Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27084 del 23/10/2019

Cassazione civile sez. I, 23/10/2019, (ud. 03/10/2019, dep. 23/10/2019), n.27084

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10996/2014 proposto da:

Fallimento (OMISSIS) S.r.l., in persona del curatore Dott.

B.M., elettivamente domiciliato in Roma, Via del Banco di Santo

Spirito n. 42, presso lo studio dell’avvocato Di Cecco Giustino, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Casilli Antonio,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AQP S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Condotti n. 91, presso lo

studio dell’avvocato Berruti Pia Maria, che la rappresenta e difende

unitamente agli avvocati Briguglio Antonio, Savino Roberto fu

Giacomo, Pannunzio Valentina, giusta procura a margine del

controricorso e ricorso incidentale condizionato;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

I.COS. Impresa di Costruzioni S.p.a., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

Panama n. 74, presso lo studio dell’avvocato Colapinto Carlo, che la

rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso

principale;

– controricorrente a ricorso incidentale –

e sul ricorso successivo:

I.COS. Impresa di Costruzioni S.p.a., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

Panama n. 74, presso lo studio dell’avvocato Colapinto Carlo, che la

rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso

successivo;

– ricorrente –

contro

AQP S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Condotti n. 91, presso lo

studio dell’avvocato Berruti Pia Maria, che la rappresenta e difende

unitamente agli avvocati Briguglio Antonio, Savino Roberto Fu

Giacomo, Pannunzio Valentina, giusta procura a margine del

controricorso e ricorso incidentale condizionato;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 725/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 04/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/10/2019 dal cons. Dott. NAZZICONE LOREDANA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il lodo reso il 7 novembre 2007, nell’ambito di un contratto di appalto di servizi, più volte rinnovato, concluso tra Acquedotto Pugliese s.p.a. e l’ATI avente come mandataria (OMISSIS) s.r.l., dichiarò la nullità di tutti gli accordi di proroga o rinnovo del primo contratto (conclusi fra il 2003 ed il 2006), respingendo la domanda di risarcimento del danno ed accogliendo quella subordinata di ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c., con condanna della committente Acquedotto Pugliese s.p.a. al pagamento dell’indennizzo quantificato nella somma di Euro 2.731.421,85, oltre i.v.a., rivalutazione ed interessi legali (avendo operato la compensazione con il controcredito dell’appaltante).

Il lodo fu siate impugnato per nullità dalla Acquedotto Pugliese s.p.a. innanzi alla Corte d’appello di Roma, giudizio in cui si costituì il fallimento e rimase contumace I.Cos. s.p.a., società mandante.

Con la sentenza del 4 febbraio 2014, la Corte d’appello di Roma ha quindi in sede rescindente accolto l’impugnazione, volta alla declaratoria di nullità ex art. 829 c.p.c. del lodo arbitrale, ed, in sede rescissoria, respinto la domanda di arricchimento senza causa ex art. 2041 c.c.

Avverso la sentenza viene proposto ricorso per cassazione dal Fallimento (OMISSIS) s.r.l., sulla base di due motivi.

Vi resiste con controricorso Acquedotto Pugliese s.p.a., proponendo ricorso incidentale condizionato per un motivo.

Viene, altresì, proposto ricorso incidentale da I.Cos. s.p.a., una delle società mandanti, sulla base di due motivi, cui parimenti resiste con controricorso Acquedotto Pugliese s.p.a., proponendo ricorso incidentale condizionato per un motivo, cui la prima società resiste con controricorso.

La ricorrente ed Acquedotto Pugliese s.p.a. hanno depositato la memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. – I motivi esposti nel ricorso principale del Fallimento (OMISSIS) s.r.l. vanno così riassunti:

1) violazione e falsa applicazione dell’art. 829 c.p.c., commi 1 e 3, per avere la sentenza impugnata disatteso l’argomento concernente la non impugnabilità del lodo, non avendo considerato l’espressa volontà delle parti, le quali, richiamando in contratto il “Regolamento di conciliazione ed arbitrato della Camera arbitrale italiana” e, dunque, anche il suo art. 14, hanno in tal modo previsto l’inimpugnabilità del lodo, che tale articolo contempla;

2) violazione e falsa applicazione dell’art. 830 c.p.c., per essersi la corte del merito limitata ad annullare il lodo, senza disporre in ordine alle restituzioni contrattuali, in violazione del principio generale che regola l’indebito oggettivo ex art. 2033 c.c., e ciò, nonostante vi fosse, al riguardo, la domanda dell’istante, che aveva chiesto nel giudizio arbitrale la condanna di controparte al pagamento degli adeguamenti tariffari, da qualificare evidentemente come di restituzione delle prestazioni rese e, quindi, non essendo possibile la restituzione dei servizi, come domanda di restituzione mediante l’equivalente monetario; in tal modo, la corte territoriale ha omesso di compiere il giudizio rescissorio di merito, richiesto dalla predetta norma.

