Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27088 del 15/12/2011

Cassazione civile sez. I, 15/12/2011, (ud. 08/11/2011, dep. 15/12/2011), n.27088

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FIORETTI Francesco Maria – Presidente –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1624/2009 proposto da:

R.C. (c.f. (OMISSIS)), C.S. (c.f.

(OMISSIS)), C.E. (c.f. (OMISSIS)),

domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato

ERCOLINI Fabio, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

G.I.S. GESTIONE IMPIANTI SPORTIVI S.R.L., F.LLI BERTI S.N.C., GIUSTI

PIERO COSTRUZIONI S.R.L., LU.MAR. IMPIANTI S.R.L., in persona dei

rispettivi legali rappresentanti pro tempore, domiciliati in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato MONTI Silvio, giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

contro

CURATELA FALLIMENTARE RIBECAI CARLA CORUCCI SAURO E CORUCCI ENRICO

S.D.F.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1792/2008 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 15/12/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/11/2011 dal Consigliere Dott. MARIA ROSARIA CULTRERA;

udito, per i ricorrenti, l’Avvocato FABIO ERCOLINI che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 1792 depositata il 15 dicembre 2008, la Corte d’appello di Firenze ha disposto il rigetto del reclamo proposto da R.C., C.S. e C.E., rispettivamente marito e figlio della predetta, avverso la sentenza del Tribunale di Livorno in data 6 agosto 2008 che aveva dichiarato il fallimento sia di R.C., che della società di fatto costituita tra la stessa ed i suoi congiunti per l’esercizio di un’attività di ristorazione in (OMISSIS), presso il complesso della (OMISSIS).

Ha desunto la prova della società di fatto da dati sintomatici rappresentati dalla sistematica partecipazione dei predetti, consanguinei, all’attività d’impresa esercitata dalla R. sia nella predisposizione dei mezzi necessari per l’esercizio dell’attività, che nella fase esecutiva degli impegni ad essa relativi. Ha rilevato infine che l’attivo patrimoniale aveva superato per un tempo considerevole il limite soglia stabilito dalla L. Fall., art. 1, comma 2, lett. a).

R.C., C.S. e C.E. ricorrono ora per cassazione avverso questa decisione articolando due motivi d’impugnazione cui resiste il curatore fallimentare intimato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo i ricorrenti denunciano il vizio d’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, riscontrabile nell’omesso rilievo attribuito ai documenti attestanti la fatturazione a nome della sola R. dei lavori eseguiti nel locale commerciale, recanti in parte la firma per garanzia di C.E., già esperto nel settore quale socio accomandatario della s.a.s. C&C DI Corucci Enrico, e l’omessa valutazione in termini di mera ausilio familiare dell’apporto del coniuge C.S. ascrivibile ad affectio familiaris.

Il resistente deduce l’inammissibilità del motivo per assenza del quesito di diritto.

Il motivo deve essere dichiarato inammissibile in quanto la deduzione del vizio d’insufficiente motivazione su punto essenziale della controversia non è accompagnata, in violazione dell’art. 366 bis c.p.c., dal prescritto momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) contenente la chiara illustrazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume inidonea (Cass. S.U. 20603/2007).

La censura si conclude con l’osservazione che l’omessa verifica delle circostanze indicate ed il vizio di motivazione impongono le demolizione della sentenza impugnata, che di certo non assolve alla funzione predicata dalla citata norma processuale.

Col secondo motivo i ricorrenti denunciano violazione del comma 2 art. 1. Ascrivono alla Corte territoriale errore consistito nell’aver incluso tra i beni arnmortizzabili arredi ed attrezzature detenuti in locazione e non in proprietà, il cui valore non era pertanto valutabile ai fini dell’accertamento dell’entità dell’attivo L. Fall., ex art. 1, comma 2 legge. Trattasi delle attrezzature di proprietà della società Marea s.r.l. che nel 2007 li alienò all’impresa Ribecai per il prezzo di Euro 83.000,00, che furono quindi retrocessi alla Marea al prezzo di Euro 73.000, che li concesse immediatamente in locazione, e poichè per un tempo considerevole sono entrati a comporre l’attivo patrimoniale, di essi la Corte ha tenuto conto. Il conclusivo quesito di diritto chiede se la L. Fall., art. 1, comma 2, lett. a), deve essere interpretato nel senso che l’attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad Euro 300.000,00 riferito ai tre esercizi precedenti l’istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore deve sussistere al momento della redazione del bilancio non dovendosi computare le variazioni intervenute prima.

Il resistente deduce l’infondatezza della censura osservando che, ai fini in esame, la norma non fissa un termine minimo di durata nel tempo dell’ammontare delle poste che confluiscono nell’attivo, sì che occorre tener conto del picco massimo, che la Corte del merito ha dunque correttamente preso in considerazione.

Il motivo appare fondato nei sensi che seguono.

La Corte territoriale ha ritenuto superata la soglia di fallibilità prevista dalla lett. a) del citato art. 1, comma 2, L. Fall., argomentando la sua decisione nei sensi specificamente riferiti nel motivo in esame, basandosi dunque su ricostruzione del dato patrimoniale in questione affetta da errore. Assumendo la complessa vicenda traslativa a dato decisivo in considerazione della sua particolare connotazione, ha omesso il doveroso accertamento sulle voci del bilancio, del cui esame peraltro neppure ha dato atto, corrispondenti o al prezzo incassato dalla ditta fallita in occasione della retrovendita delle attrezzature alla Marea ovvero del relativo credito maturato nei suoi confronti. La conclusione cui è pervenuta trova insomma il suo fondamento nella mera consecuzione dei fatti, laddove si rendeva necessaria l’indagine sull’incidenza del loro avvicendamento sulla formazione dell’attivo patrimoniale, che risulta calcolato quindi erroneamente attribuendo valore contabile, l’unico avente rilievo ai fini postulati dalla norma di riferimento, ad un dato meramente storico.

Il ravvisato errore comporta la cassazione della sentenza impugnata in parte qua con rinvio alla Corte del merito che dovrà verificare le poste attive del bilancio dell’impresa fallita relativo all’anno 2007 in contestazione, accertando se risultino ivi indicati il prezzo ovvero il credito corrispondente alla cessione in questione, e quale ne sia l’ammontare, e provvederà altresì a liquidare le pese del presente giudizio.

PQM

La Corte:

accoglie il secondo motivo del ricorso e dichiara inammissibile il primo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 8 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2011

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