Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27087 del 28/12/2016


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Cassazione civile, sez. trib., 28/12/2016, (ud. 09/09/2016, dep.28/12/2016),  n. 27087

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana M.T. – rel. Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5251-2013 proposto da:

CONSORZIO CANTINE SOCIALI DELLA MARCA TREVIGIANA SCARL in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA

VIA DEI MONTI PARIOLI 48, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE

MARINI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato CARLO

AMATO giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI ODERZO in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA SICILIA 66, presso lo studio dell’avvocato

ROBERTO ESPOSITO, che lo rappresenta e difende giusta delega in

calce;

AGENZIA DEL TERRITORIO UFFICIO PROVINCIALE DI TREVISO in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrenti –

nonchè contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI TREVISO, AGENZIA DEL

TERRITORIO;

– intimati –

avverso la sentenza n. 55/2012 della COMM. TRIB. REG. di VENEZIA,

depositata il 25/09/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/09/2016 dal Consigliere Dott. ZOSO LIANA MARIA TERESA;

udito per il ricorrente l’Avvocato RENATO MARINI per delega

dell’Avvocato GIUSEPPE MARINI che si riporta agli atti;

udito per il controricorrente l’Avvocato ESPOSITO che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO IMMACOLATA che ha concluso per l’inammissibilità del 1 motivo

e del 5 motivo di ricorso, rigetto dei restanti.

Fatto

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Il Consorzio Cantine Sociali della marca trevigiana proponeva ricorso avverso gli avvisi di accertamento con i quali il Comune di Oderzo aveva contestato l’omessa dichiarazione per gli anni 1996, 1997 e 1998, con conseguente omesso versamento della relativa imposta comunale sugli immobili, di un fabbricato adibito a cantina sociale, deducendo che si trattava di bene immobile strumentale rispetto all’attività agricola svolta dai propri soci, in quanto destinato alla trasformazione dell’uva e, come tale, classificabile nella categoria D/10, esente da detta imposta. La Commissione tributaria provinciale di Treviso, riuniti i ricorsi, li rigettava. La Commissione tributaria regionale del Veneto rigettava l’appello proposto dal Consorzio, osservando che doveva escludersi il carattere rurale del fabbricato in considerazione della natura industriale e commerciale dell’attività svolta dalla cooperativa, nonchè dell’insussistenza degli altri requisiti richiesti dal D.L. n. 557 del 1993, art. 9, comma 3, e comma 3 bis, avuto riguardo all’elevato grado di industrializzazione dell’attività di trasformazione delle uve.

Con distinto ricorso lo stesso Consorzio Cantine Sociali della marca trevigiana, a seguito della notifica degli avvisi di accertamento in materia ICI relativi al proprio compendio immobiliare – cui era attribuita in parte la Cat. D/7 e, in parte, quanto agli uffici, la categoria A/10 – proponeva ricorso, ai sensi della L. n. 342 del 2000, art. 74, comma 3, nei confronti dell’ufficio locale dell’Agenzia del Territorio, rivendicando per l’intero complesso immobiliare, in relazione alla sua strumentalità rispetto all’attività agricola svolta, la categoria D/10. La Commissione tributaria provinciale di Treviso accoglieva il ricorso, anche in relazione ai locali adibiti ad uffici, in quanto pertinenze della cantina. La Commissione tributaria regionale del Veneto, accogliendo l’appello dell’Ufficio, confermava il classamento dei locali adibiti ad ufficio, rilevando, in primo luogo, che si trattava della medesima categoria proposta dalla parte con procedura di variazione DOCFA, ragion per cui mancava innanzitutto il presupposto di un qualsiasi provvedimento impugnabile ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19. Quanto all’immobile adibito a cantina, si osservava che lo stesso era stato denunciato al catasto fabbricati sin dal 18.12.1981, senza che successivamente fosse stata presentata alcuna richiesta di variazione. Avverso entrambe le decisioni proponeva distinti ricorsi per cassazione il Consorzio e la Suprema corte, riuniti i ricorsi medesimi, con la sentenza n. n. 19943 del 20/05/2010, confermava la decisione relativa al classamento dei locali adibiti ad ufficio e rilevava che non risultava censurata l’affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, relativa all’autonomia funzionale dei locali destinati ad uffici, nel senso che sussistevano “le caratteristiche di destinazione e la tipologia tali da consentire, senza alcuna trasformazione, una destinazione diversa da quella agricola”.

