Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27112 del 27/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 27/11/2020, (ud. 08/07/2020, dep. 27/11/2020), n.27112

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino L – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. ARMONE G.M. – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18840-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

RALOX SRL, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SICILIA 66, presso

lo studio dell’avvocato DANIELA CUTARELLI, che lo rappresenta e

difende unitamente agli avvocati AUGUSTO FANTOZZI, EDOARDO BELLI

CONTARINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 19/2012 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DEL LAZIO

DIST. di LATINA, depositata il 26/01/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

08/07/2020 dal Consigliere Dott. GIOVANNI MARIA ARMONE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. l’Agenzia delle entrate ha notificato alla contribuente Ralox s.r.l. alcuni avvisi di accertamento IRES, IRAP, IVA, IRPEG relativi agli anni d’imposta 2003 e 2004, contestandole di aver preso parte a operazioni commerciali soggettivamente e oggettivamente inesistenti;

2. in relazione a tali operazioni, l’Agenzia ha contestato alla Ralox di aver dedotto costi indeducibili e di aver indebitamente detratto l’IVA;

3. la CTP ha rigettato i ricorsi riuniti proposti dalla Ralox avverso tali accertamenti;

4. la Commissione tributaria regionale del Lazio, con sentenza n. 19/39/12, depositata il 26 gennaio 2012, ha accolto integralmente l’appello della contribuente, ritenendo viziata la notifica degli atti impositivi, carente la motivazione degli avvisi impugnati e reputando inoltre che mancassero elementi idonei a dimostrare l’inesistenza soggettiva e oggettiva delle operazioni;

5. avverso detta sentenza l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a sei motivi;

6. la Ralox s.r.l. resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. con il primo motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 140 c.p.c., e del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, in relazione alla notifica degli atti impositivi;

2. con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 56, in relazione alla sufficienza della motivazione ai fini della validità dell’atto impositivo;

3. con il terzo motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 19 e 54, artt. 2697 e 2729 c.c., in ordine alla statuizione relativa alla inesistenza oggettiva delle operazioni;

4. con il quarto motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla statuizione relativa alla inesistenza oggettiva delle operazioni;

5. con il quinto motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 19 e 54, art. 109 TUIR, art. 2729 c.c., in ordine alla statuizione relativa alla inesistenza soggettiva delle operazioni;

6. con il sesto motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla statuizione relativa alla inesistenza soggettiva delle operazioni;

7. il primo motivo è fondato;

8. la CTR ha affermato che il vizio della notifica degli avvisi di accertamento, originariamente fatto valere dalla contribuente e consistente nella mancata compilazione della relata di notifica nella copia dell’atto consegnata al destinatario, darebbe luogo a nullità e non a una mera irregolarità; a sostegno, la CTR ha posto l’orientamento della giurisprudenza di legittimità che, in tema di notifiche ex art. 140 c.p.c., richiamato, per la materia fiscale, dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, richiede a pena di nullità il completamento di tutti gli adempimenti stabiliti dalla norma;

9. l’affermazione non è corretta;

10. la compilazione della relata da parte dell’ufficiale giudiziario o del messo autorizzato (nell’ipotesi dell’art. 60 citato), non costituisce uno degli adempimenti essenziali previsti dall’art. 140 c.p.c., bensì un adempimento aggiuntivo, che è previsto dall’art. 148 c.p.c., e che non costituisce, qualora l’atto sia stato portato a conoscenza del destinatario, un requisito di forma indispensabile al raggiungimento dello scopo;

11. ne consegue che la mancata compilazione della relata sulla copia dell’atto determina – per giurisprudenza costante e condivisibile – una mera irregolarità e non una nullità (Cass. 05/05/2017, n. 11134; Cass. 5/2/2002, n. 1532);

12. a ciò va aggiunto il richiamo a un altro principio, costantemente enunciato da questa S.C., secondo cui, in materia tributaria, le condizioni di validità dell’atto impositivo prescritte dalle relative norme vanno tenute distinte (logicamente e cronologicamente) dalle condizioni di validità della sua notifica; pertanto, l’irritualità della notifica può essere fatta valere dal contribuente unicamente al fine di eccepire la decadenza dell’amministrazione dalla possibilità di esercitare la pretesa tributaria, o la prescrizione dell’azione, ovvero al fine di dimostrare la tempestività dell’impugnazione dell’atto; fuori da queste ipotesi, il contribuente non ha interesse a dedurre un vizio della notifica che non ridonda, di per sè, in vizio dell’avviso di accertamento (Cass. 21/04/2017, n. 10079; 03/11/2003, n. 16407);

