Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27114 del 27/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 27/11/2020, (ud. 08/07/2020, dep. 27/11/2020), n.27114

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino L – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. ARMONE G.M. – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3690-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

RALOX SRL, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SICILIA 66, presso

lo studio dell’avvocato EDOARDO BELLI CONTARINI, che lo rappresenta

e difende unitamente agli avvocati DANIELA CUTARELLI, ROBERTO

ALTIERI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 848/2012 della COMM. TRIB. REG. DEL LAZIO SEZ.

DIST. di LATINA, depositata il 18/12/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

08/07/2020 dal Consigliere Dott. GIOVANNI MARIA ARMONE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. l’Agenzia delle entrate ha notificato alla contribuente Ralox s.r.l. un avviso di accertamento IVA relativo all’anno d’imposta 2004, contestandole di aver preso parte a operazioni commerciali inesistenti, di avere illegittimamente applicato il regime fiscale del cd. “reverse charge” e di essersi perciò indebitamente sottratta al pagamento dell’IVA;

2. la CTP ha accolto il ricorso proposto dalla Ralox;

3. la Commissione tributaria regionale del Lazio, con sentenza n. 848/40/12, depositata il 18 dicembre 2012, ha rigettato l’appello dell’Ufficio, confermando la sentenza di primo grado;

4. la CTR ha osservato come la Ralox avesse legittimamente applicato il “reverse charge” sulla merce ceduta, essendo priva di fondamento la tesi dell’Ufficio, secondo cui le operazioni economiche compiute sarebbero state soggettivamente inesistenti e la Ralox sarebbe stata consapevole di tale inesistenza;

5. avverso detta sentenza l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi;

6. la Ralox s.r.l. resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. con il primo motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, vecchio e nuovo testo, l’insufficiente e contraddittoria motivazione su fatti controversi e decisivi per il giudizio, e comunque l’omesso esame di tali fatti, in ordine al vantaggio economico che la società contribuente avrebbe tratto dalle operazioni commerciali poste in essere, nonchè in ordine alla inesistenza soggettiva di tali operazioni e alla buona fede della contribuente;

2. con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, comma 2, e art. 2729 c.c., sempre in ordine alla inesistenza soggettiva di tali operazioni e alla buona fede della contribuente;

3. i due motivi, da esaminarsi congiuntamente per la loro stretta connessione, sono fondati;

4. riguardo al primo motivo, va tuttavia precisato che esso viene preso in considerazione solo sotto uno dei profili fatti valere, vale a dire quello riguardante il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5; il vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione non è infatti invocabile nel caso di specie, in quanto il ricorso è stato proposto avverso una sentenza pubblicata il 18 dicembre 2012, quando era dunque già applicabile, del D.L. n. 22 giugno 2012, ex art. 54, comma 3, n. 83, conv., con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (sulla applicabilità della modifica normativa al processo tributario v. Cass., Sez. un., 07/04/2014, nn. 8053 e 8054);

5. la motivazione della sentenza è tuttavia inadeguata anche se letta alla luce del nuovo testo dell’art. 360, comma 1, n. 5, avendo omesso l’esame di fatti decisivi ai fini della controversia, che hanno formato oggetto di discussione tra le parti;

6. la sentenza impugnata prende le mosse da una ricostruzione incompleta dell’operazione fraudolenta ipotizzata dall’Amministrazione;

7. la CTR, infatti, ritiene che al più ci si trovi di fronte a operazioni commerciali soggettivamente inesistenti, che la frode sarebbe cioè consistita semplicemente in una fittizia segmentazione dell’operazione commerciale, mediante l’interposizione tra cedente (Ralox) e destinatario finale (M3), di due società cd. cartiere (la Fapi s.r.l. e la Apa s.r.l.), al fine di far conseguire al destinatario finale un vantaggio economico in termini di risparmio sul prezzo e detraibilità dell’IVA;

