Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27109 del 27/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 27/11/2020, (ud. 18/02/2020, dep. 27/11/2020), n.27109

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. ZOSO Maria Teresa Liana – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. TADDEI Margherita – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6488-2015 proposto da:

M.F., P.A., MA.SA., T.G.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FEDERICO CESI 72, presso lo

studio dell’avvocato LUCIANA SABBATUCCI, che li rappresenta e

difende;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4837/2014 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 22/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/02/2020 dal Consigliere Dott. MARGHERITA TADDEI.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

Ma.Sa., M.F., P.A. e T.G. articolano due motivi di ricorso contro la sentenza n. 4837/38/14 della CTR Lazio che, confermando la sentenza di primo grado di parziale accoglimento del ricorso introduttivo, rigettava gli appelli riuniti riguardo all’avviso di accertamento e liquidazione n. (OMISSIS) Registro, ipotecaria e catastale 2008, che, in relazione alla compravendita di un fabbricato sito in (OMISSIS), in zona suburbana densamente edificata, rideterminava il valore degli immobili, oggetto dell’atto registrato il (OMISSIS), sulla base di un controllo effettuato ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 51 e 52, applicando il metodo del valore normale dei fabbricati, dai dichiarati Euro 500.000,00 ad Euro 1.584.000,00.

In particolare la CTR confermava la decisione del primo giudice che aveva accolto il ricorso ritenendo provata, in contrasto con l’accertamento di natura presuntiva effettuato dall’ufficio applicando il metodo del valore normale, la sola censura relativa alla errata individuazione della zona censuaria, che comportava la decurtazione dell’accertato ad Euro 1.000.000,00.

L’Ufficio ha contro dedotto.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

Due sono i motivi di ricorso, ribaditi con memoria:

a) violazione o falsa applicazione delle norme di diritto non avendo la Commissione tenuto in considerazione le modifiche normative introdotte dalla L. n. 88 del 2009 e le circolari dell’Agenzia delle Entrate, conseguitene anche in ordine agli accertamenti sulle imposte relative alle vendite immobiliare. Nella sostanza i ricorrenti contestano la legittimità dell’accertamento basato su un criterio di accertamento astratto e l’inadeguatezza oggettiva del metodo accertativo utilizzato e basato sui valori OMI, a rappresentare i valori reali lamentando una molteplicità di errori nell’inquadramento del caso concreto, desunto dalla consulenza tecnica prodotta.

b) L’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione. Contrariamente a quanto affermato dalla CTR, il primo giudice ha effettuato una disamina non esaustiva del materiale probatorio (in particolare la perizia tecnico giurata dell’ing. Z.F.), portato dai contribuenti a contrasto della presunzione, omettendo di considerare che oggetto della compravendita era il solo diritto di superficie e di valutare adeguatamente il fattore posizionale dell’immobile.

I motivi vanno analizzati congiuntamente, attesa l’evidente connessione argomentativa.

Al di là di un improprio richiamo alle modifiche legislative susseguitesi in ordine alla imposizione diretta ed IVA, e che comunque per la genericità dell’esposizione, non consente una adeguata valutazione, le censure espresse dai ricorrenti che riguardano il metodo dell’accertamento sono fondate ed il ricorso è fondato.

La giurisprudenza di questa Corte, infatti, è compatta nell’affermare che le quotazioni OMI, risultanti dal sito Web dell’Agenzia delle entrate, ove sono gratuitamente e liberamente consultabili, non costituiscono fonte tipica di prova, ma solo uno strumento di ausilio ed indirizzo per l’esercizio della potestà di valutazione estimativa, ma quali nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza, sono idonee solamente a “condurre ad indicazioni di valori di larga massima” (Cass. n. 25707 del 2015). In tema di imposta di registro, l’avviso di liquidazione non può essere fondato esclusivamente sullo scostamento tra il corrispettivo dichiarato nell’atto di compravendita ed il valore del bene risultante delle quotazioni OMI pubblicate sul sito web dell’Agenzia delle entrate, atteso che queste non costituiscono fonte di prova del valore venale in comune commercio, il quale può variare in funzione di molteplici parametri (quali l’ubicazione, la superficie, la collocazione nello strumento urbanistico), limitandosi a fornire indicazioni di massima e dovendo, invece, l’accertamento essere fondato su presunzioni gravi, precise e concordanti.(n. 11439/2018; 25813/18). Il riferimento alle stime effettuato sulla base dei valori OMI, per aree edificabili nel medesimo comune, non è quindi idoneo e sufficiente a rettificare il valore dell’immobile, tenuto conto che il valore dello stesso può variare in funzione di molteplici parametri quali l’ubicazione, la superficie, la collocazione nello strumento urbanistico, nonchè lo stato delle opere di urbanizzazione (Cass. n. 18651 del 2016).

E nel caso in esame, nelle decisioni di merito che si integrano a vicenda atteso l’espresso rinvio contenuto nella sentenza qui impugnata, in aggiunta alla provvida ma non esaustiva censura relativa all’erronea indicazione dell’ubicazione non vi è traccia di una indicazione più precisa sugli aspetti peculiari del bene che determinano e giustificano lo scostamento di valore, quale espressione della attenta ed esaustiva disamina del materiale probatorio prodotto che dovrebbe emergere dalla dialettica dibattimentale ma che sono del tutto assenti nell’argomentare delle commissioni di merito, non solo nello scarno avviso di accertamento in origine impugnato.

Il ricorso va, pertanto, accolto, e la sentenza impugnata cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, decidendo nel merito, va accolto il ricorso introduttivo proposto dai contribuenti.

Le spese di lite dei gradi di merito, in ragione del recente consolidarsi della giurisprudenza di legittimità sulle questioni oggetto di causa, rispetto all’epoca della introduzione della lite, vanno interamente compensate tra le parti, mentre le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo proposto dalla contribuente. Le spese di lite dei gradi di merito vanno interamente compensate tra le parti, mentre la soccombente va condannata al rimborso delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 4000,00 per compensi oltre spese forfetarie e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nell’udienza camerale, il 18 febbraio 2018.

Depositato in Cancelleria il 27 novembre 2020

 

 

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