Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2712 del 05/02/2018


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Civile Ord. Sez. L Num. 2712 Anno 2018
Presidente: DI CERBO VINCENZO
Relatore: PATTI ADRIANO PIERGIOVANNI

ORDINANZA

sul ricorso 9653-2013 proposto da:
CAPRIO MARCO C.F.

CPRMRC78C28B715D,

elettivamente

domiciliato in ROMA, PIAZZA DEI MIRTI 40, presso lo
studio dell’avvocato EMANUELE FOSCHI, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANTONIO
VOCINO, giusta delega in atti;
– ricorrente contro
2017
4197

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, PIAZZA MAZZINI 27, presso lo
studio dell’avvocato SALVATORE TRIFIR0′, che la
rappresenta e difende, giusta delega in atti;

Data pubblicazione: 05/02/2018

- con troricorrente –

avverso la sentenza n. 244/2012 della CORTE D’APPELLO

di MILANO, depositata il 01/02/2013 R.G.N. 225/2010.

RG 9653/2013
RILEVATO
che con sentenza in data 1 febbraio 2013, la Corte d’appello di Milano rigettava
l’appello proposto da Marco Caprio avverso la sentenza di primo grado, che ne aveva
respinto le domande di accertamento della nullità del termine apposto al contratto

10 aprile al 30 giugno 2008 con mansioni di portalettere junior livello E presso il CPD
Milano Centro, di conversione del rapporto di lavoro in uno a tempo indeterminato, di
ordine alla società datrice di ripristino del rapporto e di condanna della stessa al
pagamento delle retribuzioni maturate;
che avverso tale sentenza il lavoratore ricorreva per cassazione con quattro motivi,
mentre Poste Italiane s.p.a. resisteva con controricorso e memoria ai sensi dell’art.
380b1s 1 c.p.c;

CONSIDERATO
che il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma lbis c1.1g.
368/2001, per illegittima apposizione del termine in difetto di indicazione e
specificazione delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo,
attesa la natura aggiuntiva e pertanto concorrente e non già alternativa della
disciplina posta dalla norma denunciata a quella dell’art. 1 dello stesso decreto
legislativo: sola interpretazione conforme alla normativa comunitaria che individua la
forma comune del rapporto di lavoro in quello a tempo indeterminato, soltanto
eccezionalmente derogabile da un rapporto a termine, in presenza di esigenze
specifiche causalmente correlate con l’assunzione, non verificabili nel caso di specie
per l’assoluta genericità del richiamo alla formula dell’art. 2, comma

lbis d.Ig. cit.

(primo motivo); violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 c.c., 2, comma

lbis

d.Ig. 368/2001 in relazione all’art. 12 disp. prel. c.c. e alla Direttiva 1999/70 CE ed
omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, in merito alla violazione della clausola
di non regresso, prevista nell’accordo quadro (art. 8) allegato alla Direttiva suindicata,
per il trattamento deteriore introdotto dalla disciplina denunciata per i lavoratori di
Poste Italiane, venendo meno il rapporto di eccezione del rapporto di lavoro a termine

stipulato, ai sensi dell’art. 2, comma lbis d.Ig. 368/2001, con Poste Italiane s.p.a. dal

RG 9653/2013
rispetto alla regola del lavoro a tempo indeterminato, come prescritto dalla normativa
europea (secondo motivo); omesso esame della violazione dell’art. 3 d.Ig. 368/2001
ed illegittimità del contratto a termine per mancata, incompleta o inadeguata
valutazione di tutti i rischi relativi alla sicurezza del luogo di lavoro (terzo motivo);

del contratto a termine per mancato rispetto della clausola di contingentamento per
l’erroneo calcolo della percentuale del 15% dejle assunzioni a tempo determinato
sull’intero personale, senza esclusione di quello addetto ai servizi (“banco posta”,
finanziari, assicurativi e creditizi) non strettamente postali (quarto motivo);

che il collegio ritiene che i primi due motivi, congiuntamente esaminabili per ragioni di
stretta connessione, siano infondati;

che infatti è corretta l’interpretazione di alternatività dei requisiti richiesti dall’art. 1
primo comma e dall’art. 2, comma

lbis

d.Ig. 368/2001, senza necessità di

indicazione, nelle assunzioni a tempo determinato effettuate da imprese
concessionarie di servizi nel settore delle poste aventi i requisiti specificati dall’art. 2,
comma lbis d.Ig. cit., delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o
sostitutivo ai sensi dell’art. 1, primo comma 1 d.Ig. cit., trattandosi di ambito nel quale
la valutazione sulla sussistenza della giustificazione è stata operata

