Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27082 del 03/12/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 27082 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: PAGETTA ANTONELLA

ORDINANZA
sul ricorso 723-2012 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE
80078750587 in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso
l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli
avvocati ANTONIETTA CORETTI, VINCENZO TRIOLO, EMANUELE DE
ROSE, VINCENZO STUMPO, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente contro
GARGARO GIUSEPPE;

– intimato avverso la sentenza n. /159 8/ 010 della CORTE D’APPELLO di BARI del
18.11.2010, depositata

3

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 03/10/2013 dal
Consigliere Relatore Dott. ANTONELLA PAGETTA;
udito per il ricorrente l’Avvocato Antonietta Coretti che si riporta agli scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. GIULIO ROMANO che
si riporta alla relazione scritta.

Fatto e diritto

Data pubblicazione: 03/12/2013

Il Consigliere relatore nominato ai sensi dell’art. 377 cod. proc. civ. ha depositato
la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ. e 375 cod. proc. civ:
“Con ricorso al Tribunale di Lucera, Giuseppe Gargaro, operaio agricolo a tempo
determinato, aveva convenuto in giudizio l’Inps, chiedendo venisse accertato il
suo diritto alla differenza dell’indennità di disoccupazione per l’anno 2003; il
ricorrente – premesso che il trattamento di disoccupazione gli era stato corrisposto

sosteneva che il medesimo trattamento doveva essere invece calcolato, ai sensi del
D. Lgs. n. 146 del 1997, art. 4, sui minimi retributivi previsti dalla contrattazione
collettiva provinciale, ivi compreso l’elemento denominato t.f.r., con conseguente
diritto alle differenze tra quanto spettante e quanto percepito.
La domanda è stata dichiara inammissibile dal giudice di primo grado, che ha
ritenuto intervenuta la decadenza di cui all’art. 47, terzo comma D.P.R. 30 aprile
1970 n. 639 mentre la Corte d’appello di Bari, con sentenza depositata il 13
gennaio 2011, l’ha accolta integralmente.
Avverso detta sentenza l’Inps propone ricorso per cassazione — notificato in data
20-21 dicembre 2011 -, con tre motivi.
La parte intimata non si è costituita in questa sede.
Il procedimento è regolato dagli artt. 360 e segg. c.p.c. con le modifiche e
integrazioni successive, in particolare quelle apportate dalla legge 18 giugno 2009
n. 69.
Col primo motivo, l’Istituto denuncia la violazione dell’art. 47 D.P.R. 30 aprile
1970 n. 639 e successive modificazioni.
Col secondo e col terzo motivo l’Istituto ricorrente, lamentando la violazione
dell’art. 18, comma 18° del D.L. n. 98/2011, convertito in L. n. 111/2011 e, in via
subordinata, degli artt. 46, 51 e 55 del CCNL per gli operai agricoli e florovivaisti
del 2002 in relazione all’art. 6, comma 4°, lettera a) del d.lgs. n. 314/97 nonché in
relazione agli artt. 1362 e ss., 2120 cod. civ. ed all’ artt. 4 commi 10° e 11° legge
297/82, censura, in via logicamente subordinata, la sentenza unicamente per avere
incluso nella retribuzione da prendere a base per la liquidazione dell’indennità di
disoccupazione anche la voce denominata “quota di TFR”, la quale invece non
dovrebbe esserlo, per avere essa — contrariamente a quanto affermato la Corte
territoriale — effettiva natura di retribuzione differita.
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Ric. 2012 n. 00723 sez. ML – ud. 03-10-2013

dall’Istituto sulla base del salario medio convenzionale congelato all’anno 1995 –

Il ricorso è manifestamente infondato nel primo motivo e manifestamente fondato
nel secondo e nel terzo, qui trattati unitariamente.
Va premesso che l’originario testo dell’art. 47 del D.P.R. 30 aprile 1970 n. 639
stabiliva quanto segue.
“Esauriti i ricorsi in via amministrativa, può essere proposta l’azione dinanzi
all’autorità giudiziaria, ai sensi degli artt. 459 e ss. cod. proc. civ.

comunicazione della decisione definitiva del ricorso pronunziata dai competenti organi dell’istituto
o dalla data di scadenza del termine stabilito per la pronunzia della decisione medesima, se
trattasi di controversie in materia di trattamenti pensionistici.
L’azione giudiziaria può essere proposta entro il termine di cinque anni dalle date
di cui al precedente comma se trattasi di controversie in materia di prestazioni a
carico dell’assicurazione contro la tubercolosi e dell’assicurazione contro la
disoccupazione involontaria”.
Col successivo art. 6 del D.L. 29 marzo 1991 n. 103, convertito con modificazioni
nella legge 10 giugno 1991 n. 166, ritenuto da Corte Cost., con la sent. n. 246 del
1992, di interpretazione autentica dell’art. 47 D.P.R. n.639/70, venne poi stabilito:
“/ — I termini previsti dall’art. 47, commi secondo e terzo del D.P.R. 30

aprile 1970 n. 639 sono posti a pena di decadenza per l’esercizio del diritto alla
prestazione previdenziale . la decadenza determina l’estinzione del diritto ai ratei
pregressi delle prestazioni previdenziali e l’inammissibilità della relativa domanda
giudiziale. In caso di mancata proposizione del ricorso amministrativo, i termini
decorrono dall’insorgenza del diritto ai singoli ratei.
2— Le disposizioni di cui al comma precedente hanno efficacia retroattiva, ma
non si applicano ai processi che sono in corso alla data di entrata in vigore del presente
decreto”.
Con l’art. 4 del D.L. 19 settembre 1992 n. 384, i commi secondo e
terzo del citato art. 47 sono stati successivamente sostituiti dai seguenti:

