Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27101 del 27/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 27/11/2020, (ud. 14/11/2019, dep. 27/11/2020), n.27101

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. D’AURIA Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1591-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

L.C., elettivamente domiciliata in ROMA VIA GALLESE 30,

presso lo studio dell’avvocato LUCA GIANCOLA, rappresentata e difesa

dall’avvocato DANIELE OSNATO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 151/2010 della COMM. TRIB. REG. di PALERMO,

depositata il 24/11/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/11/2019 dal Consigliere Dott. D’AURIA GIUSEPPE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La vicenda giudiziaria trae origine dall’avviso di accertamento emesso dalla Agenzia delle Entrate di Sciacca, con il quale era rideterminato il reddito di impresa della ditta Xacca Motor di L.C., esercente attività di commercio all’ingrosso e al dettaglio di motocicli e ciclomotori, con conseguente richiesta di maggiori imposte ai fini Irpef, addizionale regionale e comunale, contributi previdenziali, Irap ed Iva, oltre a sanzioni.

Il ricorso, presentato dal contribuente, era accolto dalla Commissione Provinciale di Agrigento.

A seguito di appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, la CTR di Palermo, confermava la decisione di primo grado sia perchè la percentuale di ricarico era stata erroneamente calcolata, sia perchè non si era tenuto conto degli sconti praticati dalla ditta.

Propone ricorso in Cassazione la Agenzia delle Entrate, che si affidava a 3 motivi così sintetizzabili:

i) Violazione e o falsa applicazione di legge artt. 2727 e 2729 c.c. con riferimento al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. D, ed al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

2) In subordine: omessa o insufficiente ed illogica motivazione su fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

3) In ulteriore subordine: violazione e o falsa applicazione di legge: D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 2 e 7, art. 112 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4).

Si costituisce con controricorso l’intimata ditta, chiedendo il rigetto del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di gravame, il ricorrente prospetta il vizio di violazione e o falsa applicazione di legge, avendo il giudice del merito, secondo il ricorrente, escluso la presunzione su cui si fondava l’accertamento non esaminando tutti i singoli indizi elencati nell’accertamento, ed ove unitariamente considerati, dovendosi ritenere che la loro combinazione fosse idonea a sorreggere la pretesa fiscale, con il secondo motivo contesta che vi fosse discrepanza tra la percentuale media di ricarico del 37,23% di cui allegato 5 pvc da quella inferiore pari al 13,36% di cui allegato n. 4, contestando anche la motivazione nella parte in cui si affermava “L’Uffico non ha fornito risposte sufficienti circa il mancato computo degli sconti effettivamente praticati…”. Data la stretta connessione i due motivi vanno esaminati congiuntamente.

Occorre premettere come risulta, dalla concorde ricostruzione dei fatti, che nel caso, l’accertamento analitico-induttivo, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), circa i maggiori ricavi non dichiarati dalla impresa commerciale, è stata effettuata attraverso l’applicazione di una percentuale di ricarico medio ponderato, applicando detta percentuale sul costo del venduto quale accertato in contraddittorio delle parti (tenendo conto del valore delle rimanenze); e detraendo dall’importo così ottenuto (ricavi accertati) i ricavi dichiarati dall’impresa o comunque accertati sulla base della contabilità.

Pur volendo ipotizzare errata la media ponderale, individuata dall’organo tecnico-specializzato (quale deve ritenersi la Guardia di Finanza), comunque il giudice di appello avrebbe dovuto individuare l’esatta media ponderale, (che si calcola prendendo a base i dati indicati nel pvc secondo la formula indicata dagli stessi accertatori), al fine di accertare se la pretesa fiscale fosse infondata o parzialmente infondata. In altri termini il giudice di merito avrebbe dovuto procedere alla nuova determinazione di tale valore secondo il criterio ritenuto legittimo, anzichè annullare in toto la rettifica operata dall’Ufficio, ciò in applicazione del consolidato principio “secondo il quale il processo tributario non è diretto alla mera eliminazione giuridica dell’atto impugnato, ma ad una pronuncia di merito, sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente che dell’accertamento dell’ufficio, con la conseguenza che il giudice tributario, ove ritenga invalido l’avviso di accertamento per motivi di ordine sostanziale (e non meramente formale), è tenuto ad esaminare nel merito la pretesa tributaria e a ricondurla, mediante una motivata valutazione sostitutiva, alla corretta misura, entro i limiti dei petita delle parti.

Inoltre, poichè in concreto l’individuazione delle percentuali di ricarico applicate dal contribuente, è avvenuta in contraddittorio delle parti secondo il listino vendita, e la media ponderata è stata individuata dall’organo tecnico amministrativo specializzato in procedimenti di matematica applicata alla ragioneria, il giudice, sebbene peritus peritorum, non poteva prescindere dai rilievi tecnici individuati dalla G. F., giacchè il potere del Giudice di merito di apprezzare il fatto non equivale ad affermare che egli possa farlo immotivatamente e non lo esime dunque dalla spiegazione delle ragioni. Nel caso il giudice si è limitato a porre in relazione il risultato finale dell’operazione matematica statistica con uno dei fattori utilizzati nella formula. Appare lampante che il risultato è sì determinato dai singoli fattori, ma è anche evidente che l’esame di uno solo rispetto al risultato non può far ritenere l’esistenza dell’errore. Nel caso la percentuale del 13,36% (riportata nell’allegato 4) rappresentava un calcolo intermedio, mentre l’allegato 5 si riferiva, in modo riepilogativo, a tutta la merce. In altri termini raffrontando solo il calcolo intermedio con quello finale non può trarsi l’esistenza di errore.

Le valutazioni tecniche di un organo dello stato, sebbene non abbiano efficacia vincolante per il giudice, tuttavia, egli può legittimamente disattenderle soltanto attraverso una valutazione critica che sia ancorata alle risultanze processuali e risulti motivata, dovendo il giudice indicare gli elementi di cui si è avvalso per ritenere erronei i calcoli tecnici sui quali l’Agenzia si è basata per addivenire alla decisione contrastante con il calcolo effettuato dalla G.F.

Nè è condivisibile la seconda ratio decidendi secondo cui “l’Ufficio non ha fornito risposte sufficienti circa il mancato computo degli sconti effettivamente praticati che incidono non poco tra l’altro sul costo del venduto (?) che sul conseguente volume di affari”.

Sul punto è opportuno precisare che nel processo verbale si legge che si è tenuto conto “delle classi di sconto rilevate dal listino di vendita al pubblico “, sicchè la prova dell’esistenza di ulteriori sconti praticati dall’imprenditore, a seguito di scelta imprenditoriale dettata da contingenze del mercato, doveva essere data dal contribuente, su cui gravava il relativo onere, anche in virtù del principio di vicinanza della prova. Invece nel caso specifico, con argomentazioni del tutto contrastanti con i principi giurisprudenziali, ha sostanzialmente posto a carico dell’Amministrazione finanziaria un onere probatorio, visto che non avrebbe adeguatamente contrastato quanto affermato dal contribuente, argomentazione che non competeva ad essa agenzia, ma spettava al giudice solo valutare l’eventuale prova offerta dal contribuente neppure indicata in sentenza.

Pertanto, per i motivi suddetti la sentenza va cassata con rinvio alla Ctr della Sicilia in diversa composizione che provvederà anche alle spese di questo grado.

P.Q.M.

Accoglie il 1 e 2 motivo del ricorso, e per l’effetto cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C T R della Sicilia in diversa composizione che provvederà anche alle spese di questo grado.

Così deciso in Roma, il 14 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 novembre 2020

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