Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27109 del 04/12/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 27109 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: PETITTI STEFANO

equa riparazione

SENTENZA
sentenza con motivazione
semplificata

sul ricorso proposto da:

MAGGIO Letteria (MGG LTR 63T47 F158H) e MAGGIO Giuseppe
(MGG GPP 66R30 F158V), quali eredi di Maggio Salvatore,
rappresentati e difesi, per procura speciale a margine del
ricorso, dall’Avvocato Fabrizio Mobilia, domiciliata in
Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria civile della
Corte suprema di cassazione;

ricorrente

contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del
Ministro pro tempore;
– intimato –

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Data pubblicazione: 04/12/2013

avverso il decreto della Corte d’appello di Messina
depositato in data 26 marzo 2012.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 4 ottobre 2013 dal Consigliere relatore Dott.

sentito l’Avvocato Fabrizio mobilia;

sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Ignazio Patrone, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione.
Ritenuto che, con ricorso depositato il 14 settembre

2010 presso la Corte d’appello di Messina, Maggio Letteria
e Maggio Giuseppe, quali eredi di Maggio Salvatore, hanno
chiesto la condanna del Ministero dell’economia e delle
finanze al pagamento dell’indennizzo per la irragionevole
durata di un giudizio amministrativo instaurato dal loro
dante causa dinnanzi al TAR di Catania, con ricorso
depositato il 14 ottobre 1999 ed ancora pendente alla data
di proposizione della domanda di equa riparazione;
che l’adita Corte d’appello riteneva che, essendo il
dante causa dei ricorrenti deceduto in data 11 marzo 2006,
ed essendo la domanda stata proposta solo iure
successlonis,

il giudizio presupposto, di ordinaria

complessità, avesse superato la ragionevole durata per tre
anni e cinque mesi e liquidava un indennizzo complessivo di
euro 1.710,00, in ragione di 500,00 euro per anno di

Stefano Petitti;

ritardo, oltre agli interessi legali dalla domanda al
soddisfo, e compensava per metà le spese del giudizio;
che per la cassazione di questo decreto Maggio Letteria
e Maggio Giuseppe hanno proposto ricorso sulla base di due

che l’amministrazione intimata non ha resistito con
controricorso.
Considerato

che il Collegio ha deliberato l’adozione

della motivazione semplificata nella redazione della
sentenza;
che con il primo motivo di ricorso la ricorrente
denuncia violazione dell’art. 2, commi 1 e 3, della legge
n. 89 del 2001, dell’art. 6, paragrafo 1, della CEDU e
degli artt. 1226 e 2056 cod. civ., nonché vizio di
motivazione con riferimento alla liquidazione contenuta
dalla Corte d’appello in euro 500,00 per anno di ritardo,
immotivatamente discostandosi dagli ordinari criteri di
liquidazione del danno non patrimoniale da irragionevole
durata del processo;
che il motivo è infondato;
che infatti, se è vero che il giudice nazionale deve,
in linea di principio, uniformarsi ai criteri di
liquidazione elaborati dalla Corte Europea dei diritti
dell’uomo (secondo cui, data l’esigenza di garantire che la
liquidazione sia satisfattiva di un danno e non

motivi, illustrati da memoria;

indebitamente lucrativa, la quantificazione del danno non
patrimoniale dev’essere, di regola, non inferiore a euro
750,00 per ogni anno di ritardo, in relazione ai primi tre
anni eccedenti la durata ragionevole, e non inferiore a

capo allo stesso giudice, il potere di discostarsene, in
misura ragionevole, qualora, avuto riguardo alle
peculiarità della singola fattispecie, ravvisi elementi
concreti di positiva smentita di detti criteri, dei quali
deve dar conto in motivazione (Cass. 18617 del 2010; Cass.
17922 del 2010);
che, nella specie, la Corte d’appello ha motivato lo
scostamento dagli ordinari criteri di determinazione
dell’indennizzo facendo riferimento alla presumibile
esiguità della posta in gioco; affermazione, questa, da
intendere alla luce della indicazione dell’oggetto del
giudizio amministrativo, consistente nella richiesta di
accessori su differenze retributive non rilevanti
corrisposte con un anno e mezzo di ritardo);
che trattasi di motivazione adeguata, rispetto alla
quale le deduzioni del ricorrente, secondo cui la posta in
gioco non sarebbe stata poi così esigua, si infrangono sul
rilievo che la valutazione della esiguità o no della posta
in gioco, alla luce delle circostanze soggettive e
oggettive del caso di specie, è accertamento di fatto non