13. il vizio dedotto nel caso in esame non rientra tra quelli appena citati, come invece sostiene la controricorrente, allorchè afferma che, in mancanza di esso, l’efficacia della notifica sarebbe slittata al 2010 e avrebbe dunque comportato la nullità degli atti di accertamento per superamento del termine di decadenza ordinario del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 43;

14. per determinare un simile slittamento di efficacia e dunque per assumere rilevanza nel presente giudizio, il vizio dedotto avrebbe dovuto infatti riguardare i requisiti legali di perfezionamento dell’atto dal punto di vista temporale, differendone gli effetti (come accade ad es. nell’art. 143 c.p.c., comma 3, o nello stesso art. 140 c.p.c., a seguito della sentenza della Corte Cost. n. 3 del 2010), mentre nel caso dell’art. 148 c.p.c., la legge non ricollega nessun effetto di questo tipo alla mancata compilazione della relata, a riprova del resto della minor gravità del vizio stesso e della sua inidoneità a integrare un’ipotesi di nullità;

15. fondato è anche il secondo motivo;

16. la CTR ha affermato: “non è condivisibile che, stante il riferimento al PVC, gli accertamenti debbono ritenersi motivati pur in assenza totale dei concreti presupposti all’origine degli stessi di cui appresso (vedasi per la motivazione quanto in narrativa specificato) ed anche della documentazione successivamente depositata dall’Ufficio (PVC della G. di F. di (OMISSIS))”;

17. in tale passaggio, non particolarmente perspicuo, la CTR sembra ritenere non sufficiente, ai fini dell’assolvimento dell’obbligo di motivazione degli atti impositivi, il riferimento al processo verbale di constatazione che ne costituisca il fondamento;

18. in realtà, tale affermazione si scontra con il seguente principio, consolidato nella giurisprudenza di legittimità e che il Collegio reputa pienamente condivisibile: “in tema di contenzioso tributario, l’avviso di accertamento – che ha carattere di “provocatio ad opponendum” e soddisfa l’obbligo di motivazione, ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 56, ogni qualvolta l’Amministrazione abbia posto il contribuente in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestarne efficacemente l'”an” ed il “quantum debeatur” – deve ritenersi correttamente motivato ove faccia riferimento ad un processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza regolarmente notificato o consegnato all’intimato, con la conseguenza che l’Amministrazione non è tenuta ad includere, nell’avviso di accertamento, notizia delle prove poste a fondamento del verificarsi di taluni fatti, nè a riportarne, sia pur sinteticamente, il contenuto” (Cass. 30/10/2019, n. 27800, Cass. 31/03/2011, n. 7360);

19. anche sotto tale profilo la sentenza impugnata deve pertanto dirsi erronea;

20. gli avvisi di accertamento impugnati – il cui contenuto è riportato dall’Agenzia nel ricorso per cassazione, così soddisfacendo il canone dell’autosufficienza – contengono infatti sia un rinvio al p.v.c., sia una sintesi del suo contenuto, con indicazione delle operazioni contestate e dei soggetti che hanno emesso fattura nei confronti della Ralox; in tal modo, l’Amministrazione ha messo in condizione la contribuente di conoscere le ragioni dell’accertamento e il “quantum” dovuto, così assolvendo all’obbligo di motivazione;

21. il terzo e il quarto motivo, da esaminare congiuntamente in ragione della loro intima connessione, sono fondati;

22. entrambi attengono alla valutazione delle operazioni oggetto di verifica da parte della CTR, la quale sembra ritenere che il concetto di operazioni oggettivamente inesistenti ai fini dell’IVA sia limitato alle ipotesi in cui, a fronte dell’emissione di una determinata fattura, nessuna cessione di beni o servizi sia stata effettuata;

23. in realtà, il D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 1, definisce le fatture e i documenti per operazioni inesistenti quelli “emessi a fronte di operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte o che indicano i corrispettivi o l’imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale, ovvero che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi”;

24. la norma rende chiaro che va ricondotta alla nozione di operazione inesistente “ogni tipo di divergenza tra la realtà commerciale e la sua espressione documentale” (Cass. 13803/2014) e che dunque può parlarsi di oggettiva inesistenza anche quando vi sia una qualunque difformità sostanziale tra l’operazione descritta in fattura e quella realmente effettuata, anche solo dal punto di vista quantitativo, inclusa l’ipotesi in cui, per effetto di tale difformità, venga indicata in fattura un’imposta in misura superiore a quella dovuta e venga così realizzata una cd. sovrafatturazione;

25. qualora dunque la fattura contenga l’indicazione di un’operazione soggetta a IVA, avente per oggetto un determinato bene o servizio con la relativa aliquota, e venga tuttavia accertato che l’operazione effettivamente compiuta, in quanto afferente a un diverso bene o servizio, è assoggettata a un’aliquota inferiore rispetto a quella indicata o a un diverso regime dell’IVA (come nell’ipotesi del cd. “reverse charge”, in cui l’IVA è assolta dal cessionario e non dal cedente), non vi è dubbio che si sia in presenza di un’operazione oggettivamente inesistente;

