Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27083 del 28/12/2016


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Cassazione civile, sez. trib., 28/12/2016, (ud. 09/09/2016, dep.28/12/2016),  n. 27083

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –

Dott. ZOSO Liana M.T. – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4308-2012 proposto da:

COMUNE DI BARBARANO VICENTINO in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA G. NICOTERA 29, presso lo

studio dell’avvocato ANDREA MICCICHE’, rappresentato e difeso

dall’avvocato CLAUDIO MAGGIOLO giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

ESSICCATOIO COOPERATIVO PRODOTTI AGRICOLI SCARL in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA

BENACO 5, presso lo studio dell’avvocato MARIA CHIARA MORABITO,

rappresentato e difeso dall’avvocato UMBERTO SANTI giusta delega a

margine;

– controricorrente –

avverso il provvedimento n. 91/2011 della COMM. TRIB. REG. di

VENEZIA, depositata il 25/10/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/09/2016 dal Consigliere Dott. DE MASI ORONZO;

udito per il ricorrente l’Avvocato MAGGIOLO che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato SANTI che ha chiesto il

rigetto e deposita cartolina A/R, alle ore 11,45 deposita note di

udienza;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO IMMACOLATA che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

IN FATTO

L’Essicatoio Cooperativo Prodotti Agricoli s.c.a.r.l. ricorreva avverso il diniego del Comune di Barbarano Vicentino della richiesta, presentata in data 1/7/2002, di rimborso dell’Ici versata dal 1993 al 2002, deducendo che l’immobile oggetto dell’imposta non era assoggettabile ad Ici in quanto fabbricato rurale utilizzato per la lavorazione, conservazione e commercializzazione dei prodotti agricoli conferiti dai soci.

La CTP di Vicenza accoglieva il ricorso, il predetto Comune interponeva appello e l’ Essicatoio Cooperativo Prodotti Agricoli si costituiva ribadendo le proprie ragioni.

La CTR del Veneto accoglieva il gravame rilevando la decadenza del diritto alla restituzione dell’Ici pagata anteriormente al 30 giugno 1999, D.Lgs. n. 505 del 1992, ex art. 13, (nel testo in vigore all’atto della presentazione della istanza), nonchè il difetto del carattere rurale del fabbricato stante la mancata coincidenza tra la titolarità dei terreni e la titolarità del fabbricato. Avverso detta sentenza l’Essicatoio Cooperativo Prodotti Agricoli proponeva ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui il Comune resisteva con controricorso.

Questa Corte, con sentenza n. 15529 del 2010, accoglieva il predetto ricorso e cassava la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della CTR del Veneto, anche in ordine al regolamento delle spese della fase di legittimità.

Il Comune di Barbarano Vicentino riassumeva la causa evidenziando che il fabbricato dell’Essicatoio Cooperativo Prodotti Agricoli non era classificato catastalmente con l’attribuzione della categoria D/10, propria degli immobili strumentali alle attività agricole, ovvero della categoria A/6, propria delle unità abitative di tipo rurale, e che quindi non era esente da Ici, assumendo detta classificazione catastale elemento di rilievo determinante, nella esaminata fattispecie, ai fini del riconoscimento dell’invocata esenzione.

Resisteva la Cooperativa deducendo che l’immobile era esente da Ici perchè censito al catasto terreni come fabbricato rurale, privo di rendita catastale, circostanza documentalmente provata in atti.

La CTR del Veneto, con sentenza n. 91/19/11 del 27/9/2011, depositata il 25/10/2011, accoglieva – limitatamente al periodo dall’1/7/1999 al 31/12/2002 – la richiesta di rimborso dell’ Ici avanzata dalla contribuente sulla scorta della dimostrata ruralità dell’immobile.

