Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27099 del 28/12/2016


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Cassazione civile, sez. trib., 28/12/2016, (ud. 09/09/2016, dep.28/12/2016),  n. 27099

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Stella – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6665-2013 proposto da:

V.D., V.I., C.G., N.M.,

elettivamente domiciliati in ROMA VIALE PARIOLI 43, presso lo studio

dell’avvocato FRANCESCO D’AYALA VALVA, che li rappresenta e difende

unitamente agli avvocati UMBERTO SANTI, CLAUDIO TIBERTI giusta

delega a margine;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI VEGGIANO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA G. NICOTERA 29, presso lo studio

dell’avvocato ANDREA MICCICHE’, rappresentato e difeso dall’avvocato

CLAUDIO MAGGIOLO giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 18/2012 della COMM.TRIB.REG. di VENEZIA,

depositata il 18/01/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/09/2016 dal Consigliere Dott. LUCA SOLAINI;

udito per i ricorrenti l’Avvocato SANTI che si riporta agli atti e

deposita cartolina A/R;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La controversia concerne l’impugnazione, da parte dei contribuenti, ciascuno per la propria quota di proprietà, degli avvisi d’accertamento per il pagamento dell’ICI per l’anno 2003 afferente un immobile accatastato in categoria D/8, quale capannone avicolo, per il quale i ricorrenti avevano omesso la relativa dichiarazione e i relativi versamenti, D.Lgs. n. 504 del 1992, ex art. 10 e ciò, sull’assunto che poichè l’immobile era asservito all’attività agricola, dovesse essere considerato fiscalmente esente dal pagamento dell’imposta.

La CTP accoglieva parzialmente il ricorso, disponendo la riliquidazione delle sanzioni pecuniarie, mentre la CTR rigettava l’appello dei medesimi contribuenti (confermando, pertanto, la sentenza di primo grado), ritenendo che i requisiti di ruralità del fabbricato, di cui al D.L. n. 557 del 1993, art. 9, convertito nella L. n. 133 del 1994 e successive modificazioni e di cui al D.L. n. 227 del 2008, art. 23, comma 1 bis convertito con modificazioni dalla L. n. 14 del 2009, fosse correlato all’attribuzione della categoria catastale in A/6 (unità abitativa) o D/10 (immobili strumentali alle attività agricole), mentre nella specie, il fabbricato oggetto di controversia era accatastato in D/8 (fabbricati per attività commerciali, non suscettibili di destinazione diversa, senza radicali trasformazioni).

Avverso quest’ultima sentenza, i contribuenti hanno proposto ricorso davanti a questa Corte di Cassazione, sulla base di quattro motivi, al quale ha resistito il comune di Veggiano con controricorso, illustrato da memoria, ex art. 378 c.p.c.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, la parte contribuente evidenzia come ius superveniens il D.L. n. 70 del 2011, art. 7, comma 2-bis convertito con modificazioni, dalla L. n. 106 del 2011, secondo il quale “Ai fini del riconoscimento della ruralità degli immobili ai sensi del D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9 convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni, i soggetti interessati possono presentare all’Agenzia del territorio una domanda di variazione della categoria catastale per l’attribuzione all’immobile della categoria A/6 per gli immobili rurali ad uso abitativo o della categoria D/10 per gli immobili rurali ad uso strumentale. Alla domanda, da presentare entro il 30 settembre 2011, deve essere allegata un’autocertificazione ai sensi del testo unico di cui al D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, nella quale il richiedente dichiara che l’immobile possiede, in via continuativa a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda, i requisiti di ruralità dell’immobile necessari ai sensi del citato D.L. n. 557 del 1993, art. 9 convertito, con modificazioni, dalla L. n. 133 del 1994, e successive modificazioni”. I ricorrenti hanno precisato, che con l’autocertificazione hanno dichiarato la sussistenza dei requisiti di ruralità fin dal 1 gennaio 1999, mentre per l’anno 1998, la sussistenza di tali requisiti sarebbe stata confermata dallo stesso ente impositore.

Il motivo è in via preliminare inammissibile, in quanto il disposto normativo invocato risulta entrato in vigore nel luglio del 2011, cioè, prima dell’udienza di discussione in appello (15.11.2011), e non risulta che gli stessi contribuenti abbiano sollevato tale eccezione davanti alla CTR, e che, ivi, sia stata disattesa, di talchè non è consentito, sollevare per la prima volta in questa sede di legittimità ragioni o eccezioni nuove.

Nel merito, il motivo sarebbe, comunque, infondato perchè il riferimento normativo non prevede il riconoscimento retroattivo del requisito della ruralità mentre l’autocertificazione quinquennale che deve essere allegata è inconferente rispetto al periodo d’imposta oggetto della presente controversia che è, comunque, al di fuori del quinquennio normativamente indicato.

Con il secondo motivo di censura, i ricorrenti denunciano la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 10 in tema di principio di affidamento e buona fede alla luce del D.L. n. 70 del 2011, art. 7, comma 2-bis convertito con modificazioni, dalla L. n. 106 del 2011 e del D.L. n. 557 del 1993, art. 9 convertito nella L. n. 133 del 1994 e successive modificazioni, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il riconoscimento da parte del comune di Veggiano del carattere rurale del fabbricato per il periodo d’imposta 1998, renderebbe illogica la richiesta dell’ICI, per tutto il periodo intermedio, fino al quinquennio di cui all’autocertificazione prevista dal D.L. n. 70 del 2011, art. 7, comma 2-bis convertito con modificazioni, dalla L. n. 106 del 2011.

