Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27105 del 23/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 23/10/2019, (ud. 03/04/2019, dep. 23/10/2019), n.27105

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 15817/2016 R.G. proposto da:

Tripmare s.p.a., quale incorporante della Tripnavi s.p.a., in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

Roma, via Germanico n. 172, presso lo studio dell’avv. Nicola

Bultrini, rappresentata e difesa dagli avv.ti Paolo Stern ed Enrico

Marello, giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle dogane e dei monopoli, in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n.

12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Friuli

Venezia Giulia n. 485/10/15, depositata il 16/12/2015.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 3 aprile 2019

dal Cons. Dott. Nonno Giacomo Maria.

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. Zeno Immacolata, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Uditi gli avv.ti Enrico Marello e Paolo Stern per la ricorrente,

nonchè l’avv. Anna Collabolletta per la controricorrente.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 485/10/15 del 03/04/2015, la Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia (hinc CTR) accoglieva gli appelli riuniti proposti dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli avverso le sentenze n. 329/02/14 e n. 330/02/14 della Commissione tributaria provinciale di Trieste (hinc CTP), che aveva, a sua volta, accolto l’impugnazione della Tripnavi s.p.a. (oggi incorporata nella Tripmare s.p.a., hinc Tripmare) nei confronti dell’avviso di accertamento suppletivo e in rettifica e del conseguente atto di irrogazione sanzioni per omesso pagamento dei diritti doganali relativi all’anno d’imposta 2012.

1.1. Come si evince dalla sentenza della CTR: a) l’avviso di accertamento riguardava il carburante (gasolio per autotrazione, cd. bunker) esistente all’interno del serbatoio del rimorchiatore “Gladiator”, importato dalla Turchia e subito adibito a servizio di rimorchio all’interno del porto di Trieste; b) la CTP accoglieva i separati ricorsi proposti dalla Tripmare; c) avverso le sentenze della CTP, l’Agenzia delle dogane proponeva appello con distinti ricorsi.

1.2. La CTR, previa riunione dei procedimenti, motivava l’integrale accoglimento di entrambi gli appelli evidenziando che: a) l’avviso di rettifica era stato correttamente motivato in ragione della “omessa liquidazione dell’accisa all’importazione dovuta sul bunker contenuto nel serbatoio del rimorchiatore importato”; b) l’erronea indicazione della disposizione di riferimento – del (Testo unico accise – TUA) D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, art. 61, comma 1, lett. a), b) e c), anzichè del medesimo Testo unico accisa – TUA, art. 2, comma 4, e art. 3, commi 1, 2 e 4, non aveva rilevanza, “dal momento che il focus della pretesa tributaria è stato esattamente centrato dall’Ufficio con riferimento al fatto che per il rimorchiatore “Gladiator” era stata presentata dichiarazione di importazione dalla Turchia con omissione del gasolio da autotrazione rimasto, dopo la navigazione in acque internazionali, nel serbatoio, gasolio che andava assoggettato ad imposta perchè di provenienza estera”; c) non sussisteva la eccepita mutatio libelli in quanto la causa petendi era già presente nell’avviso di accertamento e rettifica, nel quale era “chiaramente indicata l’aliquota di accisa (e non di imposta di consumo fuori campo accise) gravante sugli oli minerali di cui al D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 21, pari ad Euro 617,40 per mille litri”; d) invero, la rettifica era stata operata non già per la ragione formale del mancato inserimento del gasolio nella dichiarazione doganale, ma “per la ragione sostanziale di recuperare a posteriori (…) l’accisa dovuta sul “bunker””; e) non trovavano applicazione in ipotesi, nè il punto 3 della Tabella A del Testo unico accise, nè al (Testo unico sulla legge doganale – TULD) D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, artt. 253 e 254; f) il gasolio nel serbatoio del rimorchiatore era di provenienza estera e, pertanto, non poteva essere incluso “negli impieghi agevolati come carburante per la navigazione nelle acque marine comunitarie, essendo l’uso agevolato sottoposto alle condizioni di sicurezza fiscale previste dal DM 577 del 16.11.1995, tra cui la preventiva denaturazione e l’erogazione del gasolio da parte di particolari distributori munti di licenza fiscale, non in contrasto con l’art. 14, comma 1 lett. c), della direttiva comunitaria 2003/96”; g) era dovuta anche l’IVA all’importazione, prevista “in linea di principio per tutti i beni introdotti nel territorio dello Stato che siano originari da Paesi non compresi nel territorio della UE e che non siano già stati ammessi a libera pratica in altro Paese membro della U E”.

