Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 271 del 10/01/2017

Cassazione civile, sez. I, 10/01/2017, (ud. 06/10/2016, dep.10/01/2017),  n. 271

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERNABAI Renato – Presidente –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – rel. Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18426-2013 proposto da:

EASY BUSINESS CONSULTING S.R.L., (c.f. (OMISSIS)), già LEASING

SAMMARINESE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO TRIONFALE 7,

presso l’avvocato ERNESTO ABBATE, rappresentata e difesa dagli

avvocati PIER ETTORE OLIVETTI RASON, GIAN PAOLO OLIVETTI RASON,

giusta procura in calce alla comparsa di costituzione di nuovo

difensore;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) S.P.A. IN LIQUIDAZIONE, in persona del Curatore

fallimentare dott. M.S., elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA LUIGI LUCIANI 1, presso l’avvocato DANIELE MANCA BITTI,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GUIDO D’APRILE,

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BRESCIA, depositato il

28/06/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/10/2016 dal Consigliere Dott. MAGDA CRISTIANO;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato ORLANDO REALE, con delega, che

ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato DANIELE MANCA BITTI che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Brescia ha respinto l’opposizione L. Fall., ex art. 98 proposta da Easy Business Consulting (in seguito EBC o Easy Business) s.r.l. (già Leasing Sammarinese s.p.a.) per ottenere l’ammissione allo stato passivo di (OMISSIS) s.p.a. del credito, di oltre 21 milioni di Euro, preteso a saldo dei canoni scaduti e a scadere del contratto – da cui il curatore si era sciolto ai sensi della L. Fall., art. 72 e 72 quater – con il quale aveva concesso in locazione finanziaria alla società poi fallita i marchi già di proprietà di (OMISSIS) ((OMISSIS)) s.a.s. (il cui socio accomandatario era il padre dell’A.U. della s.p.a.), che questa le aveva in precedenza ceduto al prezzo di 24,5 milioni di Euro oltre IVA.

Per ciò che nella presente sede ancora interessa, il giudice del merito, accogliendo l’eccezione svolta dal Fallimento ai sensi dell’art. 1394 c.c., ha ritenuto il contratto nullo, in quanto stipulato dal legale rappresentante di (OMISSIS) s.p.a. in conflitto di interessi con la rappresentata.

Il tribunale ha affermato che, già sulla scorta delle clausole contrattuali e dei dati fattuali accertati (dai cui emergeva che la prima tranche del finanziamento, di 8,2 ml. di Euro, corrispondente al c.d. maxicanone, non era stata in concreto versata alla cedente, ma pagata “mediante compensazione volontaria tra il debito dell’utilizzatrice derivante dalla locazione finanziaria e il debito della cessionaria verso la cedente per la corrispondente quota di prezzo già versata dall’utilizzatrice alla cedente in nome e per conto della cessionaria”, e che ulteriori 4 milioni di Euro, formalmente erogati alla s.a.s., erano stati da questa costituiti in pegno in favore della società di leasing) l’operazione, che presentava una commistione fra le posizioni delle due società del gruppo (OMISSIS), appariva eccentrica rispetto alla causa del leasing e volta unicamente a conseguire un finanziamento per la cedente; che l’onerosa acquisizione da parte della s.p.a. di marchi, già da essa pacificamente utilizzati in forza di un contratto di licenza del luglio del 2002, non trovava giustificazione economica; che l’allora Leasing Sammarinese non poteva ignorare il conflitto, essendo a conoscenza tanto del contratto di licenza dei marchi quanto del rapporto di parentela intercorrente fra gli amministratori delle due società e della riferibilità al loro nucleo familiare del controllo delle due aziende; che la perizia commissionata dall’opponente per la stima dei marchi prescindeva dal fatto che questi fossero già utilizzati dalla capogruppo; che, comunque, la determinazione peritale del prezzo di cessione certamente non esonerava la società dal valutare il rischio di pregiudizio per l’utilizzatrice del marchio; che la durata del contratto di leasing era stata prevista in quasi dodici anni a fronte di una durata prospettica dello sfruttamento dei marchi stimata dal perito in soli quindici anni; che, in sostanza, (OMISSIS) si era accollata un onerosissimo esborso annuale, che certamente non aveva nulla a che vedere con le eventuali royalties da essa pagate alla licenziataria, per conseguire una privativa che non solo già utilizzava pacificamente, ma che, all’esito della locazione finanziaria e del correlativo onere di riscatto, si sarebbe trovata ormai vicina all’esaurimento della sua funzione commerciale.

Il decreto è stato impugnato da EBC con ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, cui il Fallimento della (OMISSIS) s.p.a. ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) L’unico motivo del ricorso denuncia violazione degli artt. 99 – 102, 112, 116 e 163 c.p.c. e art. 1394 c.c. ed omesso esame di un fatto decisivo.

