Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27067 del 26/11/2020

Cassazione civile sez. I, 26/11/2020, (ud. 08/10/2020, dep. 26/11/2020), n.27067

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 17471-2019 r.g. proposto da:

A.M., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso, giusta

procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato

Giovambattista Scordamaglia, presso il cui studio è elettivamente

domiciliato in Petilia Policastro, Via Arringa n. 60;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore il Ministro;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro, depositata

in data 30.4.2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

8/10/2020 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Catanzaro ha rigettato l’appello proposto da A.M., cittadino del (OMISSIS), nei confronti del Ministero dell’Interno, avverso l’ordinanza emessa in data 7.6.2017 dal Tribunale di Catanzaro, con la quale erano state respinte le domande di protezione internazionale ed umanitaria avanzate dal richiedente.

La Corte di merito ha ricordato, in primo luogo, la vicenda personale del richiedente asilo, secondo quanto riferito da quest’ultimo; egli ha infatti narrato: i) di essere nato a (OMISSIS) ((OMISSIS)) e di aver frequentato due madrasse per la sua formazione culturale e religiosa; il) di essersi accorto che i suoi insegnanti addestravano gli studenti alla jihad islamica e che gli stessi appartenevano al gruppo terroristico (OMISSIS) e di essere stato costretto a fuggire dal suo paese perchè ricercato dai terroristi che egli aveva denunciato alle autorità e che avevano ucciso il padre e rapito il fratello.

La Corte territoriale ha, poi, ritenuto che: a) non erano fondate le domande volte al riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, sub D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a e b, in ragione della complessiva valutazione di non credibilità del racconto, che risultava, per molti aspetti, non plausibile e lacunoso e perchè il gruppo terroristico (OMISSIS) (da cui era minacciato) non poteva essere considerato come un possibile autore di persecuzione, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5; b) non era fondata neanche la domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c, in ragione dell’assenza di un rischio-paese riferito al (OMISSIS), regione (OMISSIS) di provenienza del richiedente, collegato ad un conflitto armato generalizzato; c) non poteva accordarsi tutela neanche sotto il profilo della richiesta protezione umanitaria, posto che il ricorrente non aveva dimostrato un saldo radicamento nel contesto sociale italiano, non rilevando a tal fine la sola integrazione lavorativa e perchè non era comunque rintracciabile nel paese di provenienza del richiedente una situazione di emergenza sanitaria o alimentare e una compressione dei diritti fondamentali del ricorrente.

2. La sentenza, pubblicata il 30.4.2019, è stata impugnata da A.M. con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi. L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, per omessa valutazione di documenti decisivi prodotti in giudizio nelle fasi di merito.

2. Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 con riferimento alla valutazione di non credibilità del richiedente e comunque vizio di illogica motivazione sempre sul profilo del giudizio negativo sulla credibilità.

3. Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2 e art. 14, comma 1, lett. b, in riferimento alla richiesta protezione sussidiaria.

4. Il quarto mezzo deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, vizio di violazione di legge in relazione al diniego della richiesta protezione umanitaria ed in riferimento al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 e al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32.

5. Il ricorso è fondato per le ragioni qui di seguito precisate.

5.1 I primi due motivi di doglianza – che possono essere esaminati congiuntamente, riguardando lo scrutinio negativo del profilo di credibilità del racconto del richiedente – sono, in realtà, fondati.

5.1.1 Sul punto deve essere premesso che, secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte di legittimità, il vizio di omessa pronuncia che determina la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., rilevante ai fini di cui all’art. 360, comma 1, n. 4 cit. codice, si configura esclusivamente con riferimento a domande attinenti al merito e non anche in relazione ad istanze istruttorie per le quali l’omissione è denunciabile soltanto sotto il profilo del vizio di motivazione (Cass. Sez. 6, Ordinanza n. 13716 del 05/07/2016; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 24830 del 20/10/2017; Cass. Sezioni Unite n. 15982/2001).

