Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27095 del 06/10/2021

Cassazione civile sez. II, 06/10/2021, (ud. 21/05/2021, dep. 06/10/2021), n.27095

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25671/2016 proposto da:

T DI T.L. & FIGLI SNC, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA G. P. DA PALESTRINA 63, presso lo studio dell’avvocato GIANLUCA

CONTALDI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARIO

FOGLIOTTI;

– ricorrente –

contro

P.L., R.M., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIALE GIULIO CESARE 14 A-4, presso lo studio dell’avvocato GABRIELE

PAFUNDI, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

STEFANO SONVICO;

– controricorrenti –

e contro

TR.AD.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1709/2016 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 30/09/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/05/2021 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Tr.Ad. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Casale Monferrato sul ricorso della società T Di T.L. & Figli per la somma di Euro 15.533,84 a titolo di saldo della costruzione di un edificio. L’opposizione si fondava sull’esistenza di vizi e difetti dell’opera con richiesta di risarcimento del danno previa revoca del decreto.

2. La società opposta si costituiva in giudizio chiedendo lo spostamento dell’udienza ex art. 269 c.p.c., per essere manlevata dal direttore dei lavori R.L..

3. Quest’ultimo si costituiva negando ogni responsabilità per i vizi rinvenuti.

4. Il Tribunale revocava il decreto monitorio; condannava la parte convenuta e opposta al risarcimento dei danni quantificati in Euro 19.546,00 oltre iva ed accessori e rigettava la chiamata di terzo.

5. La società T Di T.L. & Figli proponeva appello avverso la suddetta sentenza.

6. Si costituivano in giudizio sia l’originario opponente Tr.Ad. che il chiamato R.L..

7. All’udienza del 7 gennaio 2016 la Corte d’Appello dichiarava l’interruzione del processo dato il decesso della parte appellata, R.L., avvenuto in data (OMISSIS).

8. A seguito della riassunzione rinnovata in data 17 maggio 2016 la Corte dichiarava la contumacia degli eredi di R.L..

7. La Corte d’Appello di Torino accoglieva parzialmente l’appello e, in riforma della sentenza, condannava gli eredi di R.L. a rimborsare alla società T Di T.L. & Figli la somma di Euro 9773,00 oltre alla rivalutazione monetaria.

In particolare, la Corte d’Appello riteneva provata la tempestività della denuncia del vizio ex art. 1667 c.c., alla luce dell’istruttoria espletata. Inoltre, riteneva legittimo il rinnovo della consulenza tecnica in quanto il precedente consulente si era reso indisponibile ad espletare ulteriore attività peritale. Infondata doveva ritenersi la censura secondo la quale il consulente era andato oltre i limiti dell’incarico, avendo accertato vizi che non erano stati dedotti dagli attori. Infatti, dall’esame della consulenza emergeva che questi vizi ulteriori non avevano avuto alcuna incidenza sul giudizio relativo alla necessità dell’intero rifacimento della copertura per i vizi strutturali di cui la stessa era affetta per essere stata realizzata in difformità dal progetto. Peraltro, il motivo non analizzava specificamente la consulenza e, dunque, prim’ancora che infondato era inammissibile.

7.1 La Corte d’Appello, invece, riteneva fondata la censura, formulata dall’appellante e relativa alla responsabilità del direttore dei lavori R.L.. Questi, in presenza di vizi macroscopici dell’esecuzione dell’opera, avrebbe dovuto intervenire in qualità di direttore dei lavori e, dunque, doveva individuarsi una sua responsabilità al 50 per cento per i danni cagionati al committente.

8. La società di T.L. e figli ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di due motivi.

9. R.M. e P.L. hanno resistito con controricorso e con ricorso incidentale con il quale hanno eccepito il loro difetto di legittimazione passiva avendo rinunciato all’eredità.

10. Con memoria depositata in prossimità dell’udienza la ricorrente ha insistito nella richiesta di accoglimento del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione dell’art. 1667 c.c., art. 116 c.p.c., comma 1, art. 132 c.p.c., n. 4 – omesso esame su fatti decisivi per il giudizio.

