Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27078 del 03/12/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 27078 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: PAGETTA ANTONELLA

ORDINANZA
sul ricorso 12882-2011 proposto da:
POSTE ITALIANE SPA 97103880585 – società con socio unico – in persona del
Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale rappresentante pro-tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25/B, presso lo studio dell’avvocato
ROBERTO PESSI, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del
ricorso;

– ricorrente contro
BETTAZZI FEDERICO BTTFRC66B07G713N, elettivamente domiciliata in
ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avv.
ROBERTA BECHI, giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente avverso la sentenza n. 675/2010 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE del
4.5.2010, depositata il 19/05/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 03/10/2013 dal
Consigliere Relatore Dott. ANTONELLA PAGETTA.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. GIULIO ROMANO.

Fatto e diritto

Data pubblicazione: 03/12/2013

Il Consigliere relatore nominato ai sensi dell’art. 377 cod. proc. civ. ha depositato
la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ. e 375 cod. proc. civ.:
” La prima questione posta col ricorso principale (primo motivo) delle Poste
Italiane, consegnato all’ufficiale giudiziario per la notifica a mezzo del servizio
postale in data 5 maggio 2011 (in ordine al quale l’intimato si è difeso in questa
sede con rituale controricorso), avverso la sentenza definitiva del 19 maggio 2010

9 luglio al 30 settembre 1997 con Federico Bettazzi, ai sensi dell’art. 8 del C.C.N.L.
26 novembre 1994 “per ncessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per

ferie nel periodo giugno-settembre” e dichiarato nullo dalla sentenza, con conseguente
conversione a tempo indeterminato del rapporto e condanna della società al
ritenere risolto per mutuo consenso, questione che
risarcimento dei danni, sia da _

sarebbe stata erroneamente ritenuta infondata dalla Corte territoriale, in violazione
dell’art. 1372 c.c.. .
In proposito, richiamati i principi ripetutamente ed esaustivamente affermati da
questa Corte, secondo cui: a) in via di principio è ipotizzabile una risoluzione del
rapporto di lavoro per fatti concludenti (dr., ad es., Cass. 6 luglio 2007 n. 15264, 7
maggio 2009 n. 10526); b) l’onere di provare circostanze significative al riguardo
grava sul datore di lavoro che deduce la risoluzione per mutuo consenso

(dr. ad

es. Cass. 2 dicembre 2002 n. 17070 e 2 dicembre 2000 n. 15403); c) la relativa
valutazione da parte del giudice costituisce giudizio di merito; d) la mera inerzia del
lavoratore nel contestare la clausola appositiva del termine, così come la ricerca
medio tempore di una occupazione, non sono sufficienti a far ritenere intervenuta
la risoluzione per mutuo consenso; deve ritenersi che la Corte di merito si sia
attenuta a tali principi nel valutare la situazione sottoposta al suo esame, con
giudizio di merito ispirato a valutazioni di tipicità sociale.
Il motivo appare pertanto manifestamente infondato.
Col secondo motivo, la difesa della società deduce la violazione dell’art. 2697 c.c.
421 e 437 c.p.c. nonché il vizio di motivazione per avere la Corte territoriale
erroneamente ritenuto che l’onere di provare l’osservanza della clausola di
contingentamento gravi sul datore di lavoro convenuto in giudizio e per non avere
comunque attivato i propri poteri istruttori al riguardo.

Ric. 2011 n. 12882 sez. ML – ud. 03-10-2013
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della Corte d’appello di Firenze, è se il contratto a tempo determinato stipulato dal

In proposito, si ricorda che, secondo la condivisa giurisprudenza di questa Corte,
la determinazione da parte della contrattazione collettiva, in conformità di quanto
previsto dall’art. 23 della legge n. 56 del 1987, della percentuale massima di
contratti a termine rispetto a quelli di lavoro a tempo indeterminato nella azienda,
è stabilita per la validità della clausola appositiva del termine per le causali
individuate dalla medesima contrattazione collettiva ad es., implicitamente,

E’ inoltre ormai generalizzato l’orientamento, secondo il quale l’onere di dedurre e
provare il rispetto di tale percentuale grava sul datore di lavoro (g%. ad es. Cass. 19
gennaio 2010 n. 839).
Infine, quanto alla censura relativa alla mancata attivazione dei poteri di ufficio da
parte dei giudici, si rileva che la società non specifica se in proposito abbia
tempestivamente dedotto l’osservanza della clausola indicando altresì i dati di fatto
sufficienti a sostenere l’assunto, così consentendo ai giudici l’esercizio degli oggi
invocati poteri ufficiosi.
Anche il motivo in esame è pertanto palesemente infondato.
Col terzo motivo di ricorso, la società investe la pronuncia quanto alle
conseguenze economiche tratte dalla ritenuta conversione a tempo indeterminato
del contratto tra le parti e, infine e comunque, chiede l’applicazione dello ius

superveniens con efficacia retroattiva rappresentato dall’art. 32, commi 5-7 della legge
n. 183 del 2010. Su quest’ultima deduzione, da qualificare come specifico motivo
di ricorso, assorbente i due precedenti, dovrà pronunciarsi il collegio..
Concludendo, si chiede pertanto che il Presidente della sezione voglia fissare la
data dell’adunanza in camera di consiglio.”
Ritiene questo Collegio che le considerazioni svolte dal Relatore in relazione ai
primi due motivi sono del tutto condivisibili siccome coerenti alla ormai
consolidata giurisprudenza in materia.
In merito al terzo motivo si rileva che esso investe le conseguenze economiche
della nullità del termine in relazione alle quali occorre fare riferimento allo ius

superveniens, rappresentato dalla L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32, commi 5, 6 e 7
in vigore dal 24 novembre 2010 che trova applicazione per tutti i giudizi, ivi
compresi quelli pendenti, anche in grado di legittimità alla data di entrata in vigore
della legge ( Cass. . ord. n. 2112 del 2011).

Ric. 2011 n. 12882 sez. ML – ud. 03-10-2013
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Cass. 24 novembre 2011 n. 22009 o 3 marzo 2006 n. 4677).

Conseguentemente il ricorso va respinto in relazione ai primi due motivi e accolto
con riferimento al terzo ; consegue la cassazione della decisione per quanto
concerne le conseguenze economiche dell’accertamento della nullità del termine e
la rimessione alla Corte di appello di Firenze in diversa composizione, anche ai
fini delle spese del presente giudizio.
P. Q.M.

rigetta gli altri ; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia
anche per le spese del presente giudizio alla Corte d’appello di Firenze •’

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Roma 3 ottobre 2013
Il Presidente

Dott. ssa Maura La Terza

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La Corte accoglie il motivo relativo all’applicazione dell’art. 32 L. n. 183 /2010 e

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