1.2. – Il ricorso incidentale – tale dovendosi ex lege ritenere quello proposto come impugnazione autonoma dalla parte alla quale sia stato già notificato ricorso (di recente, Cass. 28 marzo 2018, n. 7640) – della I.Cos. s.p.a. deduce:

1) violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 111 Cost., art. 112 c.p.c., perchè la (OMISSIS) s.r.l. aveva proposto, sin dalla comparsa di risposta innanzi al giudice territoriale, depositata prima della riassunzione, l’eccezione di rinuncia delle parti all’impugnazione del lodo in virtù dell’art. 14 del regolamento arbitrale, sopra citato, ma la corte del merito ha omesso di pronunciarsi su tale eccezione; qualora, invece, la S.C. ritenga non tempestivamente proposta detta eccezione, essa era comunque rilevabile d’ufficio sulla base degli atti;

2) violazione e falsa applicazione dell’art. 829 c.p.c., per avere la corte territoriale affermato, sia pure ad abundantiam, che l’impugnazione era in ogni caso ammessa, ai sensi della norma ora richiamata, senza considerare che ciò si dà solo nei casi previsti dal n. 1 al n. 12 di tale disposizione, non ricorrenti nella specie; alla vicenda si applica l’art. 829 c.p.c., nel testo anteriore alla riforma di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006, norma che rende il lodo inimpugnabile per le violazioni di norma sostanziale in presenza della volontà delle parti espressa in tal senso, come nella specie avvenuto; ove, invece, si reputi applicabile la nuova versione, allora la non impugnabilità del lodo de quo deriva dalla legge stessa.

1.3. – In entrambi i propri ricorsi incidentali condizionati, Acquedotto Pugliese s.p.a. ha articolato un unico motivo, deducendo la violazione degli artt. 806,808 c.p.c. e art. 829 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto la clausola compromissoria, pattuita tra le parti, riguarda solo i profili contrattuali, non quelli extracontrattuali, qual è l’azione di indebito arricchimento, mentre la corte del merito non ha risposto sul punto, richiamando, in modo inconferente, il principio dell’autonomia della clausola compromissoria rispetto al contratto cui accede.

2. – La sentenza impugnata ha – per quanto ancora rileva ritenuto inammissibile l'”eccezione di carenza di legittimazione attiva” di Acquedotto Pugliese s.p.a., fondata dal fallimento sull’art. 14 del “Regolamento di conciliazione ed arbitrato della Camera arbitrale italiana”, richiamato nel contratto, laddove definisce il lodo inappellabile.

Infatti, ha reputato nuova l’eccezione proposta; aggiungendo che ciò la esimeva dall’osservare come, ai sensi dell’art. 829 c.p.c., comma 1, l’impugnazione per nullità è comunque sempre ammessa.

Ha, inoltre, ritenuto infondata l’eccezione di nullità assoluta del collegio arbitrale, sollevata da Acquedotto Pugliese s.p.a., per la dedotta inesistenza della clausola compromissoria nei contratti prorogati, in ragione del principio di autonomia della clausola compromissoria medesima.

Nel merito, ha giudicato fondato il motivo di impugnazione relativo alla domanda di arricchimento senza causa, accolta dagli arbitri, ritenendo insussistente il requisito della sussidiarietà, ai sensi dell’art. 2042 c.c., per l’esperibilità di altri rimedi tipici – quale l’azione di ripetizione dell’indebito oggettivo – una volta dichiarati nulli i contratti di appalto per violazione di norme imperative.

Ha, quindi, ritenuto assorbiti gli altri motivi di impugnazione.

Nel giudizio rescissorio, infine, ha respinto la domanda di arricchimento senza causa, in quanto, una volta dichiarata la nullità dei contratti per violazione di norma imperativa, non è dato accogliere la domanda subordinata di ingiustificato arricchimento, che difetta allora del requisito della sussidiarietà.