Quanto ai locali adibiti a cantina, osservava la Corte di legittimità che, a norma della L. n. 342 del 2000, art. 74, comma 3, il contribuente aveva facoltà di impugnare gli atti attributivi della rendita in conseguenza della notificazione degli atti impositivi dei quali la stessa costituiva il presupposto ed aveva facoltà di avanzare tale domanda tenendo conto della disciplina concernete il riconoscimento della c.d. “ruralità”, in base all’evoluzione del quadro normativo fino al momento della proposizione della domanda. Si doveva tener conto che, per effetto del D.P.R. n. 139 del 1998, era stata istituita la categoria D/10 e che la ricorrente aveva il diritto di rivendicare tale categoria. Sotto tale profilo la decisione impugnata si poneva in contrasto con l’intero quadro normativo, dovendosi considerare che, secondo giurisprudenza della Corte, qualora un “fabbricato” sia stato catastalmente classificato come “rurale” (categoria A/6 per le unità abitative, categoria D/10 per gli immobili strumentali alle attività agricole) resta precluso ogni accertamento, in funzione della pretesa assoggettabilità ad ICI de fabbricato in questione. Allo stesso modo, e in senso inverso, qualora il “fabbricato” non sia stato catastalmente classificato come “rurale”, il proprietario che ritenga, tuttavia, sussistenti i requisiti per il riconoscimento come tale, non avrà altra strada che impugnare la classificazione operata al fine di ottenerne la relativa variazione. Rilevava la Corte che, ai fini del classamento, da cui conseguiva la debenza o meno dell’Ici, la Commissione tributaria regionale aveva omesso di accertare la sussistenza dei requisiti indicati nel D.L. n. 557 del 1993, art. 9, commi 3 e 3 bis, tra i quali, per quanto concerne gli immobili strumentali, doveva escludersi la necessità dell’identità soggettiva del titolare del diritto sul fabbricato e del titolare del diritto sul fondo asservito, in quanto il D.L. n. 557 del 1993, art. 9, comma 3 bis, non solo non indica, diversamente da quanto fa il comma 3 della medesima disposizione per i fabbricati adibiti ad abitazione, tra le condizioni elencate, la necessità che chi utilizzi il fabbricato sia anche proprietario (o titolare di altro diritto) sul terreno “per esigenze connesse all’attività agricola svolta”, ma espressamente prevede il carattere strumentale degli immobili ove le cooperative, o i loro consorzi, svolgono attività di “manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione o commercializzazione dei prodotti agricoli” conferiti dai soci. (Sez. Un. n. 18565/09, in motivazione). Ciò posto, la Corte Cassava le sentenze impugnate con rinvio alla CTR per la determinazione della categoria catastale e la conseguente determinazione della base imponibile dei locali adibiti a cantina ai fini dell’imposta comunale sugli immobili.

Riassunto il giudizio innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Veneto, questa rigettava la richiesta di classificazione in categoria D/10 dei locali adibiti a cantina, confermava il classamento in categoria A/10 dei locali adibiti ad ufficio, dichiarava legittimi gli avvisi di accertamento Ici impugnati e condannava la ricorrente alla rifusione delle spese processuali.

Osservava la CTR che era stata la stessa Cooperativa, nella richiesta di classamento effettuata il 18.12.1981, ad indicare il bene come immobile urbano a destinazione speciale e l’Agenzia del territorio lo aveva classificato nella categoria D/7 fino al 2002 e D/8 dal 2002 al 2006. Dal 12 maggio 1998, data di istituzione della categoria D/10, qualora la Cooperativa avesse voluto far valere la ruralità dell’edificio, avrebbe dovuto presentare una denuncia di variazione. In ogni caso la L. n. 133 del 1994, art. 9, comma 3 bis, introdotto dal D.P.R. n. 139 del 1998 (e poi modificato con D.L. n. 159 del 2007), che stabiliva dovesse essere riconosciuto il carattere di ruralità a tutti gli immobili strumentali all’attività agricola, valeva con riguardo agli anni di imposta successivi alla sua entrata in vigore sicchè, per gli anni 1996, 1997 e 1998, gli immobili per cui è causa non potevano essere considerati rurali.

2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione il Consorzio Cantine Sociali della marca trevigiana affidato a cinque motivi. Resistono con distinti controricorsi il Comune di Oderzo e l’Agenzia delle entrate.

3. Con il primo mezzo la ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.P.R. 23 marzo 1998, n. 139, art. 1, comma 5, al D.L. n. 557 del 1993, art. 9, commi 3 e 3 bis, al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 29, comma 2, lett. c. Sostiene la ricorrente che la CTR non ha considerato che con il D.P.R. n. 139 del 1998 è stata istituita la categoria catastale D/10 per i fabbricati strumentali all’esercizio dell’attività agricola di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 29, diversi delle abitazioni. L’attività del consorzio rientra pienamente nell’esercizio dell’attività agricola di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 29, poichè l’intero compendio, comprensivo degli uffici, è da considerarsi strumentale all’attività agricola. Nella richiesta di classamento del 18 dicembre 1981 il bene era stato indicato come immobile urbano a destinazione speciale e l’Agenzia del territorio, con provvedimento dell’Il aprile 1983, lo aveva censito in categoria D/7, e poi in categoria D/8, ma non aveva provveduto al nuovo classamento del fabbricato strumentale all’attività agricola dopo che, con il D.P.R. n. 139 del 1998, era stata istituita la categoria D/10.