26. ne discendono alcune decisive conseguenze: a) in caso di sovrafatturazione o divergenza sostanziale, il destinatario della fattura non ha diritto alla detrazione dell’IVA, poichè, secondo il costante insegnamento di questa S.C., il destinatario della fattura non può esercitare il diritto alla detrazione dell’imposta in carenza del suo presupposto (v. Cass. 14/02/2019, n. 4344, ma anche Cass. 31/01/2019, n. 2862, nella diversa, ma speculare ipotesi in cui il cessionario pretendeva di esercitare il diritto alla detrazione a fronte di operazioni aventi per oggetto beni soggetti al “reverse charge”, per le quali il cessionario è tenuto egli stesso al pagamento dell’imposta e non può dunque detrarre un’imposta che il cedente non ha su di lui riversato;); b) l’Amministrazione finanziaria può procedere, avvalendosi degli strumenti presuntivi previsti dalla legge, alla rettifica delle dichiarazioni d’imposta del cessionario e al recupero dell’imposta non pagata o al disconoscimento della detrazione; c) l’onere della prova in giudizio è ripartito secondo le regole proprie delle operazioni oggettivamente inesistenti, secondo cui, una volta assolta da parte dell’Amministrazione finanziaria la prova dell’oggettiva inesistenza, spetta al contribuente, ai fini della detrazione dell’IVA e/o della deduzione dei relativi costi, provare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate, senza che, tuttavia, tale onere possa ritenersi assolto con l’esibizione della fattura ovvero in ragione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, che vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia (v. per tutte Cass. 14/05/2020, n. 8919, Cass. 30/10/2018, n. 27554, Cass. 05/07/2018, n. 17619, Cass. 11/05/2018, n. 11873);

27. alla luce di quanto appena esposto, non può essere condivisa la sentenza impugnata nella parte in cui sembra ritenere sufficiente, per escludere l’oggettiva inesistenza, che la merce sia stata effettivamente ricevuta dalla Ralox, che il prezzo da questa pagato non le sia stato restituito e che i documenti di trasporto, recanti l’indicazione della merce trasportata (“profilati vari grezzi 6060p”), fossero quelli ricevuti dalla Ralox e non quelli originariamente emessi al momento del carico della merce, alla Ralox del tutto sconosciuti (pag. 3-4 della motivazione);

28. è infatti evidente che, nel caso di oggettiva inesistenza da sovrafatturazione, la frode consiste non nel documentare un’operazione non effettuata, ma nel realizzare un’operazione diversa da quella risultante dalle fatture e dai documenti di trasporto, sì da assoggettare a IVA un bene non imponibile, in vista dell’ottenimento di un’indebita detrazione;

29. in casi simili, come correttamente osservato dall’Agenzia ricorrente, non è ai documenti che occorre guardare, ma alla merce effettivamente consegnata, per verificare se essa corrisponda alle risultanze dei documenti;

30. la CTR avrebbe dunque dovuto valutare se, in base agli accertamenti compiuti dai verificatori (dai quali era emerso che le ditte fornitrici erano “cartiere”, che i documenti di trasporto originariamente emessi recavano l’indicazione di beni diversi, soggetti al regime del cd. “reverse charge”, e che gli stessi documenti di trasporto erano stati sostituiti con altri, recanti diverse indicazioni soggettive e oggettive), fosse ipotizzabile che le operazioni documentate in fattura celassero in realtà la cessione di beni diversi e, nel caso, se il contribuente avesse fornito adeguata prova contraria;

31. ciò incide anche sullo stato soggettivo del cessionario, poichè la consapevolezza dell’inesistenza oggettiva dell’operazione è in via immediata desumibile, soprattutto per un operatore economico del settore, semplicemente dalla divergenza riscontrata tra la merce consegnata e quella documentata (v. la consolidata giurisprudenza di legittimità, secondo la quale, in caso di operazioni oggettivamente inesistenti, “l’Amministrazione finanziaria… ha l’onere di provare che l’operazione non è mai stata posta in essere, indicandone i relativi elementi, anche in forma indiziaria o presuntiva, ma non anche quello di dimostrare la mala fede del contribuente, atteso che, una volta accertata l’assenza dell’operazione, non è configurabile la buona fede di quest’ultimo, che sa certamente se ed in quale misura ha effettivamente ricevuto il bene o la prestazione per la quale ha versato il corrispettivo” – Cass. 14/09/2016, n. 18118, Cass. 05/08/2015, n. 16437, Cass. 30/10/2013, n. 24426);