2. Avverso la sentenza della CTR la Tripmare proponeva ricorso per cassazione, affidato ad otto motivi, illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c..

3. L’Agenzia delle dogane resisteva con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso la Tripmare deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, evidenziandosi la sussistenza di un giudicato interno in ordine alla non debenza dell’IVA all’importazione e del contributo stazione speciale combustibile, non essendo stato proposto sul punto alcun appello da parte dell’Agenzia delle dogane.

2. Il motivo è inammissibile.

2.1. In buona sostanza, la ricorrente deduce la sussistenza di un vizio di ultrapetizione, essendosi il giudice di appello pronunciato anche su IVA e contributo stazione speciale combustibile senza che fosse stato proposto specifico appello sul punto, con conseguente passaggio in giudicato della sentenza della CTP.

2.2. Tuttavia, secondo la giurisprudenza della Corte, “l’interpretazione della domanda spetta al giudice del merito, per cui, ove questi abbia espressamente ritenuto che una certa domanda era stata avanzata ed era compresa nel “thema decidendum”, tale statuizione, ancorchè erronea, non può essere direttamente censurata per ultrapetizione, atteso che, avendo comunque il giudice svolto una motivazione sul punto, dimostrando come una certa questione debba ritenersi ricompresa tra quelle da decidere, il difetto di ultrapetizione non è logicamente verificabile prima di avere accertato che quella medesima motivazione sia erronea” (Cass. n. 20718 del 13/08/2018; si vedano, altresì, ex multis, Cass. n. 30684 del 21/12/2017; Cass. n. 1545 del 27/01/2016; Cass. n. 21874 del 27/10/2015; Cass. n. 2630 del 05/02/2014).

2.3. Nel caso di specie è palese che la sentenza di appello considera che la censura proposta dall’Agenzia delle dogane investa anche IVA e contributo stazione speciale combustibile, essendoci una

specifica statuizione sul punto.

2.4. Ne consegue, pertanto, l’inammissibilità del motivo.

3. Con il secondo motivo di ricorso la Tripmare deduce la violazione e falsa applicazione della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3 e della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, fondandosi la sentenza impugnata su di una motivazione dell’avviso di accertamento che è stata fornita solo nel corso del giudizio.

4. Con il terzo motivo si contesta la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e del TUA, artt. 2,3 e art. 61, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, evidenziandosi che la sentenza impugnata si fonda su un illegittimo mutamento della fattispecie applicabile alla ripresa a tassazione dell’accisa sulla rimanenza di gasolio, tale da immutare in maniera radicale l’oggetto del giudizio in violazione del principio dispositivo, del principio dell’effetto devolutivo dell’appello e del principio del contraddittorio.

5. I due motivi, che possono essere congiuntamente esaminati in ragione della loro connessione, sono infondati.

5.1. Secondo quanto si legge sia nella sentenza impugnata che nell’avviso di accertamento, debitamente trascritto dal ricorrente ai fini del rispetto del principio di specificità, emerge con evidenza che i diritti doganali non corrisposti e liquidati concernono il gasolio proveniente da Paesi terzi ed esistente nel serbatoio dell’imbarcazione, la cui presenza veniva evidenziata dalla documentazione allegata alla dichiarazione doganale; gasolio che, nella prospettazione dell’Ufficio, soggiace ad accisa e contributo stazione sperimentale combustibili.

5.2. Se questo è il fatto contestato, non è dubbio che, da un lato, la motivazione addotta dall’Ufficio in appello non risulta affatto nuova, ma già contenuta nell’avviso di accertamento, tenuto conto che il mancato pagamento dei diritti sul gasolio presuppone la mancata dichiarazione doganale del bunker contenuto nel serbatoio del rimorchiatore.

5.3. Dall’altro, l’erronea indicazione delle disposizioni contestate con riferimento a circostanze di fatto non modificate implica unicamente un problema di sussunzione della fattispecie nella corretta norma applicabile, senza effettivo nocumento per la difesa della Tripmare, che, indipendentemente dalla indicazione delle norme violate, è posta pienamente a conoscenza dei fatti alla stessa contestati (con riferimento alla irrilevanza della omessa indicazione delle norme violate, si vedano Cass. n. 9499 del 12/04/2017; Cass. n. 28968 del 10/12/2008; Cass. n. 3257 del 06/03/2002).