4. Con il secondo mezzo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.P.R. n. 139 del 1998, art. 1, comma 5, al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 29, comma 2, lett. c, al D.L. n. 557 del 1993, art. 9, comma 3 bis. Sostiene la ricorrente che la CTR si è posta in contrasto con la sentenza di annullamento con rinvio della Corte di cassazione che aveva statuito che non potesse essere negato il carattere rurale dei fabbricati ogni qualvolta essi fossero strumentalmente destinati allo svolgimento di attività agricola contemplata dall’art. 29 del Tuir e di quelle aggiunte dal D.L. n. 557 del 1993, art. 9, comma 3 bis, a prescindere dal fatto che titolarità del fabbricato e titolarità dei terreni da cui provenivano i prodotti agricoli coincidessero nello stesso soggetto. Ed era pacifico che la ricorrente manipolava, conservava, trasformava, commercializzava e valorizzava i prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo da parte dei propri associati, essendo risultate accertate tali circostanze in precedente giudizio.

5. Con il terzo mezzo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.L. n. 207 del 2000, art. 23, comma 1 bis. La CTR ha affermato che dalla data di istituzione della categoria catastale D/10 la società aveva l’onere di presentare all’Agenzia del territorio una denuncia di variazione per l’attribuzione alle unità immobiliari della categoria catastale di nuova istituzione. Sennonchè la norma di natura interpretativa di cui al D.L. n. 207 del 2008, art. 23, comma 1 bis, prevedeva che le unità immobiliari che si trovavano ad avere caratteristiche di ruralità non si consideravano fabbricato e, come tali, non erano assoggettate all’Ici. Dunque non assumeva rilevanza alcuna che l’immobile in questione risultasse ancora classificato in un’altra categoria negli anni 1996, 1997 e 1998.

6. Con il quarto mezzo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.L. n. 557 del 1993, art. 9, al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 39, al D.M. 11 gennaio 1991, al D.L. n. 159 del 2007, art. 42 bis, convertito dalla L. n. 222 del 2007. Sostiene la ricorrente che la CTR ha affermato che la norma di cui alla L. n. 133 del 1994, comma 3 bis, art. 9, è innovativa e non interpretativa laddove prevede che si debba riconoscere carattere rurale a tutte le costruzioni strumentali ad attività agricola con riferimento agli anni di imposta successivi alla sua entrata in vigore. Sennonchè il D.L. n. 557 del 1993, art. 9, ha previsto l’istituzione del catasto dei fabbricati nel quale dovevano trovare iscrizione non solo gli immobili ad uso abitativo ma anche i fabbricati che fino ad allora non erano iscritti in catasto in quanto considerati pertinenza dei terreni sui quali insistevano. Dunque la norma di cui all’art. 9 citato costituiva una sostanziale integrazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 39 e del D.M. 11 gennaio 1991, relativo alla determinazione delle caratteristiche delle costruzioni rurali. Successivamente il D.L. n. 159 del 2007, art. 42 bis, convertito dalla L. n. 222 del 2007, ha stabilito, al comma 3 bis, che ai fini fiscali deve riconoscersi carattere di ruralità alle costruzioni strumentali necessari allo svolgimento dell’attività agricola di cui all’art. 2135 c.c.. Ne deriva che l’attività svolta dalla ricorrente rientrava pienamente nell’esercizio delle attività agricole di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 29.

7. Con il quinto mezzo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione alla L. n. 342 del 2000, art. 74, comma 1. Sostiene la ricorrente che ha errato la CTR nel ritenere che la società, dopo l’istituzione in data 12 maggio 1998 della categoria catastale D/10, avesse l’onere di presentare all’Agenzia del territorio una denuncia di variazione per l’attribuzione all’unità immobiliare della categoria catastale di nuova istituzione. Invero la L. n. 342 del 2000, art. 74, comma 1, stabilisce che, a decorrere dal 1 gennaio 2000, gli atti attributivi o modificativi delle rendite catastali per terreni e fabbricati sono efficaci solo a decorrere dalla loro notificazione ai soggetti intestatari della partita sicchè, non essendo stata notificata l’attribuzione della rendita derivante dalla classificazione del fabbricato in categoria D/7 e poi D/8, era esclusa la debenza dell’ICI.

8. Osserva la Corte che i motivi di ricorso debbono essere esaminati congiuntamente in quanto sottendono la medesima questione.