8. secondo la CTR, non vi sarebbe prova del coinvolgimento della Ralox nella frode, atteso che la stessa non ha goduto di alcun vantaggio economico dal meccanismo messo in opera, non aveva contatti e diretti rapporti economici con il destinatario finale della merce (M3); inoltre, non vi sarebbero elementi dai quali desumere che la Ralox conoscesse o dovesse conoscere la fittizietà delle cartiere, fittizietà di cui peraltro la CTR dubita, come si vedrà più avanti;

9. in realtà, secondo la ricostruzione operata dall’Amministrazione e fatta valere nel corso dei giudizi di merito dall’Agenzia, l’operazione sarebbe consistita non soltanto nella fittizia interposizione delle società intermedie, ma anche nella altrettanto fittizia separazione della cessione della materia prima dalla relativa lavorazione, che ha comportato vantaggi in termini di risparmio dell’IVA anche per l’odierna ricorrente;

10. la Ralox, infatti, pur avendo ceduto il prodotto finito direttamente alla M3, ha fatto risultare, mediante l’emissione di fatture, che in favore della prima cartiera, la FAPI, fosse stato ceduto materiale grezzo (billette di alluminio), vale a dire beni che, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 74, comma 8, e secondo il meccanismo di inversione contabile noto come “reverse charge”, esonerano il cedente dal pagamento dell’imposta;

11. la frode sarebbe stata poi completata mediante un ulteriore passaggio fittizio, dalla FAPI alla APA, vale a dire alla seconda società cartiera, che avrebbe cartolarmente trasformato il materiale grezzo in materiale lavorato, ceduto alla M3 e assoggettato a IVA;

12. ai fini dell’accertamento di questo meccanismo, che ha apportato alla Ralox un vantaggio economico certo, costituito dall’esonero dal pagamento dell’IVA, la CTR ha omesso di esaminare alcuni fatti storici decisivi, che pure l’Amministrazione ha documentato nei propri verbali e atti impositivi e che la difesa erariale ha portato all’attenzione dei giudici di merito: a) il fatto che FAPI e APA fossero cartiere e che dunque non fossero in possesso degli strumenti per l’esercizio di una attività commerciale di rilevante entità come quella posta in essere; b) il fatto che la Ralox avesse consegnato direttamente alla M3 il prodotto lavorato, con ciò dovendosi escludere che una trasformazione fosse avvenuta nei passaggi intermedi;

13. la CTR ha omesso cioè di considerare che la frapposizione delle cartiere non dava luogo soltanto a operazioni soggettivamente inesistenti, ma era altresì funzionale alla segmentazione fittizia e alla alterazione contabile della filiera, alla realizzazione dunque di un’operazione anche oggettivamente inesistente;

14. va al riguardo ricordato che il D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 1, definisce le fatture e i documenti per operazioni inesistenti quelli “emessi a fronte di operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte o che indicano i corrispettivi o l’imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale, ovvero che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi”;

15. la norma rende chiaro che va ricondotta alla nozione di operazione inesistente “ogni tipo di divergenza tra la realtà commerciale e la sua espressione documentale” (Cass. 13803/2014) e che dunque può parlarsi di oggettiva inesistenza anche quando vi sia difformità sostanziale tra l’operazione descritta in fattura e quella realmente effettuata, anche solo dal punto di vista quantitativo, inclusa l’ipotesi in cui, per effetto di tale difformità, l’operazione venga assoggettata a un regime dell’IVA non appropriato;

16. alla luce di quanto sin qui esposto, è evidente che i fatti trascurati dalla CTR sono decisivi ai fini del giudizio, in quanto astrattamente idonei a dimostrare l’oggettiva inesistenza delle operazioni e i vantaggi economici illeciti a ciò collegati;

17. questi stessi fatti, ove considerati, sarebbero stati decisivi anche per accertare l’inesistenza soggettiva delle operazioni economiche in esame;

