Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2709 del 28/01/2022

Cassazione civile sez. lav., 28/01/2022, (ud. 30/09/2021, dep. 28/01/2022), n.2709

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10134-2016 proposto da:

UNDERGROSS S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA NIZZA 45, presso lo studio

dell’avvocato MARIANI LUCIANO, rappresentata e difesa dall’avvocato

CAMPANATI PAOLO;

– ricorrente –

contro

D.P.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUCREZIO CARO

62, presso lo studio dell’avvocato CICCOTTI SABINA, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato LUCIDI CHRISTIAN;

– controricorrente –

e contro

EMMEUNO S.R.L. IN LIQUIDAZIONE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 253/2015 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 16/10/2015 R.G.N. 509/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/09/2021 dal Consigliere Dott. GARRI FABRIZIA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. D.P.M. convenne in giudizio davanti al Tribunale di Ascoli Piceno la società Emmeuno s.r.l. e la Undergross s.r.l. e chiese che venisse accertato che il rapporto di lavoro intercorso con la prima delle due società era continuato alle dipendenze della secondo alla quale, ai sensi dell’art. 2112 c.c. era stata trasferita l’azienda. Per l’effetto

domandò la condanna delle società in solido al pagamento delle differenze retributive dovute in ragione del superiore inquadramento spettante.

2. Il Tribunale, all’esito dell’istruttoria testimoniale e della consulenza contabile disposta condannò le società in solido tra loro a corrispondere al ricorrente la somma di Euro 128.000,00 oltre accessori e la Undergross in proprio al pagamento della somma di Euro 146.000,00 oltre interessi legali e rivalutazione monetaria.

3. La Corte di appello di Ancona, investita del gravame da parte della Undergross s.r.l., nella contumacia della Emmeuno s.r.l., rinnovata la consulenza contabile, accoglieva in parte il ricorso riducendo gli importi dovuti in solido con la Emmeuno s.r.l. ad Euro 90.354,39 e quelli dovuti in via esclusiva dall’appellante ad Euro 19.437,52.

3.1. La Corte territoriale confermava il già accertato trasferimento di azienda dalla Emmeuno s.r.l. alla Undergross s.r.l. evidenziando che le due società avevano operato nel medesimo ambito in rapida e pressocché ininterrotta successione, con identità di mezzi, strumenti, personale e attività. Inoltre, il contratto di affitto di ramo di azienda tra la Sogen s.r.l., cedente, e la Undergross s.r.l. era intervenuto il 25 gennaio 2008 e l’attività del Di Pasquo era rimasta invariata per tutto il periodo. Accertava inoltre che il legale rappresentante della Sogen s.r.l. era stato il direttore del personale della Emmeuno s.r.l. e lo era anche della Undergross s.r.l.. Osservava quindi che tutti questi elementi convergevano nel far ritenere che vi fosse stato il trasferimento di ramo di azienda invocato.

3.2. Quanto alle mansioni svolte presso le diverse società la Corte territoriale accertava che queste erano rimaste invariate ed erano riconducibili al livello contrattuale riconosciuto dal Tribunale. Pertanto, ritenuta sufficientemente specifica la domanda di differenze retributive, e ricalcolato da un consulente contabile il tfr computando i compensi

indicati in busta paga come “trasferta Italia” erogata continuativamente ed a prescindere dalle trasferte mai effettuate, la sentenza di appello confermava la responsabilità solidale della cessionaria per i crediti maturati prima del trasferimento.

4. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la Undergross s.r.l. affidato a quattro motivi ai quali ha opposto difese con controricorso D.P.M. mentre la Emmeuno s.r.l. in liquidazione è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

