Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27095 del 23/10/2019
Cassazione civile sez. trib., 23/10/2019, (ud. 14/03/2019, dep. 23/10/2019), n.27095
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –
Dott. FEDERICI Francesco – rel. Consigliere –
Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –
Dott. GILOTTA Bruno – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 7652-2018 proposto da:
G.D., elettivamente domiciliato in ROMA VIALE REGINA
MARGHERITA 262-264, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE
TAVERNA, che lo rappresenta e difende giusta delega a margine;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 19849/2017 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
di ROMA, depositata il 09/08/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
14/03/2C19 dal Consigliere Dott. FEDERICI FRANCESCO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
PEDICINI ETTORE che ha concluso per l’inammissibilità in subordine
infondatezza del ricorso;
udito per il ricorrente l’Avvocato TAVERNA che ha chiesto
l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato FARACI che ha chiesto il
rigetto.
Fatto
FATTI DI CAUSA
G.D. ha proposto ricorso per revocazione, ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c. e art. 395 c.p.c., n. 4, della sentenza n. 19849/2017, depositata dalla Corte di cassazione il 9.08.2017, con la quale, in riforma della decisione assunta dalla Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna, era rigettato il ricorso introduttivo del G. avverso il silenzio rifiuto opposto dalla Agenzia delle Entrate alla richiesta di rimborso di imposte versate dal contribuente all’erario ai sensi della L. n. 448 del 2001, art. 7.
Ha rappresentato che, nella qualità di proprietario di terreni ubicati nel territorio del Comune di Modena, i quali, prima compresi nella Zona E a destinazione agricola, e poi con il nuovo PRG in Zona Omogenea F, destinati ad “attrezzature generali di uso pubblico”, con lettera del 30 gennaio 2003 riceveva comunicazione da parte della Rete Ferroviaria Italiana (RFI) spa che si sarebbe proceduto all’esproprio di parte di essi in vista di alcune opere della rete.
In vista dell’esproprio e della tassabilità dei relativi indennizzi a titolo di plusvalenze, aderiva al procedimento previsto dalla L. n. 448 del 2001 (nelle more prorogata con D.L. n. 282 del 2002) e, all’esito della perizia e della determinazione di valore delle porzioni sottoponibili ad esproprio, nel 2003 eseguiva il versamento dell’imposta sostitutiva dell’importo complessivo di Euro 438.128,10.
Con lettera del 6.04.2006 la società delegata agli espropri comunicava che le indennità corrisposte a fronte di espropri di terreni compresi nelle Zone E ed F non erano soggette a tassazione, ai sensi della L. n. 413 del 1991, art. 11, commi 5-8.
La Direzione Regionale delle Entrate, interpellata sulla questione, con parere del 28.06.2005 aveva confermato l’intassabilìtà dei terreni ceduti volontariamente.
La pronta istanza di rimborso non trovava tuttavia risposta.
Introdotto il contenzioso dinanzi alla competente commissione tributaria, il giudice di primo grado e quello d’appello riconoscevano le ragioni del contribuente, mentre la Corte di cassazione, con la sentenza di cui ora si chiede la revocazione, accoglieva l’impugnazione della Amministrazione finanziaria, rigettando definitivamente le ragioni del G..
Avverso la sentenza della Corte il contribuente propone ricorso per revocazione ex art. 391 bis c.p.c. e art. 395 c.p.c., comma 1 n. 4, dolendosi della circostanza che a sua detta la decisione è frutto di “errori di fatto risultanti dagli atti e documenti della causa, che non hanno costituito punti controversi sui quali la sentenza si è pronunciata”.
Ha chiesto dunque la revocazione della sentenza e, con riguardo alla fase rescissoria, la definitiva conferma del diritto al rimborso delle imposte indebitamente versate.
Si è costituita l’Amministrazione finanziaria, eccependo l’inammissibilità e comunque l’infondatezza del ricorso, di cui ha chiesto il rigetto.
All’udienza pubblica del 14 marzo 2019, dopo la discussione, le parti ed il P.G. hanno concluso. La causa è stata dunque riservata per la decisione.
Diritto
RAGIONI DI DIRITTO
Deve preliminarmente esaminarsi l’eccepita inammissibilità del ricorso.