6. Con il quarto motivo di ricorso la Tripmare deduce la violazione e falsa applicazione della previsione normativa di esenzione di cui al n. 3 della Tabella A allegata al Testo unico accise, nonchè degli artt. 2 e 3 TUA e del D.M. 16 novembre 1995, n. 577, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziando che la sentenza impugnata avrebbe erroneamente ritenuto non applicabile il regime di esenzione dall’accisa sugli oli minerali per l’utilizzo dei combustibili da parte di navi adibite ad uso commerciale che svolgono prestazioni di carattere commerciale.

7. Con il quinto motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione delle medesime disposizioni di cui al quarto motivo, sempre in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziandosi che la sentenza della CTR avrebbe erroneamente ritenuto che il godimento dell’esenzione prevista dal n. 3 della Tabella A allegata al Testo unico accise sia subordinata all’insussistenza di violazioni attinenti alle formalità doganali, in violazione dell’orientamento della Corte di giustizia della UE.

8. I due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto riguardano le medesime disposizioni, sono infondati.

8.1. Dal combinato disposto degli artt. 2 e 3 TUA, nella formulazione applicabile ratione temporis, si deduce, in via generale, che: a) l’accisa è esigibile al momento dell’immissione in consumo del prodotto (art. 2, comma 2); b) si considera immissione in consumo “l’importazione anche irregolare, di prodotti sottoposti ad accisa, a meno che gli stessi non siano immediatamente vincolati, all’atto dell’importazione, ad un regime sospensivo” (art. 2, comma 2, lett. d); c) l’imposta è dovuta anche per i prodotti sottoposti ad accisa contenuti nelle merci importate, con lo stesso trattamento fiscale previsto per i prodotti nazionali e comunitari (art. 3, comma 4, u.p.); d) “la liquidazione dell’imposta si effettua applicando alla quantità di prodotto l’aliquota d’imposta vigente alla data di immissione in consumo” (art. 3, comma 3); e) in caso di importazione, è obbligato al pagamento dell’accisa “il debitore dell’obbligazione doganale individuato in base alla relativa normativa e, in caso di importazione irregolare, in solido, qualsiasi altra persona che ha partecipato all’importazione” (art. 2, comma 4, lett. c).

8.1.1. E’ opportuno, altresì, precisare, per completezza, che il gasolio per autotrazione oggetto del presente giudizio è classificato, secondo l’atto di accertamento, nella voce NC 2710.1947 ed è, pertanto, sottoposto ad accisa ai sensi del TUA, art. 21, comma 1, lett. b), e non già alle imposizioni indirette di cui all’art. 61 TUA, richiamato dall’Agenzia delle dogane.

8.1.2. Ai sensi del (Testo unico sulla legge doganale – TULD) D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 34, poi, non è dubbio che l’accisa rientri tra i diritti doganali e, precisamente, tra i diritti di confine, che le dogane sono tenute a riscuotere in relazione alle operazioni doganali.

8.1.3. Infine, ai sensi dell’art. 202 del regolamento CEE n. 2913/92 del 12 ottobre 1992 (Codice doganale comunitario – CDC), non modificato sul punto dal successivo regolamento CE n. 648/2005 del 13 aprile 2005 e, dunque, applicabile ratione temporis, l’obbligazione doganale sorge, in capo a tutte le persone che hanno comunque partecipato all’operazione, in seguito all’irregolare importazione di merce e, dunque, allorquando la merce non è stata fatta oggetto di dichiarazione.

8.2. Nel caso di specie, l’operazione doganale è costituita dalla importazione di una nave costruita in uno Stato extra UE. Ne consegue che la nave – ivi compreso il suo contenuto – viene in considerazione come bene merce e non come veicolo utilizzato per lo svolgimento di attività commerciale in acque comunitarie.

8.2.1. Pertanto, dovendo la normativa di riferimento essere interpretata sotto questo angolo di visuale, sono del tutto condivisibili le conclusioni della CTR, la quale ha ritenuto che, in ragione dell’intervenuta importazione, doveva essere sottoposto al prelievo dei relativi diritti doganali anche il gasolio residuo contenuto nel serbatoio del rimorchiatore.

