Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27079 del 26/11/2020

Cassazione civile sez. lav., 26/11/2020, (ud. 15/09/2020, dep. 26/11/2020), n.27079

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5178-2015 proposto da:

REGIONE BASILICATA, in persona del Presidente pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA NIZZA 56, presso UFFICIO DI

RAPPRESENTANZA DELLA REGIONE BASILICATA, rappresentata e difesa

dagli avvocati MARCELLO COLLEVECCHIO, BENIAMINO CARAVITA DI TORITTO;

– ricorrente –

contro

B.M.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

TOSCANA 10, presso lo studio dell’avvocato ANGELO DE CRESCENZO,

rappresentato e difeso dall’avvocato DOMENICO DI GIUSEPPE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 623/2014 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 11/12/2014 R.G.N. 389/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/09/2020 dal Consigliere Dott. ROBERTO BELLE’.

 

Fatto

RITENUTO

CHE:

1. la Corte d’Appello di Potenza ha dichiarato improcedibile l’appello proposto dalla Regione Basilicata avverso la sentenza del Tribunale della stessa città che aveva accolto la domanda con cui l’avvocato B.M. aveva chiesto il pagamento dei compensi per l’attività giudiziale svolta in favore dell’ente negli anni 2009 e 2010;

la Corte riteneva che, non essendovi stata notifica degli atti introduttivi del gravame per l’udienza di discussione, ma solo in vista della successiva udienza cui la causa era stata rinviata, ex art. 181 c.p.c., per mancata comparizione delle parti, l’iter introduttivo del processo di appello fosse da ritenere irrimediabilmente viziato;

la Regione Basilicata ha impugnato per cassazione la sentenza con tre motivi, poi illustrati da memoria e resistiti dal B., costituitosi anche in proprio.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

con il primo motivo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, la violazione degli artt. 434,435,421,291,348,181,154,159 c.p.c. “ed errores in procedendo”;

la ricorrente sostiene che l’improcedibilità potrebbe essere ritenuta solo in caso di omessa notifica, mentre la notifica vi era stata, seppure per la seconda delle udienze fissate, sottolineando altresì come la Corte territoriale avesse omesso di motivare su un fatto decisivo, consistente nel fatto appunto che vi era stato rinvio della prima udienza, sicchè il caso era diverso da quello fatto oggetto della pronuncia delle S.U. (Cass., S.U., 30 luglio 2008, n. 20604) su cui si era basata la Corte territoriale;

il secondo ed il terzo motivo, sono rubricati rispettivamente sub specie della violazione degli artt. 434,435,181,291,348 e 421 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3) e degli artt. 181, 291, 348, 421, 435 c.p.c. e degli artt. 111 e 24 Cost. (art. 360 c.p.c., n. 3).

la Regione sostiene che l’iter processuale era stato del tutto conforme alle norme ed in particolare alla previsione dell’art. 348 c.p.c., secondo cui in caso di mancata comparizione dell’appellante alla prima udienza doveva disporsi, come è accaduto, un rinvio, mentre poi per la successiva udienza vi era stata regolare notifica degli atti introduttivi, senza dunque la possibilità di ravvisare contrasti con il principio di ragionevole durata del processo;

da altro punto di vista, secondo la ricorrente, l’interpretazione fornita da Cass., S.U., 20604/2008 cit., se davvero tale da comportare l’improcedibilità del gravame, avrebbe dovuto essere superata, valorizzando il fatto, in una corretta attuazione del giusto processo e dei diritti di difesa, che comunque l’impugnazione era stata introdotta e perfezionata con il deposito del ricorso;

i motivi, da esaminare congiuntamente, sono infondati;

