Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27095 del 03/12/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 27095 Anno 2013
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: COSENTINO ANTONELLO

ORDINANZA
sul ricorso 3250-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente contro
COLLE SAN GENNARO SRI„ in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUCREZIO
CARO 63, presso lo studio dell’avvocato GALLETTI ANTONINO,
rappresentata e difesa dall’avvocato NEGRONI RENATO giusta
procura a margine del controricorso;

– controrícorrente –

Data pubblicazione: 03/12/2013

avverso la sentenza n. 141/34/2009 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di ROMA del 19/11/2009, depositata
il 15/12/2009;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
23/10/2013 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLO

è presente il P.G. in persona del Dott. RAFFAELE CENICCOLA.
rilevato che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la relazione di seguito integralmente trascritta:
<< L'Agenzia delle entrate ricorre contro la società Colle San Gennaro srl per la cassazione della sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, riformando la sentenza di primo grado, ha dichiarato cessata la materia del contendere per condono ex art. 16 I. 289/02 sull'impugnativa di un avviso di liquidazione dell'imposta di registro emesso ai sensi dell'articolo 68 D.Lgs. 546/92 a seguito della sentenza della Commissione Tributaria Provinciale che aveva respinto il ricorso della contribuente avverso le rettifiche del valore dei beni trasferiti con l'atto tassato. Le contribuente si è costituita con controricorso. Con l'unico motivo di ricorso la difesa erariale censura, con riferimento all'articolo 360 numero 3 cpc, la violazione e falsa applicazione dell'articolo 16 della legge 289/02 in cui il giudice di merito sarebbe incorso ritenendo suscettibile di definizione agevolata una controversia avente ad oggetto l'impugnativa di un avviso di liquidazione che non aveva funzione impositiva ma di mera riscossione. Il ricorso va giudicato inammissibile per inadeguata rappresentazione dei fatti di causa, in quanto nel medesimo non si precisa se la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale a cui consegue l'avviso di liquidazione impugnato nel presente giudizio fosse, o meno, passata in giudicato. Tale circostanze è rilevante ai fini dello scrutinio della censura di diritto proposta con l'unico mezzo di ricorso (d'onde l'inammissibilità del ricorso ex art. 366 n. 3 cpc), in quanto il precedente richiamato alla difesa erariale (ordinanza di questa Corte n. 165/2011) concerne un atto con il quale l'Ufficio finanziario aveva svolto un'attività meramente liquidatoria in base ad un accertamento contenuto in una sentenza passata in giudicato. Laddove, per l'ipotesi in cui l'avviso di liquidazione sia stato emesso all'esito di una sentenza di primo grado non passata in giudicato, dovrebbe trovare applicazione il principio fissato in Cass. n. 1604/08 (concernente l'impugnazione della cartella esattoriale notificata a seguito di iscrizione a ruolo ai sensi dell'art. 60, comma, d.P.R. n. 633/72, ma riferibile, per identità di ratto, anche all'impugnazione dell' avviso di liquidazione emesso in pendenza del giudizio sull'impugnazione dell'avviso di rettifica), secondo cui "la pretesa erariale Ric. 2011 n. 03250 -2- sez. MT - ud. 23-10-2013 COSENTINO; concernente un "pagamento del tributo in pendenza del processo" (art. 68 d.lgs. n. 546 del 1992), è fondata su di un titolo eminentemente provvisorio e contiene una richiesta condizionata per legge all'esito del giudizio di merito; la definibilità ex art. 16 della pretesa erariale contenuta negli avvisi di rettifica riflette, infatti, i suoi effetti anche sulla richiesta provvisoria contenuta nella cartella perché fondata sugli stessi avvisi sub iudice."(conf. Cass. 17828/09). Si propone quindi la declaratoria di inammissibilità del ricorso per carente esposizione dei fatti che l'intimata è costituita con controricorso; che non sono state depositate memorie difensive; che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata alle parti; che il Collegio condivide gli argomenti esposto nella relazione; che, pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza. P. Q . M. La Corte dichiarat inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di cassazione, che liquida in € 1.300 per onorari, oltre C 100 per esborsi. Così deciso in Roma il 23 ottobre 2013. di causa rilevanti per la decisione..»;

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