8.3. In proposito, le disposizioni normative richiamate dalla ricorrente non si attagliano alla fattispecie. Invero:

1) il manifesto di carico di cui all’art. 106 TULD è richiesto per qualsiasi nave che entra in un porto UE e non ha alcuna specifica rilevanza ai fini della dichiarazione di importazione di una nave e del carburante in essa contenuto;

2) il carburante residuo costituisce indubbiamente provvista di bordo della nave ai sensi dell’art. 252 TULD, lett. b), tuttavia le esenzioni previste dai successivi artt. 253 e 254 riguardano esclusivamente le provviste esistenti sulle navi in arrivo o in partenza e consumate a bordo durante la permanenza nel porto. Le menzionate disposizioni non sono compatibili con la fattispecie in esame, laddove la nave è di per sè oggetto di importazione e non già mezzo adibito al trasporto delle merci;

3) non trova applicazione nemmeno l’esenzione prevista dal punto n. 3 della Tabella A allegata al Testo unico accise (riguardante i carburanti per la navigazione nelle acque marine comunitarie, compresa la pesca, con esclusione delle imbarcazioni private da diporto, e i carburanti per la navigazione nelle acque interne, limitatamente al trasporto delle merci, e per il dragaggio di vie navigabili e porti). Si ribadisce, infatti, che nella fattispecie la nave viene in considerazione come bene merce e non già per la sua attitudine alla navigazione nelle acque interne o comunitarie, per la quale solo trova effettiva giustificazione la specifica disciplina dettata dal D.M. n. 577 del 1995;

4) il richiamo alla disciplina prevista dal Codice doganale dell’Unione di cui al regolamento UE n. 952/2013 del 9 ottobre 2013 ed alle sue disposizioni di esecuzione di cui al regolamento UE n. 2447/2015 del 24 novembre 2015 è del tutto inconferente, trattandosi di una disciplina palesemente non applicabile alla fattispecie, che riguarda imposte relative all’anno 2012.

8.3.1. Il richiamo fatto dalla parte ricorrente a CGUE 1 aprile 2004, in causa C-389/02, Hauptzolamt Kiel riguarda ancora una volta le navi utilizzate per la navigazione a fini commerciali (un ulteriore riferimento è costituito da CGUE 13 luglio 2017, in causa C-151/16, Vakarq Baltijos) e non già le navi esse stesse oggetto di importazione.

8.4. In buona sostanza, quando una nave è oggetto di importazione, venendo in considerazione come bene merce, è soggetta al pagamento dei diritti doganali all’importazione, ivi comprese le accise sul carburante esistente nel serbatoio, non potendo applicarsi le esenzioni previste per la navigazione commerciale. Del resto, solo in un momento successivo all’importazione, il rimorchiatore ha iniziato a svolgere la sua attività commerciale in acque interne, maturando, se del caso, il diritto alle esenzioni previste dalla legislazione vigente.

8.4.1. Può, pertanto, essere enunciato il seguente principio di diritto: “in tema di diritti doganali, nel caso di importazione di una nave da un Paese extra UE, il carburante residuo esistente nel serbatoio della nave va sottoposto ad accisa, non trovando applicazione le esenzioni specificamente previste dalla normativa applicabile ratione temporis e riguardanti la navigazione commerciale”.

9. Con il sesto motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 8 bis, comma 1, lett. d), e art. 68, comma 1, lett. a), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, non essendo soggette all’IVA all’importazione le rimanenze di gasolio contenute nel serbatoio.

10. Con il settimo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione delle medesime disposizioni di legge richiamate con il sesto motivo, sempre in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, avendo la CTR ritenuto, in contrasto con l’interpretazione della Corte di giustizia della UE, che a seguito del verificarsi delle violazioni attinenti alle formalità doganali trova applicazione la disciplina dell’IVA all’importazione.

11. I due motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, riguardando distinte violazioni della medesima disposizione di legge, sono inammissibili.

11.1. Sebbene l’accertamento riguardasse specificamente anche VIVA all’importazione, il ricorrente non ha provato di avere sollevato alcuna questione sul punto, come si evince dalla stessa narrazione contenuta in ricorso e riguardante le difese della Tripmare nei giudizi di primo e secondo grado.

11.2. Le questioni sollevate devono, pertanto, ritenersi nuove, con conseguente inammissibilità dei motivi proposti in cassazione.

12. Con l’ottavo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 303, comma 3, lett. e), TULD, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziandosi che le violazioni contestate non sono sussistenti, con conseguente inapplicabilità delle sanzioni.

13. Il motivo resta assorbito.

13.1. L’accertata sussistenza delle violazioni contestate alla Tripmare giustifica l’irrogazione delle sanzioni.

14. In conclusione, il ricorso va rigettato; la novità della questione giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio.

Sussistono i requisiti processuali per il raddoppio del contributo unificato a carico della ricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese. Sussistono i requisiti per il raddoppio del contributo unificato a carico della ricorrente.

Così deciso in Roma, il 3 aprile 2019.

Depositato in cancelleria il 23 ottobre 2019

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