‘Per le controversie in materia di trattamenti pensionistici, l’azione giudiziaria
può essere proposta, a pena di decadenza, entro il termine di tre anni dalla data di
comunicazione della decisione del ricorso pronunziata dai competenti organi dell’istituto
o dalla data di scadenza del termine stabilito per la pronunzia della predetta decisione
ovvero dalla data di scadenza dei termini prescritti per l’esaurimento de/procedimento
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Ric. 2012 n. 00723 sez. ML – ud. 03-10-2013

L’azione giudiziaria può essere proposta entro il termine di dieci anni dalla data di

amministrativo, computati a decorrere dalla data di presentazione della richiesta di
prestazione.
Per le controversie in materia di prestazioni della gestione di cui all’art. 24
della legge 9 marzo 1989 n. 88, l’azione giudiziaria può essere proposta, a pena di
decadenza, entro il termine di un anno dalle date di cui al precedente commar
L’ultimo comma dell’art. 4 ha poi stabilito che le disposizioni

indicate “non si applicano ai procedimenti istaurati anteriormente alla data di entrata

in vigore de/presente decreto ancora in corso alla medesima data”.
Infine, recentemente, l’art. 38, primo comma, lett. d) del D.L. 6
luglio 2011 n. 98, convertito in legge n. 111 del medesimo anno, ha
aggiunto al citato art. 47 un ultimo comma, del seguente tenore: ‘Le

decadenze previste dai commi che precedono si applicano anche alle azioni giudiziarie
aventi ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento
di accessoti del credito. In tal caso il termine di decadenza decorre dal riconoscimento
parziale della prestazione ovvero dal pagamento della sorte”, precisando al quarto
comma che “Le disposizioni di cui al comma 1, lett. c) e d) si applicano anche ai

giudizi pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore de/presente decreto”.
Questo essendo il quadro di riferimento normativo, la
giurisprudenza consolidata, pur tra frequenti contrasti, di questa Corte (da
ultimo, sulla base di Cass. S.U. 29 maggio 2009 n. 12720 – che ribadisce le
tesi della precedente Cass. S.U. 18 luglio 1996 n. 6491-, fr. ad es., Cass. 20
,

gennaio 2010 n. 948 e 26 gennaio 2010 n. 1580) era, per quanto qui
interessa e fino alla citata recente novella del 2011, nel senso della
inapplicabilità della decadenza alle domande di adeguamento di
prestazioni previdenziali già riconosciute e liquidate solo parzialmente
dall’ente previdenziale.
Infatti le sezioni unite di questa Corte, con la sentenza n. 12720
del 29 maggio 2009, componendo un contrasto di giurisprudenza insorto
nell’ambito della sezione lavoro, avevano affermato che “La decadenza di

cui a/ D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47 – come interpretato dal D.L. 29 marzo
1991, n. 103, art. 6, convertito, con modificazioni, nella L 1 giugno 1991, n. 166 non può trovare applicazione in tutti quei casi in cui la domanda giudiziale sia rivolta
ad ottenere non già il riconoscimento del diritto alla prestazione previdenziale in sé
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Ric. 2012 n. 00723 sez. ML – ud. 03-10-2013

considerata, ma solo l’adeguamento di detta prestazione già riconosciuta in un importo
inferiore a quello dovuto, come avviene nei casi in cui l’Istituto previdenziale sia incorso
in errori di calcolo o in errate inteTretazioni della normativa legale o ne abbia
disconosciuto una componente, nei quali casi la pretesa non soggiace ad altro limite che
non sia quello della ordinaria prescrizione decennale”.
Recentemente, peraltro, la questione era stata nuovamente rimessa

