Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27118 del 04/12/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 27118 Anno 2013
Presidente: CECCHERINI ALDO
Relatore: DI AMATO SERGIO

SENTENZA
sul ricorso 8079-2007 proposto da:
GRASSIA FILOMENA (c.f. GRSFMN68B46D789P), GRASSIA
GIOVANNI

(C.F.

GRSGNN45L05D7900),

elettivamente

domiciliati in ROMA, LUNGOTEVERE MICHELANGELO 9,

-li

Data pubblicazione: 04/12/2013

presso l’avvocato BAUZULLI FILIPPO, rappresentati e
difesi dagli avvocati CAPPA ROBERTO, LAURO
2013

FRANCESCO, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrenti –

1607

contro

BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA S.P.A. (C.F./P.I.

1

00884060526), in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
BRESSANONE 3, presso l’avvocato CASOTTI CANTATORE
MARIA LUISA, che la rappresenta e difende unitamente
all’avvocato MOSCHIANO ANDREA, giusta procura in

controricorrente

avverso la sentenza n. 303/2006 della CORTE
D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 02/02/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 30/10/2013 dal Consigliere Dott. SERGIO
DI AMATO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha concluso per
l’accoglimento del primo e secondo motivo,
inammissibilità del terzo motivo.

calce al ricorso notificato;

2

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 2 febbraio 2006 la Corte di appello
di Napoli, in parziale riforma della sentenza del
Tribunale della stessa città in data 23 luglio 2001,

riduceva da lire 73.614.389 a lire 58.732.082 la somma
dovuta da Filomena Grassia e da Giovanni Grassia in
relazione al saldo debitore del conto corrente
intrattenuto dalla prima, dal 27 febbraio 1990 al 9
aprile 1997, presso la Banca Monte dei Paschi di Siena
s.p.a. e garantito con fideiussione dal secondo. In
particolare, per quanto ancora interessa, la Corte di
appello – premessa l’esposizione dei motivi di appello e
tra essi quello relativo alla domanda di restituzione dei
titoli

/

il cui importo era stato prima accreditato sul

conto e poi stornato ovvero
alternativamente di
t
risarcimento dei danni per la mancata restituzione osservava che: 1) l’applicazione del tasso di interessi
dell’11,75%,

anzichè del

10,50% come secondo gli

appellanti era stato convenuto, doveva ritenersi
legittima «atteso che, non essendovi stata contestazione
da parte dei Grassia, è da ritenere che con tale loro
comportamento essi accettarono tacitamente l’applicazione
di tale tasso nella suindicata misura, stabilita peraltro
dall’art. 4 della L. 154/92»; 2) la doglianza relativa
alla applicazione di commissioni di massimo scoperto non
3

concordate era infondata poiché il c.t.u. aveva accertato
che quelle applicate non si discostavano da quelle
generalmente applicate su piazza nel periodo de quo.
Filomena e Giovanni Grassia propongono ricorso per
cassazione, deducendo tre motivi. La Banca Monte dei

illustlato anche con memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo i ricorrenti deducono la
violazione dell’art. 1284, terzo comma, c.c. nonché il
vizio di motivazione, lamentando che la Corte di appello
erroneamente aveva affermato la legittimità del tasso
d’interesse dell’11,75%, senza considerare che, da un
lato, l’art. 1284 c.c. prevede la pattuizione scritta

it-

degli interessi in misura superiore a quella legale e
che, d’altro canto, tale previsione era confermata
dall’art. 4, primo comma, della legge n. 152/1992;
inoltre, la clausola contrattuale che rinviava la misura
degli interessi agli usi di piazza doveva ritenersi
nulla.
Il motivo è inammissibile. Risulta dalla sentenza
impugnata, ed il punto non è stato oggetto di censura,
che gli odierni ricorrenti hanno contestato
l’applicazione di un tasso di interesse superiore a
quello convenuto, pari al 10,50%. In questa sede,
pertanto, non può trovare ingresso, in quanto nuova, la
4