Ciò posto, va ulteriormente precisato che il mancato esame di un documento può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la “ratio decidendi” venga a trovarsi priva di fondamento. Ne consegue che la denuncia in sede di legittimità deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione delle ragioni per le quali il documento trascurato avrebbe senza dubbio dato luogo a una decisione diversa (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 16812 del 26/06/2018; Cass. n. 19150/2016).

5.1.2 Orbene, il ricorrente ha puntualmente allegato una serie di documenti versati in atti sia nella sede processuale del giudizio di primo grado che in quello di appello (denunce penali; certificato di morte del padre; giornale che documenta l’aggressione alla famiglia, pubblicato sul (OMISSIS)) il cui esame da parte dei giudici del merito sarebbe stato necessario al fine di verificare la ricorrenza dei presupposti applicativi dell’invocata protezione internazionale D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 7 e di quella sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, comma 1, lett. b, e per il necessario giudizio di credibilità del racconto e che invece sono stati integralmente ignorati dal giudice di appello. La motivazione resa, dunque, dalla corte territoriale è risultata apodittica e dunque apparente nella parte in cui ha escluso la riconducibilità della descritta fattispecie concreta nel paradigma applicativo dell’invocata normativa protettiva di matrice internazionale, e cioè di quella prevista dal D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 7 e 14 senza valutare quei fondamentali documenti allegati dal ricorrente da cui sarebbe emerso per lo meno il pericolo di danno grave collegato alla dedotta persecuzione religiosa e alla possibilità di ulteriori aggressioni non efficacemente contrastate dalle forze dell’ordine locali.

Sul punto, deve essere evidenziato che il giudizio di non credibilità riguarda proprio il nucleo centrale del racconto del richiedente, e cioè l’aggressione subita nella abitazione nella quale sarebbe stato ucciso il padre e ferito il fratello. Orbene, osserva la Corte che – senza voler entrare nelle valutazioni attinenti la valenza probatoria dei predetti documenti e le conseguenze sul piano decisorio (che sono rimesse alla cognizione esclusiva dei giudici del merito) – la documentazione prodotta riguardava proprio l’episodio sopra descritto, di talchè la loro decisività ai fini del giudizio di credibilità non può essere in alcun modo disconosciuta e non può neanche essere superata attraverso una generica valutazione di non attendibilità del racconto.

5.2.3 Senza contare che il corretto e puntuale esame dei predetti documenti – il cui scrutinio era necessario per verificare (come detto) la ricorrenza dei presupposti applicativi relativi allo status di rifugiato e della protezione sussidiaria prevista dal sopra indicato D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b, avrebbe anche dovuto implicare la conseguente attivazione dei poteri istruttori previsti dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, al fine di verificare il concreto pericolo, nel paese di provenienza del richiedente, di un “danno grave” legato alle aggressioni tra diverse confessioni musulmane, per come descritte nel motivo di doglianza.

5.3 Anche il terzo motivo è fondato.

5.3.1 Sul punto, non può essere dimenticato che la giurisprudenza di questa Corte ha fissato il principio secondo cui il diritto alla protezione sussidiaria non può essere escluso dalla circostanza che a provocare il danno grave per il cittadino straniero siano soggetti privati qualora nel Paese d’origine non vi sia un’autorità statale in grado di fornirgli adeguata ed effettiva tutela, con conseguente dovere del giudice di effettuare una verifica officiosa sull’attuale situazione di quel Paese e, quindi, sull’eventuale inutilità di una richiesta di protezione alle autorità locali (cfr. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 16356 del 03/07/2017; v. anche Sez. 1 -, Ordinanza n. 26823 del 21/10/2019).

Ebbene, l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui il gruppo terroristico sopra ricordato non possa essere compreso tra i soggetti di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, lett. c, si pone, pertanto, in evidente ed insanabile contrasto con i principi affermati da questa Corte e deve pertanto essere censurata.

5.4 Il quarto motivo – declinato in riferimento al diniego dell’invocata protezione umanitaria – rimane invece assorbito dall’accoglimento dei sopra menzionati motivi.

Si impone pertanto la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla corte di merito anche per la decisione sulle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il primo, secondo e terzo motivo; dichiara assorbito il quarto; cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 8 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2020

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