32. anche sotto questo profilo la sentenza va perciò annullata;

33. il quinto e il sesto motivo, da esaminarsi congiuntamente per la loro stretta connessione e riguardanti l’inesistenza soggettiva delle operazioni compiute, sono ugualmente fondati;

34. a tale proposito, la CTR ha escluso che fosse stata raggiunta la prova della inesistenza soggettiva e che comunque la Ralox potesse essere consapevole di tale inesistenza (da cui la sua buona fede), utilizzando la seguente argomentazione: “dagli atti non si rilevano elementi concreti che possano far ritenere soggettivamente inesistenti le operazioni, anche perchè nessuna prova è stata in effetti fornita dall’ufficio circa eventuali rapporti intrattenuti con persone fisiche, rapporti che invece sono stati intrattenuti esclusivamente con le società, e delle quali non poteva in alcun modo conoscere se avessero o meno strutture regolari o dipendenti ecc. o anche se fossero in regola sul piano fiscale”;

35. pur volendo trascurare il fatto che la contestazione mossa alla contribuente è quella di aver partecipato a una frode composita, in cui cioè, attraverso l’interposizione di società fittizie, è stata realizzata un’operazione diversa da quella documentata nelle fatture e nei documenti di trasporto, il che, come illustrato nei precedenti punti, potrebbe essere di per sè sufficiente a dimostrare la mala fede del cessionario, e dunque pur circoscrivendo l’indagine al profilo dell’inesistenza soggettiva, e dunque al ruolo di “cartiere” rivestito dalle società danti causa della Ralox, la motivazione della CTR sopra riprodotta è gravemente insufficiente (censurabile ex art. 360, comma 1, n. 5, vecchio testo, in ragione del fatto che la sentenza d’appello è stata depositata il 26 gennaio 2012, in data dunque anteriore a quella di inizio dell’applicabilità del nuovo testo);

36. la sentenza nega apoditticamente la sussistenza di elementi concreti dimostrativi dell’inesistenza soggettiva, pur dando atto, nella prima parte della motivazione, di quanto affermato dall’Agenzia a proposito degli accertamenti compiuti dalla Guardia di finanza, e cioè che la Ralox aveva acquistato da società del tutto prive di strutture aziendali e organizzative, che il materiale consegnato era diverso da quello fatturato e risultante dai documenti di trasporto, che gli originali di questi ultimi erano stati sostituiti, in base alle dichiarazioni del trasportatore della merce;

37. in presenza di tali dati, la CTR avrebbe dovuto o negare radicalmente e motivatamente la loro stessa sussistenza, o spiegare adeguatamente le ragioni per cui gli stessi, neanche all’esito di una valutazione globale e sintetica di tipo presuntivo, fossero dimostrativi dell’inesistenza delle società danti causa;

38. il non aver intrapreso nessuna di tali strade concreta il vizio di motivazione denunciato dall’Agenzia ricorrente e giustifica anche sotto questo profilo la cassazione con rinvio della sentenza impugnata;

39. quanto alla buona fede della contribuente, la sentenza ha erroneamente applicato le norme sugli accertamenti presuntivi invocate dall’Agenzia, per come interpretate dalla giurisprudenza di legittimità;

40. va infatti ricordato che, secondo la più recente giurisprudenza di questa S.C. in tema di IVA, l’Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dovendosi escludere ogni automatismo probatorio a detrimento del cessionario/committente dei beni o servizi (v. Cass. 20/4/2018, n. 9851);

41. questa stessa giurisprudenza ha tuttavia puntualizzato che tale consapevolezza può essere dimostrata dall’Amministrazione anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici: “se al destinatario non compete, di norma, conoscere la struttura e le condizioni di operatività del proprio fornitore, sorge, tuttavia, un obbligo di verifica, nei limiti dell’esigibile, in presenza di indici personali od operativi anomali dell’operazione commerciale ovvero delle scelte dallo stesso effettuate ovvero tali da evidenziare irregolarità e ingenerare dubbi di una potenziale evasione, la cui rilevanza è tanto più significativa atteso il carattere strutturale e professionale della presenza dell’imprenditore nel settore di mercato in cui opera e l’aspettativa, fisiologica ed ordinaria, che i rapporti commerciali con gli altri operatori siano proficui e suscettibili di reiterazione nel tempo” (v. Cass. 20/4/2018, n. 9851, p. 6.11);

42. ne consegue che il giudice del rinvio, ove dovesse riscontrare la sussistenza di elementi oggettivi e specifici dimostrativi della fittizietà dei fornitori, dovrà utilizzare tali elementi anche per giudicare dello stato soggettivo della contribuente;

43. in conclusione, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera consiglio, il 8 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 novembre 2020

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