1.1) Easy Business assume, in primo luogo, che il giudice del merito ha esorbitato dal potere che la legge gli riconosce nell’apprezzamento e nella ricerca del conflitto di interessi, in quanto non ha limitato l’indagine al contratto di cui la controparte aveva chiesto l’annullamento ex art. 1394 c.c., ma l’ha indebitamente estesa alla più vasta fattispecie giuridica dedotta in giudizio dal Fallimento, che, qualificando il contratto in questione come di lease back e riferendosi sempre ad un’operazione triangolare, avrebbe fondato la propria eccezione sul presupposto dell’esistenza di un collegamento negoziale fra il leasing e la compravendita dei marchi intercorsa con (OMISSIS). A dire della ricorrente, l’ampliamento del thema decidendum ad un rapporto diverso da quello formalmente oggetto della domanda avrebbe dovuto indurre il giudice a dichiarare la nullità della stessa, stante la sua indeterminatezza; il tribunale, inoltre, sarebbe incorso nella violazione dell’art. 102 c.p.c., atteso che, una volta ritenuta fondata la tesi della curatela, il contraddittorio avrebbe dovuto essere necessariamente esteso ad (OMISSIS), anch’essa partecipante all’operazione, tanto più che, in presenza di una causa negoziale unitaria, la sorte del contratto di compravendita non poteva essere scissa da quella del contratto di leasing.

1.2) Nel prosieguo del motivo EBC deduce che, poichè il conflitto deve essere ricercato all’interno del singolo contratto e postula un rapporto di incompatibilità fra le esigenze del rappresentato e quelle personali del rappresentante o di un terzo che questi a sua volta rappresenti, il tribunale avrebbe errato nel ravvisarlo nell’interesse, meramente indiretto, dell’A.U. di (OMISSIS) s.p.a., a favorire la società proprietaria dei marchi ed avrebbe, in contrario, dovuto arrestarsi al rilievo che questi non aveva conseguito dalla stipulazione del leasing alcun utile correlato al sacrificio della propria rappresentata, nè intratteneva con essa ricorrente un rapporto privilegiato, affaristico od anagrafico.

1.3) Da ultimo, EBC sostiene che il ragionamento probatorio del giudice del merito sarebbe irrimediabilmente viziato dall’omesso esame di un fatto storico decisivo, risultante dalla perizia di stima da essa prodotta in giudizio, costituito dall’ingente ammontare (Euro 1.500.000 annui, rivalutabili in base agli indici ISTAT) della royalty che (OMISSIS) si era obbligata a versare ad (OMISSIS) in corrispettivo della concessione della licenza d’uso dei marchi: circostanza, questa, che non solo giustificava la scelta della società poi fallita di acquisire la proprietà dei beni attraverso la stipula del leasing, ma che escludeva di per sè che essa potesse riconoscere l’ipotetico conflitto.

2) La seconda e la terza censura nelle quali si articola il motivo sono fondate nei termini che di seguito si precisano.

2.1) Secondo la giurisprudenza costante e consolidata di questa Corte, il conflitto di interessi che determina l’annullamento del contratto ai sensi dell’art. 1394 c.c. postula un rapporto di incompatibilità fra le esigenze del rappresentato e quelle personali del rappresentante “o di un terzo che egli a sua volta rappresenti”.

Il conflitto, in sostanza, non può consistere nel solo fatto che il contratto stipulato dal legale rappresentante della società si è risolto in danno della stessa, avvantaggiando un soggetto terzo (situazione, questa, che giustificherebbe, se mai, l’esercizio di un’azione di responsabilità nei confronti dell’amministratore), ma richiede per la sua sussistenza che il vantaggio conseguito dal terzo coincida con quello del rappresentante.

Pertanto, per tornare al caso di specie, poichè non risulta che il Fallimento abbia allegato (nè. tantomeno, provato) che l’A.U. di (OMISSIS). avesse una cointeressenza in (OMISSIS) s.a.s (ne fosse, cioè, il dominus effettivo od uno dei soci, di diritto o di fatto), il conflitto non poteva desumersi, secondo quanto ritenuto dal tribunale, nè dal mero rapporto di parentela che lo legava all’accomandatario della società proprietaria dei marchi (essendo quest’ultima – e solo in via indiretta il suo legale rappresentante – il soggetto terzo che, in tesi, avrebbe tratto beneficio dall’operazione in danno della s.p.a.) nè da una, non meglio chiarita, riferibilità al suo nucleo familiare “del controllo delle due aziende e degli interessi industriali che vi erano sottesi” (che, al contrario, avrebbe dovuto sollecitare una verifica circa l’eventuale interesse del gruppo al finanziamento della s.a.s.).

Già tale rilievo sarebbe sufficiente all’accoglimento del ricorso.

2.2) Va aggiunto che la sussistenza del conflitto deve essere verificata in concreto e che, anche qualora possa ritenersi accertata, ai fini dell’annullamento del contratto è comunque richiesta la sua riconoscibilità da parte dell’altro contraente.

Sotto tale profilo, il complessivo apprezzamento dei fatti compiuto dal giudice del merito è indubbiamente carente: il tribunale ha infatti omesso di tener conto della circostanza – che emergeva dagli atti e rivestiva decisiva incidenza sulla valutazione tanto della sussistenza di un effettivo interesse di (OMISSIS) ad acquisire i marchi, quanto della riconoscibilità dell’ipotetico conflitto da parte di EBC – che il contratto di licenza d’uso che in precedenza intercorreva fra la società poi fallita ed AIC s.a.s. prevedeva che la prima versasse alla seconda una royalty annuale di rilevante ammontare, ancorchè inferiore a quello dei canoni del leasing.

Il decreto impugnato deve pertanto essere cassato, con rinvio della causa, per un nuovo esame, al Tribunale di Brescia in diversa composizione, che liquiderà anche le spese di questo giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Brescia in diversa composizione, anche per le spese di questo giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 6 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2017

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