5. Con il primo motivo di ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 2112 c.c. anche con riferimento all’art. 1375 c.c.. Sostiene la ricorrente che la sentenza non avrebbe tenuto conto del fatto che la Undergross s.r.l. in data 25.1.2008 aveva stipulato un contratto di affitto di azienda con la Sogen s.r.l. senza alcun rapporto con la Emmeuno s.r.l., titolare del precedente contratto di affitto di azienda e per la quale il Di Pasquo aveva precedentemente lavorato. Per ritenere applicabile l’art. 2112 c.c. la Corte ha avuto riguardo alla sostanziale continuità del rapporto prima con la Emmeuno s.r.l. e poi con la Undergross s.r.l. senza tenere nella dovuta considerazione la circostanza che proprio il negozio di Grottammare cui era addetto il lavoratore era rimasto chiuso dal 3 al 10.2.2008. Ritiene che non essendovi stato alcun rapporto tra la Emmeuno s.r.l. e la Undergross s.r.l., atteso che il contratto di affitto era intercorso con la Sogen s.r.l., la Corte avrebbe dovuto ritenere carente di legittimazione passiva la società oggi ricorrente rigettando la domanda nei suoi confronti.

6. Il motivo è infondato e deve essere rigettato.

6.1. Questa Corte ha esaminato un’analoga vicenda con le stesse società ed una diversa lavoratrice e, con riguardo alla medesima censura, ha ritenuto che “per potersi affermare l’esistenza di un cessione di azienda nella forma del passaggio di affitto di azienda, non era rilevante che vi fosse una successione tra Emmeuno e Undergross nella titolarità del contrato di affitto di azienda. Ed infatti la fattispecie del trasferimento di azienda di cui all’art. 2112 c.c. sussiste ogni qualvolta, rimanendo immutata l’organizzazione aziendale, vi sia soltanto la sostituzione della persona del titolare indipendentemente dallo strumento tecnico – giuridico adottato essendo sufficiente, ai fini dell’integrazione delle condizioni per l’operatività della tutela del lavoratore, il subentro nella gestione del complesso dei beni ai fini dell’esercizio dell’impresa e la continuità nell’esercizio dell’impresa stessa, costituendo un indice probatorio di tale continuità l’impiego del medesimo personale e dei medesimi beni aziendali (così Cass. n. 12771/2012). E’ inoltre irrilevante che il mutamento sia realizzato in mancanza di vincoli contrattuali diretti tra cedente e cessionario (cfr. Cass. n. 21023/2007, Cass. n. 21278/2010, Cass. n. 8460/2011). E’ ciò che risulta essersi verificato nel caso in esame, in cui le due società Emmeuno e Undergross risultano essersi succedute a distanza di una settimana nel contratto di affitto che ciascuna ha stipulato con la affittante Sogen, proprietaria dell’azienda, così che Undergross risulta aver ripreso l’identica attività imprenditoriale a distanza di pochi giorni dalla srl Emmeuno, avvalendosi della prestazione di lavoro della dipendente (….) che veniva riassunta.” (cfr. Cass. 23/10/2018 n. 26808). In sostanza si è ribadito che la disciplina dell’art. 2112 c.c. si applica ogni qualvolta, rimanendo immutata l’organizzazione aziendale, vi sia la sostituzione della persona del titolare del rapporto di lavoro e il suo subentro nella gestione del complesso dei beni ai fini dell’esercizio dell’impresa, indipendentemente dallo strumento tecnico giuridico adottato e dalla sussistenza di un vincolo contrattuale diretto tra cedente e cessionario.

7. Con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art. 97 del c.c.n.l. per i dipendenti delle aziende del terziario della distribuzione e dei servizi del 2008 e l’errato inquadramento del lavoratore nella mansione di responsabile del punto vendita ed errata valutazione della declaratoria contrattuale di II, III e IV livello del c.c.n.l. vigente. Ritiene la ricorrente che non sussistevano i presupposti per il riconoscimento del II livello accordato stante le dimensioni dell’esercizio commerciale dove lavorava, oltre allo stesso Di Pasquo, solo sua moglie ed i compiti a lui assegnati erano riconducibili al terzo o al quarto livello del contratto qualifica di commesso (stare alla cassa, aprire il negozio, ricevere i fornitori e gestire i rapporti con i clienti). Esclude che le mansioni fossero di concetto e svolte in autonomia con funzioni di ordinamento e controllo o compiti caratterizzati da creatività nell’ambito di una specifica attività tecnico scientifica. Osserva che la prova testimoniale non aveva asseverato che il ricorrente gestiva il negozio in autonomia né tanto meno che provvedeva ai pagamenti del personale e dei fornitori per conto della società. Pacifica poi la presenza di una sola dipendente (la moglie) per cui non era ravvisabile il necessario coordinamento di unità di personale, tratto saliente della qualifica riconosciuta.