La censura ha ad oggetto la statuizione relativa alla tempestività della denuncia dei vizi ex art. 1667 c.c.. In particolare, secondo il ricorrente, dalle testimonianze acquisite nel corso dell’istruttoria emergerebbe la carenza di prova in ordine alla tempestività della denuncia, avvenuta in realtà solo dopo la notifica dell’ingiunzione relativa al saldo del corrispettivo dovuto per i lavori appaltati.

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., vizio di ultra petizione in relazione art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

La censura ha ad oggetto la parte della sentenza che ha ritenuto irrilevanti i vizi ulteriori che il consulente tecnico aveva rilevato rispetto a quelli fatti valere dall’opponente.

La ricorrente sin dalla prima udienza utile dopo il deposito della consulenza aveva sempre contestato l’illegittimità della perizia non accettando il contraddittorio in ordine agli ulteriori vizi. Pertanto, esclusi i vizi ulteriori rientranti nell’oggetto della consulenza, l’unico rilievo degno di nota sarebbe stato quello relativo all’inclinazione della linea di gronda della falda da nord-ovest a sud-est. Per ripristinare la linea di gronda della falda non era necessario lo smantellamento dell’intero tetto quanto piuttosto un intervento mirato. Il giudice avrebbe dovuto dunque calcolare una percentuale di abbattimento del costo di rifacimento non essendo necessario il suo integrale rifacimento.

3. Il ricorso è inammissibile per una pluralità di ragioni.

In primo luogo, deve evidenziarsi che i controricorrenti sono del tutto carenti di legittimazione passiva in quanto ancora prima della notifica dell’atto di riassunzione del giudizio di appello hanno rinunciato all’eredità con atto notarile a rogito notaio A.M. di (OMISSIS) in data 6 ottobre 2015, di repertorio numero 5933, raccolta numero 4514. Tale rinuncia, dedotta in controricorso, non è contestata dalla ricorrente nella memoria di replica.

Nella specie, a seguito della morte di R.L. avvenuta il 19 settembre 2015 era stata dichiarata l’interruzione del processo di appello, e il giudizio era stato riassunto con notifica agli eredi collettivamente ed impersonalmente nell’ultimo domicilio del de cuius in data 17 maggio 2016.

La Corte d’Appello di Torino senza preoccuparsi dell’effettiva identificazione degli eredi della parte deceduta rimasti contumaci nel corso del processo, li ha condannati genericamente ed impersonalmente, ritenendo il de cuius R.L. responsabile al 50 per cento del danno causato ad Tr.Ad.. Nel dispositivo della sentenza, infatti, si legge: la corte d’appello di Torino, sezione quarta civile, in parziale riforma della sentenza n. 8 del 2013 emessa dal tribunale di Casale Monferrato in data 10 gennaio 2013 condanna gli eredi di R.L. a rimborsare a T T.L. & figli snc la somma di Euro 9773,84 oltre Iva, rivalutazione monetaria ed interessi dopo l’effettivo pagamento dell’intero debito in favore di Tr.Ad..

3.1 Risulta evidente, pertanto, che gli odierni controricorrenti non avevano mai acquisito la qualità di parte processuale nel presente giudizio e la notifica del ricorso per cassazione nei loro confronti è nulla in applicazione del seguente principio di diritto: “e’ nulla la notificazione dell’impugnazione all’erede che abbia rinunciato all’eredità nel caso in cui la rinuncia sia avvenuta in data anteriore alla notificazione” (ex plurimis Cass. civ. Sez. 3, 4 marzo 2002 n. 3102; Cass. civ. Sez. 1, 12 settembre 2008 n. 23543).

3.2 Ciò premesso, ritiene il collegio che non si debba invitare la parte ricorrente ad una rinnovazione della notifica del ricorso nei confronti degli effettivi eredi di R.L., previa loro identificazione, in quanto sussistono altre ragioni di inammissibilità che rendono del tutto superfluo tale incombente.