Il Comune di Barbarano Vicentino propone ricorso, affidato ad un unico motivo, per la cassazione della sentenza, cui resiste l’Essicatoio Cooperativo Prodotti Agricoli con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

IN DIRITTO

Il ricorrente Comune censura la sentenza pronunciata dalla CTR del Veneto, per violazione dell’art. 384 c.p.p., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, avendo il Giudice di rinvio disatteso il principio di diritto affermato da questa Corte con la sentenza n. 15529 del 2010, secondo cui “vertendosi in tema di immobili iscritti al catasto – tale circostanza è pacifica tra le parti – al fine di escludere o affermare l’assoggettabilità all’Ici, occorreva innanzitutto verificare se il fabbricato de quo, catastalmente, fosse stato classificato o meno come fabbricato rurale (con attribuzione della categoria A/6 propria delle unità abitative, oppure della categoria D/10 propria degli immobili strumentali alle attività agricole), costituendo la detta classificazione catastale elemento di rilievo determinante”.

Evidenzia, in particolare, che le “visure storiche dell’Agenzia del Territorio”, a cui il Giudice di rinvio fa riferimento ai fini della esenzione Ici del fabbricato, non contemplano alcuna delle suindicate classificazioni catastali avendo la CTR del Veneto ritenuto sufficiente che l’immobile oggetto di contenzioso fosse “dal 10/1/1996 censito come fabbricato rurale in quanto l’Essicatoio proprietario possiede il requisito della ruralità (fg. (OMISSIS) – part. (OMISSIS))” e che tale requisito risultasse ancora posseduto “alla data del 19/2/2003”, con conseguente riconoscimento, in favore del contribuente, del “diritto al rimborso dell’Ici dall’1/7/1999 al 31/12/2002”.

Il motivo di ricorso è fondato.

Questa Corte ha già avuto modo di chiarire che “In tema di ICI, per la dimostrazione della ruralità dei fabbricati, ai fini del trattamento esonerativo, è rilevante l’oggettiva classificazione catastale con attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), per cui l’immobile che sia stato iscritto come “rurale”, in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dal D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9, (conv. in L. 26 febbraio 1994, n. 133) non è soggetto all’imposta, ai sensi del D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, art. 23, comma 1 bis (conv. in L. 27 febbraio 2009, n. 14) e del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. a; ne consegue che qualora l’immobile sia iscritto in una diversa categoria catastale, nella specie D/1, è onere del contribuente, che pretenda l’esenzione dall’imposta, impugnare l’atto di classamento per la ritenuta ruralità del fabbricato, restandovi, altrimenti, quest’ultimo assoggettato e, allo stesso modo, il Comune deve impugnare autonomamente l’attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10, al fine di poter legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’imposta” (Cass. Sez. Un. n. 18565/2009; Cass. n. 16737/2015; Cass. n. 5167/2014; Cass. n. 19872/2012; Cass. n. 2001/2011).

Ne discende che solo per i fabbricati non iscritti in catasto “l’accertamento della “ruralità” può essere direttamente e immediatamente compiuto dal giudice che sia investito dalla pretesa del contribuente di conseguire il rimborso dell’ICI pagata per il fabbricato al quale ritenga spetti il riconoscimento come “fabbricato rurale”: in questo caso, trattandosi di domanda fondata su una pretesa esenzione dall’imposta, spetterà al contribuente dimostrare la sussistenza dei requisiti indicati nel D.L. n. 557 del 1993, art. 9, commi 3 e 3 bis”.

La Corte, nel cassare la sentenza n. 14/34/05 della CTR del Veneto, aveva evidenziato l’assoluta irrilevanza, ai fini della corretta decisione della controversia, sia della “mancata confluenza in un unico soggetto giuridico del possesso dei terreni e del fabbricato strumentale”, che della “iscrizione del fabbricato al N.C.E.U., e che, “al fine di escludere o affermare l’assoggettabilità all’Ici, occorreva innanzitutto verificare se il fabbricato de quo, catastalmente, fosse stato classificato o meno come fabbricato rurale (con attribuzione della categoria A/6 propria delle unità abitative, oppure della categoria D/10 propria degli immobili strumentali alle attività agricole), costituendo la detta classificazione catastale elemento di rilievo determinante”.

E poichè tale circostanza non emergeva “in alcun modo dalla lettura della sentenza impugnata” la pronuncia di annullamento ha affidato al giudice di rinvio il compito di provvedere “all’indicato accertamento in fatto da condursi nell’osservanza del principio di diritto stabilito dalle Sezioni Unite di questa Corte” (con riguardo al 1999 ed alle annualità successive).