Il motivo è in via preliminare inammissibile, in quanto non risulta che i contribuenti abbiano sollevato tale eccezione davanti alla CTR, e che, ivi, sia stata disattesa, di talchè non è consentito, sollevare per la prima volta in questa sede di legittimità ragioni o eccezioni nuove.

Nel merito il motivo sarebbe, comunque, infondato, non essendo sancita alcuna retroattività del carattere rurale del fabbricato, tantomeno sulla base della menzionata autocertificazione relativa al quinquennio precedente alla sua presentazione, mentre come evidenziato dal comune (p. 6 del controricorso), la proposta di conciliazione da parte del contribuente, per l’anno 1998, accettata ai soli fini transattivi, era inidonea ad ingenerare alcun affidamento in capo al contribuente, sul riconoscimento di ruralità da parte del comune (infatti, la transazione fu accettata dal comune di Veggiano per il 1998, ma non per il 1997, anno per il quale era stata anche presentata la proposta di transazione).

Con il terzo motivo di censura, i contribuenti hanno denunciato la violazione del D.L. n. 557 del 1993, art. 9 convertito nella L. n. 133 del 1994 e successive modificazioni e del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 1 e art. 5, comma 3 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto le norme di cui alla rubrica non attribuirebbero alcuna rilevanza al dato formale dell’accatastamento, ponendo invece, requisiti prettamente sostanziali relativamente alla invocata ruralità dell’immobile.

Il motivo di ricorso è infondato.

Secondo il consolidato insegnamento di questa Corte, dal quale non si ha motivo di discostarsi, “In tema di ICI, l’immobile che sia stato iscritto nel catasto dei fabbricati come “rurale”, con l’attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dal D.L. n. 557 del 1993, art. 9 conv. in L. n. 133 del 1994, non è soggetto all’imposta, ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. a), come interpretato dal D.L. n. 207 del 2008, art. 23, comma 1-bis aggiunto dalla Legge di conversione n. 14 del 2009. Qualora l’immobile sia iscritto in una diversa categoria catastale, sarà onere del contribuente, che pretenda l’esenzione dall’imposta, impugnare l’atto di classamento, restando, altrimenti, il fabbricato medesimo assoggettato ad ICI. Allo stesso modo, il Comune dovrà impugnare autonomamente l’attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10, al fine di poter legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’imposta” (Cass. sez. un. 18565/2009, ma vedi anche, Cass. nn. 1695/16, 16737/15, 1299/15, 5167/14, 422/14, 19872/12, 9911/12, 17054710, 8845/10, 7102/10). Pertanto, se il contribuente, in luogo di proporre autonoma impugnazione al classamento nei confronti dell’Agenzia del Territorio, volesse il riconoscimento della categoria rurale in sede di opposizione alla pretesa impositiva Ici, è come se richiedesse al giudice tributario di svolgere un’attività amministrativa estranea alle sue funzioni giurisdizionali, perchè di competenza dell’autorità amministrativa preposta alla cura del relativo interesse.

Nel caso di specie, il fabbricato di proprietà dei contribuenti, risulta catastalmente classato in categoria D/8 e non risulta che questi ultimi abbiano mai contestato tale classamento, nè nel presente giudizio, nè in altri giudizi nei confronti dell’Agenzia del Territorio, correttamente, pertanto, la CTR ha disatteso il motivo di censura.

Con il quarto motivo di censura, i ricorrenti denunciano il vizio di omessa pronuncia sull’eccezione d’illegittima applicazione della sanzione pecuniaria per omessa dichiarazione ICI, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto i soggetti passivi devono dichiarare gli immobili posseduti nel termine di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all’anno in cui il possesso ha avuto inizio, mentre l’obbligo di successiva denuncia sussisterebbe solo in caso di modificazione dei dati cui consegua un diverso ammontare dell’imposta.

Il motivo di ricorso è fondato.

La parte ricorrente nel proporre tale censura (pp. 14 e ss. del ricorso) ha allegato l’atto di appello ai fini dell’autosufficienza, mentre dalla stessa parte narrativa della sentenza impugnata emerge come la censura relativa all’asserita illegittima applicazione delle sanzioni per gli anni successivi a quello in cui il possesso dell’immobile avrebbe dovuto essere dichiarato risulta essere stata effettivamente sollevata, senza che i giudici d’appello ne abbiano fatto oggetto di esame, nella motivazione della loro sentenza, di talchè l’error in procedendo è palese, ai sensi dell’art. 112 c.p.c.; pertanto, la sentenza merita di essere cassata sul punto e rinviata nuovamente alla CTR, in diversa composizione, per l’esame del profilo non valutato (v. Cass. n. 7268/12), nonchè per le spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Accoglie il quarto motivo di ricorso, dichiara inammissibili i primi due e rigetta il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale per il Veneto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2016

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