Va, innanzitutto, rilevato che la Corte di legittimità, con la sentenza n. 19943 del 21 settembre 2010, ha affermato i seguenti principi:

a) per gli immobili adibiti ad ufficio, andava confermata la sentenza di appello che aveva dichiarato l’inammissibilità del ricorso, dato che la rendita era stata proposta dalla contribuente con la procedura DOCFA, per il che mancava il provvedimento attributivo della rendita che avrebbe potuto costituire oggetto di ricorso;

b) dato che non era stata notificata, prima degli avvisi di accertamento emessi dal Comune di Oderzo, la rendita catastale, sussisteva la facoltà per il contribuente (Cass. 22 marzo 2006, n. 6386), di impugnare gli atti attributivi della rendita in conseguenza della notificazione degli atti impositivi e chiedere l’attribuzione della categoria A/10 introdotta dal D.P.R. n. 139 del 1998, giusta la norma di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, (principio evincibile dall’arresto, richiamato nella sentenza, contenuto nella decisione della Corte di Cassazione n. 6386 del 22 marzo 2006);

c) ai fini del classamento occorreva accertare la sussistenza dei requisiti indicati nel D.L. n. 557 del 1993, art. 9, commi 3 e 3 bis (norma ritenuta di natura interpretativa, attesa la declaratoria d’incostituzionalità, con sentenza della Corte costituzionale del 22 luglio 2009, n. 227, della L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 4), tra i quali, per quanto concerne gli immobili strumentali, doveva escludersi la necessità dell’identità soggettiva del titolare del diritto sul fabbricato e del titolare del diritto sul fondo asservito, in quanto il D.L. n. 557 del 1993, art. 9, comma 3 bis, non solo non indica, diversamente da quanto fa il comma 3 della medesima disposizione per i fabbricati adibiti ad abitazione, tra le condizioni elencate, la necessità che chi utilizzi il fabbricato sia anche proprietario (o titolare di altro diritto) sul terreno “per esigenze connesse all’attività agricola svolta”, ma espressamente prevede il carattere strumentale degli immobili ove le cooperative, o i loro consorzi, svolgono attività di “manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione o commercializzazione dei prodotti agricoli” conferiti dai soci.

Dalla enunciazione di tali principi, ai quali la CTR del Veneto, investita del giudizio di rinvio, avrebbe dovuto attenersi, deriva che il ricorso è infondato nella parte in cui si sostiene che anche per gli immobili adibiti ad ufficio avrebbe dovuto essere riconosciuto il carattere della ruralità, posto che il ricorso è stato ritenuto inammissibile in parte qua.

Il ricorso è, invece, fondato per quanto concerne i locali adibiti a cantina perchè la CTR, disattendendo il principio di diritto affermato dalla Corte di legittimità, ha ritenuto che la Cooperativa avrebbe avuto l’onere di richiedere l’attribuzione della categoria D/10, laddove, invece, la Corte Suprema ha stabilito che la contribuente era legittimata ad impugnare il classamento in quanto venutane a conoscenza con la notifica degli avvisi di accertamento, a norma della L. n. 342 del 2000, art. 74. La CTR ha, poi, disatteso il principio di diritto laddove ha affermato che l’immobile di cui si tratta non aveva i requisiti di ruralità previsti dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 29, comma 2, lett. c, e che non si poteva tener conto, al fine di affermarne la ruralità, del D.L. n. 557 del 1993, art. 9, commi 3 e 3 bis, (che prevede il carattere strumentale degli immobili ove le cooperative, o i loro consorzi, svolgono attività di “manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione o commercializzazione dei prodotti agricoli” conferiti dai soci) in quanto norma entrata in vigore successivamente ai periodi di imposta cui sono riferiti gli avvisi di accertamento. Ciò facendo la CTR ha ritenuto non applicabili norme che, invece, la Corte di legittimità ha ritenuto dovessero applicarsi alla fattispecie sicchè la CTR avrebbe dovuto unicamente valutare se l’immobile avesse le caratteristiche di ruralità previste dalla norma stessa in quanto adibito alla manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione o commercializzazione dei prodotti agricoli conferiti dai soci.

La sentenza impugnata va, perciò, cassata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della CTR del Veneto che, limitatamente al locale adibito a cantina, accerterà se esso abbia le caratteristiche della ruralità secondo quanto dispone il D.L. n. 557 del 1993, art. 9, commi 3 e 3 bis. In ordine al classamento e, in via conseguenziale, agli avvisi di accertamento, terrà conto la CTR che, come dalla stessa già rilevato con la sentenza oggetto di impugnazione, a seguito di variazione catastale con effetto dal 17 gennaio 2006, è stato soppresso il mappale (OMISSIS), relativo alla cantina, e che la cantina e gli uffici sono stati censiti con i mappali (OMISSIS).

PQM

La Corte accoglie, nei termini di cui in motivazione, il ricorso della contribuente, cassa l’impugnata decisione e rinvia per nuovo esame ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale del Veneto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 9 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2016

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