in esito a Cass., S.U., 20604/2008 cit. ed in affinamento del principio da essa fissato, si è consolidato presso questa Corte l’orientamento per cui “nelle controversie di lavoro in grado d’appello, la mancata notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza determina l’improcedibilità dell’impugnazione, senza possibilità per il giudice di assegnare un termine perentorio per provvedervi” (Cass. 14 marzo 2018, n. 6159, Cass. 28 settembre 2016, n. 19191; Cass. 22 gennaio 2015, n. 1175 e, nella contigua materia locatizia, Cass. 18 gennaio 2017, n. 1218), mentre solo in caso di nullità della notificazione o di mancato rispetto del termine a comparire è consentita la concessione di termine per la rinnovazione, il tutto sostanzialmente nella logica della ragionevole durata del processo e della sanzione a carico della parte che risulta totalmente inadempiente ai propri oneri rispetto alla prima udienza fissata dal giudice;

il caso di specie si caratterizza per il fatto che alla prima udienza in appello nessuno comparve e la causa fu quindi rinviata ad altra udienza, per la quale gli atti introduttivi furono notificati all’appellato, ma in data intermedia tra la prima e la seconda udienza;

poco importa se il rinvio disposto dalla Corte d’Appello sia da riportare al disposto dell’art. 181 c.p.c. o a quello, citato dalla ricorrente, di cui all’art. 348 c.p.c., in quanto in entrambi i casi e nella pacifica assenza di tutte le parti alla prima udienza, l’effetto di tali previsioni è comunque quello del rinvio della causa ad altra udienza;

è infatti altrettanto pacifico che, rispetto alla prima udienza, la notifica non sia mai avvenuta e sia quindi da considerare inesistente;

nè l’art. 348 c.p.c. va inteso come norma di salvaguardia di un diritto assoluto dell’appellante ad ottenere la trasmigrazione della causa ad altra udienza, senza alcun effetto pregiudizievole nei suoi confronti;

infatti, la norma è stata costantemente intesa, anche in tempi più risalenti, come tale da giustificare il diritto dell’appellante a non sentir dichiarare l’improcedibilità del gravame per il solo fatto della sua mancata comparizione (Cass. 6 marzo 2007, n. 5125; Cass. 1 aprile 1996, n. 2973), ma non comporta di certo una remissione in termini rispetto ad incombenti anteriori alla prima udienza, rispetto ai quali il ricorrente sia rimasto inadempiente e che abbiano determinato il maturare di fattispecie preclusive;

l’assetto è dunque del tutto sovrapponibile al caso della mancata notifica del ricorso e del decreto che sia rilevato dal giudice in prima udienza, perchè anche in quell’ipotesi la sanatoria non potrebbe che derivare dalla attuazione della notifica tra la prima e la seconda udienza, che però non può essere consentita, per l’effetto di improcedibilità già verificatosi;

in altri termini, l’avvenuto rinvio della causa ad altra udienza nel caso di specie è stato inevitabilmente cagionato dall’assenza delle parti, ma la ricorrente non può giovarsi di tale propria ulteriore inerzia al fine di ottenere in altro modo una rimessione in termini che l’ordinamento, come interpretato dalla citata costante giurisprudenza, non consente di riconnettere ad una notificazione puramente e semplicemente omessa; a nulla poi vale il far leva sul fatto che l’impugnazione fosse da considerare già introdotta con il deposito del ricorso, in quanto l’effetto derivante dalla citata giurisprudenza non nega l’ammissibilità del gravame, quanto la sua procedibilità per l’inosservanza degli oneri notificatori consequenziali al predetto deposito;

parimenti sterile è poi il richiamo operato dalla ricorrente al diritto di difesa (art. 24 Cost.) ed al giusto processo (art. 111 Cost.), in quanto la considerazione di tali valori non preclude certamente al legislatore, secondo l’assetto interpretativo delle norme quale consolidato nel diritto vivente, di dare prevalenza, nel singolo snodo processuale, all’esigenza di celerità parimenti munita di copertura costituzionale sempre nel medesimo art. 111. cit.;

il ricorso va quindi respinto;

le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della controparte delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 15 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2020

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