Paschi di Siena s.p.a. resiste con controricorso

questione relativa alla nullità di un rinvio agli usi di
piazza, che richiederebbe un non consentito accertamento
di fatto.
Il giudizio deve essere, pertanto, limitato alla
legittimità dell’applicazione dell’interesse dell’11,75%

anziché del convenuto 10,50%. In proposito, trovano
applicazione le disposizioni dettate dalla legge n.
154/1992 all’art. 4, secondo comma, («L’eventuale
possibilità di variare in senso sfavorevole al cliente il
tasso di interesse e ogni altro prezzo e condizione deve
essere espressamente indicata nel contratto con una
clausola approvata specificamente dal cliente») e
all’art. 6, quinto comma, che prevede l’obbligo di
comunicazione al cliente della variazione sfavorevole e
la facoltà di quest’ultimo di recedere dal contratto,
nonché, dopo l’abrogazione di dette norme, dalle analoghe
disposizioni dettate dagli art. 117, quinto comma, e 118
del d. lgs. n. 385/1993. Sulla inosservanza di tali
disposizioni nulla è stato, tuttavia, dedotto dai
ricorrenti, che propongono inammissibilmente soltanto la
predetta questione della nullità del rinvio agli usi di
piazza.
Con il secondo motivo i ricorrenti deducono la
violazione degli artt. 1418 e 1283 c.c., lamentando che
la Corte di appello aveva ritenuto legittima
l’applicazione delle commissioni di massimo scoperto, pur
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in mancanza di una specifica pattuizione, soltanto sul
rilievo che le commissioni applicate non si discostavano
da quelle usualmente praticate su piazza nel periodo.
Il motivo è fondato. Invero, indipendentemente dalla
natura assunta nel contratto de quo dalla commissione di

massimo scoperto (accessorio che si aggiunge agli
interessi passivi sulle somme utilizzate dal cliente
accreditato ovvero remunerazione dell’obbligo della banca
di tenere a disposizione del cliente una determina somma
per un determinato periodo di tempo, indipendentemente
dal suo utilizzo, come oggi è espressamente previsto
dall’art. 117 bis del d. lgs. n. 385/1993, introdotto dal
d.l. n. 201/2011 e modificato dal d.l. n. 29/2012) può
dirsi certa l’erroneità del riferimento alle condizioni
applicate su piazza. Prima dell’entrata in vigore della
legge n. 154/1992 un eventuale rinvio del contratto
all’uso di piazza rendeva l’eventuale pattuizione nulla
per indeterminatezza, come la giurisprudenza ormai
consolidata ha ripetutamente affermato con riferimento
agli interessi (e plurimis Cass. 28 marzo 2002, n. 4490;
Cass. 18 settembre 2003, n. 13739). Dopo l’entrata in
vigore della legge n. 154/1992 «i contratti devono
indicare il tasso di interesse e ogni altro prezzo e
condizione praticati» (art. 4, primo comma) e «le
clausole contrattuali di rinvio agli usi sono nulle e si
considerano non apposte (art. 4, terzo comma) e si
6

applicano «gli altri prezzi e condizioni resi pubblici»
(art. 5, lett. b), secondo una disciplina ribadita, nella

ratione

sua formulazione originaria, applicabile

temporis,

dall’art. 117 del d.lgs. n. 385/1992. Ne

consegue l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha

ritenuto legittima l’applicazione delle commissioni su
massimo scoperto in quanto le stesse «non si
discosta(va)no da quelle generalmente applicate su piazza
nel periodo de quo».
Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano la
violazione dell’art. 112 c.p.c., lamentando che la Corte
di appello aveva omesso ogni pronuncia sulla loro domanda
tesa ad ottenere la restituzione dei titoli

/

il cui

importo era stato prima accreditato e poi stornato dal
conto corrente, ovvero alternativamente il risarcimento
dei danni.
Il motivo è fondato. Risulta dalla stessa sentenza
impugnata (pag. 3) la proposizione della domanda sulla
quale la Corte di appello non si è pronunziata.
P . Q . M .
dichiara inammissibile il primo motivo del ricorso ed
accoglie gli altri; cassa la sentenza impugnata in
relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese
del giudizio di cassazione, alla Corte di appello di
Napoli in diversa composizione.

7

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 30

ottobre 2013.

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