Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27068 del 26/11/2020

Cassazione civile sez. I, 26/11/2020, (ud. 08/10/2020, dep. 26/11/2020), n.27068

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 17664-2019 r.g. proposto da:

N.U., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso, giusta

procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato

Giovambattista Scordamaglia, presso il cui studio è elettivamente

domiciliato in Petilia Policastro, Via Arringa n. 60;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore il Ministro;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro, depositata

in data 14.1.2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

8/10/2020 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1.Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Catanzaro ha rigettato l’appello proposto da N.U., cittadino del (OMISSIS), nei confronti del Ministero dell’Interno, avverso l’ordinanza emessa in data 2.1.2017 dal Tribunale di Catanzaro, con la quale erano state respinte le domande di protezione internazionale ed umanitaria avanzate dal richiedente.

La Corte di merito ha ricordato, in primo luogo, la vicenda personale del richiedente asilo, secondo quanto riferito da quest’ultimo; egli ha infatti narrato: i) di essere nato in (OMISSIS) e di essere divenuto orfano in tenera età e di essere stato cresciuto dallo zio; ii) di essere stato costretto a fuggire dal paese di origine per essere stato affidato dallo zio ad un gruppo di terroristi islamici che lo avevano costretto ad addestrarsi per la guerra santa; iii) di essere stato anche vittima delle aggressioni dello zio che si voleva impadronire della sua eredità, situazione per la quale la cugina aveva anche simulato un episodio di violenza sessuale per poterlo accusare del grave delitto di stupro.

La Corte territoriale ha, poi, ritenuto che: a) non erano fondate le domande volte al riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, sub D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a e b, in ragione della complessiva valutazione di non credibilità del racconto, che risultava, per molti aspetti, non plausibile e lacunoso e perchè la vicenda narrata rientrava nell’ambito di un episodi di contrasti tra privati; b) non era fondata neanche la domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c, in ragione dell’assenza di un rischio-paese riferito al (OMISSIS), regione (OMISSIS) di provenienza del richiedente, collegato ad un conflitto armato generalizzato; c) non poteva accordarsi tutela neanche sotto il profilo della richiesta protezione umanitaria, posto che il ricorrente non aveva dimostrato un saldo radicamento nel contesto sociale italiano, non rilevando a tal fine la sola integrazione lavorativa e perchè non era comunque rintracciabile nel paese di provenienza del richiedente una situazione di emergenza sanitaria o alimentare e una compressione dei diritti fondamentali del ricorrente.

2. La sentenza, pubblicata il 14.1.2019, è stata impugnata da N.U. con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.

L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 con riferimento alla valutazione di non credibilità del richiedente.

2. Con il secondo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione del D.Lgs. n. 215 del 2007, art. 2 e art. 14, comma 1, lett. b, in riferimento alla richiesta protezione sussidiaria.

3. Il terzo mezzo deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, vizio di violazione di legge in relazione al diniego della richiesta protezione umanitaria ed in riferimento al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 e al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32.

4. Il ricorso è inammissibile.

4.1 Già il primo motivo non supera il vaglio di ammissibilità.

Sul punto è necessario ricordare che, secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (cfr. Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019). Più precisamente, la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (cfr. sempre, Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019).

Orbene, osserva la Corte come, sotto l’egida formale del vizio di violazione di legge, la parte ricorrente pretenda, ora, una inammissibile rivalutazione del contenuto delle dichiarazioni rilasciate dal ricorrente e del giudizio di complessiva attendibilità di quest’ultimo, profilo che è irricevibile in questo giudizio di legittimità perchè non dedotto nel senso sopra chiarito e perchè comunque rivolto ad uno scrutinio di merito delle dichiarazioni che invece è inibito al giudice di legittimità.

4.2 Il secondo motivo è invece inammissibile perchè la censura non intercetta la ratio decidendi del diniego della reclamata protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. b, ratio che riposa sulla valutazione di non credibilità del racconto del richiedente e che non è stata adeguatamente censurata neanche con il primo mezzo di impugnazione.

4.3 I terzo mezzo è del pari inammissibile perchè non censura le rationes decidendi della motivazione impugnata, che fondano il rigetto della richiesta protezione umanitaria sempre sulla base del giudizio di non credibilità e per la mancata allegazione di ragioni di vulnerabilità soggettiva del richiedente. Nessuna statuizione è dovuta per le spese del giudizio di legittimità, stante la mancata difesa dell’amministrazione intimata.

Per quanto dovuto a titolo di doppio contributo, si ritiene di aderire all’orientamento già espresso da questa Corte con la sentenza n. 9660-2019.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 8 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2020

 

 

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