ex ante

direttamente dal legislatore (Cass. s.u. 31 maggio 2016, n. 11374);

che in tema di contratto di lavoro a tempo determinato, l’art. 2, comma lbis clig.
368/2001 si riferisce esclusivamente alla tipologia di imprese presso cui avviene
l’assunzione – quelle concessionarie di servizi e settori delle poste – e non anche alle
mansioni del lavoratore assunto, in coerenza con la ratio della disposizione, ritenuta
legittima dalla Corte costituzionale con sentenza n. 214 del 2009, individuata nella
possibilità di assicurare al meglio lo svolgimento del cd. “servizio universale” postale,
ai sensi dell’art. 1, primo comma d.Ig. 261/1999, di attuazione della direttiva
1997/67/CE, mediante il riconoscimento di una certa flessibilità nel ricorso allo
strumento del contratto a tempo determinato, pur sempre nel rispetto delle condizioni
inderogabilmente fissate dal legislatore (Cass. 2 luglio 2015, n. 13609);

omesso esame della violazione dell’art. 2, comma lbis d.Ig. 368/2001, per illegittimità

RG 9653/2013

che ciò risponde ad una sua valutazione preventiva ed astratta, non manifestamente
irragionevole, per l’assicurazione di una tale garanzia alle imprese concessionarie di
servizi postali, pure conforme al diritto dell’Unione europea come interpretato dalla
giurisprudenza, in quanto non collegata all’attuazione dell’art. 8, 0145 dell’accordo

c. Poste Italiane s.p.a., C-20/10, p.ti 38 – 42), non sussistendo alcuna riduzione di
tutela del lavoratore qualora non si verta in materia riconducibile all’applicazione
dell’accordo quadro, ma alla realizzazione di altro e distinto obiettivo (Corte di
giustizia UE 23 aprile 2009,

Angelidaki e altri c. Organismos Nomarchiakis

Auotdioikisis Rethymnis, C-378/07 e riuniti C-379/07 e C-380/07, p.to 133; Corte di
giustizia UE 22 novembre 2005, Mangold c. Helm, C- 144/04, p.ti 52 e 53), quale
appunto quello suindicato;

che il terzo motivo è inammissibile;
che la questione dedotta non risulta mai prima prospettata, non avendone trattato la
sentenza impugnata, né il ricorrente offerto una specifica indicazione, con debita
trascrizione, degli atti nei quali essa sia stata eventualmente dedotta nei gradi
precedenti, pure violando così il principio di autosufficienza del ricorso (Cass. 18
ottobre 2013, n. 23675; Cass. 11 gennaio 2007, n. 324);

che pure il quarto motivo è infondato;
che anche in riferimento all’erronea applicazione della clausola di contingentamento,
sull’intero organico e non soltanto sul personale addetto al servizio postale, occorre
avere riguardo alla tipologia di imprese presso cui avviene l’assunzione (quelle
concessionarie di servizi e settori delle poste) e non anche alle mansioni del lavoratore
assunto, in coerenza con la ratio della disposizione, ritenuta legittima dalla Corte
costituzionale con sentenza n. 214 del 2009, individuata nella possibilità di assicurare
al meglio lo svolgimento del cd. “servizio universale” postale, ai sensi dell’art. 1, primo
comma d.lg. 261/1999, di attuazione della direttiva 1997/67/CE, mediante il
riconoscimento di una certa flessibilità nel ricorso allo strumento del contratto a
tempo determinato, pur sempre nel rispetto delle condizioni inderogabilmente fissate
dal legislatore (Cass. 2 luglio 2015, n. 13609);

quadro allegato alla Direttiva 99/70/CE (Corte di giustizia UE 11 novembre 2010, Vino

RG 9653/2013
che pertanto il ricorso deve essere rigettato e le spese regolate secondo il regime di
soccombenza come da dispositivo;

P.Q.M.

controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in Euro 200,00 per esborsi e
Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali nella
misura del 15 per cento e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma

lquater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della

sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del
comma 1 bis, dello stesso art. 13.

Così deciso nella Adunanza camerale del 26 ottobre 2017

La Corte rigetta il ricorso e condanna Marco Caprio alla rifusione, in favore della

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