Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27117 del 28/12/2016


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Cassazione civile, sez. trib., 28/12/2016, (ud. 29/09/2016, dep.28/12/2016),  n. 27117

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11314/2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

P.N.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 99/2010 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 13/05/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/09/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO FRANCESCO ESPOSITO;

udito per il ricorrente l’Avvocato DETTORI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia che, in riforma della sentenza di primo grado, aveva riconosciuto a P.N. il diritto al rimborso dell’IRAP versata per gli anni dal 1998 al 2001.

Disattesa l’eccezione di inammissibilità dell’appello, riteneva la C.T.R. che la contribuente, esercente l’attività di fornitura di software e consulenza in materia informatica, non fosse soggetta ad IRAP, svolgendo la propria attività senza l’ausilio di collaboratori e dipendenti e con pochi beni strumentali di modestissimo valore.

L’intimata non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate denuncia violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 22 e 53, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto ammissibile l’appello della contribuente nonostante lo stesso fosse stato prima depositato presso la segretaria della C.T.R. e solo successivamente notificato all’Ufficio, mentre, secondo le disposizioni richiamate, l’appello avrebbe dovuto essere prima notificato ai contradditori e poi, entro il termine di decadenza di trenta giorni dalla notifica, depositato in originale o in copia conforme a quella notificata presso la Segreteria della C.T.R..

Il motivo è infondato.

Si richiama sul punto l’orientamento espresso da questa Corte (Cass. civ., sez. trib., 11-06-2014, n. 13159) secondo cui “nel giudizio d’impugnazione dinanzi alla commissione tributaria regionale, il deposito del ricorso contenente l’appello in data anteriore a quella della sua notifica e/o comunicazione alla controparte non rende inammissibile il gravame, sempre che la notifica e/o la comunicazione siano effettuate nel rispetto del termine fissato per la proposizione dell’impugnazione; il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 22, infatti, ricollegando la sanzione dell’improcedibilità dell’impugnazione unicamente all’inutile scadenza del termine da esso previsto per il deposito del ricorso, decorrente dalla notifica e/o dalla comunicazione del ricorso stesso, consente di ravvisare nell’inversione dell’ordine temporale tra le attività volte all’instaurazione del contraddittorio tra le parti e tra queste ed il giudice una mera irregolarità, che resta sanata ogni qual volta debba ritenersi raggiunto lo scopo del meccanismo processuale in questione, avendo le parti avuto la possibilità di attuare le proprie difese”.

2. Con il secondo motivo si lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 e art. 112 c.p.c., l’omessa pronuncia della C.T.R. sull’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo basata sul rilievo che, avendo la contribuente presentato l’istanza di rimborso dell’IRAP ad ufficio diverso da quello territorialmente competente in base al proprio domicilio fiscale, nessun silenzio rifiuto poteva ritenersi giuridicamente formato.

Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, che, in ogni caso, il ricorso del contribuente doveva essere dichiarato inammissibile per inesistenza di un silenzio rifiuto impugnabile.

I due motivi, da esaminarsi congiuntamente stante la loro connessione, vanno disattesi sulla base dei seguenti rilievi.

L’Ufficio aveva rilevato che “l’istanza oggetto del presente contendere doveva essere presentata all’Ufficio di Roma (OMISSIS), territorialmente competente, poichè il domicilio fiscale della contribuente, come risulta dall’interrogazione al Sistema dell’Anagrafe Tributaria (Doc. n. 3), al momento di presentazione dell’istanza stessa (10.7.2002), era già stato trasferito dalla (OMISSIS) (decorrenza 1.11.2001)”.

La C.T.R. ha, in effetti, omesso di pronunciarsi sulla dedotta questione di inammissibilità, il che determinerebbe la nullità della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4. Questa Corte (Cass. civ. (ord.), sez. 6, 08-10-2014, n. 21257) ha tuttavia osservato che, in caso di nullità della sentenza per omessa pronuncia, esigenze di economia processuale impongono di evitare la cassazione con rinvio quando la pretesa, sulla quale si riscontri mancare la pronuncia, avrebbe dovuto essere rigettata o potuto essere decisa nel merito, purchè senza necessità di ulteriori accertamenti in fatto.

Orbene, nella specie, la prospettazione della difesa erariale secondo cui la presentazione della domanda di rimborso ad ufficio incompetente impedirebbe la formazione del silenzio rifiuto e determinerebbe quindi – l’inammissibilità del ricorso alla commissione tributaria si palesa infondata alla luce del principio affermato da questa Corte (Cass., sez. trib., 27-02-2009, n. 4773), in base al quale la presentazione di un’istanza di rimborso ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38, ad un organo diverso da quello territorialmente competente a provvedere costituisce atto idoneo non solo ad impedire la decadenza del contribuente dal diritto al rimborso, ma anche a determinare la formazione del silenzio-rifiuto impugnabile dinanzi al giudice tributario, sia perchè l’ufficio non competente (quando non estraneo all’amministrazione finanziaria) è tenuto a trasmettere l’istanza all’ufficio competente, in conformità delle regole di collaborazione tra organi della stessa amministrazione, sia alla luce dell’esigenza di una sollecita definizione dei diritti delle parti, ai sensi dell’art. 111 Cost. (nello stesso senso, Cass. civ., sez. trib., 26-062009, n. 15180 e Cass., sez. trib., 09-02-2010, n. 2810).

3. Alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso va dunque rigettato.

Nulla per le spese del giudizio di cassazione, non avendo l’intimata svolto attività difensiva.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 29 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2016

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