In riferimento al giudizio di revocazione si è affermato che la norma circoscrive la rilevanza e decisività dell’errore di fatto al solo caso in cui la decisione sia fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità sia incontrastabilmente esclusa ovvero sull’inesistenza di un fatto la cui verità sia positivamente stabilita, sempre che il fatto non abbia costituito un punto controverso sul quale il giudice si sia poi pronunciato. Si è anche affermato che l’errore di fatto, idoneo a costituire motivo di revocazione ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, si configura come una falsa percezione della realtà, e pertanto consiste in un errore meramente percettivo che in nessun modo coinvolge l’attività valutativa del giudice per situazioni processuali esattamente percepite nella loro oggettività; ne consegue che non è configurabile l’errore revocatorio per vizi della sentenza che investano direttamente la formulazione del giudizio sul piano logico-giuridico (Cass., Sez. L., sent. n. 844 del 2009). Deve avere inoltre i caratteri dell’assoluta evidenza e della semplice rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza e gli atti o documenti di causa, senza necessità di argomentazioni induttive o di indagini ermeneutiche. Deve essere essenziale e decisivo. Deve risolversi esclusivamente in un vizio di assunzione del “fatto”, che può anche consistere nel contenuto degli atti processuali oggetto di cognizione del giudice (quali la sentenza impugnata o gli atti di parte), e non può quindi concernere il contenuto concettuale delle tesi difensive delle parti (cfr., tra le tante, Sez. U, nn. 13181/2013; 2008/26022; nonchè Cass., n. 22569/2013).
Nel caso di specie è sufficiente la lettura della sentenza di cui il ricorrente chiede la revocazione per escludere, prima facie, che essa si fondi su un errore percettivo.
La decisione si fonda principalmente su tre argomenti: 1) che la corresponsione dell’imposta sostitutiva prevista dalla L. n. 448 del 2001 costituiva una scelta volontaria con carattere di irrevocabilità del pagamento perchè “rispetto alla opzione sopra descritta, con la quale il contribuente può liberamente decidere di usufruire del relativo beneficio fiscale, così modificando l’ordinario il rapporto con il Fisco, non può evocarsi il principio della emendabilità della dichiarazione, in quanto detto principio non opera in relazione a specifiche manifestazioni di volontà negoziale come l’avvalersi di un’agevolazione fiscale.”; 2) che le sole eccezioni dettate rispetto alla irrevocabilità della dichiarazione negoziale, ormai consolidata nella giurisprudenza di legittimità, riguardavano l’ipotesi dell’errore essenziale e l’obiettiva riconoscibilità da parte della Amministrazione; 3) che nell’errore in ogni caso non rientrava quello afferente la valutazione sulla utilità economica della adesione alla opzione agevolativa offerta con la citata L. n. 448 del 2001, e che comunque nel caso di specie esso troverebbe al più collocazione nell’errore di diritto, peraltro tempestivamente conoscibile dal contribuente (la non imponibilità dell’indennità di esproprio); 4) che restavano comunque incomprensibili le ragioni per le quali quell’errore dovesse essere riconoscibile dalla Agenzia, la quale ignorava l’imminente attività di esproprio posto in essere da un soggetto giuridico distinto, quale l’espropriante.
E’ palese come, a differenza di quanto pretende la difesa del contribuente, ed a prescindere del tutto da considerazioni metagiuridiche sulla correttezza del rigetto di una domanda di rimborso di imposte per le quali ci si duole della mancanza dei presupposti impositivi, la semplice rappresentazione della fattispecie evidenzia come essa esuli dal perimetro della revocazione di cui all’art. 395 c.p.c., n. 4.
La stessa prospettazione difensiva, che tenta in sostanza una rivalutazione della decisione, conferma che la pretesa revocazione non sarebbe riconducibile ai caratteri dell’assoluta evidenza e della semplice rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza e gli atti o documenti di causa, senza necessità di argomentazioni induttive o indagini ermeneutiche.
A margine, è lo stesso sistema introdotto con la L. n. 448 del 2001, art. 7 ad essere stato congegnato in modo da costituire una opzione liberamente scelta dal contribuente -il quale versava l’imposta anticipatamente, ma ad aliquota (4%) fortemente agevolata rispetto a quella ordinariamente applicabile sulla plusvalenza conseguibile dalla (eventuale) cessione del bene stesso in un futuro (tassazione separata)-, fondata su un rischio, quello della futura mancata cessione del bene medesimo, con perdita definitiva delle somme versate a titolo d’imposta, non recuperabili nonostante il mancato successivo avverarsi del presupposto d’imposta. E costituisce un dato obiettivo nel presente contenzioso che i versamenti furono eseguiti in vista di un esproprio, il cui avvio di procedura non solo era ignorato dalla Agenzia, ma che, più ancora, costituiva modalità di cessione del tutto indifferente per l’Amministrazione stessa.
In conclusione il ricorso è inammissibile.
All’esito del giudizio segue la soccombenza della ricorrente nelle spese di causa, che si liquidano nella misura specificata in dispositivo. Sussisto i presupposti per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2012, art. 13, comma 1 quater.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la parte ricorrente alla rifusione in favore della Agenzia delle spese sostenute nel giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 12.000,00, oltre spese prenotate a debito. Si da atto della sussitenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2012, art. 13, comma 1 quater.
Così deciso in Roma, il 14 marzo 2019.
Depositato in cancelleria il 23 ottobre 2019