Di contro, il Giudice di rinvio, una volta verificata l’insussistenza dell’iscrizione dell’immobile nel catasto dei fabbricati come “rurale”, con l’attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), ha ricavato dalle “visure storiche dell’Agenzia del Territorio” la dimostrazione del carattere rurale del fabbricato, ai sensi del D.L. n. 557 del 1993, art. 9, comma 3 bis, per come censito nel N.C.T. Comune di Barbarano Vicentino, giusta certificato catastale del Fg. (OMISSIS), Mapp. N. (OMISSIS), rilasciato dall’Ufficio del Territorio di Vicenza, in quanto strumentale all’attività agricola dalla stessa Cooperativa esercitata.

In tal modo il Giudice di rinvio non si è uniformato alla “regola” giuridica enunciata dalla Corte di legittimità, e neanche ha tenuto conto delle premesse logico-giuridiche della decisione di legittimità che ne costituiscono parte integrante, atteso che, alla stregua del principio di diritto enunciato nella pronuncia di annullamento, in piena continuità con l’orientamento delle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 18565/2009), era stato anche evidenziato che per un immobile non iscritto in catasto fabbricati, l’accertamento della “ruralità” può essere “direttamente e immediatamente compiuto dal giudice che sia investito della pretesa del contribuente”, spettando “al contribuente dimostrare la sussistenza dei requisiti indicati nel D.L. n. 557 del 1993, art. 9, commi 3 e 3 bis” (Cass. S.U. n. 18565/2009).

La CTR del Veneto, dunque, avrebbe dovuto vagliare non già sulla base delle “visure storiche dell’Agenzia del Territorio” – e certamente non soltanto sulla scorta di esse – ma sulla base di tutti gli elementi probatori già acquisiti al processo, seguendo i parametri indicati nella sentenza di annullamento, la sussistenza o meno dei requisiti di cui al D.L. n. 557 del 1993, art. 9, commi 3 e 3 bis, questione dibattuta tra le parti.

Nè, ai fini della decisione, assumevano rilievo le deduzioni difensive dell’Essicatoio Cooperativo Prodotti Agricoli, secondo cui il classamento del fabbricato nella categoria D/7, desumibile da altro certificato dell’Agenzia del Territorio richiamato nella impugnata sentenza, ma con riferimento alla situazione dell’immobile a far data dal 2/12/2005, non era corretto e comunque non poteva operare retroattivamente, atteso che diversi erano i punti oggetto dell’accertamento demandato al Giudice di rinvio.

Mette conto di rilevare che la decisione di merito, in primo grado, era stata favorevole al contribuente, avendo la CTP riconosciuto il carattere strumentale delle costruzioni e la natura agricola dell’attività dal medesimo svolta, che il Comune di Barbarano Vicentino aveva ampiamente criticato la decisione, gravandola di appello per diversi profili, come pure è ricordato nei propri scritti difensivi dall’odierno controricorrente (cfr. pag. 10 controricorso), e che nel giudizio di rinvio i limiti dei poteri attribuiti al giudice sono diversi a seconda che la sentenza di annullamento abbia accolto il ricorso per violazione o falsa applicazione di norme di diritto – come è accaduto nel caso di specie – ovvero per vizi di motivazione in ordine a punti decisivi della controversia, ovvero per l’una e per l’altra ragione.

Nella prima ipotesi, infatti, il giudice di rinvio è tenuto soltanto ad uniformarsi, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, al principio di diritto enunciato dalla sentenza di cassazione, senza possibilità di modificare l’accertamento e la valutazione dei fatti acquisiti al processo, trattandosi di preclusione processuale che opera su tutte le questioni costituenti il presupposto logico ed inderogabile della pronuncia di cassazione, prospettate dalle parti o rilevate d’ufficio (Cass. n. 20981/2015; n. 17790/2014; n. 8381/2013).

In conclusione, non potendo la causa essere decisa nel merito, si impone la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Commissione tributaria regionale del Veneto, altra sezione, che provvederà al riesame della controversia tributaria applicando i principi sopra espressi. Anche la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità va rimessa al giudice del rinvio.

PQM

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Veneto, che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 9 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2016

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