Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27119 del 28/12/2016


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Cassazione civile, sez. trib., 28/12/2016, (ud. 29/09/2016, dep.28/12/2016),  n. 27119

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19801/2011 proposto da:

S.M.T., elettivamente domiciliata in ROMA VIA DUE

MACELLI 47, presso lo studio dell’avvocato ALBERTO IMPRODA,

rappresentata e difesa dall’avvocato VITTORIO CASALI, giusta delega

in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 75/2010 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 21/06/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/09/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO FRANCESCO ESPOSITO;

udito per la ricorrente l’Avvocato CASALI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

S.M.T., esercente la professione di avvocato, propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza con la quale la Commissione tributaria regionale della Lombardia, in accoglimento dell’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, ha negato il diritto al rimborso dell’IRAP versata dalla contribuente per l’anno di imposta 2003.

Riteneva il giudice di appello che l’utilizzo da parte dell’avv. S. della struttura organizzativa dello studio legale su incarico del quale la professionista svolgeva in via esclusiva la propria attività faceva sì che la stessa usufruisse, seppure in via mediata, di tale struttura, con il conseguente concretarsi del presupposto impositivo ai fini IRAP.

L’Agenzia delle Entrate ha depositato mero atto di costituzione.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con i due motivi di ricorso, formulati in riferimento a distinti parametri normativi (art. 360 c.p.c., n. 3 e art. 360 c.p.c., n. 5) ma involgenti sostanzialmente le medesime questioni, la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere erroneamente ritenuto che lo svolgimento della professione di avvocato in forma singola e non associata, presso uno studio legale altrui, da parte della contribuente, la quale operava in relazione a clientela non propria bensì individuata dallo studio legale che ne impartiva le direttive, determinasse la compartecipazione della stessa alla organizzazione di capitale e lavoro altrui propria dello studio legale.

2. Il ricorso è fondato.

In base al consolidato principio affermato da questa Corte in materia, secondo cui, a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, comma 1, primo periodo e art. 3, comma 1, lett. c), l’esercizio delle attività di lavoro autonomo di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1, è escluso dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata. Il requisito della “autonoma organizzazione”, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui; costituisce poi onere del contribuente che richieda il rimborso fornire la prova dell’assenza delle condizioni anzidette (ex plurimis, Cass. n. 3676, n. 3673, n. 3678, n. 3680 del 2007). Si è inoltre, in particolare, affermato che “in base al D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2 (come modificato dal D.Lgs. 10 aprile 1998, n. 137, art. 1), ai fini della soggezione ad IRAP dei proventi di un lavoratore autonomo (o un professionista) non è sufficiente che il lavoratore si avvalga di una struttura organizzata, ma è anche necessario che questa struttura sia “autonoma”, cioè faccia capo al lavoratore stesso, non solo ai fini operativi, bensì anche sotto i profili organizzativi; non sono, pertanto, soggetti ad Irap i proventi che un lavoratore autonomo percepisca come compenso per le attività svolte all’interno di una struttura da altri organizzata” (Cass. n. 9692 del 2012).

Nella specie, la C.T.R. ha ritenuto che fosse configurabile il presupposto dell’autonoma organizzazione ai fini IRAP, sul rilievo che la contribuente aveva svolto con abitualità la propria attività professionale usufruendo ed avvalendosi di una struttura organizzativa e gestionale di terzi, della quale veniva, in via mediata, a partecipare. In tal modo, il giudice di appello si è posto in palese contrasto con l’orientamento espresso da questa Corte, sopra richiamato, attribuendo esclusivo rilievo, ai fini della sussistenza del requisito dell’autonoma organizzazione idoneo a giustificare l’assoggettamento ad IRAP, alla circostanza che la contribuente usufruisse, seppure in via mediata, della struttura organizzativa dello studio legale per il quale la stessa svolgeva la propria attività professionale.

3. Il ricorso va dunque accolto.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con l’accoglimento del ricorso introduttivo della contribuente.

Le spese dei gradi di merito sono compensate tra le parti, in considerazione del periodo in cui è intervenuta la giurisprudenza sopra richiamata.

Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo della contribuente.

Compensa tra le parti le spese dei gradi di merito e condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento in favore della ricorrente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 1.500,00, oltre rimborso forfetario nella misura del 15% e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 29 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2016

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