18. la CTR ritiene, con una certa commistione tra elementi oggettivi e stati soggettivi, che l’inesistenza soggettiva delle operazioni sarebbe da escludere per le seguenti ragioni: 1) “i pagamenti collegati alle singole fatture sono stati eseguiti tramite strumenti tracciabili (bonifici) e… la merce è stata sempre regolarmente ricevuta”; 2) “dagli atti non si rilevano elementi concreti che possano far ritenere le operazioni poste in essere soggettivamente inesistenti, anche perchè i rapporti sono stati intrattenuti esclusivamente con le società, e delle quali non poteva in alcun modo conoscere se avessero o meno strutture regolari o dipendenti ecc. o anche se fossero in regola sul piano fiscale”;

19. ove invece la CTR avesse tenuto in considerazione i dati sopra illustrati – vale a dire a) il fatto che FAPI e APA fossero cartiere e che dunque non fossero in possesso degli strumenti per l’esercizio di una attività commerciale di rilevante entità come quella posta in essere, e b) il fatto che la Ralox avesse consegnato direttamente alla M3 il prodotto lavorato, con ciò dovendosi escludere che la trasformazione fosse avvenuta nei passaggi intermedi – sarebbe giunta, con elevato grado di probabilità, a diverse conclusioni anche in ordine all’inesistenza soggettiva delle operazioni;

20. quanto alla buona fede della contribuente, la sentenza ha erroneamente applicato le norme sugli accertamenti presuntivi invocate dall’Agenzia, per come interpretate dalla giurisprudenza di legittimità;

21. la contestazione mossa alla contribuente è quella di aver partecipato a una frode composita, in cui cioè, attraverso l’interposizione di società fittizie, è stata realizzata un’operazione diversa da quella documentata nelle fatture e nei documenti di trasporto; la contestazione è dunque di aver preso parte a un’operazione sia soggettivamente che oggettivamente inesistente, dandovi addirittura impulso, dato che, secondo la ricostruzione dell’Amministrazione, la Ralox vi ha svolto il ruolo di cedente;

22. tale dato, del tutto trascurato dalla sentenza impugnata, che ha trattato la vicenda come una semplice ipotesi di inesistenza soggettiva, ha inevitabili riflessi sullo stato soggettivo della contribuente;

23. secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, infatti, in caso di operazioni oggettivamente inesistenti, “l’Amministrazione finanziaria… ha l’onere di provare che l’operazione non è mai stata posta in essere, indicandone i relativi elementi, anche in forma indiziaria o presuntiva, ma non anche quello di dimostrare la mala fede del contribuente, atteso che, una volta accertata l’assenza dell’operazione, non è configurabile la buona fede di quest’ultimo, che sa certamente se ed in quale misura ha effettivamente ricevuto il bene o la prestazione per la quale ha versato il corrispettivo” (Cass. 14/09/2016, n. 18118, Cass. 05/08/2015, n. 16437, Cass. 30/10/2013, n. 24426);

24. tale affermazione è ancor di più valevole nell’ipotesi in cui si tratti di valutare la buona fede del soggetto economico che rivesta il ruolo di cedente nella sequenza delle operazioni commerciali, non potendo questi non conoscere che la merce consegnata al destinatario finale è diversa da quella fatturata alla società cartiera, fittiziamente interposta, soprattutto quando il cedente tragga dal tipo di operazione posta in essere il vantaggio di essere esonerato dal pagamento dell’imposta, mediante l’illecita applicazione del sistema del “reverse charge”;

25. come sopra illustrato, tale vantaggio non è infatti conseguibile se non attraverso un sistema di fittizia segmentazione delle operazioni commerciali e una cartolare separazione della cessione della materia prima dalla relativa lavorazione;

26. il fatto che il cedente consegni al destinatario finale il prodotto lavorato, nonostante che le fatture da lui stesso emesse nei confronti di una cartiera rechino l’indicazione di materia prima, è un elemento oggettivo, astrattamente idoneo a far presumere da parte sua anche la conoscenza dell’intero meccanismo fraudolento;

27. in conclusione, la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti, con conseguente rinvio alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 novembre 2020

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