8. La censura non ha i requisiti per essere esaminata poiché non solo non risulta allegata al ricorso la copia integrale del c.c.n.l. ma neppure è specificato se copia dello stesso era stata allegata ai fascicoli dei precedenti gradi di giudizio e non ne è indicata la eventuale collocazione. Peraltro nel corpo del ricorso non vengono riprodotte le declaratorie contrattuali da analizzare, che sono riportate solo in alcuni tratti.

Premesso che nel giudizio di cassazione, l’onere di depositare i contratti

e gli accordi collettivi – imposto, a pena di improcedibilità del ricorso, dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 – può dirsi soddisfatto solo con la produzione del testo integrale del contratto collettivo, adempimento rispondente alla funzione nomofilattica della Corte di cassazione e necessario per l’applicazione del canone ermeneutico previsto dall’art. 1363 c.c.. A tal fine non può considerarsi sufficiente il mero richiamo, in calce al ricorso, all’intero fascicolo di parte del giudizio di merito, ove manchi una puntuale indicazione del documento nell’elenco degli atti (cfr. Cass. 04/03/2019 n. 6255, 04/03/2015 n. 4350).

9. Con il terzo motivo di ricorso è denunciata la violazione dell’art. 414 c.p.c. e dell’art. 156 c.p.c. e si deduce che il ricorso introduttivo del giudizio avrebbe dovuto essere dichiarato nullo poiché non risultava corredato di un conteggio analitico delle differenze retributive pretese.

9.1. Anche tale censura non può trovare accoglimento. Sebbene con essa si denunci un error in procedendo – si critica la sentenza di appello per non aver accertato la nullità del ricorso ex art. 414 c.p.c., inidoneo a raggiungere il proprio scopo, a cagione dell’assenza di conteggi analitici

e di elementi in base ai quali quantificare la domanda – e dunque in tal caso il giudice di legittimità è anche giudice del fatto ed ha il potere di esaminare direttamente gli atti di causa, tuttavia, non essendo il predetto vizio rilevabile “ex officio”, è necessario che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede il riesame e, quindi, che il corrispondente motivo sia ammissibile e contenga, per il principio di autosufficienza del ricorso, tutte le precisazioni e i riferimenti necessari ad individuare la dedotta violazione processuale (così Cass. n. 2771/2017). Tanto premesso nel caso in esame il ricorso di legittimità omette qualsiasi riferimento al ricorso di primo grado, che non viene trascritto nelle parti rilevanti ai fini del vizio denunciato, neanche indicandosi la collocazione di detto atto nel fascicolo di parte, con evidente violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4.

10. Anche l’ultimo motivo di ricorso – con il quale la società si duole della violazione dell’art. 91 c.p.c. con riguardo al capo della decisione con il quale sono state compensate in parte le spese nonostante l’accoglimento del gravame – non può essere accolto.

10.1. In tema di spese processuali, il potere del giudice di disporre la compensazione delle stesse per soccombenza reciproca ha quale unico limite quello di non poter porne, in tutto o in parte, il carico in capo alla parte interamente vittoriosa, poiché ciò si tradurrebbe in un’indebita riduzione delle ragioni sostanziali della stessa, ritenute fondate nel merito (Cass. 17/04/2019 n. 10685) ma nella specie l’accoglimento era stato solo parziale e dunque, in tale situazione, il giudice del merito ben può procedere ad una compensazione delle spese, nella specie solo parziale.

11. In conclusione, per le ragioni esposte, il ricorso deve essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza e, liquidate in dispositivo, devono essere distratte in favore dell’avv. L.C. che se ne è dichiarato antistatario. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del citato D.P.R., art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 6.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, 15 % per spese forfetarie oltre agli accessori dovuti per legge. Spese da distrarsi in favore dell’avv. L.C. che se ne è dichiarato antistatario.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del citato D.P.R., art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 30 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2022

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