Analoghe statuizioni sono state assunte dalla medesima corte del merito, con riguardo a giudizi connessi (conclusi da Cass. 19 settembre 2016, n. 18303 e Cass. 14 settembre 2016, n. 18088).

3. – Il primo motivo del ricorso principale è inammissibile, per violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 6.

Ed invero, nel momento in cui la ricorrente denunzia un vizio in procedendo, per non avere la corte del merito correttamente interpretato ed applicato la clausola compromissoria contenuta nel contratto inter partes, la quale a sua volta asserita mente rinviava ad un regolamento arbitrale esterno, essa omette, tuttavia, di riportare sia la clausola in questione, sia il regolamento menzionato nei loro esatti termini.

In tale situazione, non è dato alla Corte di esaminare nel fondo il motivo, mancando l’oggetto dell’invocata disamina in questa sede, sia quanto alla clausola negoziale, sia con riguardo a quella oggetto di asserita relatio, al fine di apprezzarne l’effettivo contenuto e, di conseguenza, l’erroneità o no della decisione impugnata.

Premesso che, come correttamente rilevato nel controricorso, non di eccezione di carenza di “legittimazione attiva” si tratta, ma di eccezione di inimpugnabilità del lodo correlata alla volontà compromissoria espressa per relationem a regolamento arbitrale esterno, occorre richiamare il sin troppo noto principio, secondo cui “(a)nche laddove vengano denunciati con il ricorso per cassazione errores in procedendo, in relazione ai quali la corte è anche giudice del fatto, potendo accedere direttamente all’esame degli atti processuali del fascicolo di merito, si prospetta preliminare ad ogni altra questione quella concernente l’ammissibilità del motivo in relazione ai termini in cui è stato esposto, con la conseguenza che, solo quando sia stata accertata la sussistenza di tale ammissibilità diventa possibile valutare la fondatezza del motivo medesimo e, dunque, esclusivamente nell’ambito di quest’ultima valutazione, la corte di cassazione può e deve procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali” (fra le tante, Cass. 13 marzo 2018, n. 6014; Cass. 29 settembre 2017, n. 22880; Cass. 20 luglio 2012, n. 12664; Cass. 20 settembre 2006, n. 20405).

Ciò in quanto l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un errore processuale, presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura, onde il ricorrente non è dispensato dall’onere di specificare – a pena, appunto, di inammissibilità – il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche specificamente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, e tale specificazione deve essere contenuta nello stesso ricorso per cassazione, per il principio di autosufficienza di esso, onde dar modo alla Corte di controllare de visu la veridicità di tale asserzioni.

Solo dopo il superamento di tale pregiudiziale questione di ammissibilità è dato di verificare, altresì, la avvenuta produzione in atti dei documenti rilevanti ai fini della decisione sul motivo.

Fra l’altro, al riguardo la corte del merito ha stigmatizzato la novità dell’eccezione (v. p. 23-24 decisione impugnata).

A ciò si aggiunga che, avendo la corte del merito accolto un motivo di impugnazione del lodo afferente ad error in procedendo – vale a dire, la violazione dell’art. 2042 c.c. sulla natura sussidiaria dell’azione di indebito arricchimento, inammissibile ove manchi tale qualità dell’azione proposta (Cass. 20 novembre 2018, n. 29988; Cass. 9 maggio 2018, n. 11038; Cass. 16 dicembre 2010, n. 25461; Cass., sez. un., 25 novembre 2008, n. 28042) – la deroga al regime della impugnabilità non era comunque contemplata dalla legge.

4. – Il secondo motivo del ricorso principale è infondato.

Le domande proposte agli arbitri – che, nel rispetto del principio di autosufficienza, il ricorso riporta – non contemplano la domanda di ripetizione di indebito ex art. 2033 c.c.: tale non potendo intendersi per successive traslazioni, come invece il ricorrente pretende, quella iniziale, indicata nel quesito n. 3 sottoposto agli arbitri, di “accertare e dichiarare il diritto della società di revisione periodica del prezzo di appalto”, con la relativa condanna.

Del resto, una volta accolta dagli arbitri la domanda di cui all’art. 2041 c.c. e proposta l’impugnazione del lodo, innanzi alla Corte d’appello la (OMISSIS) s.r.l. mai si è doluta del mancato esame o accoglimento di una domanda ex art. 2033 c.c., pur astrattamente proponibile e, tuttavia, all’evidenza non proposta.