Ai sensi dell’art. 331 c.p.c., nelle cause inscindibili o tra loro dipendenti, la tempestiva notificazione dell’impugnazione nei confronti almeno di uno dei litisconsorti ha efficacia conservativa e rende ammissibile l’impugnazione stessa anche nei confronti delle altre parti cui la notificazione non sia andata a buon fine o sia stata omessa. In applicazione della norma citata, dunque, affinché si possa disporre l’integrazione del contraddittorio, nei confronti dei litisconsorti pretermessi ex art. 331 c.p.c., in presenza di una sentenza resa in causa inscindibile, è necessario che l’impugnazione sia proposta nei termini di rito almeno nei confronti di una delle parti (Sez. 3, Sent. n. 15466 del 2011; Sez. 3, Sent. n. 362 del 2000; Sez. 3, Sent. n. 5945 del 1999; vedi anche Sez. 6-3, Ord. n. 8065 del 2019).

In altri termini, la mancata notifica del ricorso per cassazione ad una delle parti processuali in caso di litisconsorzio necessario non comporta l’inammissibilità del ricorso stesso solo nel caso in cui il ricorrente abbia provveduto a notificare tempestivamente il ricorso ad almeno una delle altre parti.

Nella specie, invece, oltre alla nullità della notifica nei confronti degli eredi R., manca anche la prova del perfezionamento della notifica del ricorso nei confronti dell’altra parte, Tr.Ad..

In atti è documentata solo la spedizione della notifica con raccomandata e il ricorrente non ha depositato la cartolina di ricevimento. In proposito deve richiamarsi il consolidato orientamento di questa Corte secondo il quale: In tema di ricorso per cassazione, la prova dell’avvenuto perfezionamento della notifica dell’atto introduttivo, ai fini della sua ammissibilità, deve essere data, tramite la produzione dell’avviso di ricevimento, entro l’udienza di discussione, che non può essere rinviata per consentire all’impugnante di provvedere a tale deposito, salvo che lo stesso ottenga la rimessione in termini, offrendo la prova documentale di essersi tempestivamente attivato nel richiedere all’amministrazione postale, a norma della L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 6, comma 1, un duplicato dell’avviso stesso (ex plurimis Sez. 5, Sent. n. 19623 del 2015; Sez. U., Sent. n. 627 del 2008).

3.3 Infine, devono evidenziarsi anche ulteriori profili di inammissibilità del ricorso.

Le censure proposte con il primo motivo e relative all’omesso esame su fatti decisivi e alla violazione dell’art. 1667 c.c., sono inammissibili perché si risolvono in una richiesta di rivalutazione in fatto degli elementi istruttori. La Corte d’Appello, con ampia motivazione, ha ritenuto provata la tempestività della denuncia del vizio, evidenziato immediatamente dopo la realizzazione dell’opera da parte dello stesso direttore dei lavori, come accertato da varie testimonianze.

La complessiva censura, pertanto, si risolve nella sollecitazione ad effettuare una nuova valutazione di risultanze di fatto, come emerse nel corso dei precedenti gradi del procedimento, cosi mostrando di anelare ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito giudizio di merito, nel quale ridiscutere tanto il contenuto di fatti e vicende processuali, quanto ancora gli apprezzamenti espressi dal giudice di appello non condivisi e per ciò solo censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni ai propri desiderata, quasi che nuove istanze di fungibilità nella ricostruzione dei fatti di causa potessero ancora legittimamente porsi dinanzi al giudice di legittimità.

3.5 Anche il secondo motivo è inammissibile. La sentenza impugnata ha chiarito che la necessità di rifacimento del tetto non derivava dall’accertamento degli ulteriori vizi che il consulente tecnico Viola aveva individuato nel corso della sua perizia. Secondo la Corte d’Appello la necessità di rifacimento del tetto derivava da tutti i vizi oggetto delle plurime denunce all’appaltatore. Sul punto, peraltro, la Corte d’Appello ha concluso nel senso di ritenere il motivo di appello inammissibile perché non si confrontava con l’elaborato peritale.