euro 1.000 1 00 per quelli successivi), permane tuttavia, in

sindacabile in sede di legittimità, se non con riferimento
ad eventuali vizi della motivazione, nella specie non
sussistenti; e ciò tanto più che gli elementi di fatto dai
quali i ricorrenti pretendono di far discendere il vizio

motivazione, emergono chiaramente dal provvedimento
impugnato; né i ricorrenti hanno censurato specificamente
la valutazione sul punto espressa dalla Corte d’appello,
omettendo anche in questa sede di fornire una indicazione
quantitativa in ordine alla pretesa azionata dal loro dante
causa nel giudizio presupposto;
che va poi ricordato che, in applicazione dei criteri
elaborati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo
(decisioni Volta et autres c. Italia,
Falco et autres c. Italia,

del 16 marzo 2010 e

del 6 aprile 2010) e recepiti

dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass., 18 giugno
2010, n. 14753; Cass., 10 febbraio 2011, n. 3271; Cass., 13
aprile 2012, n. 5914), relativamente a giudizi
amministrativi protrattisi per oltre dieci anni, questa
Corte è solita liquidare un indennizzo che rapportato su
base annua corrisponde a circa 500,00 euro per la durata
del giudizio;
che tale approdo consente di escludere che un
indennizzo di 500,00 euro per anno di ritardo possa essere
di per sé considerato irragionevole e quindi lesivo

denunciato, anche sotto il profilo del vizio di

dell’adeguato ristoro che la giurisprudenza della Corte
europea intende assicurare in relazione alla violazione del
termine di durata ragionevole del processo;
che tale conclusione trova conferma ove si consideri

di durata ragionevole del processo, ai fini del
disconoscimento dell’an

debeatur non rileva la cosiddetta

posta in gioco, la cui modestia è idonea solo ad incidere
sull’ammontare dell’indennità da liquidare, ma non ad
escludere il diritto all’indennizzo, per il cui
accertamento, pertanto, si deve valutare la durata del
processo presupposto, applicando per la determinazione
della ragionevole durata i parametri elaborati dalla CEDU
(Cass. n. 17682 del 2009) e che il giudice, nel determinare
la quantificazione del danno non patrimoniale subito per
ogni anno di ritardo, può scendere al di sotto del livello
di ”soglia minima” là dove, in considerazione del carattere
bagatellare o irrisorio della pretesa patrimoniale azionata
nel processo presupposto, parametrata anche sulla
condizione sociale e personale del richiedente,
l’accoglimento della pretesa azionata renderebbe il
risarcimento del danno non patrimoniale del tutto
sproporzionato rispetto alla reale entità del pregiudizio
sofferto (Cass. n. 12937 del 2012);

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che in tema di equa riparazione per violazione del termine

che deve quindi concludersi che, nel caso di specie, la
Corte d’appello, nel liquidare l’indennizzo in 500,00 euro
per ciascuno degli anni di ritardo nella definizione del
giudizio presupposto, anche in considerazione della scarsa

denunciata violazione di legge;
che con il secondo motivo i ricorrenti denunciano
violazione e falsa applicazione dell’art. 92 cod. proc.
civ. e vizio di motivazione, dolendosi della ingiustificata
statuizione di compensazione integrale delle spese di lite;
che anche questo motivo è infondato, avendo la Corte
d’appello dato adeguata motivazione della disposta
compensazione, valorizzando il limitato accoglimento della
pretesa proposta dai ricorrenti in qualità di eredi (Cass.
n. 16526 del 2005);
che il ricorso va quindi rigettato;
che non vi è luogo a pronunciare sulle spese, non
avendo il Ministero intimato svolto attività difensiva.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Sesta Sezione Civile – 2 della Corte suprema di Cassazione,
il 4 ottobre 2013.

rilevanza della posta in gioco, non sia incorsa nella

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