente all’introduzione del giudizio comporta la compensazione delle voci di spesa ad esso relative.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, respinge il ricorso introduttivo. Compensa per intero le spese processuali.

Così deciso in Roma, il 13 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2016

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