Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27069 del 23/10/2019

Cassazione civile sez. I, 23/10/2019, (ud. 14/06/2019, dep. 23/10/2019), n.27069

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24214/2018 proposto da:

Yakel Carol Aimee, elettivamente domiciliato in Roma Piazza Cavour

presso lo studio dell’avvocato Tassinari Rosaria che lo rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 1729/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 22/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/06/2019 da Dott. SCORDAMAGLIA IRENE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di appello di Bologna, con sentenza pubblicata il 22 giugno 2018, ha rigettato l’appello proposto avverso l’ordinanza del Tribunale della stessa città del 28 dicembre 2016, che aveva respinto il ricorso presentato da YAKE’ CAROL AIMEE, cittadina della Costa D’Avorio, contro il provvedimento della Commissione territoriale di diniego della richiesta di protezione internazionale, sub specie di riconoscimento dello status di rifugiata e della protezione sussidiaria e, in subordine, della protezione umanitaria.

La Corte territoriale ha ritenuto che dalle dichiarazioni della cittadina straniera giudicate, peraltro, inverosimili, contraddittorie e sganciate da qualsivoglia addentellato oggettivo, ancorchè minimo – non emergessero nè gli estremi del presidio tutorio del rifugio politico, nè quelli della protezione sussidiaria, neppure nella forma di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) le fonti qualificate compulsate avendo restituito il quadro del paese della Costa D’Avorio come quello di uno Stato ormai avviato ad un percorso di democratizzazione e di consolidamento delle libertà politiche e civili. Nondimeno ha escluso che sussistessero i seri motivi atti a giustificare la protezione minore, nulla emergendo in tal senso dalle dichiarazioni, peraltro non credibili, della richiedente.

2. Il ricorso per cassazione è articolato su tre motivi, che denunciano:

I. Il vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e 5 per non avere la Corte territoriale vagliato le dichiarazioni della richiedente alla stregua dei criteri legali fissati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 – in particolare tenendo conto della situazione personale della richiedente, giunta in Italia al termine di varie traversie in mano ai trafficanti -, esercitando i propri doveri – poteri di integrazione officiosa, rispetto ai fatti allegati dalla richiedente, allo scopo di colmare le lacune probatorie registrate, e per avere omesso l’esame di fatti decisivi;

II. il vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) per avere la Corte territoriale omesso di compulsare, in forza del dovere di collaborazione istruttoria officiosa, ulteriori fonti qualificate, onde accertare lo stato della legislazione penale in Costa D’Avorio (in relazione al trattamento riservato a chi si macchi di un incendio colposo) e, comunque, la situazione interna al paese, invero caratterizzata da violenza generalizzata derivante da un conflitto armato interno;

III. il vizio di violazione di legge, in relazione D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per avere la Corte territoriale fondato il diniego della protezione umanitaria sulla rilevata assenza di credibilità soggettiva del richiedente, senza per nulla considerare i rilievi esposti nell’atto di appello e la documentazione attestante l’integrazione lavorativa della ricorrente, la quale, peraltro, ritornando nel proprio paese dopo molti anni avrebbe già di per sè a trarne nocumento anche perchè donna.

3. L’intimato Ministero dell’Interno non si è costituito in giudizio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso è inammissibile.

1. Il primo motivo è dedotto senza tener conto che la valutazione di non credibilità del racconto del richiedente la protezione internazionale costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale ne deve verificare la coerenza e la plausibilità purchè siano – come prescritto dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. c) sufficientemente specifiche e circostanziate (Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 27503 del 30/10/2018, Rv. 651361 – 01). Ne viene che poichè la Corte territoriale ha congruamente argomentato quanto alla vaghezza e all’inverosimiglianza delle dichiarazioni della richiedente rispetto agli stessi fatti da lei allegati – la fuga dalla Costa D’Avorio nel 2011 a seguito dell’arresto del padre; l’abbandono immotivato del Mali e del Niger ove aveva svolto l’attività di domestica; la fuga dalla incustodita prigione libica; la traversata del Mediterraneo senza pagare alcun corrispettivo – le deduzioni sviluppate in ricorso, peraltro in maniera del tutto generica soprattutto in riferimento all’indicazione dei fatti decisivi di cui sarebbe stato omesso l’esame, si risolvono in una non consentita sollecitazione rivolta al giudice di legittimità a replicare l’esperienza conoscitiva dei giudici di merito.

2. Il secondo motivo soffre delle medesime, se non più gravi, ragioni di inammissibilità poc’anzi indicate.

Le deduzioni che si riferiscono alla condizione riservata in Costa D’Avorio, ai detenuti, imputati o condannati per reati comuni, sono del tutto aspecifiche, non risultando dal provvedimento impugnato che di ciò si sia discusso tra le parti nel processo di merito.

Gli ulteriori rilievi che si appuntano sull’accertamento compiuto dalla Corte territoriale sulla situazione interna della Costa D’Avorio si limitano ad esprimere un mero dissenso rispetto alle conclusioni cui il Collegio censurato è pervenuto. Nondimeno, al cospetto di una motivazione che ha dato conto, in maniera compiuta ed argomentata, dell’assenza, nell’attualità, in Costa D’Avorio, di una situazione di violenza generalizzata e di conflitto armato tale da esporre a pericolo la popolazione civile, il richiamo, attraverso il riferimento al dovere di integrazione istruttoria officiosa a fonti ulteriori quanto alla situazione del detto Stato, si appalesa come un tentativo di rimettere in discussione un accertamento in fatto congruamente compiuto dai giudici di merito.

3. Inammissibile è anche il motivo che attinge il diniego della protezione umanitaria, lo stesso essendo stato articolato del tutto genericamente, vuoi perchè non sono stati indicati elementi e riferimenti atti ad individuare, nei loro termini esatti, i rilievi contenuto nell’atto di appello con riguardo alla misura tutoria minore, asseritamente preteriti dal giudice censurato come sarebbe stato necessario in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione (Sez. 1 -, Ordinanza n. 7499 del 15/03/2019, Rv. 653628 – 01; Sez. 1 -, Sentenza n. 2771 del 02/02/2017, Rv. 643715 – 01) -; vuoi perchè non è stata offerta alcuna indicazione circa il momento processuale nel quale i documenti attestanti l’integrazione lavorativa della richiedente sarebbero stati versati in atti per costituire oggetto di discussione tra le parti.

4. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Nulla è dovuto a titolo di spese, poichè l’intimato non si è costituito in giudizio. Non ricorrono l’presupposti per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, il ricorrente essendo stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato.

5. Non vi è luogo a provvedere sulla liquidazione dei compensi a spese dello Stato richiesta dal difensore della ricorrente in forza del principio di diritto secondo il quale, in tema di patrocinio a spese dello Stato, nella disciplina di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, la competenza sulla liquidazione dei compensi al difensore per il ministero prestato nel giudizio di cassazione spetta, ai sensi dell’art. 83 del suddetto decreto, come modificato dalla L. n. 25 del 2005, art. 3 al giudice di rinvio, oppure a quello che ha pronunciato la sentenza passata in giudicato a seguito dell’esito del giudizio di cassazione (Sez. 6 5, Ordinanza n. 13806 del 31/05/2018, Rv. 648695 – 01; Sez. 3, Ordinanza n. 11028 del 13/05/2009, Rv. 608343 – 01).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla è dovuto per le spese. Non sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, il 14 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2019

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