In particolare, la Corte d’Appello ha ritenuto che i vizi recepiti con il motivo di appello non erano quelli che avevano determinato il più ampio e grave vizio inerente al tetto, che fin dall’inizio era stato oggetto delle plurime denunce all’appaltatore. La sussistenza di detti profili confermava la correttezza della decisione circa la necessità dell’intero rifacimento della copertura affetta da vizi strutturali, in difformità dal progetto e di natura non solo estetica (relazione consulente tecnico d’ufficio pagina 4, 7, 8 e 9). Il motivo di appello non esaminava in modo specifico la trattazione tecnica operata dal consulente tecnico d’ufficio così che sul punto l’impugnazione, prima ancora che infondata, era inammissibile.

Il ricorrente, con il motivo in esame, si limita a riproporre il suo motivo di gravame circa la ipotizzata e del tutto inesistente ultra petizione, senza minimamente confrontarsi con la motivazione della Corte d’Appello di inammissibilità del motivo per genericità ex art. 342 c.p.c. e ad abundantiam di assoluta infondatezza per le ragioni esposte.

Deve darsi continuità anche al seguente principio di diritto: “E’ inammissibile, in sede di giudizio di legittimità, il motivo di ricorso che censuri un’argomentazione della sentenza impugnata svolta ad abundantiam, e pertanto non costituente una autonoma ratio decidendi della medesima. Infatti, un’affermazione siffatta, contenuta nella sentenza di appello, che non abbia spiegato influenza sul dispositivo della stessa non può essere oggetto di ricorso per cassazione, per difetto di interesse” (vedi Sez. 1, Ord. n. 8755 del 2018).

3.6 Le ulteriori ragioni di inammissibilità esposte, in applicazione del principio della c.d. “ragione più liquida”, impedirebbero in ogni caso di procedere all’integrazione del contraddittorio ex art. 331 c.p.c., anche qualora si fosse in presenza dei presupposti per tale incombente, (presupposti mancanti nel caso in esame per quanto detto al precedente punto 3.2).

Il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone, infatti, al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 c.p.c.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perché non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato a produrre i suoi effetti. Ne consegue che, in caso di ricorso per cassazione prima facie inammissibile o infondato, appare superfluo, pur potendone sussistere i presupposti (si ripete mancanti nel caso in esame vedi punto 3.2), disporre la fissazione di un termine per l’integrazione del contraddittorio ovvero per la rinnovazione di una notifica nulla o inesistente, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti (v. Cass. Sez. U. 22/03/2010, n. 6826; Cass. 21/05/2018, n. 12515; 10/05/2018, n. 11287; 17/06/2013, n. 15106).

Il collegio, pertanto, intende dare continuità al seguente principio di diritto affermato dalle sezioni unite con la pronuncia n. 6826 del 2010 e poi ripreso in numerose successive pronunce: “Nel giudizio di cassazione, il rispetto del principio della ragionevole durata del processo impone, in presenza di un’evidente ragione d’inammissibilità del ricorso (nella specie, per la palese inidoneità del quesito di diritto), di definire con immediatezza il procedimento, senza la preventiva integrazione del contraddittorio nei confronti di litisconsorti necessari cui il ricorso non risulti notificato, trattandosi di un’attività processuale del tutto ininfluente sull’esito del giudizio”.

4. In definitiva il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

5. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Deve provvedersi, infatti, alla condanna alle spese del ricorrente nei confronti dei controricorrenti i quali, ancorché privi di legittimazione passiva, hanno dovuto resistere con controricorso nel presente giudizio.

6. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità nei confronti dei controricorrenti P.L. e R.M. che liquida in Euro 2,500 più Euro 200.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, in data 12 maggio 2021, riconvocata il successivo, il 21 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2021

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