Giova ricordare come, una volta caducato il contratto, le restituzioni esigono la domanda di parte (fra le più recenti, Cass. 16 marzo 2018, n. 6664; Cass. 15 gennaio 2018, n. 715; Cass. 6 giugno 2017, n. 14013).

Nessuna violazione dell’art. 830 c.p.c., comma 2, laddove impone alla corte d’appello di decidere la controversia nel merito, si è dunque verificata.

Neppure, poi, è stata formulata dalla ricorrente la denuncia del vizio di omessa pronuncia sulla domanda ex art. 2033 c.c., da introdurre allora ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, quale violazione dell’art. 112 c.p.c., tuttavia al riguardo non dedotta.

5. – Con riguardo al ricorso incidentale di I.Cos. s.p.a., va rilevato come tale società non si è costituita ed è stata dichiarata contumace nel giudizio d’impugnazione (cfr. p. 21 della decisione impugnata), onde i motivi sono inammissibili in questa sede.

Peraltro, circa la lamentata omessa pronuncia della corte territoriale circa l’eccezione di “carenza di legittimazione attiva” di Acquedotto Pugliese s.p.a., ribadito quanto sopra osservato circa l’errata locuzione processuale (trattandosi di eccezione di inoppugnabilità del lodo, non di carenza di legittimazione), resta che la corte territoriale ha, invece, deciso su detta eccezione, ritenendola inammissibile, perchè formulata tardivamente.

Quanto alla seconda parte del motivo, laddove lamenta che la corte del merito non abbia rilevato d’ufficio l’inoppugnabilità del lodo, la ricorrente incidentale – del resto, contumace in appello – non indica il luogo ed il tempo della tempestiva produzione, innanzi alla Corte d’appello, del contratto e del regolamento arbitrale, dai quali la stessa avrebbe – nell’assunto – dovuto trarre ex actis la situazione predetta.

Quanto al secondo motivo del ricorso incidentale di I.Cos. s.p.a., esso è altresì inammissibile, in quanto censura un’argomentazione della corte territoriale resa solo ad abundantiam (cfr., e plurimis, Cass. 17 gennaio 2019, n. 1093; Cass. 26 gennaio 2018, n. 2037; Cass. 10 aprile 2018, n. 8755; Cass. 22 novembre 2010, n. 23635).

6. – Il motivo svolto nei ricorsi incidentali condizionati di Acquedotto Pugliese s.p.a. resta assorbito.

7. – Le spese processuali seguono la soccombenza fra la ricorrente principale ed Acquedotto Pugliese s.p.a., nonchè fra la I.Cos. s.p.a. e ed Acquedotto Pugliese s.p.a.; esse vengono, invece, interamente compensate tra la prima e la ricorrente incidentale I.Cos. s.p.a., non trattandosi in fatto di parti contrapposte.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso: si tratta invero di una obbligazione (di importo predeterminato) che sorge ex lege per effetto del rigetto dell’impugnazione, della dichiarazione di improcedibilità o di inammissibilità della stessa La norma esige, dunque, dal giudice unicamente l’attestazione dell’avere adottato una decisione di inammissibilità o improcedibilità o di reiezione integrale dell’impugnazione, anche incidentale, competendo poi in via esclusiva all’Amministrazione di valutare se, nonostante l’attestato tenore della pronuncia, vi sia in concreto, a motivo di fattori soggettivi, la possibilità di esigere la doppia contribuzione (cfr. Cass. 5 aprile 2019, n. 9660).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale proposto dal Fallimento (OMISSIS) s.r.l. ed il ricorso incidentale proposto dalla I.Cos.-Impresa di Costruzioni s.p.a.; dichiara assorbiti i ricorsi incidentali condizionati proposti da Acquedotto Pugliese s.p.a.; condanna il Fallimento (OMISSIS) s.r.l. e la I.Cos.-Impresa di Costruzioni s.p.a. al pagamento delle spese processuali in favore di Acquedotto Pugliese s.p.a., liquidate, a carico di ciascuna, in Euro 8.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15% sui compensi ed agli accessori, come per legge; compensa per intero le spese del giudizio di legittimità tra il Fallimento (OMISSIS) s.r.l. e la I.Cos.-Impresa di Costruzioni s.p.a.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto, ove dovuto, per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 3 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2019

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