da un collegio della sezione lavoro, con ordinanza interlocutoria
depositata il 18 gennaio 2011, n. 1071, alle sezioni unite di questa Corte,
sulla base del rilievo che l’interpretazione prevalente non apparirebbe
giustificata dal tenore letterale e dalla considerazione delle finalità della
norma, la quale riguarderebbe viceversa ogni tipo di azione in materia di
prestazioni previdenziali. Intervenuta, tra l’ordinanza interlocutoria di
rimessione alle sezioni unite della Corte e la data dell’udienza avanti a
queste ultime, la citata novella di cui all’art. 38, primo comma, lett. d) del
recente D.L. 6 luglio 2011 n. 98, convertito in legge n. 111/’11, è stata
quindi disposta la restituzione degli atti alla sezione lavoro, sulla base della
considerazione della necessità di valutare la persistenza del proposito di
investire della questione le sezioni unite, alla luce della valutazione della
eventuale incidenza delle norme di legge citate sulla interpretazione del
l’art. 47, vigente prima di essa.
Ciò premesso, non può non rilevarsi che la nuova disciplina,
esprimendo il proposito del legislatore di modificare in materia, con una
limitata efficacia retroattiva, la regola preesistente, quale consolidatasi per
effetto delle recente pronuncia delle sezioni unite del 2009, conferma
indirettamente la corrispondenza di quest’ultima all’originario contenuto
dell’art. 47, nel testo vigente fino alla novella del 2011.
L’autorità del precedente arresto interpretativo delle sezioni unite
della Corte e l’indiretta conferma della sua correttezza proveniente dallo
stesso legislatore convincono in definitiva il collegio della inapplicabilità
dell’art. 47 del D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, prima delle integrazioni
apportate dell’art. 38 del D.L. n. 98 del 2011, al caso di richiesta di
riliquidazione di prestazioni previdenziali solo parzialmente riconosciute e
liquidate dall’ente previdenziale.
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Ric. 2012 n. 00723 sez. ML – ud. 03-10-2013

Essendosi la Corte territoriale attenuta a tale regola, il primo
motivo di ricorso dovrebbe essere respinto.
Sono invece manifestamente fondati il secondo e il terzo motivo.
In proposito, si ricorda che questa Corte ha ripetutamente
enunciato, ad es. con la sentenza n. 202/2011, con riferimento a
fattispecie analoghe a quella in esame, il seguente principio: “Confermandosi

quanto già ritenuto dalla precedente sentenza di questa Corte n. 10546 / 2007 per cui
ai fini della liquidazione delle prestazioni temporanee in agricoltura, la nozione di
retribuzione – definita dalla contrattazione collettiva provinciale, da porre a confronto
con il salario medio convenzionale ex art. 4 del D.lgs. 16 aprile 1997 n. 146 – non è
comprensiva del trattamento di fine rapporto, va ulteriormente affermato che, sulla base
del suddetto principio, la voce denominata ‘quota di TFR” dai contratti collettivi
vigenti a partire da quello del 27.11.1991, va esclusa dal computo della indennità di
disoccupazione, in considerazione della volontà e.spressa dalle parti stipulanti, che è
vietato disattendere in forza della disposizione di cui all’art. 3 D.L 14 giugno 1996
n. 318 convertito in legge 29 luglio 1996 n. 402, a norma del quale, agli effetti
previdenziali, la retribuzione dovuta in base agli accordi collettivi, non può essere
individuata in difformità rispetto a quanto definito negli accordi stessi. Dovendo
escludersi che detta voce abbia natura diversa rispetto a quella indicata dalle parti
stipulanti, non è ravvisabile alcuna illegittima alterazione degli istituti legali da parte
dell’autonomia collettiva.”
Si rileva altresì, in proposito, che recentemente il significato della
norma di cui all’art. 4 del D. Lgs. n. 146 del 1997 individuato dalla
giurisprudenza sopra citata è stato esplicitato anche dal legislatore, che
all’art. 18, comma 18° del D.L. n. 98 del 2011, convertito nella legge n.
111 dello stesso anno, ha specificato che “L’art. 4 del D. Lgs. 16 aprile 1997

n. 146 e l’art. 1, comma 5° del D.L. 10 gennaio 2006 n. 2, convertito con
modificazioni dalla legge 11 marzo 2006 n. 81, si interpretano nel senso che la
retribuzione utile per il calcolo delle prestazioni temporanee in favore degli operai
agricoli a tempo determinato non è comprensiva della voce del trattamento di fine
rapporto comunque denominato dalla contrattazione collettiva”.
Ove si condivida il testé formulato rilievo, il ricorso andrebbe accolto”

6
Ric. 2012 n. 00723 sez. ML – ud. 03-10-2013

Ritiene questo Collegio che le considerazioni svolte dal Relatore sono del tutto
condivisibili siccome coerenti alla ormai consolidata giurisprudenza in materia .
Ricorre con ogni evidenza il presupposto dell’art. 375, comma 1°, n. 5 cod. proc.
civ. , per la definizione camerale. .Consegue il rigetto del primo motivo e
l’accoglimento del secondo e del terzo; la sentenza va cassata e non essendo
necessari ulteriori accertamenti in fatto, il ricorso può essere deciso nel merito con

indennità di disoccupazione agricola .La definizione del giudizio anche alla luce
dello ius superveniens di cui al di n.98 del 2011 configura la sussistenza di giusti
motivi di compensazione dell’intero giudizio.
P. Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo; accoglie il secondo e il terzo. Cassa la
sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito,
dichiara non dovuta la quota denominata TFR nella liquidazione della
indennità di disoccupazione agricola. Compensa le spese dell’intero giudizio.
Roma 3 ottobre 2013
Il Presidente
Dott. ssa Maura La Terza

rigetto della domanda di inclusione della quota cd Tfr nella base di calcolo della

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